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Autore: Maty66    17/09/2016    3 recensioni
Tutti sull'Enterprise sanno che il comandante Spock ed il dottor McCoy si detestano. Ma tutti sanno anche che entrambi farebbero qualsiasi cosa per il loro capitano. Storia di come Spock e Bones imparano, non senza difficoltà, ad essere amici per amore di Jim. Solo che non è il Jim che tutti conosciamo.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL DONO

Capitolo 19
Sono e sarò sempre tuo amico

McCoy spense il terminale dopo aver inviato l’ultimo documento: era la ricerca che lo aveva impegnato nelle due ultime settimane.
Si massaggiò gli occhi stanchi e si guardò intorno.
Quelli erano gli ultimi giorni che passava a bordo dell’Enterprise e sorrise tra sé e sé. 
Aveva sempre rinfacciato a Jim Kirk di averlo trascinato su di un “barattolo di latta”, nello spazio profondo, che non è altro che “malattia, morte e pericolo”, ed ora sentiva una morsa allo stomaco al pensiero di dover lasciare l’Enterprise.
“Posso entrare, dottore?” chiese Spock, immobile sulla soglia.
“Certo Spock… entra e siediti” 
Il vulcaniano, elegante ed impeccabile come al solito, si sedette davanti alla scrivania del piccolo studio medico.
“Ho appena finito di parlare con l’Ammiraglio Archer. C’era in comunicazione anche il giudice” 
“Tutto risolto?” chiese il medico.
“Sì dottore, entrambi hanno convenuto. Appena sarà rientrato sulla Terra è invitato a recarsi al Tribunale di S. Francisco, per la formalizzazione dell’affido” rispose, con tono asettico, il vulcaniano.
McCoy annuì.
“Fra quanto arriveremo?”
“Arriveremo allo spacedock della Terra fra due giorni standard”
“Bene, non ci resta che parlare con Jimmy” concluse triste McCoy.
Sospirando, e cercando di prepararsi mentalmente a quanto sarebbe accaduto, McCoy contattò Uhura.


“Vieni Jimmy” esortò McCoy quando il bambino arrivò sul ponte di osservazione accompagnato da Uhura.
Lui e Spock avevano scelto il luogo con cura. 
Il ponte di osservazione era il posto preferito di Jim sulla nave, sia da adulto sia da bambino.
Il piccolo si bloccò alla vista dei due, stringendo impulsivamente la mano di Nyota.
Il braccio era guarito perfettamente; all’apparenza Jimmy non aveva subito alcuna conseguenza dalla sua avventura con i klingon
“Vieni tesoro, siediti qui, vicino a noi” fece dolce McCoy, pur sentendo la morte nel cuore.
Jimmy lasciò andare la mano di Nyota: obbediente si sedette tra Spock, che stava rigido sul piccolo divano, e McCoy.
Le stelle scorrevano tranquille dietro la grande vetrata.
“La tua presenza è gradita, Nyota” disse piano Spock per fermare la donna che aveva già imboccato l’uscita.
Uhura rimase in silenzio accanto alla porta, non volendosi comunque intromettere in un momento che sentiva privato.
“Quando?” chiese con voce sottilissima Jimmy.
“Quando cosa?” rispose McCoy meravigliato.
“Quando devo lasciare la nave?” chiese tranquillo, senza piangere.
“Jimmy… il giudice ci aveva dato sei mesi. E sai bene che i bambini non possono restare a lungo sulle navi stellari. E’ pericoloso, ne abbiamo avuto la prova” spiegò con calma Spock.
Jimmy annuì triste.
“E con chi starò?” chiese incerto.
“Con me. In Georgia, andremo a vivere nella casa di campagna di mia madre. Lei non vede l’ora di vederti. Ci sono un sacco di animali e un bel giardino. E poi potrai giocare con Johanna. Ti ho fatto vedere un sacco di ologrammi… ricordi?” fece McCoy cercando di non piangere.
“Senza Frank?” chiese incerto il bambino.
“Senza Frank, tu non vedrai mai più Frank, questo te lo giuro” promise McCoy.
“E Sam?” chiese ancora incerto Jimmy.
McCoy sospirò.
“Sam è cresciuto Jimmy, te l’ho spiegato. E non sappiamo dov’è. Ma ti prometto che farò di tutto per rintracciarlo, se vuoi”
Il pensiero che il fratello maggiore di Jimmy, una volta rintracciato, ne potesse rivendicare la custodia, terrorizzava McCoy; ma non poteva negare al bambino di rivederlo, se possibile.
Una lacrima scese sulla guancia del piccolo.
“Non desideri vivere con me? Non vuoi diventare mio figlio?” chiese McCoy, mentre il panico cresceva dentro di lui.
“Certo che voglio stare con te…” balbettò Jimmy, mentre si asciugava le lacrime con la manica della maglietta.
“Ma… io non voglio lasciare gli altri… non voglio lasciare te, Spock” continuò.
Nella stanza risuonò il singhiozzo di Uhura, subito soffocato.
Spock scivolò in ginocchio proprio di fronte a Jimmy e lo guardò negli occhi.
“Jimmy, noi non ci lasceremo mai. Tutti noi siamo una famiglia. Verrò da te ogni volta che sarò in congedo, e così faranno tutti gli altri della squadra. E poi parleremo in video ogni volta che sarà possibile”
“Ma… ma… chi mi insegnerà le cose?” balbettò Jimmy.
“Il dottor McCoy ha già trovato una scuola adatta, ci saranno tutti bambini intelligenti come te. Vedrai, ti divertirai con loro” rispose Spock.
“Ma… mi mancherete… mi mancherai…” 
Ora Jimmy stava singhiozzando.
“Jimmy, non piangere. Anche io avvertirò la tua mancanza. Ma poi penserò a tutte le cose interessanti che possiamo fare quando saremo insieme. Ti porterò su New Vulcan a conoscere mio padre. E poi su Gamma Trianguli… dove ci sono le spiagge viola. E in tanti altri posti bellissimi”
Spock lasciò che il bambino sfogasse il pianto.
“Pensi di poter essere coraggioso per me?” chiese alla fine, con una dolcezza nella voce che McCoy non aveva mai sentito.
Jimmy annuì.
“Bravo piccolo” lo lodò McCoy, mentre si asciugava le lacrime.
“Non sono più piccolo, fra due giorni compirò sei anni”
McCoy si illuminò…
“E’ vero… tra due giorni…” sorrise.
“Giusto” intervenne Uhura.
Jimmy all’improvviso scivolò fra le braccia di Spock, stringendolo forte.
“Mi mancherai tanto Spock, ma sarò coraggioso per te” disse nascondendo il viso nell’uniforme del vulcaniano.
Quando l’abbraccio si sciolse, sulla guancia di Spock c’era una lacrima solitaria.
Jimmy l’asciugò con un dito.
“Non piangere Spock. Io starò bene con Bones. E tu mi verrai a trovare spesso” lo consolò.
Spock sospirò e guardò Jimmy diritto negli occhi.
“James Kirk… ricorda. Io sono sempre e sarò sempre, qualsiasi cosa succeda, tuo amico”
McCoy si schiarì la voce per alleggerire l’atmosfera.
“Bene… prima di tutto però abbiamo un compleanno da festeggiare tutti insieme. E, piccolo mio, avrai la più grandiosa festa di compleanno che si sia mai vista in questo quadrante della galassia”



McCoy sorrise all’espressione di puro stupore che si dipinse sulla faccia di Jimmy: era la vista della grande sala conferenze dell’Enterprise, addobbata a festa.
Scotty e Chekov avevano effettivamente fatto un gran bel lavoro; c’erano festoni e ghirlande colorate dappertutto, clown e giocolieri nei vari angoli, ed il più grande buffet che McCoy avesse visto da molti anni a questa parte.
Uhura si era sbizzarrita negli inviti e, approfittando della franchigia di quindici giorni all’equipaggio, era stato concesso di far salire a bordo le famiglie ed i loro bambini.
Così la sala era piena di invitati e bambini vocianti che correvano di qua e di là; e non ci volle molto prima che Jimmy si immergesse nell’atmosfera giocosa e diventasse il capo della banda di ragazzini.
Mentre guardava la banda di piccoli barbari urlatori che ormai si era impadronita della sala, McCoy si disse, ancora una volta, che la scelta fatta, per quanto dolorosa, era la più giusta.
Jimmy aveva diritto di crescere libero, all’aria aperta, con i suoi coetanei.
“Buonasera dottore” fece Spock avvicinandosi, con accanto Uhura, più bella che mai nel suo vestito blu a spalle scoperte.
“Spock…” 
McCoy non riuscì a trattenere la risata alla vista del vulcaniano che, con aria compassata e serissima, indossava un cappello a punta coloratissimo.
“Non capisco il motivo della sua ilarità, dottore. Il tenente Uhura mi ha informato che è consuetudine degli umani indossare questo tipo di copricapo alle feste di compleanno dei bambini. Anche lei ne indossa uno infatti” rispose Spock, sempre serissimo.
“Sì, ma su di te fa un altro effetto” ridacchiò il dottore.
“Tenente Sulu, la pregherei di smettere di scattare ologrammi alla mia persona, anche perché non ne intuisco ancora una volta il motivo” scandì Spock girandosi alle sue spalle.
Sulu quasi si congelò con ancora il PADD in mano.
“Sì signore, mi scusi” balbettò, allontanandosi.
“Ce l’hai?” sussurrò Chekov ridacchiando.
“Sì sì… due” rispose altrettanto ilare Sulu, mentre mostrava l’ologramma.
“Mandameli sul PADD…”
“Li voglio anche io…” intervenne Scotty, quasi strozzandosi con una tartina alla vista.

“Signori… una festa davvero bellissima” salutò Archer, avvicinandosi.
Anche il vecchio ammiraglio indossava un buffo cappellino, con l’aggiunta di magnifico naso rosso da clown.
“Grazie ammiraglio, il merito è tutto dei tenente Uhura, di Chekov e del comandante Scott” rispose McCoy.
Archer guardò verso Jimmy che correva felice dappertutto con gli altri bambini.
“E’ ancora difficile abituarmi a vederlo così…” chiosò l’ammiraglio, con aria triste.
“Credo che saremo costretti ad abituarci all’idea di non vedere più Jim Kirk adulto per un po’” rispose McCoy pensoso.
“Mi spiace che nessuno dei nostri scienziati sia riuscito a trovare una soluzione. E Jim Kirk mi manca davvero. Non credevo che fosse possibile, ma quello scapestrato incosciente mi manca”
“Oh le posso assicurare che anche se ora ha solo sei anni, Jimmy è più o meno il Jim Kirk che conosciamo, non è cambiato molto” sorrise McCoy.
“La Flotta ha comunque perso una delle sue migliori risorse tattiche” ragionò Archer.
“Ammiraglio, la Flotta dovrà solo aspettare qualche anno, poi la risorsa James Kirk sarà di nuovo disponibile, ne sono certo” intervenne Spock.

“Spock, Bones, guardate cosa mi ha regalato l’ammiraglio Archer…”
Jimmy venne correndo verso di loro, reggendo una gabbietta in cui faceva bella mostra di sé un tribolo azzurro chiaro.
“E’ già sterilizzato, dottore, non mi guardi con quell’aria terrorizzata” disse Archer rivolto al medico, che aveva sbarrato gli occhi.
“Un Polygeminus Grex azzurro… molto raro” commentò Spock.
“Mi hanno detto che ti piacciono i triboli” sorrise l’ammiraglio verso Jimmy.
“Sì, moltissimo. Grazie ammiraglio” rispose il bambino con un gran sorriso.
“Confido che ne avrai cura”
“Ma certo… Spock, vieni a giocare con noi? Gli altri bambini vorrebbero toccare le tue orecchie se possibile. Sai, non hanno mai conosciuto un vulcaniano” chiese con aria innocente Jimmy.
Gli altri si lanciarono l’un l’altro sguardi perplessi, ma inaspettatamente Spock, sempre impassibile, annuì.
“Mi sembra logico soddisfare la curiosità di giovani menti umane” chiosò mentre si faceva trascinare imperturbabile da Jimmy nella confusione dei bambini che giocavano.
“Quel che riescono a fare i bambini…” sorrise Archer.
Poco prima il piccolo aveva convinto il tenente Hendorff a giocare a rubabandiera.
“Quel che riesce a fare questo bambino…” lo corresse McCoy.

“Strega comanda color: celadon” scandì Spock al centro del cerchio dei bambini, che attendevano ansiosi.
I piccoli rimasero tutti congelati sul posto, perplessi.
“Vuole dire più o meno: color acquamarina” urlò Jimmy mentre si lanciava alla ricerca.
Immediatamente i bambini scapparono in tutte le direzioni, alla ricerca del colore. La variante del gioco prevedeva un premio a chi si procurava per primo una cosa del colore richiesto.
Uhura non la smetteva di sorridere mentre, di nascosto, riprendeva con il PADD la scena.
“Spock, mi pare scorretto: non credo che qualcuno vincerà… che cavolo è il color celadon?” chiese McCoy.
“In realtà è il colore di una ceramica cinese. E se Spock l’ha chiamato vuol dire che ha visto qualcosa di quel colore. Anche se forse va bene pure una cosa color acquamarina” rispose sempre sorridendo Uhura.
“Non avrei mai creduto che il tuo ragazzo fosse così bravo con i bambini… mai pensato?” chiese malizioso McCoy.
“A cosa? Ad avere figli? Certo, quando sarà il momento…”
“Il pensiero di tanti piccoli vulcaniani, tanti piccoli Spock in giro… brrr” scherzò il medico.
“In realtà se io e il tenente Uhura dovessimo procreare, il frutto di tale unione sarebbe solo per un quarto vulcaniano. E quindi c’è solo il 25% di possibilità che il bambino presenti le caratteristiche somatiche relative” intervenne Spock avvicinandosi.
“Sarebbe comunque molto carino, soprattutto se prende dalla madre” ribattè McCoy, ridacchiando.
“Dottore, non vedo la logicità di discutere su ipotesi del tutto remote, allo stato attuale”
“Spock… torna a giocare con i bambini” ribattè McCoy.
Uhura ridacchiò. Certe cose non cambiavano mai.
“Signor Spock, va bene questo?” chiese una bambina bionda avvicinandosi con una sciarpa di seta color acquamarina.
“Quasi Sally, ma non è esatto al 100%” rispose calmo Spock.
“E questo?” chiese Jimmy, avvicinandosi con un ciondolo in ceramica.
“Sì, esatto Jimmy. Posso chiedere dove l’hai reperito?” rispose orgoglioso Spock
“Me lo son fatto prestare dal commodoro Chang” rispose il bambino.
McCoy sorrise incredulo.
Annabelle Chang era nota per essere uno degli ufficiali, e delle donne, più scostanti e scorbutiche dell’intera Flotta.
“Ma come hai fatto?” chiese
“Niente, ho solo chiesto e… sorriso” fece il bambino.
“Sorriso eh?” ripetè Uhura.
“Sì” disse con noncuranza il piccolo riprendendo il ciondolo per restituirlo.
“L’effetto che Jim Kirk ha sulle donne di qualsiasi età e specie non smetterà mai di stupirmi” concluse Nyota.

La festa volgeva quasi al termine.
Dopo il taglio dell’enorme torta, la maggior parte degli ospiti era andata via e Jimmy stava mostrando orgoglioso tutti i regali ricevuti.
La coperta colorata bantu fatta da Uhura già faceva bella mostra di sé sul divano, così come l’ultimo gioco matematico, dono di Chekov.
“Guarda Bones, questo è il regalo di Hikaru” disse il bambino mostrando una piccola spada ricurva.
“E’ da allenamento, dottore, non si preoccupi, non è pericolosa” informò subito Sulu.
“Mi insegnerai quando verrai a trovarmi?” chiese Jimmy.
“Ma certo” promise Sulu travolto dall’abbraccio del bambino.
“Forza, apri il regalo mio e di Keenser” intervenne Scotty.
Jimmy sorrise alla vista della piccola casacca color oro che spuntò dal pacchetto.
“Una camicia da capitano… grazie, è bellissima” 
“Sei nato per indossarla ragazzo, credimi”
Tutti rimasero per un po’ in silenzio, commossi.
“Dottore credo che sia ora di ‘completare’ il nostro regalo” fece serio Spock.
“Sì… certo… indossa la camicia da capitano, Jimmy, e andiamo sul ponte di comando”
“Ma cosa dobbiamo fare?” chiese Jimmy, mentre si avviavano al turbo ascensore.
“Conservare i bei ricordi” rispose McCoy.

“Capitano sul ponte” annunciò Chekov una volta arrivati.
Tutti si misero sull’attenti mentre Jimmy faceva il suo ingresso sulla plancia.
Il bambino guardò leggermente imbarazzato.
“Vieni Jimmy, siediti qui” fece McCoy con gli occhi lucidi, mentre indicava la sedia del capitano.
“Lì? Davvero?” chiese Jimmy spalancando gli occhi.
“Certo” Spock sollevò il bambino e lo adagiò sulla poltrona al centro della plancia.
Il piccolo cercò di adattarsi, anche se i piedi non arrivavano a toccare il pavimento.
“Cheeese” scandì Hendorff, quando tutti gli altri della squadra si misero in posa, attorno alla poltrona di comando.

Dopo pochi minuti il regalo di Spock e McCoy era pronto.
Jimmy guardò con curiosità il PADD che i due gli porgevano, ed iniziò a far scorrere le pagine.
Comparvero decine di ologrammi, tutti ripresi durante la permanenza di Jimmy a bordo dell’Enterprise.
Jimmy mentre guardava un vetrino al microscopio elettronico con Spock, Jimmy e Bones seduti a pranzo, Jimmy in braccio al medico che dormiva tranquillamente. Ed ancora il bambino con Scotty e Keenser, con Uhura sul ponte di osservazione, con Sulu nella serra o con Chekov, chino sul PADD intento a risolvere problemi matematici. L’ultima immagine era quella scattata poco prima: Jimmy seduto sulla sedia, con la stessa aria di comando e sfida che aveva da adulto, circondato dai suoi amici.
“Questo per aiutarti a ricordare che siamo tutti una famiglia” disse Spock con aria dolce.


McCoy raccolse Jimmy dalla sedia di comando dove si era addormentato e lo issò sulla spalla.
Neppure nel sonno il bambino lasciò andare il PADD con gli ologrammi, continuando a stringerlo al petto.
“E’ ora di andare a nanna, monello” sussurrò il medico nell’orecchio, mentre carezzava i riccioli biondi.
Guardandosi intorno provò una fitta di dolore e nostalgia.
L’ultima notte sull’Enterprise.
“Allora buonanotte, dottor McCoy” salutò Spock.
“Basta Spock, non ce la faccio più a sentirmi chiamare dottor McCoy. Chiamami Leonard, dopotutto da domani non sarò più neppure un membro in servizio attivo della Flotta”
“Molto bene… Leonard. Buonanotte”
“Senti un po’ Spock… questa è la mia ultima notte a bordo”
“Ne sono consapevole, Leonard”
“E non credi che dobbiamo… festeggiare? Da adulti intendo” sorrise McCoy.
“Se per festeggiare da adulti intendi impegnarsi in attività sessuali, temo che il tenente Uhura avrebbe qualcosa da obiettare in proposito” scandì assolutamente serio.
“Ma no, che hai capito… volevo solo dire che nella mia cabina c’è ancora una bottiglia di bourbon d’annata che aspetta di essere aperta”
“Leonard, sai bene che i vulcaniani sono immuni all’effetto dell’alcool” 
“Certo, è per questo che mi sono procurato per il mio replicatore i componenti del miglior cioccolato di San Francisco”
Spock sembrò ragionare per un minuto.
“Credo che la cosa sia accettabile” chiosò alla fine.


McCoy sfilò la maglia oro a Jimmy e poi, dopo avergli tolto le scarpe, lo coprì sino al collo, mentre gli carezzava i capelli.
Il piccolo rispose con un sospiro, per poi stendersi a pancia in giù.
Anche da adulto Jim amava dormire sul ventre.
“Bene, accomodati Spock” invitò mentre programmava al replicatore la cioccolata calda.
Dopo aver consegnato la tazza al vulcaniano, aprì delicatamente la bottiglia che faceva bella mostra di sé sul tavolo, e se ne versò una dose generosa.
“A Jim Kirk. Il migliore amico che si possa avere” scandì mentre sollevava il bicchiere, pieno di liquido ambrato, imitato da Spock.
Il medico tracannò il bicchiere quasi tutto d’un fiato, suscitando la classica alzata di sopracciglia di Spock.
“Leonard, così perderai ben presto la lucidità” protestò Spock.
“Esattamente quello che voglio. Ubriacarmi. Sto per diventare padre di due figli, in futuro non me lo potrò più permettere” sorrise McCoy.
Con un cenno di assenso Spock finì il suo cioccolato.
“Un altro giro” disse il medico mentre prendeva dal replicatore un’altra tazza di cioccolato e la porgeva al vulcaniano.
“A noi e all’Enterprise” brindò mentre tracannava un altro bicchiere di bourbon.

“Leonard… volevo che tu sapessi…” la voce di Spock, dopo cinque tazze di cioccolata, era impastata e il vulcaniano sembrava aver perso la coordinazione motoria.
Per la prima volta da quando lo conosceva McCoy lo stava vedendo… spettinato ed in disordine.
“Sì insomma… nonostante quello che ci siamo detti, i litigi, le incomprensioni… ho sempre avuto un profondo rispetto per te…” continuò mentre iniziava a sbavare
“Anche io Spock… anche io…” balbettò McCoy.
“E credo… hic… che tu sia il miglior scienziato medico in questo quadrante della galassia… un… hic… genitore meraviglioso… insomma… volev.. volev…” blaterò confuso il vulcaniano.
“Sì Spock… anche io ti voglio bene” fece McCoy prima di cadere, a faccia in giù, sul proprio letto.
Subito si levò un russare plateale.
Spock resistette in piedi altri trenta secondi prima di accasciarsi sul divano, russando come solo un vulcaniano può fare.


Siamo quasi all'epilogo. Ringrazio sin d'ora chi ha recensito, chi ha inseirito la storia fra le preferite, seguite ecc, coloro che mi hanno inserita (immeritevolmente) nella lista dei loro scrittori preferiti e soprattutto chi ha letto sino in fondo questa storiella.
Ovviamente ribadisco che Star Trek non mi appartiene... ma  ho fatto miei lo spirito e gli ideali.
A presto con l'ultimo capitolo

 
 
  
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