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Autore: _Noodle    19/09/2016    4 recensioni
“Tokyo, diventata da pochi anni la capitale dell’Impero, rifulgeva di una nuova e folgorante bellezza, di un fascino meccanico e ricercato. […] Tuttavia, tra le novelle illuminazioni e le linee telegrafiche, tra il fumo grigio delle fabbriche e le stelle, qualche vecchia tradizione non si assopiva: le squallide osterie dei quartieri bassi continuavano a schiamazzare orgogliose, attirando l’attenzione di brutti ceffi e di povere donzelle. Luoghi di perdizione le taverne, luoghi poco seri e poco innovativi; antri oscuri composti di gente matta, chiassosa, sfrontata”.
Un re disperso, un mondo fluttuante ed indefinito, il Paese delle Meraviglie che Shouyou Hinata fu costretto ad esplorare.
“Noi siamo tutti matti qui.”
AliceInWonderland!AU
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Un po' tutti
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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È tardi sai, io son già in mezzo ai guai!
 
 
 
 
 
 
<< Forza, forza, portategli del succo d’uva, che cosa state aspettando! >>
Un fastidioso ronzio, più irritante di quello delle mosche che popolavano la Luna Storta, vibrava incessantemente nelle orecchie di Hinata. Una luce accecante filtrava dal sottile strato di pelle che proteggeva i suoi occhi e un dolce profumo di vaniglia s’insinuava delicatamente nelle sue narici inesperte. Aveva come l’impressione, sebbene non avesse ancora riacquistato la sensibilità del suo corpo, che il freddo invernale si fosse dissolto, lasciando il posto ad una tiepida brezza estiva. Ciò che Kageyama gli aveva dato da bere era stato efficace a tal punto da trasformare odori, tepori e colori? Ancora si contorceva al pensiero del terribile sapore del liquore, non capacitandosi di come fosse riuscito a mandarlo giù in un sorso. La disperazione non era mai stata così lancinante. Il rumore assordante che trivellava le sue orecchie smise di tormentarlo a poco a poco, lasciando spazio ad un cinguettio sussurrato e le iridi ambrate, ancora nascoste, si abituarono piuttosto velocemente al bagliore che traspariva dalle palpebre. Spinto da un ansito di coraggio incominciò a muovere le dita della mano destra, poi quelle della mano sinistra; dopodichè passò a quelle dei piedi, finendo poi per accorgersi di avere di nuovo le capacità per comandare ogni muscolo che lo costituiva. Non era mai svenuto prima d’ora: esperienza da non ripetere.
<< Bravo, così! Riesci ad aprire gli occhi? >>
Fu solo in seguito a quella domanda che Shouyou si accorse che qualcuno gli aveva rivolto la parola. Strizzò gli occhi e sbatté le palpebre freneticamente, portò una mano sul visto per cacciare via l’espressione addormentata e s’inumidì le labbra. Con lentezza aprì gli occhi: dapprima non riuscì a distinguere le figure attorno a sé, poi, quando tutto ebbe recuperato il colore perduto, credette di svenire nuovamente, colto da un improvviso mancamento.
<< Dove mi trovo? >> chiese alzando leggermente il capo, gli occhi spalancati e la fronte corrucciata. Con movimenti lenti e scoordinati si mise a sedere, scorgendo attorno a sé figure che mai avrebbe pensato di poter vedere.
<< Oh, è un forestiero, ora mi è tutto più chiaro! Sei nel Paese delle Meraviglie mio caro, pensavo che ne fossi consapevole! >>
Hinata storse il naso, sempre più sicuro che quello che si stagliava davanti ai suoi occhi fosse tutto frutto della sua immaginazione. Dov’erano finiti i tavoli, dove le sedie? Che fine avevano fatto il lungo bancone di legno putrido e gli scaffali ricolmi di bottiglie e di recipienti? Chi aveva assorbito il puzzo sgradevole del vino e del sudore, chi aveva illuminato l’oscurità? Dov’era finito Tobio, dov’erano finiti i suoi amici, i suoi fratelli?
<< Paese delle Meraviglie? No, non può essere, sto sicuramente sognando! >> balbettò, dandosi un pizzicotto sulla mano.
<< Posso assicurarti che non è un sogno, ti trovi nei giardini del mio castello. >>
E in affetti, guardandosi attorno, il giovane dai capelli rossi e dalla camicia color del cielo si rese conto di essere attorniato da alberi secolari, querce maestose, ciliegi e peschi in fiore, arbusti di rose bianche e nere. Alle sue spalle, a pochi metri dal prato in cui si era risvegliato, si ergeva un immenso palazzo di marmo bianco: una scalinata composta da larghi gradini portava ad uno spiazzo costeggiato da due ringhiere alte non più di un metro, e un’altra breve rampa conduceva davanti al portone di entrata, sovrastato da un balcone imponente. I pavimenti scintillavano, i vetri delle finestre parevano specchi, negli angoli e nei cunicoli non vi era la minima traccia di polvere. Quel palazzo maestoso, dalle colonne doriche e dalle torri irregolari di forme e altezze diverse, era tutto ciò che Hinata non era mai stato abituato a vedere, l’opposto distorto dell’osteria in cui trascorreva le sue giornate.
Lo sconosciuto, con mano ferma, porse a Shouyou una bevanda fumante di colore violaceo. Aveva le unghie curate e dipinte di nero, la pelle diafana e trasparente a tal punto da rivelare la posizione di ogni singola vena e capillare. Era di corporatura snella, gambe lunghe e affusolate, braccia esili ma ben definite, collo candido e tenero. Indossava una giacca bianca a doppio petto, rigida sulle spalle e sul colletto ripiegato, con due file da quattro bottoni argentati ciascuna, simili a pedine della dama; sotto questa una candida camicia di materiale pregiato. In vita una cintura di pelle decorata con pietre che Hinata avrebbe potuto giurare fossero diamanti. I pantaloni, aderenti ma non attillati, della stessa tonalità della neve, restavano infilati in un paio di alti stivali grigi dalla punta a quadrati bianchi e neri. Innumerevoli anelli avvolgevano le sue dita sottili e un foulard di seta bianca con ricami floreali cingeva il suo collo ricadendo mollemente sul gilet.
In testa una corona scintillante a dodici punte realizzata in oro bianco e pietre preziose, tra cui ametiste e madreperle.
<< Bevi questo, ti aiuterà a recuperare le forze >> disse il gentiluomo in modo pacato. Hinata iniziò ad indietreggiare, gattonando a pancia in su.
<< Oh no, io altro alcool non lo bevo! >>
L’uomo si mise a ridere, sfoderando un sorriso a trentadue denti.
<< È solo succo d’uva, non ti succederà niente >> lo rassicurò, porgendogli nuovamente il bicchiere.
Dopo essersi avvicinato e saziato della bevanda zuccherina e straordinariamente deliziosa, non che rinvigorente, Hinata ringraziò per la premura, si alzò in piedi e porse la mano all’uomo che l’aveva aiutato.
<< Mi chiamo Hinata Shouyou e vengo da Tokyo. >>
<< Tokyo? Che nome buffo da dare ad una città! Io sono la Regina Bianca, e questi sono i miei sudditi. È un onore per me conoscerti. Ti stavo aspettando >> confessò la Regina, abbassando progressivamente il tono di voce.
Hinata fu assalito istantaneamente dal panico: perchè un uomo mai visto in vita sua si era presentato a lui come Regina? Perché sosteneva di averlo aspettato? Dov’era finito? Dove si trovava di preciso questo Paese delle Meraviglie? Troppi interrogativi a cui Shouyou non sapeva rispondere. Spostò lo guardo dalla Regina ai sudditi, dai sudditi alla Regina. Se già i suoi occhi rotondi apparivano strabuzzati, alla vista dei cortigiani che la regina aveva appena definito ‘sudditi’, questi sembrarono schizzargli fuori dalle orbite.
<< Ma voi siete… VOI SIETE DEGLI SCACCHI! >> urlò mettendo una mano davanti alla bocca e puntando l’altra verso le pacifiche personcine, che portavano dei copricapo esattamente identici alle cime dei pedoni, degli alfieri o delle torri. Erano di un inquietante pallore, labbra tinte di nero, vestiti inconfondibilmente di alta sartoria.
<< Ma certo, mi sembrava ovvio. Ma sei forestiero ed è normale che tu non sia abituato a noi e agli individui come noi. Dovrai farci l’abitudine. >>
La Regina aveva una voce melodiosa, equiparabile al suono di un pianoforte intento a suonare un adagio. Una bocca rossa e carnosa incorniciava denti perfetti e bianchissimi, degni delle rare perle dell’oceano. Il naso una piccola appendice aggraziata, punta rivolta verso l’alto. I suoi occhi grandi ed eloquenti, capaci di infondere calma e fiducia, risplendevano grigi sotto i raggi del sole, velati da un sottile strato di tristezza. Intrepido, sotto l’occhio sinistro, un neo perfettamente circolare che pareva disegnato con l’inchiostro, unica macchia scura sulla tela bianca della sua pelle. Le ciocche di capelli che fuoriuscivano dalla corona erano di un grigio chiarissimo, un argento più regale, un bianco più audace.
<< Adesso seguimi, ho bisogno di conferire con te in privato. >>
 
Giunti nella stanza del trono, al terzo piano dell’ala est del palazzo, la Regina Bianca e Hinata si intrattennero a parlare di Shouyou più nel dettaglio. La sovrana gli chiese quanti anni avesse, se lavorasse o semplicemente avesse qualche attitudine speciale, se dormisse a testa in giù o con le gambe a penzoloni, se preferisse giocare a rubaocchiello o a mangiamaffo, se avesse mai nuotato tra le cascate di miele o nel lago di cioccolata. Hinata, ovviamente, seppe rispondere solo alle prime tre domande (che diavolo era un mangiamaffo?). Dopo che la Regina lo ebbe messo a suo agio, o almeno provò a farlo, lo sguardo regale dell’uomo s’incupì, abbassandosi ed offuscandosi.
<< Direi che è giunto il momento di parlare di cose serie, Shouyou. >>
<< Sono tutt’orecchi, Regina >> disse Hinata, divorato da una curiosità lancinante.
<< Si tratta del Re Bianco, mio marito. È sempre stato un uomo coraggioso, un condottiero formidabile in grado di condurre l’esercito di scacchi verso la vittoria senza mai far perdere loro la speranza. Ci capivamo con uno sguardo, prendevamo le decisioni di comune accordo, lui mi proteggeva e mi teneva stretto a sé, con un calore ed una dolcezza insostituibili. Non so se ti è mai capitato di provare una sensazione del genere. >>
Shouyou ci pensò attentamente, arrivando alla conclusione che nessuno l’aveva mai fatto sentire amato in un senso diverso da quello che poteva essere l’attaccamento di Ukai o dei suoi amici. Forse solo durante quella notte in cui aveva abbracciato Kageyama sotto le coperte aveva potuto registrare nel suo cuore una sensazione denominabile sotto il nome di ‘affetto’. Ascoltava con il fiato sospeso, impaziente di scoprire il motivo per cui la Regina si stesse confidando con lui.
<< Un giorno però >> riprese lei dopo che il ragazzo ebbe scosso la testa per dissentire << non lo trovai al mio risveglio, non lo trovai nei giardini, nelle cucine, nella sala da ballo o in riva al fiume. Non lo trovai più, e ancora mi è ignoto il luogo in cui sia nascosto. Alcuni a corte credono che se ne sia andato in cerca di preziose ricchezze, ma io so, sono certo che non è così. Il Re Bianco è stato rapito, e io voglio sapere da chi. Perché non avvertirmi, altrimenti? Perché non portarmi con lui? >> concluse con tono severo, le lacrime agli occhi e le labbra impastate. Mentre parlava muoveva le dita della mano destra in modo armonioso, quasi stesse facendo un incantesimo. In un primo momento Shouyou temette che l’avrebbe trasformato in rospo, o cose del genere, ma poi capì che si trattava semplicemente di un’abitudine.
<< Rapito? E da chi? Ne avete la certezza? >>
<< Ne sono più che certo. Ma per scoprire chi è stato ho bisogno del tuo aiuto >> ammise infine Sua Maestà, fissando con insistenza gli occhi di miele di Hinata.
<< Del mio aiuto? E come faccio io a reperire informazioni su una persona che nemmeno conosco? Non so nemmeno dove diavolo mi trovo… >>
La Regina Bianca si alzò dal suo trono, iniziando a passeggiare avanti e indietro davanti alla seggiola su cui era seduto il garzone.
<< Tu sei il prescelto, Hinata Shouyou. Una veggente che convocai a palazzo, la sera stessa della scomparsa di mio marito, mi disse che nella prima notte di luna piena del mese di Erbmecid, al suo sorgere, giustizia sarebbe stata fatta e la terra  sarebbe ritornata a germogliare. Un nobile ragazzo d’azzurro vestito avrebbe riportato il gioco in atto e i combattenti avrebbero occupato nuovamente le loro postazioni. Tu sei quel nobile ragazzo d’azzurro vestito, tu puoi riportare a casa il Re. Addentrati nella foresta e lo troverai. >>
La Regina gli strinse le mani, fissandolo con occhi supplichevoli.
<< Ma non posso essere io. Non sono un nobile ragazzo, faccio il garzone in una bettola nella periferia di Tokyo! >>
Sebbene Hinata stesse sbraitando, la Regina manteneva la calma. Aveva sollevato le sopracciglia grigie facendole convergere in un’espressione dispiaciuta, il neo alla base dei suoi bulbi accentuava la malinconia del suo sguardo.
Era possibile che uno sconosciuto (anche abbastanza bizzarro) potesse fargli provare così tanta pena? Non aveva mai incrociato degli occhi così grandi e profondi, sinceri e disperati. Il ragazzo scosse la testa, inspirando ed espirando rassegnato. Stava davvero per dare una possibilità alla Sovrana, stava davvero per darla a se stesso?
<< Fatemi capire, Maestà, dove devo andare? E quanto tempo ho per riportare qui il Re, ammesso che lo trovi? Quand’è la prima notte di luna piena? >>
L’espressione della Regina mutò al suono di quelle parole. La bocca si sollevò in un sorriso storto, un brivido bollente e adrenalinico percorse la sua schiena diafana, costellata da piccoli nei. Finalmente, aveva una speranza.
<< Di questo non ti devi preoccupare, incontrerai chi saprà fornirti tutte le informazioni necessarie. >>
La regina schioccò le dita con lo sguardo piantato negli occhi di Hinata. Non appena il movimento fu portato a termine, il palazzo sontuoso e luminoso che circondava Shouyou sfumò per poi scomparire del tutto, catapultando il ragazzo nel bel mezzo di una foresta oscura, debolmente illuminata da luci di cui non si riusciva ad identificare la provenienza.
 
Era tutto così surreale, così stravagante. Hinata aveva sempre pensato che la magia non fosse reale, che tutte le leggende e le storie in cui streghe potentissime lanciavano incantesimi e realizzavano desideri fossero una semplice e stupida invenzione. E invece era tutto vero. E quell’uomo che diceva di essere una regina, finalmente vivo dopo aver smarrito tutte le speranze, l’aveva trasportato tramite un sordo schiocco di dita in un’altra dimensione, in una regione ignota del Paese delle Meraviglie. Contava su di lui e, per come era fatto Shouyou, incapace di arrendersi, questa missione andava portata a termine, la partita a scacchi doveva poter ricominciare e concludersi. L’aveva capito fin dall’inizio del racconto della Regina: il pezzo mancante, il Re, era lo stesso che mancava all’inizio della sua partita a scacchi con Kageyama. Non pensava fosse solamente una coincidenza.
<< Perfetto. E adesso dove vado? >>
Il punto della foresta in cui l’aveva abbandonato la Regina era davanti ad un bivio. Alberi immensi, alti ed imponenti, dalle foglie verdi e viola, sovrastavano il minuscolo corpo del garzone, impedendogli di vedere il cielo, ammesso che ci fosse. Luci artificiali, luci fasulle. Come poteva il suo volto essere illuminato dal momento che l’etere era nero quanto il carbone? E le foglie degli alberi, di un violetto opaco e compatto, che fossero state dipinte con la vernice? Alternandosi al verde degli altri arbusti, il gioco di luci e colori era incredibile: tonalità accese, fluorescenti, in contrasto con la neutralità del cielo. Il terreno ferroso e sabbioso sporcava le scarpe, pareva un lungo tappeto rosso srotolato per accogliere i forestieri.
<< C’è qualcuno? >> urlò, ricevendo solo la risposta della sua eco. Qualche passo in avanti.
“Da che parte devo andare? Chi mi assicura che andando a destra possa trovare quello che cerco? Dovrei andare a sinistra?”
I pensieri di Hinata si rincorrevano senza mai afferrarsi. La confusione che si stringeva attorno alle sue meningi rendeva difficile qualsiasi decisione.
In quel mondo, dove il cielo e la terra parevano capovolti, dove un silenzio nuovo fischiava nelle sue orecchie, Shouyou stava per prendere la strada più tortuosa, quella di sinistra. Aveva fatto solamente due passi in avanti quando gli toccò fermarsi di nuovo: una presenza fulminea gli sfiorò il fianco, prendendo la strada opposta alla sua.
Era certo che fosse un segno.
<< Scusatemi! Ehi, dico a voi, signore! >> strillò il ragazzo, cambiando improvvisamente strada, inciampando nei suoi stessi piedi. Si mise a correre a perdifiato dietro l’ignota figura, che più che correre pareva alternasse frenetici passi a balzi ampi e controllati. La cosa di cui si accorse quando gli fu a quasi tre metri di distanza, e che lo lasciò letteralmente basito, era che l’individuo che stava ricorrendo, la sua ancora di salvezza, aveva le orecchie, e non delle semplici orecchie umane, ma orecchie da coniglio. Si elevavano bianche e voluminose, soffici e stabili.
<< Non vedi che ho fretta? >> sbottò il Coniglio girandosi verso Hinata. Uno sguardo penetrante ed inaspettatamente profondo lo colpì proprio in mezzo alle costole: due liquidi occhi rosa, un labbro leporino appena accennato e sfacciatamente affascinante, denti grandi e curati, capelli corvini acconciati in modo bizzarro, un ciuffo impertinente nel bel mezzo delle orecchie, un volto pallido e macchiato da una costellazione di lentiggini, che avvicinandosi al naso si faceva sempre più fitta fino a renderlo nero.
<< Volevo solo chiedervi se sapevate dove potessi andare per trovare… >>
<< Non ho tempo! La luna sorgerà tra cinque ore, non ho tempo da perdere, o la Regina mi taglierà la testa! >> lo interruppe il Coniglio Bianco, estraendo dal panciotto lunare un orologio da taschino dorato e scuotendo per l’agitazione la codina morbida, che faceva capolino da un paio di pantaloni grigio topo. Alle zampe, o mani che dir si voglia, portava dei guanti bianchi elegantissimi.
<< La Regina? Quella che… >>
<< La Regina di Cuori, ragazzino! Ora lasciami andare. Povere le mie orecchie, povere le mie basettine! Mi taglierà la testa! >>
E il Coniglio, a grandi balzi, fuggì.
Su quel sentiero impreciso e ciottoloso, sotto quel cielo opaco ed inesistente, Shouyou annaspava con il cuore in gola. La luna sarebbe sorta tra cinque ore secondo ciò che aveva detto il Coniglio, perciò gliene restavano soltanto poche per poter ritrovare il Re Bianco. Nessun’idea, tanta paura, un irrefrenabile desiderio di scappare, un’incontenibile curiosità di andare avanti.
Passo dopo passo, Hinata e i suoi capelli rossi s’incamminarono seguendo pedestremente le orme del coniglio che, tuttavia, a mano a mano si sbiadivano e diventavano sempre più irriconoscibili.
<< Bene, sapendo che ho cinque ore di tempo per trovare una persona che non ho mai visto, parto già svantaggiato. Non c’è nessuno in questo posto, solo alberi e un coniglio dalle fattezze umane, o un umano dalle fattezze da coniglio. Non c’è nemmeno il sole! Sarebbe un giorno questo? Non ho mai visto un giorno senza sole e il sole senza giorno, questo è buffo, buffissimo! Nemmeno più un’impronta di quel coniglio, e adesso come faccio? >>
Mentre Hinata blaterava ad alta voce tutto ciò che gli passava per la testa, sia per tenersi compagnia, sia per pensare meglio, un suono in lontananza giunse alle sue orecchie. Pareva una canzone, una canzone incomprensibile e senza senso.
<< Ma allora c’è qualcuno in questo posto! >> strillò mettendosi a correre nella direzione di quel suono, dopo essersi per un momento perso ad ascoltare da dove provenisse.
Respiri affannosi, vortici di colori e il cielo nero come la pece. Eppure era giorno, eppure qualcuno aveva smantellato il sole. Ma cosa importava? Era necessario scoprire chi cantava, era necessario incontrare qualcuno di rilassato e disponibile per poter proseguire. La voce profonda e melodiosa si faceva sempre più vicina: temette di sbatterci contro per un istante, poi si ricordò che era pressoché impossibile che succedesse, o meglio, in un mondo normale qual era quello in cui era nato.
Dopo qualche minuto arrivò ad un punto tale da poter distinguere ciò che la voce cantava: erano lettere. Trovandosi l’individuo dietro ad un fitto incastro di arbusti e di foglie, Hinata si alzò in punta di piedi, scostò i rami, i fiori e i frutti e una nuvola di fumo fitta quanto la nebbia si stagliò davanti al suo sguardo.

Poi, dopo aver affinato la vista ed aver scostato il vapore con le mani, lo vide.

 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: eccomi qui con il secondo capitolo! Che dire, spero che tutti abbiate riconosciuto chi sono la Regina Bianca, il Re Bianco e il Bianconiglio (troppi bianchi o.o). Sto cercando di essere il più accurata possibile nelle descrizioni perchè la mia intenzione è quella di non nominarli, e lasciare a voi il compito di scoprire chi sono :3 se tutto ciò non è riuscito ditemelo, che vado a correggere e a fustigarmi x) La situazione si fa critica, quindi. Hinata ha poco tempo, e quelli che incontra, almeno per ora, non sono di grande aiuto. Faccio una precisazione: nella profezia della veggente si parla di “terra che tornerà a germogliare”, questo perché il significato del nome del personaggio che interpreta il Re Bianco significa “terra, suolo” (chi sarà mai ohohoh).
E niente, il prossimo capitolo sarà piuttosto mistico, in arrivo altri tre personaggi! Grazie per l’attenzione e come sempre fatemi sapere la vostra, se ci sono errori o quant’altro. Un mega abbraccio! **
_Noodle
  
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