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Autore: Yuki Delleran    14/09/2016    1 recensioni
"La tranquillità e la pace, si sa, non avevano mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto,[...] eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile."
(Fantasy AU ispirata al film Disney "Maleficent" con un pizzico di HQ Quest)
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2

Il limitare del bosco era completamente avvolto nel buio, il silenzio regnava sovrano interrotto solamente dal ritmico frinire dei grilli. La temperatura era mite, segno che quell'estate stentava ad accettare la propria conclusione. Lì in campagna il cambio di stagione si sentiva più nettamente che in città, o almeno così sosteneva chi avesse sperimentato entrambe le cose, e quello strascico, agli occhi di Hajime, sembrava quasi un disperato tentativo di dilatare il tempo il più possibile. Mentre avanzava verso la barriera di alberi, sentiva i fili d'erba pizzicargli le caviglie, lasciate scoperte dai pantaloni troppo corti, e la lieve brezza che spirava dal bosco sfiorargli il viso. La sensazione opprimente che lo coglieva le prime volte che si avvicinava a quel luogo carico di magia era completamente scomparsa, sostituta solamente da un senso di aspettativa che gli riempiva il cuore.
Quella sarebbe stata la sua ultima notte al villaggio, l'ultima trascorsa insieme alla persona che amava, dall'indomani sarebbe stato considerato da tutti un adulto, un apprendista cavaliere che avrebbe dovuto pensare solo all'addestramento. Mentre avanzava scostando le fronde dei cespugli si disse che sì, l'avrebbe fatto, sarebbe diventato il cavaliere più forte di tutti in funzione del sogno che nutriva: quando fosse stato abbastanza importante, avrebbe potuto vivere con Oikawa alla luce del sole e mostrare a tutti che la convivenza con il popolo fatato non solo era possibile, ma poteva portare grandi benefici.
Tutti quei pensieri e quegli onorevoli buoni propositi vennero tuttavia spazzati via come foglie al vento non appena un richiamo morbido giunse al suo orecchio.
« Iwa-chan... »
Oikawa apparve davanti a lui, ripiegando le ali e sorridendo in modo più gentile del solito. Quella sera, a differenza della consueta camicia di stoffa grezza, portava una tunica bianca finemente ricamata in oro sugli orli, che sembrava illuminarne la figura nel buio, e una coroncina di fiori gialli sui capelli, appoggiata tra le corna. Hajime si ritrovò a pensare che tutte le leggende e le dicerie che circolavano fossero state messe in giro da un folle che delle creature fatate non sapeva un bel niente. Quello che aveva di fronte non poteva essere uno spirito del bosco, no, doveva essere un angelo.
« Questa sera siamo invitati ad una celebrazione speciale. » disse Oikawa tendendogli la mano, e Iwaizumi la strinse senza la minima esitazione.
Si addentrarono insieme nella parte più profonda del bosco, dove anche la luce della luna giungeva solo in sottili lame argentee che si facevano spazio a fatica tra l'intrico dei rami. Era una zona che Iwaizumi non riusciva a riconoscere, o forse era solamente il buio a confondere il suo orientamento. Tutto attorno a loro era silenzio, non si udiva un solo squittio di animale notturno né un solo fruscio di fronde, eppure Hajime non provava nessun timore: con la mano stretta in quella di Oikawa, lo seguiva senza esitazione verso l'ignoto. Nonostante la vegetazione sempre più fitta, nessun ramo o arbusto intralciava loro la strada né graffiava le loro caviglie nude, l'impressione era che si facessero rispettosamente da parte al loro passaggio.
Infine giunsero in un punto dove gli arbusti si diradavano e dove la luce finalmente delineava i contorni di ciò che li circondava. Non si trattava solamente della luna, notò Iwaizumi spalancando gli occhi, al centro della piccola radura si trovava una fonte di luce dorata che non riusciva ad identificare.
« Che cos'è? » chiese a bassa voce, vagamente intimidito.
Oikawa gli sorrise di nuovo, con una luce del tutto nuova negli occhi, che riflettevano quello spettacolo incantato.
« Un cerchio delle fate. »
Aguzzando la vista, il ragazzo si rese conto che attorno al globo luminoso si muovevano decine di luci più piccole, simili a fiammelle che prendevano sempre più nitidamente la forma di minuscoli esseri alati che ondeggiavano ritmicamente in una sorta di danza.
« É un rituale ben augurante. » spiegò Oikawa sottovoce. « Lo fanno ad ogni cambio di stagione per infondere e allo stesso tempo ricevere energia dalla terra. É un grande onore poter partecipare, non permettono mai a nessuno di assistere. »
Così dicendo lo spirito mosse un paio di passi in avanti, tirandolo per la mano per indurlo a seguirlo.
« Andiamo, coraggio! » lo incitò. « Sanno che siamo qui, non ci faranno del male. »
Tuttavia Iwaizumi esitò, non tanto per timore, quanto per la sensazione di poter in qualche modo spezzare quell'idillio.
« No, io... Vai avanti tu, io resterò qui a guardarti. »
Oikawa lo fissò stranito per un attimo, poi sorrise nuovamente.
« Va bene, ma solo cinque minuti, Iwa-chan, dopo tornerò a prenderti. Non è divertente ballare da solo. »
Hajime restò a guardarlo mentre entrava nel cerchio luminoso e le fatine ondeggianti lo circondavano. Mosse solo un piccolo passo avanti, per vedere meglio, eppure, grazie a quel minimo movimento, sentì le sue intere percezioni mutare gradualmente. Dapprima in modo sottile, poi sempre più chiaramente, una musica dolce e tintinnante giunse alle sue orecchie e i movimenti della danza di fronte a lui non gli apparvero più casuali. Ogni figura si muoveva a ritmo, Oikawa stesso piroettava con movenze aggraziate, lasciando che le piccole luci gli sfiorassero le ali e creassero un'aura dorata tutt'attorno a lui. Il modo in cui muoveva le mani, in cui inclinava la testa socchiudendo gli occhi completamente perso nella musica, la grazia con cui la veste leggera ondeggiava e s'increspava attorno alle gambe nude erano tutti motivi per cui Iwaizumi non riusciva a distogliere lo sguardo e si rammaricava quasi di dover battere le palpebre.
Per questo, quando il giovane spirito tese un braccio verso di lui, si ritrovò ad andargli incontro senza pensarci, inebriato dall'incanto del momento, Tooru gli prese la mano, la strinse ed intrecciò le dita. Lo trascinò all'interno del cerchio, sorridendo come se quella fosse per lui la gioia più grande. Muoversi al ritmo della musica fatata divenne qualcosa di naturale anche per Hajime, che non aveva nessuna dimestichezza con quel genere di cose, e ben presto si ritrovò completamente travolto dall'ebbrezza che un simile concentrato di potere poteva dare.
Lì, in quel punto al centro della foresta, circondato da creature incantate, mentre stringeva tra le braccia la più potente di tutte, capì cosa significava dare e ricevere potere dalla terra. Era come un flusso ininterrotto di energia che li circondava, che scorreva come elettricità sulla pelle, facendo rizzare i capelli sulla nuca. Era un'euforia che dava alla testa, inibendo qualunque freno.
Oikawa si muoveva in modo fin troppo sensuale per esserne pienamente consapevole, avvicinandosi a lui ed allontanandosi a seconda delle onde della musica. Quando Iwaizumi gli tese una mano, lo spirito alato si lasciò letteralmente cadere tra le sue braccia, sorridendo estatico per poi baciarlo con un'audacia spiazzante. Hajime lo strinse e, pur non avendo familiarità con quel genere di approcci, proprio com'era successo per la danza, lasciò che fosse l'istinto a prendere il sopravvento.
Si ritrovarono distesi sull'erba, al centro del cerchio, mentre le mille luci dorate ancora ondeggiavano attorno a loro. Erano vagamente consapevoli di non essere soli, ma a nessuno dei due importava. Oikawa rideva, inebriato dall'euforia della danza e dal potere che risplendeva attorno a lui e attraverso di lui, rendendo i suoi occhi color rubino. Iwaizumi ricopriva di carezze ogni centimetro del suo corpo, estasiato dalla bellezza e dalla forza che irradiava. La coroncina di fiori gialli fu la prima a cadere a terra, seguita dalla camicia di Hajime, letteralmente strappata via dalle mani dello stesso Tooru.
Anche per lui quello era un momento magico, nel senso più stretto del termine. Il culmine del rituale, invece che stordirlo, lo rendeva più acutamente consapevole di ciò che desiderava davvero e fu proprio lui a guidare le mani del giovane umano laddove esitavano per inesperienza o timore. Ben presto le risate si spezzarono in sospiri e in gemiti dapprima lievi, poi sempre più acuti, fino a raggiungere il limitare della radura.
La magia vorticava attorno a loro, richiudendoli in un guscio luminoso e pulsante che li separava dal resto del mondo. Tooru poteva sentirla nella musica che ancora tintinnava incessante nella sua testa, in Hajime sopra di lui, nella terra contro la sua schiena. Tutto era avvolto da quel potere inebriante e magnifico, di cui loro stessi erano la fonte, sprigionato dal legame unico che li univa, nutrimento ed allo stesso tempo dono di quella terra incantata.
« Ti amo, Iwa-chan. »
Parole pronunciate forse non con piena consapevolezza, ma che coronarono il momento supremo del rituale, cariche di magia e sentimento. Parole che, all'orecchio di Hajime, suonarono più dolci di qualsiasi musica, più importanti di qualsiasi rito.
« Ti amo anch'io... Tooru. » si ritrovò a borbottare in risposta, stringendolo.
Era la prima volta che usava il suo nome proprio ed ebbe la soddisfazione di vedere gli occhi dell'altro, ancora scarlatti per via della magia, spalancarsi per lo stupore ed inumidirsi sotto le ciglia scure.
Ma Oikawa non aveva nessuna intenzione di piangere, non in quel luogo, non in quel momento. Per questo trasformò il senso di struggimento che gli riempiva il cuore in un sorriso pieno di calore. Posò la testa sul petto di Iwaizumi e stese un'ala a coprirli entrambi. Voleva che quello fosse il miglior ricordo che il ragazzo potesse avere.

Tuttavia non furono solo le fate a vegliare il sonno di due innamorati, altre creature popolavano la Brughiera ed avevano percepito chiaramente il picco di energia di quella notte. Una in particolare aveva colto in quel momento l'occasione che attendeva da tempo, la possibilità di portare caos e sconvolgimento in un mondo che, ai suoi occhi, scorreva placido come un fiume nei pressi della foce. Ma la tranquillità e la pace, si sa, non hanno mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto e nessuno meglio di lui poteva saperlo. Il caos era il suo pane quotidiano, eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile.
La creatura spostò cautamente una fronda e un raggio di luna illuminò i suoi capelli fiammeggianti. Gli occhi dorati si socchiusero quando mosse un primo passo avanti, e l'intera radura piombò in un silenzio innaturale.

Quando Oikawa si svegliò albeggiava. Era ancora sdraiato sul prato, umido di rugiada, e la prima sensazione che provò fu di freddo. Batté le palpebre un paio di volte e si rese conto di essere completamente solo nella radura: né le fate né Iwaizumi erano in vista. Si alzò lentamente a sedere, con la testa che ronzava e un vago senso di nausea alla bocca dello stomaco, tentando di avvolgersi nelle ali per riscaldarsi. La consapevolezza lo colpì in quel momento, agghiacciante come una coltellata.
Le sue ali.
Il giovane spirito prese a tremare violentemente, incapace di credere a quello il suo corpo gli stava suggerendo. Allungò una mano dietro la schiena, senza avere il coraggio di spingerla troppo oltre, ma il vuoto che incontrò sotto le dita lo gettò nel panico. Non era possibile, non poteva crederci, non voleva crederci! Eppure, quando tentò di nuovo di muoversi, il dolore lancinante che avvertì alla schiena non lasciava alcun dubbio: le sue ali non c'erano più. La veste bianca, che ancora indossava, era lacerata sulla schiena e imbrattata di sangue.
Completamente sotto shock, si portò le mani tremanti alle labbra, incapaci di emettere alcun suono, poi a stringersi attorno al suo corpo spezzato. I suoi occhi sbarrati fissavano il nulla, la mente completamente bianca e impossibilitata ad elaborare l'orrore accaduto. Le sue ali non c'erano più. Non avrebbe volato mai più. Era talmente inconcepibile che si rifiutava di accettarlo.
Barcollante, tentò di alzarsi in piedi, ma tremava al punto da non riuscire a mantenere la posizione eretta. Provò a muovere un passo avanti ma il peso era talmente sbilanciato che crollò sulle ginocchia, incapace di rimanere in equilibrio. Il dolore alle gambe, unito a quello alla schiena, in qualche modo schiarì la sua mente, ricordandogli gli avvenimenti della notte appena passata e la presenza di qualcuno accanto a lui. Solo una persona poteva aver compiuto quell'orribile efferatezza, l'unica rimasta con lui quella notte.
Iwaizumi.
Iwaizumi, l'unico amore della sua vita, era stato colui che quella vita l'aveva appena fatta a pezzi.
Dopotutto, anche lui non era altro che uno dei miserabili umani che agognavano solo il potere.
Quella consapevolezza lacerò così in profondità la sua anima da abbattere anche l'ultima barriera e far sgorgare dalla sua gola un grido di disperazione e di agonia tale da venir udito in tutta la Brughiera. La magia esplose senza che riuscisse o si preoccupasse minimamente di controllarla:  un'ondata di oscurità travolse l'intera radura e tutto ciò che vi si trovava. Ogni albero, ogni arbusto che veniva a contatto con essa sembrava appassire, rattrappirsi ed indurirsi. I rami si ricoprirono di spine, perdendo le foglie e tramutandosi in spire contorte, il terreno tutt'intorno si fece brullo e persino il cielo sovrastante divenne buio. Alcuni lampi squarciarono le nubi sempre più scure e sulla Brughiera sembrò calare una notte improvvisa.
L'oscurità non risparmiò nemmeno chi l'aveva generata, la veste di Oikawa perse il suo precedente candore, tingendosi completamente di nero, e le corna sulla sua testa si fecero più lunghe e ricurve. Persino gli occhi cambiarono colore, riprendendo il rosso che assumevano quando usava la magia, ma maggiormente intenso, uno scarlatto sanguigno che rappresentava perfettamente tutta la furia cieca e il dolore che provava.
Oikawa era stato tradito, aveva riposto la più completa fiducia in una creatura che era il suo esatto opposto e ne era uscito distrutto, ma non per questo meno forte. Era lo spirito più potente della Brughiera, non aveva mai voluto testarlo ma ne era pienamente consapevole, e di questo gli umani si sarebbero accorti molto presto. Se temevano di avere a che fare con le fate, chissà come se la sarebbero cavata con i demoni e con il loro re?
A bloccare l'esplosione di energia, che avrebbe finito per diventare pericolosa anche per chi l'aveva scatenata, giunsero di gran carriera Bokuto e Kuroo, i due spiriti animali amici di Oikawa, svegliati bruscamente e allarmati dal fenomeno. Il gatto nero e il gufo sfrecciarono attraverso la radura, consapevoli del rischio che correvano loro stessi ad addentrarsi in quell'oscurità, ma spaventati per quanto accaduto all'amico e decisi a fermarlo al più presto.
« Tooru! Ehi! Che diavolo stai facendo? Fermati! » miagolò Kuroo, pronto a balzargli addosso se l'altro non fosse tornato in sé.
« Di questo passo raderai al suolo la Brughiera! » rincarò Bokuto, planando nella stessa direzione.
Tuttavia i due furono costretti a rendersi conto che, man mano che avanzavano attraverso la nebbia oscura, anche loro stavano mutando esattamente come l'ambiente circostante. Si ritrovarono un paio di braccia e un paio di gambe al posto delle zampe, zazzere di capelli invece che pelo e piume, lunghi mantelli e piccole corna che spuntarono loro sul capo: la potenza della magia che permeava ormai quel luogo era tale da mutare la natura stessa di chi vi entrava in contatto.
Bokuto precipitò a suolo starnazzando.
« Sono un uomo?! Sono un uomo! Kuroo, sono un uomo!! Cosa... Come... Ridatemi il mio becco! Le mie piume! »
Il gatto invece affrontò la cosa decisamente con più diplomazia, leccandosi una mano.
« Oh, smettila, Bokuto. Abbiamo problemi peggiori, adesso! Guarda Tooru. »
Il corpo del giovane spirito giaceva riverso a terra, al centro della nebbia oscura che andava finalmente dissipandosi. I due si affrettarono in quella direzione, Kuroo lo sollevò delicatamente approfittando della nuova forma umana per essere maggiormente d'aiuto e fu immediatamente chiara ad entrambi la gravità della situazione. Il vuoto sulla schiena e il sangue rappreso causò una consapevolezza sconvolta che si rifletté nei loro sguardi dorati e che li portò immediatamente a pararsi davanti all'amico come a proteggerlo da una possibile aggressione. Ma il peggio era ormai accaduto e la radura era deserta, tutto quello che poterono fare fu trasportarlo privo di sensi in un luogo più confortevole e tentare di lenire almeno le ferite del corpo, consapevoli che quelle dell'anima non sarebbero mai davvero guarite.

In quello stesso momento, lontano dal centro della Brughiera, sulla strada sterrata che dal villaggio degli umani si dipanava verso la grande città, Iwaizumi Hajime stava intraprendendo il lungo viaggio che lo avrebbe portato alla sua nuova vita. Del tutto ignaro di quello che si lasciava alle spalle, presente nella sua mente solo come vaghi brandelli di un sogno che svaniva al mattino, teneva lo sguardo rivolto verso nord e i pensieri al futuro di gloria che lo attendeva.

Ancora più lontano, nella capitale del regno di Miyagi, la bella e ricca Shiratorizawa, un giovane si destava da un sonno agitato. Semi Eita, consigliere di corte e compagno del re, anche se in via del tutto ufficiosa, si sollevò a sedere e si stropicciò gli occhi. Era solo nel grande letto a baldacchino carico di tessuti preziosi e celato alla vista da pesanti drappi violacei. La camera reale era ancora avvolta nella penombra, data l'alba appena sorta, eppure il suo re non c'era. Confuso da quell'assenza non prevista, Eita si passò una mano tra i capelli chiari e tentò di fare mente locale su quanto appena sognato: dall'intensità delle immagini che avevano popolato il suo sonno, di certo si trattava di una previsione del futuro.
A causa della sua natura, non era raro che Eita riuscisse a vedere nei sogni quello che sarebbe accaduto e questo era probabilmente l'unico motivo per il quale gli era permesso di rimanere a corte. Nessuno a parte il re in persona conosceva le sue vere origini e, anche in questo caso, era certo che dietro tanta benevolenza ci fosse un semplice scopo di convenienza. Dopotutto a chi non avrebbe fatto comodo tenersi vicino qualcuno in grado di prevedere ogni sorta di guaio?
Eita scosse la testa: quei pensieri disfattisti non erano esattamente il miglior modo di iniziare la giornata, meglio concentrarsi su quanto aveva visto in sogno. Ricordava chiaramente la città deserta e in rovina e il territorio che la circondava arido e spoglio. Pochi animali magri e patiti vagavano alla ricerca di qualche raro filo d'erba, i fiumi e i torrenti erano prosciugati e i campi arsi da un sole cocente che provocava spaccature nelle zolle inaridite.
Una siccità? Una carestia, probabilmente. E doveva essere anche abbastanza imminente, data la nitidezza del sogno. Se era possibile fare qualcosa per prevenire quella situazione terribile, era bene muoversi subito. Il re doveva essere informato.
Con questo pensiero in mente, allontanò le coperte e si guardò attorno per trovare qualcosa da mettersi addosso che coprisse la camicia da notte, anche se a quell'ora dubitava che il personale di palazzo fosse a zonzo nei corridoi. La scelta cadde su una morbida vestaglia scura ed Eita vi si avvolse prima di uscire velocemente alla ricerca del sovrano.
Dubitava che re Ushijima si trovasse nella parte pubblica del castello, era più probabile che fosse in luoghi privati come il suo studio, la biblioteca o le sale di ricevimento personali. Fu proprio passando davanti ad una di queste che riconobbe la sua voce: con il consueto tono inespressivo stava interrogando qualcuno riguardo la soluzione di un problema.
Eita si sporse appena oltre lo stipite della porta per sbirciare il misterioso interlocutore e vide un uomo coperto da una lunga cappa scura dalla quale spuntava solo un ciuffo ribelle di capelli rossi, che stava porgendo al sovrano un grosso involto.
« É il talismano che vi salverà, maestà. La magia che contiene proteggerà tutto il regno. » furono le sue parole.
Dal punto in cui si trovava, Eita poteva vedere chiaramente l'espressione di sconcerto del sovrano, a cui chiaramente quel discorso non convinceva affatto.
« Proteggere il regno è compito mio. » obiettò infatti.
Lo sconosciuto scosse la testa ed allargò le braccia, come a sottolineare l'inutilità di quelle parole.
« Non lo metto in dubbio, vostra altezza, né smetterete di farlo per questo, ma esistono forze che vanno al di là delle possibilità di un essere umano. Chiedete al vostro consigliere di cosa sto parlando, lui lo sa sicuramente. »
Si voltò lentamente verso l'ingresso ed Eita scorse un occhio dorato fisso su di lui, che lo fece rabbrividire nonostante la vestaglia calda. Anche Ushijima lo notò, ma non diede segno che la cosa lo turbasse. Non gli chiese di avvicinarsi né di andarsene, quindi il giovane rimase immobile sulla soglia.
L'uomo tornò a rivolgersi al sovrano e posò ai suoi piedi il grande involto.
« Questo talismano preserverà il vostro regno dalla catastrofe naturale in arrivo, non dovete fare altro che tenerlo qui, al centro del vostro territorio. » ribadì.
Aprì i lembi di stoffa che lo coprivano e mostrò finalmente il contenuto: un paio di grandi ali piumate, scure, screziate di un colore più caldo che, ai riflessi del sole nascente, assumeva una sfumatura dorata. Non si trattava di un artefatto, erano vive, frementi, come se fossero appena state strappate al loro proprietario e non si trattava affatto delle ali di un uccello.
A quella vista Eita si sentì gelare: una creatura potente era stata mutilata per quello e il giovane sapeva benissimo che un'offesa – se di semplice offesa si poteva parlare – del genere non sarebbe certo rimasta impunita. Era pericoloso avere a che fare con gli abitanti della Brughiera, le fate e gli spiriti sapevano essere vendicativi, soprattutto di fronte ad un oltraggio simile.
« Maestà, non... » iniziò muovendo un passo avanti, ma venne interrotto dallo stesso Ushijima, che ora fissava affascinato quelle ali.
« Queste proteggeranno il mio regno dunque? » chiese. « Quale sarebbe il tuo prezzo? In questo mondo nessuno fa niente per niente, quindi vediamo di essere chiari fin dall'inizio. »
Lo sconosciuto ridacchiò, una risata che metteva i brividi ma che non fece scomporre minimamente Ushijima.
« Non crucciatevi, altezza, non ho grandi pretese. Vi chiedo solamente di acconsentire ad una mia richiesta a tempo debito. Quando sarà il momento lo saprete, fino ad allora badate solamente al benessere del vostro regno e del vostro popolo. »
Sembrava una proposta ragionevole e fatta addirittura con buone intenzioni, ma la sensazione di inquietudine che pervase Eita in quel momento non lo abbandonò per tutti gli anni a venire, facendolo rabbrividire ogni volta che il suo sguardo si posava sulla teca dove erano state rinchiuse quelle ali.

   
 
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