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Autore: Robigna88    18/09/2016    0 recensioni
CROSSOVER TRA SAVING HOPE E THE ORIGINALS
Allison Morgan è una cacciatrice del soprannaturale con molte conoscenze e pochi amici. Tra quei pochi si annovera la famiglia Mikaelson. I primi vampiri della storia sono unici e invincibili o almeno così credono... quando la donna si ritrova per caso in un ospedale del Canada, l'Hope Zion, molte consapevolezze cambiano nel momento in cui si ritrova davanti al doppelgänger di Elijah Mikaelson. Il suo nome è Joel Goran ed è in pericolo anche se ancora non lo sa. Riusciranno l'elegante Originale e la cacciatrice a salvarlo?
Questo crossover è un esperimento un po' strano, ma io sono strana quindi.... buona lettura.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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NDA: I vostri commenti mi fanno molto piacere e stimolano la mia creatività quindi commentante commentate xD buona lettura, Roby.

ja

CAPITOLO 1

 

 

 

 

 

“Non capisco” mormorò Joel guardando il risultato della tac. “La tac è negativa eppure l’ho vista io stesso sanguinare dal naso, così di improvviso.”

“Può essere stato un colpo di pressione o semplicemente un po’ di stress, ad alcuni succede a volte” Maggie fece spallucce guardando insieme a lui l’immagine che mostrava un risultato chiaro e pulito. “Dimettila, abbiamo bisogno del letto.”

Ma Joel scosse il capo. “C’è qualcosa di strano in quella donna, qualcosa che per un motivo ancora sconosciuto mi attira.”

Maggie fece un grosso respiro. “Quel qualcosa, come lo chiami tu, è il fatto che è molto bella. Ha due occhi luminosi, stupendi capelli e un corpo mozzafiato, ecco perché ti attira. Dimettila Joel, sai bene quanto me che non c’è niente che non vada in lei.”

Il capo rise e si schiarì la voce; Maggie aveva ragione quando diceva che era bella ma non ne aveva quando sosteneva che fosse quello il motivo per cui voleva trattenerla ancora un po’. C’era davvero qualcosa che lo incuriosiva, qualcosa a livello medico però. Forse era il fatto che quando il naso aveva preso a sanguinarle in quel modo lei non si era assolutamente preoccupata, neppure un po’, come se ci fosse abituata e non poteva essere normale.

Inutile ripeterlo comunque, Maggie non gli avrebbe creduto e forse ne avrebbe avuto tutte le ragioni visto la reputazione di cui godeva tra le infermiere e le donne di quell’ospedale in generale. Con un cenno del capo la salutò e uscì dalla stanza diretto al pronto soccorso dove avrebbe parlato con la sua paziente e deciso solo in quel momento cosa fare. Allison Morgan rilesse sulla cartella. Perché quel nome gli suonava tanto familiare?

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah scese dall’aereo e aspettò di trovarsi fuori dall’aeroporto prima di afferrare il suo cellulare e comporre il numero di Allison. La donna era rimasta molto vaga nel messaggio che gli aveva lasciato il giorno prima. Quando lo aveva sentito si era preoccupato perché non era da Allison chiedere aiuto; perché gli aveva chiesto aiuto vero?

Non ne era del tutto certo ma c’era qualcosa in quella voce che conosceva molto bene che lo aveva messo in apprensione. Era nel modo in cui aveva vibrato attraverso l’apparecchio, nel modo in cui era rimasta vaga, breve e concisa. Non la donna che conosceva lui.

Toronto spendeva di sole quel giorno. Era una città che gli era sempre piaciuta, anche se dopo un certo momento della sua vita aveva smesso di visitarla ricordava tutto con piacere di quel posto: Il Museo Reale, l’acquario, ogni cosa a Toronto era bella. Perché Allison fosse lì non lo sapeva ancora, sperava di scoprirlo presto e sperava che stesse bene.

Fece partire la chiamata e attese qualche istante, il tempo di tre squilli e lei rispose. “Allison, sono appena arrivato a Toronto, dove sei?”

“Sono in ospedale ma sto bene, non venire qui, stanno per dimettermi in ogni caso. Ci incontriamo in quel ristorante italiano che ti piace tanto fra due ore circa, va bene?”

“Che significa che sei in ospedale? Stai bene davvero?”

“Sì El, sto bene davvero. È una storia lunga e anche imbarazzante, te la racconto a pranzo. Tu aspettami al ristorante, va bene?”

“Va bene” replicò lui alzando la mano per chiamare un taxi pensando che era tutto troppo strano, non gli piaceva affatto e non sapeva perché.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Bene, Allison. Puoi andare.”

Allison sorrise a Mary, la gentile infermiera che si era presa cura di lei in quella lunghissima notte in ospedale. Anche se non avrebbe voluto rimanere un minuto di più dopo i risultati della tac – Joel Goran aveva insistito affinché rimanesse per la notte – stare lì era servito a qualcosa; aveva potuto osservare i medici di quell’ospedale al lavoro e aveva deciso che l’Hope Zion era il posto giusto a cui donare i soldi della fondazione di suo padre quell’anno.

Non avrebbe detto ancora nulla però, l’indomani sera ci sarebbe stata una cena di beneficienza che lo staff della fondazione Morgan aveva organizzato e avrebbe comunicato solo allora la sua decisione svelando anche la sua identità.

Sapeva che Joel sarebbe rimasto di stucco e sapeva che la prossima volta che avrebbe messo piede dentro quell’ospedale tutti l’avrebbero trattata in modo diverso da come avevano fatto fino a quel momento, ma le piaceva l’idea di sorprenderli in qualche modo. Trovava divertente il pensiero del viso del dottor Goran che si tingeva di stupore vedendola a quella cena e capendo chi fosse. Era un divertimento innocuo in fondo.

“Grazie Mary” disse all’infermiera. “Passa una buona giornata” le augurò prima di allontanarsi.

“Hey, Allison!” si sentì chiamare quando era oramai in prossimità dell’uscita e Joel Goran le corse incontro quando si voltò. “Mary mi ha detto che sei stata dimessa.”

“Proprio cinque minuti fa o forse anche meno di cinque. Grazie per l’ottimo lavoro e per l’attenzione che mi avete riservato.”

“Dovere” sorrise Joel e per Allison fu come vedere Elijah in uno dei suoi rarissimi giorni di spensieratezza. “Mi raccomando, ricordati di tornare fra una settimana per controllare i punti e cerca di tenere la fasciatura pulita.”

“Lo farò e tornerò senza dubbio se sarò ancora qui fra una settimana.”

“Che vuoi dire?”

“Sono qui per lavoro e dovrei concludere i miei affari domani sera quindi…”

“Quindi forse ti farai togliere i punti in un ospedale della tua città.”

Allison ridacchiò. “Sì, forse.”

“E…” Joel si guardò un attimo intorno. “Qual è la tua città? Vancouver magari?”

“Temo sia un po’ più lontana” la donna bloccò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Vivo a Los Angeles.”

“Los Angeles?” le fece eco lui. “Cavolo, molto più lontana direi. Ehm senti… so che ti sembrerà incredibilmente strano e poco professionale ma, domani sera ci sarà una serata di beneficenza, l’ospedale è candidato per un premio molto importante e dovrò presenziare in quanto capo.”

“Lasciami indovinare” lo interruppe Allison. “Trovi quelle serate terribilmente noiose e ti stavi chiedendo se volessi venire con te così potremo annoiarci insieme.”

“Tu mi leggi la mente” scherzò Joel con un sorriso. “Allora?”

Lei fece un grosso respiro. “Mi piacerebbe Joel ma ho già un impegno domani sera. Lavoro, come ti ho detto. Magari però potremmo cenare insieme prima che torni in California, che ne dici? Potrai lamentarti per tutta la cena della noiosità della serata se lo vorrai.”

“Molto gentile” annuì Joel con un sorriso tirando fuori dalla tasca un bigliettino da visita. “Qui ci sono tutti i miei contatti, telefonami prima di partire e ceneremo insieme.”

“Lo farò, ma ora perdonami, devo proprio andare. Ho un appuntamento a pranzo con un amico e mi sta aspettando al ristorante.”

“Certo. Buon pranzo allora.”

“Anche a te” replicò Allison prima di uscire dall’ospedale. Joel la guardò attraverso le vetrate fin quando non salì su un taxi. Era assurdo ma l’idea di lei a pranzo con un amico lo metteva di cattivo umore. Scosse poco il capo quasi ridendo di se stesso e tornò al lavoro. Dubitava che l’avrebbe mai rivista anche se ci sperava.

   
 
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