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Autore: Blue Drake    17/09/2016    1 recensioni
Isabeau, una scrittrice di racconti fantasy, riceve visite inattese – e non necessariamente gradite –. Che cosa mai vorranno da lei, questa volta? E perché proprio in quel momento, quando invece dovrebbe assolutamente portare a termine il suo lavoro, in fretta, prima che l'editore inizi a tramare vendetta contro di lei. Isabeau si augura solamente di non finire nuovamente nei guai, come già successe dodici anni prima; ma per come si stanno mettendo le cose, ci crede poco.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Tre

«Una domanda simile, proprio da qualcuno che dovrebbe poter percepire i pensieri del prossimo? Non è molto lusinghiero, ne convieni?», scherzò la donna.

Arjentael arrossì nuovamente. «Io... Non intendevo essere scortese», cercò di spiegare, «Non sarebbe molto educato, da parte mia, approfittarne in questo modo. Soprattutto in virtù del fatto che mi hai... uhm... ospitato. Trovo che non sarebbe un comportamento onorevole», sussurrò.

La donna, imprevedibilmente, sorrise. «Lo avevo pensato anche poco fa, quando eri ancora là fuori in silenzio: sei stranamente di buone maniere, per essere un demone».

Lui non seppe se considerarlo come un complimento personale oppure come un insulto alla sua stirpe tutta. Nel dubbio, si incupì e tenne a precisare, «Non siamo tutti come quello stupido demone rosso».

«Oh, ma lo so. Lo so molto bene. E non ti volevo offendere, te l'assicuro. Solo, devi pur ammettere che non capita tutti i giorni di incontrare demoni che si comportano come farebbe un vero gentleman inglese. Scommetto che, anche fra i tuoi simili, sei comunque merce rara», speculò lei. Ma prima che Arjentael avesse il tempo di replicare, lei proseguì, «Comunque sia, è stato un inaspettato piacere conoscerti, Arjentael. Io sono Isabeau Nandère. Sono un essere umano; ma questo tu già lo sai, non è vero?».

«Sì», rispose lui, comunque molto imbarazzato, «E mi scuso nuovamente, nel caso la mia inattesa presenza ti abbia in qualche modo arrecato noia. Non immaginavo che... beh, che mi avresti scoperto», balbettò impacciato, arrossendo miseramente e per l'ennesima volta.

«Beh, Arjentael...», cominciò lei.

«Ary», la interruppe lui, «I... i miei amici, di solito, mi chiamano così», precisò.

«Ary, allora. Beh, in questo caso, se ti va, puoi chiamarmi Isy. Non che abbia poi molti amici, intendiamoci, ma quei pochi, solitamente, usano questo nomignolo», propose lei. Poi scese dalla scrivania e, avvicinandoglisi appena, gli indicò una poltroncina rossa alle sue spalle, proprio sotto la finestra da cui era entrato. «Accomodati pure, Ary», offrì, «Mentre chiacchieriamo, vorresti ancora un po' di tea?».

Arjentael si sedette, circospetto, incrociando le gambe sul morbido velluto rosso; ci passò anche le dita, incuriosito dalla strana sofficità di quel materiale.

«Io... uhm... Credo di sì, grazie», si decise infine a rispondere.

«Bene. Come stavo cercando di farti notare poco fa, credo che, per le tue sedute di osservazione della specie umana, avresti fatto meglio a scegliere un altro soggetto se, come deduco, era tua intenzione passare inosservato». Isabeau gli porse nuovamente una tazza colma di tea fumante e poi si accomodò a sua volta sull'accogliente divano in pelle che, a volte, usava per rilassarsi e schiarirsi le idee.

Arjentael, dal canto suo, chinò la testa e la scosse leggermente. «Questo l'avevo intuito. Quello che invece non riesco a capire è perché. Tu sei un'umana però, allo stesso tempo, sei diversa... in qualche modo», ragionò. «Tu sai cose e riesci a... a cosa? Percepire?», tentò, incerto.

Isabeau annuì. «Sì, a percepire è piuttosto esatto. Ti ho sentito arrivare, nel momento esatto in cui hai attraversato il varco, suppongo». Sollevò lo sguardo e lo trovò a fissarla: gli occhi spalancati e un colorito un po' troppo grigio sulla sua pelle bianco ghiaccio.

«Dove... C-come...», incespicò Arjentael.

Lei provò un sorriso comprensivo e lo incitò, «Bevi il tuo tea. Io, intanto, proverò a spiegare».

Il demone abbassò gli occhi sulla superficie liquida che rifletteva parte del suo sconcerto. Chissà, forse avrebbe davvero dovuto scegliersi un altro essere umano da studiare. Eppure era subito rimasto incuriosito dal racconto di quel demone rosso e non aveva potuto fare a meno di desiderare di scoprire qualcosa in più su questa donna della quale aveva solo sentito parlare. Beh, non si aspettava di certo che la sua curiosità sarebbe stata soddisfatta in quel modo così assurdo e inatteso. Ciò nonostante, così, a pelle, sentiva una sorta di legame con Isabeau, la sentiva, in qualche modo, affine e tutto sommato, a modo suo, perfino simpatica.

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

«È strano», cominciò lei, «Sono ormai quasi tre anni che non ricevo visite da parte di un demone. In verità, l'unico a farmi visita – più o meno costantemente – negli ultimi dodici anni era un demone atrox».

Arjentael sollevò di scatto lo sguardo dalla sua tazza e la fissò stranito per qualche lungo secondo. «Sul serio? Vuoi dire che ricevevi visite da un demone animale?».

Isabeau annuì nuovamente, «Sì, esatto: una pantera. Era bella, o meglio, era bello: nero come l'inchiostro, con macchie argentate e intelligenti occhi grigi. Non poteva parlare, certo, ma era ovvio che capisse alla perfezione tutto ciò che veniva detto o che gli accadeva intorno. Chissà, forse gli è successo qualcosa di brutto. Non aveva mai lasciato trascorrere così tanto tempo, prima di tornare da me». Aveva un'inflessione un po' triste, la voce di Isabeau, come se effettivamente sentisse la mancanza di quella creatura appartenente ad un mondo diverso dal suo.

«Conosci il suo nome?», chiese a qual punto Arjentael, desideroso, in qualche modo, di poterle essere d'aiuto.

«Oh, sì. Zaynar, è questo il suo nome», e a quello stesso nome riservò un piccolo sorriso, malinconico e affettuoso al tempo stesso.

   
 
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