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Autore: Darth Ploly    18/09/2016    1 recensioni
Per Ponyville è un periodo di quiete: la vita scorre serena dopo che, qualche mese prima, una furia omicida si era scatenata contro gli inermi cittadini. Tutto è però tornato alla normalità e adesso ci si prepara per il grande evento: le elezioni che decreteranno chi sarà il nuovo sindaco. Ma qualcosa sta per cambiare: una pony che tutti speravano di aver dimenticato sta per tornare a Ponyville. Quale sarà il suo scopo? Cosa succederà alla città? E quale sarà la reazione di Octavia di fronte alla pony che le ha cambiato la vita?
Tornano le avventure della Melodia della Giustizia, disillusa detective che indaga lungo le strade di una Ponyville cupa ed egoista. Diretto seguito di "Melodia di Giustizia-A trip into madness", si consiglia vivamente di non iniziare questa lettura senza aver terminato la precedente.
Allontanandosi dal giallo tradizionale, questo racconto narra una vicenda più ampia in cui nuovi e vecchi personaggi troveranno maggior spazio e si verranno a instaurare o a sviluppare maggiori rapporti tra ogni protagonista e gli altri pony o la città stessa.
Mi auguro possa piacervi.
Genere: Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Derpy, Le sei protagoniste, Spike, Trixie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Un altro candidato sindaco si è ritirato, è il secondo in una settimana. Ormai Rich ha soltanto un avversario e il suo prestigio non fa che aumentare. Il numero dei suoi sostenitori è cresciuto rapidamente dal giorno del suo comizio in piazza grazie alle azioni di Trixie: in qualche ora ha sgominato la banda che organizzò l’attentato e ha catturato anche i capi della criminalità organizzata di Ponyville, mostrando così di poter svolgere da sola il lavoro dell’intera squadra di Dash. O almeno questo è quel che ha fatto pensare a tutti. Certo, per una come lei non deve essere stato difficile catturare dei pony che non sapevano nulla di quel che era accaduto.
L’attentatore è crollato subito e, durante l’interrogatorio, ha spiegato tutto nei minimi dettagli: nomi dei compagni, scopo dell’attacco, legami con i Quattro. Nessuno di loro aveva a che fare con l’assalto e sono stati rilasciati dopo qualche ora senza accuse. Tuttavia i problemi non erano finiti.
Tornato a casa, Albert Grifone è venuto a sapere della morte del padre. Un attacco di cuore nel sonno, non ha sofferto. Il giorno del funerale, il commissario Dash è passata da noi per parlare con Octavia. Si sentiva in debito con Grifone: diceva che avrebbe voluto farlo uscire quella notte perché le era sembrato onesto e perché sarebbe bastato comunque interrogare gli altri indagati per ottenere quello che le serviva. In realtà Octavia pensa che la sua indecisione fosse dovuta soprattutto al rifiuto di sottostare a Trixie e al sovrintendente Nandermane, ma io non ne sono molto convinta. Quella sera sembrava davvero dispiaciuta e, considerando il disprezzo che ha sempre provato per Grifone, non riesco a capire perché avrebbe dovuto fingere.
In realtà chi mi preoccupa di più è proprio Octavia. Negli ultimi giorni si è comportata in maniera fredda e distaccata, a stento ci siamo scambiate qualche parola. Passa tutto il giorno da sola fuori casa e, quando torna, si chiude in camera a guardare vecchi album fotografici, in genere quello dedicato a Vinyl  e Trixie. Sta perdendo la sua battaglia contro la rabbia e il dolore e ho paura che da un momento all’altro possa tentare una mossa disperata.
Devo aiutarla ad ogni costo. Questa volta parleremo e riusciremo a mettere le cose a posto. Ci riusciamo sempre.

Quando torno a casa, il sole sta ormai tramontando e l’aria si è fatta fredda. Sulle scale vedo la signorina Rottermare intenta a firmare delle ricevute per il postino. La supero senza dire una parola: una delle riviste che ha con sé è un volantino propagandistico con Risch e Trixie in copertina. Vorrei strapparglielo dalle zampe e ridurlo in pezzi, ma sono troppo stanca e non ne varrebbe la pena. Certi pony non imparano nulla.
Rientro in casa e Derpy mi accoglie amorevolmente. Mi fa alcune domande a cui rispondo con frasi di circostanza e dopo vado in camera accostando la porta. Mi lascio cadere sul letto e chiudo gli occhi, confidando in un sonno che però non arriva.
Smetto di rigirarmi nel letto soltanto quando sento dei leggeri colpetti alla porta.
“Octavia, dormi? Puoi … puoi lasciarmi entrare?”
“Sono sveglia, vieni”
Derpy apre ma rimane vicino all’uscio. È chiaramente preoccupata, ma io non faccio nulla per farla sentire più a suo agio.
“È successo qualcosa?” Mi limito a domandare.
“No. Volevo, ecco … volevo solo parlare”
Peccato che io non voglia.
“Scusami, Derpy, ma non adesso. È stata una giornataccia, sono stanca e voglio solo …”
“Chiuderti in te stessa e scappare nel passato come fai da giorni?”
Sul comodino vicino al letto c’è il mio album di foto. Una distrazione che avrei potuto evitare.
“Possibile. La cosa ti disturba?” Chiedo infastidita.
“No, mi inquieta. Ultimamente non sei più te stessa, Octavia. Mi rendo conto che stai passando un brutto momento, ma …”
“Ah, grazie tante per averlo notato!” La interrompo più acidamente di quanto non voglia.
“Ma questo non deve farti perdere il senno!”
“Perdere il … Derpy, chi ti credi di essere?”
“Devi calmarti, Octavia. Capisco che tu voglia fermare Trixie, ma non puoi fare tutto da sola. Guardati: sei stressata! Non parli con nessuno, non mangi, quasi non dormi!”
“Mi dispiace ma non ci riesco! Appena chiudo gli occhi la sento ridere di me e … io non resisto!”
Lei si ferma per un attimo prima di continuare, riflettendo su cosa dire.
“Octavia, non puoi lottare da sola. Dash potrebbe aiutarti, io stessa sarei disposta a fare di tutto per te! E poi siamo socie, no? Stai controllando l’operato di Trixie in questi giorni? Stai facendo altro? Non importa, lascia che ti aiuti! Insieme salveremo la città e …”
“Salvare la città? Quanto sei ingenua, Derpy” Dico con un filo di voce.
Questa volta rimane sorpresa. Sgrana gli occhi senza sapere come rispondere.
“Vuoi sapere cosa faccio tutto il giorno? Bene! La mattina indago sulle azioni di Trixie sperando che abbia fatto dei passi falsi. Quando mi rendo conto che tutto è inutile, vado a salutare Vinyl. Le parlo un po’ e le prometto che sarò io a vincere. Non sono certa di riuscire a mantenere la promessa ma ci proverò in ogni modo. Quando torno a casa guardo quelle vecchie foto per ricordare il motivo per cui continuo a lottare: i quasi due anni che ho passato da sola, tormentata dagli incubi e troppo spaventata per andare a trovare la mia migliore amica. Tu lo sai cosa voglia dire aver paura di vedere il pony che più ami, Derpy? Pensare che l’unica cosa che lo rende diverso da un cadavere è il fatto che respira? Lo sai, Derpy?”
I suoi occhi iniziano a riempirsi di lacrime. Il mio sfogo l’ha colpita.
Senza attendere repliche, continuo: “Non mi interessa né di Ponyville né dei suoi abitanti: io combatto solo per me stessa”
“No, non è vero!” Prova a farsi coraggio “Non posso capire quel che provi, ma so che tu non sei così! Tu sei la Melodia di Ponyvile e la proteggi da anni. Ciò che dici è … egoista!”
“Sarei io l’egoista, Derpy?” Questa volta non trattengo la rabbia “Ho cercato di aiutare questa città per tutta la vita e cosa ho ricevuto in cambio? Un branco di imbecilli pronti a gettarsi nelle fauci di un mostro, dei pony che hanno dimenticato il dolore che avevano conosciuto in passato e che ora applaudono quella che li ha quasi condotti alla rovina. E io dovrei salvarli? No, Derpy. Non questa volta”
Restiamo in silenzio per un po’, senza il coraggio di guardarci negli occhi.
“Dunque è così: la vendetta prima di tutto”
“La vendetta prima di tutto” Ripeto con voce atona.
“Forse ti ho sopravvalutata, Octavia”
È un colpo diretto. Fa male.
“Sei una ragazzina, Derpy. Un giorno capirai”
“Non trattarmi da bambina, Octavia. Sono tua socia e soprattutto tua amica. Ti prego, ascoltami!” Arriva quasi a implorarmi “Perché non mi permetti di aiutarti come faceva Vinyl?”
“Perché tu non sei Vinyl!” Urlo infuriata spaventandola “Tu non sei Vinyl e non la sarai mai! Smettila di parlare di lei, smettila di paragonarti a lei! Non potrai mai prendere il suo posto, Derpy! Mai!”
Questa volta la furia spinge il mio sguardo a incontrare il suo: sta piangendo.
È un pianto silenzioso, composto da rari e quasi impercettibili singhiozzi, ma le lacrime non accennano a diminuire.
Derpy scappa via ed esce di casa. La porta di ingresso sbatte con violenza.
“Va bene! Va bene, vattene! Sei come gli altri … sei come tutti gli altri!” Le urlo dietro lanciando un cuscino fuori dalla camera. Perdo totalmente il controllo e urlo con quanto fiato ho in gola, urlo finché non inizia a farmi male la testa.
A un tratto decido di sfogarmi sulla lampada che ho sul comodino, la sollevo a due zampe e la getto a terra facendola finire in mille pezzi. Una scheggia di vetro torna verso l’alto e mi graffia leggermente il muso. È un piccolo taglio superficiale ma è sufficiente a farmi fermare. Osservo il caos davanti a me mentre una goccia di sangue mi scorre lungo la guancia. È tornato il silenzio, assordante e terribile. Ripenso al mio comportamento di poco fa, rivivendo la scena e riascoltando le mie parole. Stavolta sono io a tremare.
Che cosa ho fatto?
Sono stata cattiva, le ho detto cose orribili e … e adesso Derpy …
Mi lancio giù dal letto e corro fuori casa. Lungo il corridoio del pianerottolo non c’è. Scendo le scale sperando di trovarla seduta in qualche angolo degli altri piani, ma lei non è da nessuna parte.
No! Non è vero ... non è vero …
Alla fine arrivo nell’atrio principale, piccolo, vuoto e opprimente. Mi manca il respiro. Apro il portone ed esco fuori dal palazzo: è buio e non ci sono molti pony in giro. Mi guardo a destra e a sinistra senza risultati.
Non riesco a respirare, mi brucia lo stomaco e nella testa risuonano con forza le parole di prima. Sono una stupida, una completa idiota!
“Derpy …” Inizio a correre sussurrando il suo nome, ma metto uno zoccolo in fallo e sento un lancinante dolore alla zampa.
La vista mi si offusca per le lacrime. Io non volevo questo … non volevo!
“DERPY!” Il mio grido si diffonde per i vicoli di Ponyville senza ricevere risposta.

Sono seduta su una panchina nel parco di Ponyville da … non lo so, ho perso la cognizione del tempo. Sicuramente è quasi orario di chiusura: tutte le famiglie con i loro puledrini se ne sono già andate e rimangono solo un paio di coppiette nascoste tra gli alberi. Dovrei andarmene anche io ma non so dove. Tornare a casa è impensabile, sarebbe troppo doloroso. Se avessi preso del denaro avrei potuto cercare una camera da qualche parte, ma in quel momento non ci ho pensato, non ho pensato a nulla.
Per giunta comincia a far freddo. Mi porto le zampe posteriori al petto e piego la testa chiudendo gli occhi. Fa davvero freddo! Ho paura. Nuove lacrime cominciano a scorrermi lungo il muso; non credevo di poter piangere tanto.
“Cosa spinge una giovane e affascinante pegaso a piangere da sola nel buio della notte?” Domanda una voce che non conosco. Sollevo lo sguardo e vedo un pony di terra dal manto marroncino con un farfallino al collo. Lo sconosciuto mi offre una rosa e domanda: “Posso essere d’aiuto?”
Con gli occhi spalancati, afferro delicatamente il fiore con due zampe e lui mi sorride dolcemente. Arrossisco e sorrido imbarazzata.
“Grazie” Rispondo timidamente.
“Posso sedermi?”
Mi sposto più di lato e lui si siede al mio fianco.
“Dunque, una giovane pegaso piange da sola in un parco dove in genere si riuniscono gli innamorati. Mi viene da chiedermi quale mostro senza cuore farebbe soffrire una così meravigliosa creatura”
Non capisco subito quel che intende dire, sono imbarazzata ma anche felice per le sue belle parole. Poi però cerco di chiarire la situazione: “Oh, no, non è come sembra! Non sono qui per colpa di nessun … lui”
Questa volta è lui a stupirsi: “Nessun dramma d’amore? Oh, sono terribilmente imbarazzato per l’equivoco! In questo caso spero che non si tratti di nulla di grave”
“No, non credo … non lo so … è un litigio con un’amica. So che può sembrare stupido, ma ci siamo dette cose terribili e …” E io sto raccontando i miei fatti personali a uno sconosciuto con una rosa. Bel colpo, Derpy!
“Piangi spesso per dei litigi con le tue amiche?”
“Beh, no”
“Allora forse è davvero una cosa seria. Forse l’amica è molto importante o la discussione molto dolorosa … o forse entrambe”
“Entrambe. Direi entrambe” Affermo tristemente “E adesso non so cosa fare”
“Hai paura di parlarle?”
Annuisco.
Lui ci pensa un po’, poi dice: “Le possibilità sono solo due: aspettare che sia lei a muoversi o cercare di portare la situazione come era prima. E fidati di uno che ci è passato: la prima raramente funziona”
“Anche tu hai litigato con qualcuno?” Domando incuriosita “È per questo che sei qui?”
“No, no. Semplicemente adoro passeggiare di notte osservando la luna, guidato dalle stelle” Risponde alzando gli occhi al cielo “È una cosa successa anni fa ma è difficile dimenticare. Ma torniamo a te: non conosci qualcuno che potrebbe aiutarti? Avete amiche in comune?”
“Beh, sì”
“Parla con loro, allora. Potrebbero darti un consiglio”
E magari potrebbero ospitarmi per la notte. Dovrei solo scegliere da chi andare: Dash? Fluttershy? La dottoressa Sparkle?
Osservo di nascosto il mio galante interlocutore. È più grande di me ma è affascinante. Ha uno sguardo profondo e intelligente, un po’ malinconico, e sembra davvero avere a cuore quel che gli dico. So che dovrei stare attenta ma, stranamente, con lui mi sento al sicuro.
A un certo punto si accorge che lo sto fissando e ride, facendomi arrossire di nuovo.
“Sei gentile, comunque. Grazie ancora” Gli dico abbassando lo sguardo a terra di scatto “Non tutti si sarebbero fermati ad aiutare una sconosciuta”
“Non mi piace quando le ragazze piangono” Risponde con semplicità.
L’anziano guardiano del parco avanza lungo il sentiero facendo suonare a intervalli regolari una piccola campana: è il segnale di chiusura.
“Hai pensato a un posto dove andare?” Mi domanda mentre ci alziamo e ci mettiamo in cammino verso l’uscita.
“Sì, credo di aver trovato la pony giusta. E poi mi è venuta un’idea per risolvere la situazione” Rispondo con convinzione.
“Hai bisogno di un accompagnatore?”
“No, non preoccuparti: hai già fatto tanto. Vorrei andare da sola per pensare un po’”
“Come preferisci. Però ti andrebbe di rivederci? Torna qui tra tre giorni, così mi racconterai di come avrai fatto pace con la tua amica”
Sorrido di gioia e accetto.
Una volta raggiunti i grandi cancelli del parco, prima di separarci, gli dico: “Derpy. Mi chiamo Derpy”
Con un elegante inchino si presenta: “È un piacere, Derpy. Io sono Doctor Whooves” 
   
 
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