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Autore: Cristal_Lily    19/09/2016    1 recensioni
Bonnie, felicemente fidanzata con Nick, innamorata persa di lui.
Ma poi, un'amicizia nata su internet con Angel, inizia a cambiare lentamente le cose; facendole scoprire che da una semplice amicizia, può nascere un'amore diverso del solito.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Risveglio;


Dolore. Forte, incessante, non le dava tregua.
Bonnie si sentiva strana, il corpo pesante, privo di energie.
Tentava, invano, di sollevare le palpebre chiuse, la bocca impastata che le impediva di emettere anche un solo un lieve suono. 
Era avvolta da un odore penetrante, a lei sgradevole. Si concentrò a fondo, cercando di ricordare ove avesse sentito quell'odore che non riusciva a sopportare. Sapeva di averlo già avvertito, ma dove?
Le riportava alla mente sensazioni sgradevoli, che le provocavano una profonda angoscia, nera, oscura, incontrollabile.
Di per sé quella fragranza non era cattiva, non era maleodorante. No, però non le piaceva. Le ricordava qualcosa di pulito, le ricordava il candore eppure non lo riusciva a ricollegare ad un ambiente felice.
Le ricordava...l'ospedale?
Quel pensiero provocò nella ragazza un senso di smarrimento accompagnato successivamente da un panico totalizzante, paralizzante. Era possibile che fosse stata portata in quella che era la struttura più odiata in assoluto, preceduta solamente dai cimiteri?
Bonnie non ricordava nulla, tentava e ritentava, invano, ma le sue ultime memorie riguardavano Cathleen, la bella ragazza dai folti capelli biondi che aveva baciato sulla guancia prima di scappare fuori dalla vettura. Non riusciva a capacitarsi del motivo per cui potesse essere in quel luogo, nella mente non aveva alcun ricordo. Doveva tentare in tutti i modi di indagare. 
Con calma ponderata schiuse gli occhi, alzando solamente un poco le pesante palpebre, ma abbastanza da ritrovandosi così accecata dalle luci chiare, asettiche, di quel luogo. 
Ci impiegò qualche istante per abituarsi a quella luminosità, a quel candore, e quando finalmente iniziò ad intravedere le forme degli oggetti attorno a sé, decise di osservare   l'ambiente. 
La sua intuizione, era corretta. 
Riconobbe immediatamente il mobilio asettico dell'ambiente medico e la sua confusione si intensificò ulteriormente. Aveva sperato sino all'ultimo di vivere un incubo ma ora, con quelle gemme chiare aperte, che studiavano l'ambiente che avevano attorno, aveva la certezza che si doveva essere fatta male.
Un lieve sospiro uscì da quelle labbra secche, impastate, e con un piccolo gemito tentò di alzare il busto, con molta calma.
Puntellò le mani sul soffice materasso ove aveva dormito per chissà quanto, aiutandosi così ad appoggiare la schiena sui bianchi cuscini che, sotto il suo peso, cedettero appena. 
Tentando di non entrare nel panico, studiò la situazione in cui si ritrovava, iniziando ad osservare il proprio corpo malconcio, dolente.
La prima cosa che notò fu la gamba leggermente alzata, impossibilitata a muovere in quanto era stata fasciata da un grosso gesso colorato di rosso, fastidioso e che le provocava un fastidioso prurito. La gamba, dunque, era rotta. Non era grave, o per lo meno era quello che immaginava la giovane ragazza. Bonnie doveva ammettere che mai, nella sua vita, si era rotta qualcosa. Non che non si fosse mai fatta male, ma mai così tanto da procurarsi una frattura, non aveva mai provato il dolore di rompersi le ossa. Tutto sommato, Bonnie poteva ritenersi fortunata, no? Aveva sentito racconti raccapriccianti di suoi coetanei che, oltre al dolore immediato della rottura, avevano patito una sofferenza tale nel momento in cui li avevano medicati che molti avevano urlato, senza contegno, spaventando tutti i medici. Lei aveva avuto la fortuna, se così poteva definire, di essere svenuta nel momento in cui le avevano sistemato la gamba.
Dopo aver sfiorato leggermente il gesso rosso che le arrivava fin sopra il ginocchio, continuò con quell'analisi clinica, notando che non ci fossero altri segni visibili sul corpo, solo qualche ematoma sulle braccia esili. Sospirò, quasi sollevata, passandosi la piccola mano tra i capelli rendendosi conto che qualcosa le stringeva il capo. Aggrottò la fronte e chiuse gli occhi: aveva un forte cerchio alla testa, che non le dava tregua, che le provocava una lieve nausea e le vertigini. La giovane ragazza immaginò che fosse causato da un colpo preso alla testa dopo l'incidente in quanto avvertiva delle bende bianche che le avvolgevano il capo, forse troppo strette per i suoi gusti.
- Ti sei svegliata eh? - una voce fin troppo familiare, allegra ma, al contempo preoccupata, fece voltare la rossa che tentò   di trattenere la delusione quando al suo fianco si ritrovò la bella Cathleen, e non la ragazza con la sua stessa voce, il suo diavolo che mai le dava tregua. Ancora sperava di rivederla? Sperava ancora di poter incontrare la sua Angel? Quel pensiero immediatamente rabbuiò la rossa, facendola estraniare per un secondo. Quanto poteva essere sciocca? La rossa ancora la considerava sua, quando in realtà non lo era mai stata. Angel era sempre stata di un'altra, di quella ragazza che lei aveva sempre invidiato, che aveva odiato profondamente nonostante non l'avesse mai incontrata.
Bonnie era stata semplicemente sciocca a credere di poter essere amata, aveva deciso di buttarsi nonostante fosse a conoscenza che l'altra fosse innamorata, fidanzata con un'altra persona. Era stata ingenua a credere di poter avere una possibilità.
Oh, ma in quel momento non voleva pensare a quella donna, era il passato, un passato oramai chiuso da anni e che non voleva riportare a galla ogni volta che avvertiva la sua voce. Come era possibile che ogni qual volta che Cathleen le rivolgeva la parola, lei associava quel suono alla voce del suo demone?
- Cosa mi è successo? - le chiese piano, tornando alla realtà, puntando quei grandi occhi stanchi, confusi su quelli di lei, osservandola con attenzione quando le si fece vicina, abbastanza da poter sfiorare quelle onde rosso fuoco, le dita delicate, lo sguardo attento a notare un qualsiasi accenno di dolore.
- Quando sei scesa dalla mia macchina un pazzo è arrivato di corsa e tu hai attraversato senza guardare. Ti ha presa in pieno - la voce della giovane era poco più di un sussurro, l'angoscia che palpabile in quelle parole appena accennate. Catlheen sembrava quasi sollevata che, finalmente, Bonnie avesse aperto gli occhi. Era stata tanto in pensiero per sé? 
- Da quanto sono qui dentro? - una nuova domanda, una delle tante che vorticavano dolorosamente nella mente della più piccola, a cui la compagna le rispose con un sorriso, sedendosi piano e con attenzione al suo fianco, sul soffice materasso. 
- Un paio di giorni. Mi..cioè, ci hai fatte preoccupare parecchio. Mia sorella era fuori di sé, non ci si comporta così sai? Cioè..anche io ma..sì, sapevo che ti saresti svegliata, pronta a lamentarti del fatto che ci fossi io qui, al tuo capezzale - disse, correggendosi immediatamente, cercando di nascondere l'imbarazzo provato perchè tanto preoccupata per la sua salute con quelle parole balbettate, la mano che nervosamente continuava a giocherellare con quei lunghi capelli biondi, brillanti come i raggi del sole. Bonnie la trovò tenera, ma, soprattutto, molto divertente. Tanto da farla ridacchiare di gusto, una risata che però le provocò una fitta al petto, che le tolse per un istante il respiro.
- Hai anche qualche costola rotta, mi spiace per te ma non potrai ridere delle mie fantastiche battute - era incredibile come nel giro di qualche istante Cat fosse stata in grado di farle dimenticare, almeno per un attimo, quel che le era accaduto.  Per un attimo Bonnie si era dimenticata di essere bloccata in un letto dell'ospedale, che si era fatta male, che probabilmente quell'incidente avrebbe cambiato la propria routine. Non sapeva se la bionda se ne rendesse conto, ma la stava aiutando a non crollare nel panico più totale per la situazione in cui si era ritrovata.
- Oh come se ti trovassi divertente! Non credo che tu abbia capito che non mi stai molto simpatica - disse, ironica la più piccola che adagiò con delicatezza la testa al letto, socchiudendo gli occhi, un placido sorriso sulle labbra. Aveva fatto un incidente, che neppure riusciva a ricordare, ma era bello per una volta avere qualcuno al suo fianco. Anche se la persona che era rimasta al suo capezzale era quella che più di tutte la faceva impazzire.
Così mi ferisci! E pensare che sono stata tutto questo tempo qui con te! Ah, se non mi apprezzi allora me ne andrò! - con quella risata cristallina, capace di mettere a tutti il buon umore, la giovane si alzò con fare teatrale, avviandosi verso la porta, attendendo che la rossa la bloccasse.
- Oh, non credevo di potermi liberare di te così facilmente, ti credevo più testarda – Bonnie sorrideva, nonostante tutto, e non voleva davvero che se ne andasse. Le piaceva la sua presenza eppure non le avrebbe mai dato la soddisfazione di dirglielo. Non avrebbe mai ammesso ne a sé stessa, ne a Cathleen che la voleva al suo fianco in quel momento. Preferiva far leva sull'orgoglio della bionda che, infatti, si voltò, il sopracciglio alzato.
- Ah, davvero? - le chiese, tutto d'un tratto seria, iniziando ad avvicinarsi al letto con un movimento fluido, i fianchi che con sensualità si muovevano verso di sé. Bonnie deglutì appena, incantata da quelle movenze, da quel corpo che faticava a non guardare. Si fermò di fronte al letto e, con lentezza calcolata, piegò il busto in avanti tanto da far sfiorare i loro visi, il respiro della più grande che le solleticava le labbra, lasciando spiazzata Bonnie a tal punto che le sue gote si tinsero di un tenero color pastello.
- Ti vuoi davvero liberare di me piccola? - le chiese con voce suadente, le belle labbra carnose piegate all'insù in un sorriso provocatorio, quelle gemme calde, invitanti, che non le permettevano di guardare altrove, totalmente incantata da quello sguardo magnetico.
- Io..ecco.. - si morse timidamente il labbro senza riuscire a terminare la frase, le dita che con nervosismo giocherellavano con i capelli, arrotolandosi la lunga ciocca color del sangue attorno al dito, tentennando, cercando di trovare una valida risposta a quella sua domanda.
- Vuoi davvero che me ne vada? Rispondimi Bonnie – le soffiò quelle parole tanto vicino alle sue labbra che la rossa riusciva ad avvertire l'invitante calore del suo respiro sulla pelle, il dolce profumo che le inebriava i sensi. Per un istante immaginò di baciare quelle labbra morbide, invitanti come un frutto proibito. Per un istante Bonnie desiderò unire le loro bocche così da saggiare quella carne morbida, attirandola a sé così da poter sentire il morbido corpo contro il proprio.
- No – abbassò lo sguardo nel momento esatto in cui, pronunciate quelle parole, Cathleen si allontanò, palesemente soddisfatta della risposta che la più piccola le aveva dato. Oh, ora Bonnie era certa che avrebbe passato la giornata a gongolare per quella risposta che proprio non era riuscita a trattenere. Non con lei tanto vicina.
- Perfetto. Ora, parlando di cose più serie...- la rapidità con cui la ragazza cambiò discorso lasciò, per un attimo, smarrita la giovane dai lunghi capelli color del fuoco che la osservò, ancora un poco imbarazzata per quella piccola confessione. Del resto non voleva farle capire che tutto sommato le piacesse la sua compagnia. - Dovremmo contattare i tuoi genitori, quando sei arrivata i medici mi hanno chiesto di farlo ma non mi sembrava carino presentarmi così alla tua famiglia - le fece l'occhiolino, sorridendole complice, eppure Bonnie scosse il capo, abbassando il capo, così da non doverla guardare negli occhi. La giovane non voleva che i genitori si preoccupassero per lei, non voleva che fossero informati della situazione. Non le era accaduto nulla di grave, non voleva scomodarli in un momento simile, non quando c'erano altre priorità, altri problemi che occupavano le loro menti. Con quale coraggio, in un momento simile, poteva contattarli, informandoli che, per pura distrazione, aveva attraversato la strada ed era stata investita, finendo in ospedale?
No, non se la sentiva.
- Non serve avvisarli, si preoccuperebbero inutilmente. Sto bene – Bonnie cercò così di chiudere il discorso in partenza, non voleva che la bionda le facesse un qualche paternale, ammonendola. Non voleva che tentasse di indagare sul rapporto che aveva con i parenti, che tentasse di convincerla a chiamarli.
- Sicura? I miei si incazzerebbero se non li avvisassi – chiese, sorpresa da quella reazione, da quel suo rifiuto secco, categorico. Fu con un placido sorriso che Bonnie annuì, senza aggiungere altro. Non ce ne era bisogno. Ce l'avrebbe fatta, senza andare da loro, senza agitarli ulteriormente.
Se la sarebbe cavata, anche se temeva il momento in cui sarebbe dovuta tornare a casa. Avrebbe dovuto avvisare il suo datore di lavoro che non poteva presentarsi almeno sino a quando non si fosse ripresa, non poteva servire ai tavoli con una gamba fuori uso e probabilmente avrebbe dovuto interrompere anche gli studi. Sarebbe stato difficile essere autosufficienti con una gamba rotta ma..la ragazza era positiva. Poteva farcela. Non era il tipo che si lamentava, tentava sempre di essere autosufficiente, non le piaceva pesare sugli altri.
- Beh, se è quello che vuoi significa che per un po' verrai a stare da me – la proposta di Cathleen arrivò con tale naturalezza che la studentessa ci mise qualche istante per comprendere al meglio quel che le aveva appena detto.
Sgranò immediatamente gli occhi e con decisione e fermezza, scosse il capo. - No, non voglio essere di peso. E' solo una gamba rotta – disse, decisa, incrociando le braccia al petto, l'espressione seria che però fece ridere la bionda che, con tenerezza, le pizzicò la guancia. - Peccato che oramai la decisione è persa! Mia sorella è già andata a recuperare un po' delle tue cose e le ha portate a casa. Non puoi farti tutte quelle rampe di scale tutti i giorni, dunque..starai da me – la bionda sembrava irremovibile, eppure lei non voleva prendere sul serio quella proposta. Non le sembrava corretto, quasi non si conoscevano, eppure continuava ad essere gentile e carina con lei, dandole attenzioni che nessuno le aveva mai rivolto. E lei non capiva il motivo di tale gentilezza, perchè lo faceva?
- Ci tieni così tanto farmi da infermierina? - chiese, scettica ed ironica, sulla difensiva. Quando qualcuno si mostrava troppo gentile, Bonnie subito si sentiva minacciata, sentiva il bisogno di proteggersi perchè...chi era tanto gentile senza desiderare qualcosa in cambio?
Non riusciva più a fidarsi completamente del genere umano, ai suoi occhi tutti erano pronti a farle ancora una volta del male, ed era certa che anche Cathleen gliene avrebbe fatto, se le avesse permesso di far breccia nel proprio animo.
- Beh, effettivamente ho un completino che sarebbe adatto alla situazione – nuovamente la voce altrui fu carica di malizia, una voce soave e angelica, che però avrebbe fatto peccare anche gli angeli più puri e casti. Quella ragazza era impossibile, la faceva uscire totalmente di testa.
E sì, Bonnie voleva ribattere testarda come sempre, pronta a rifiutare quel suo invito, pronta ad elencarle i disagi che avrebbe portato nella sua vita...eppure non ne ebbe la possibilità.
Un suono basso e sommesso interruppe quel loro piccolo dibattito, distraendo entrambe le ragazze che si voltarono, trovandosi di fronte un dottore alto, leggermente brizzolato, apparentemente in imbarazzo per averle interrotte.
- Scusate l'intromissione, volevo visitare la ragazza – degli occhi verdi come i prati primaverili iniziarono a scrutarla, attentamente, con perizia. Con pochi passi il dottore dal bell'aspetto, alto e robusto, chiuse le distanze tra loro e con sguardo clinico, iniziò a visitarla.
Nonostante le mani grandi e l'aspetto rude dato grazie a quella barba incolta e le profonde occhiaie che appesantivano gli occhi stanchi, l'uomo la visitò con gentilezza, attento a non procurarle ulteriore dolore.
Le scostò piano le coperte e, dopo averle chiesto il permesso, le alzò il camice, così da poter controllare i lividi violacei che macchiavano la pelle bianca, tanto simile alla più pregiata porcellana.
Bonnie non disse nulla, mentre osservava i movimenti fluidi del dottore che nonostante la gentilezza le procurarono un leggero fastidio, soprattutto quando andò a sfiorare l'ematoma più grande tra quelli presenti, quello situato appena sotto il seno, ove probabilmente le costole si erano fratturate.
- Deve stare a riposto il più possibile. Dovrebbe evitare di muoversi troppo così da permettere al suo corpo di rimettersi il più velocemente possibile. La gamba, ovviamente, le è stata medicata a dovere, ma per le costole non possiamo fare molto. Deve solo riposare – le spiegò una volta ricoperta, donandole quelle nozioni che le sarebbero servite per guarire al meglio. Bonnie era testarda e sì, non era nella sua indole dipendere da qualcuno, chiedere aiuto, eppure non voleva neppure prolungare ulteriormente la sua convalescenza, ecco perché avrebbe seguito ciecamente i consigli del dottore.
- Confido nella sua ragazza che l'aiuterà in questo mese di convalescenza – con sguardo penetrante osservò la bionda che annuì tranquillamente, il sorriso sulle labbra. Eppure..Bonnie rimase interdetta da quell'ultima frase, da come il dottore avesse definito la ragazza al suo fianco.
- La mia ragazza? - chiese, confusa, catturando così l'attenzione di tutti i presenti nella stanza che iniziarono ad osservarla incuriositi. La rossa notò immediatamente il disagio che attraversò il volto della più grande che, con prontezza, le prese la mano e le diede un bacio sulla guancia, lo sguardo puntato su quello del dottore che, con sospetto, iniziò a scrutare le due giovani ora tanto vicine, quasi strette l'una all'altra.
- La scusi, non le piace che si sappia in giro che stiamo assieme. Ma Bonbon, ho dovuto dire ai signori che stiamo assieme altrimenti non mi avrebbero permesso di entrare – sussurrò piano, una lieve supplica in quel tono gentile che le chiedeva di reggerle il gioco.
- Oh, si. Giusto – Bonnie, ancora smarrita e incerta sul da farsi, non riuscì a dire altro e il dottore, nonostante il chiaro sospetto, si limitò a salutarle e a congedarsi, informandola che quella sera forse l'avrebbero dimessa dopo la visita di controllo.
Una notizia a lei piacevole, che però venne messa in secondo piano da quel che Cat aveva fatto. Dire che stavano assieme le sembrava così personale, così sbagliato.
Ecco perché si voltò verso la giovane, una muta domanda a cui sapeva di non dover dare voce.
- Senti, eri appena stata investita, e..non potevo lasciarti sola – sussurrò quelle parole con voce bassa, eppure senza rimorso. Non sembrava sentirsi in colpa per quel che aveva detto, non sembrava in imbarazzo per quella bugia raccontata a tutti i dottori che ora sapevano che ad entrambe interessassero le ragazze. Sentì il panico impossessarsi di sé, il cuore che batteva all'impazzata, togliendole il respiro. Era grata che la porta si fosse richiusa dopo l'uscita del dottore, era grata che nessun altro, al momento, l'avrebbe potuta guardare. Tutte quelle persone...cosa avrebbero pensato di lei? Del fatto che le piacevano le ragazze? E se qualcuno l'avesse riconosciuta? Del resto la giovane aveva passato molto tempo nei tetri corridoi degli ospedali e per quanto si fosse allontanata, sapeva che spesso i medici lavoravano in più di una struttura, che non erano fissi in un singolo ospedale. E se tra il personale che l'aveva medicata ci fosse stato un dottore che aveva precedentemente conosciuto e fosse stato in contatto con i genitori...? Cosa sarebbe accaduto? Forse era impossibile, forse Bonnie stava esagerando eppure quell'eventualità l'atterriva, la terrorizzava. Erano poche le persona a conoscenza della propria sessualità e..ci teneva alla sua privacy.
- Ma..non potevi dire un'amica? Qualsiasi cosa, senza far sapere la mia sessualità qui, in ospedale? - le chiese, guardandola chiaramente nel panico. Non capiva che così l'aveva messa a disagio?
La risposta della più grande, però, nonostante si fosse accorta del disagio della più giovane, non fu di scuse. Al contrario, le prese il volto tra le mani e la guardò attentamente, impedendole di muoversi quando la rossa tentò di divincolarsi da quella presa delicata. - No. Non mi avrebbero fatta entrare. Forse tu non ricorderai l'incidente, ma io ti ho vista mentre quella macchina ti investiva, ho temuto il peggio. E sì, so che mi conosci appena ma fidati che è stato orribile – la voce tremula colpì la rossa che non si aspettava tale confessione. Lo aveva fatto perché spaventata da quel che le poteva accadere? Per non lasciarla sola? Senza pensarci, la studentessa alzò la mano, così da poterle carezzare il volto, la confusione nello sguardo. Non riusciva davvero a capacitarsi del motivo per cui sembrava tenere tanto alla sua salute.
- Non ho intenzione di sentirmi in colpa perché ho inventato quella palla. Che poi, non ci sarebbe nulla di male se fossi la mia ragazza. Certo, c'è il piccolo dettaglio che stai con la mia coinquilina ma...dettagli – Cat, a disagio probabilmente per averle mostrato la paura provata, tentò di cambiare i toni della conversazione, così da dissimulare almeno per il momento quel senso di protezione che aveva avuto nei confronti della rossa. Come Bonnie non si sentiva a suo agio con la notizia che ora tutto l'ospedale sapesse che lei fosse attratta dal gentil sesso, Cathleen non sembrava a suo agio nel parlarle di quel che aveva provato dopo l'incidente.
- Avrei preferito evitare che tutto l'ospedale sapesse che mi piacciono le ragazze. Sai com'è, “amore”, sono riservata – Bonnie accolse quella via d'uscita che la bionda aveva lanciato, così da non doversi soffermare a sua volta sull'intensità delle parole che le aveva rivolto. Come Cat non voleva mostrarle quanto era stata male in quei giorni, Bonnie non voleva pensare che una totale estranea si fosse preoccupata tanto per lei. Sapeva che era un argomento da evitare.
- Certo che sono passata dal sesso occasionale con una ragazza e nel giro di una notte mi ritrovo fidanzata con un'altra. Wow, non immaginavo di poter vivere una vita così piena di colpi di scena – risero, all'unisono, alleggerendo così definitivamente la tensione creata. Del resto Bonnie si rendeva conto che oramai tutti sapevano la verità, sapeva che soffermarsi troppo le avrebbe solamente rovinato l'umore. Preferiva distrarsi, preferiva ridere in quel modo con la bionda e dimenticarsi, per un po', che da lì a un mese la sua vita avrebbe preso una piega totalmente inaspettata, indesiderata eppure..sì, in parte invitante.
Sperava solamente che quella convivenza forzata con la bionda non portasse ulteriori scompigli nella sua vita. Voleva solamente riprendersi il prima possibile.
* * *

Ed eccomi qui anche con questa storia. Non so quanti di voi ancora la seguiranno in realtà, sia per l'anno di assenza, sia perchè ho notato più interesse per le altre due storie che sto portando avanti.
Per prima cosa volevo scusarmi anche qui per la lunga assenza, ho avuto un anno difficile e pian piano sto cercando di riprendermi. Avevo già tentato di scrivere, iniziare a fare un capitolo ma il risultato era orribile. Spero solamente che questa assenza non mi abbia portata a scrivere peggio – a me spiace ma ho già riscritto questo capitolo tre volte e questo è quello che mi convince di più, anche se ancora non sono sicura che segua il mio vecchio stile -.
Passando al capitolo..beh, Bonnie si è svegliata, non ricorda l'incidente però si ritrova a doversi trasferire momentaneamente a casa di Cathleen. In realtà penso che i prossimi capitoli prenderanno una piega totalmente differente dato che questa non ha una vera e propria traccia e...beh, non mi dilungherò del motivo per cui le cose cambieranno in modo “drastico”.
Dunque, spero vi sia piaciuto, ovviamente mi fa sempre piacere ricevere qualche commento, anche solamente per mandarmi al diavolo =)
A presto!
  
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