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Autore: Carme93    20/09/2016    1 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo diciottesimo

Libertà di pensiero


 
«E Weasley prende il boccino! Sììììììììì». A fare la cronaca della partita quel giorno c’era Edward Zabini ed era fuori di sé dalla gioia. «Tassorosso ha vinto! Abbiamo vinto! Abbiamo vinto la Coppa!». In quel momento stava letteralmente saltellando da una parte all’altra con il megafono magico in mano. «340 a 150! Beccatevi questo, Serpi antipatiche!».
«Arthur è stato davvero magnifico» esclamò James con un sorriso sincero.
«Oh, sì. Povero Scorpius, però. Gli ha soffiato il boccino in modo magistrale. Mi sa che dovrò consolarlo!» disse, invece, Albus con un sorriso che andava da una parte all’altra del viso.
«Scorp è stato bravo. Il punto è che Arthur ha davvero un grande talento! Ci scommetto che nemmeno zio Charlie era così bravo! Quando abbiamo giocato contro di loro, mi ha messo in difficoltà, se non fosse stato per quella maledetta maledizione che mi ha colpito avrei preso il boccino, ma solo perché era inesperto. Albert Abbott ha fatto un grande lavoro con lui!».
«Guardate com’è felice!» sussurrò dolcemente Benedetta. In effetti il ragazzino era il ritratto della felicità, mentre il compagni di squadra lo portavano in trionfo. I suoi migliori amici, Samuel ed Amber, avevano seguito con loro la partita, ma appena Arthur aveva preso il boccino erano corsi in campo. Come tutti i Tassorosso del resto. Stendardi e bandiere giallo-nere svettavano per tutto lo stadio. Era uno spettacolo davvero inconsueto.
Intanto la squadra di Tassorosso, liberata dai compagni di Casa, era salita sugli spalti dove l’aspettava la professoressa McGranitt per consegnarle la Coppa. Il professor Mcmillan era commosso e Justin Finch-Fletchley aveva coperto sé stesso e l’amico con un enorme bandiera.
«Alla faccia dell’imparzialità dei professori» rise James, indicandoli agli altri, che risero a loro volta.
«Beh, io sono contenta per i Tassorosso. Se la sono proprio meritata la vittoria» disse Benedetta.
«Oh, sì sono veramente forti quest’anno. Sono sicuro che riusciranno ad avere la meglio anche sugli stranieri» concordò James.
«Certo, avrei preferito che noi non avessimo fatto una tale figuraccia» borbottò Demetra.
«Evita, per favore. Non voglio sentire parlare di quello che è successo stamattina a costo di dormire in corridoio» sbottò James, ancora livido e ferito per il trattamento che gli aveva riservato il cugino, ma soprattutto per la strabiliante prestazione di Christopher Belson di quella mattina.
«Oh, temo che i Serpeverde ed i Corvonero ce lo ricorderanno fino all’anno prossimo» replicò Robert.
«Ecco, Abbott ha preso la Coppa» disse Benedetta, tentando di distoglierli da quel discorso pericoloso.

James fischiò quando Albert Abbott passò la Coppa al suo Cercatore, il membro più piccolo della squadra. «QUELLO È MIO CUGINO!» urlò nel mezzo del boato che si era sollevato nello stadio.
Albus, Demetra, Benedetta, Alastor e Robert applaudivano forte insieme ai Tassorosso. Si mossero verso l’uscita solo quando la Cerimonia di premiazione si concluse.
«Non dormiranno stanotte» scherzò Albus. «Poveri elfi domestici che li devono sopportare».
«Mi piacerebbe riuscire ad intrufolarmi alla festa piuttosto… non credo che ci caccerebbero… insomma abbiamo tifato per loro! E poi siamo la famiglia di Arthur, abbiamo il diritto di festeggiare con lui!».
«Non ci pensare nemmeno, James».
James fino a quel momento aveva camminato all’indietro per poter guardare in faccia gli amici mentre parlava, così si voltò di scatto verso lo zio Neville che li osservava corrucciato e a braccia incrociate. «Su, non mi puoi fare il processo per qualcosa che ho solo pensato di fare» tentò con un sorriso, che però non fu ricambiato. I ragazzi fissarono il loro Direttore, preoccupati per il suo strano comportamento.
«Dove sono gli altri?».
La domanda era stata secca ed il tono metteva in chiaro che non aveva voglia di scherzare. I Grifondoro a disagio si guardarono a vicenda.
«In Sala Comune. Hanno deciso di non assistere alla partita» rispose alla fine Benedetta, facendo un passo avanti. In fondo era un Prefetto e non era sorpresa che il professore fosse arrabbiato per quello.
«Il vostro comportamento è stato ignominioso. Davvero dei belli immaturi che non sono capaci di perdere!».
«Professore, non è giusto che se la prende con noi!» sbottò Robert. «Noi siamo venuti!».
«Robi, ha ragione. Anche se io e Benedetta siamo Prefetti non abbiamo avuto alcun potere e non siamo riusciti a dissuadere gli altri» intervenne James.
«Avreste dovuto dirmelo! Non l’avrei permesso! Di chi è stata l’idea?» disse Neville per nulla ammorbidito. I ragazzi non risposero ed evitarono di guardarlo in faccia. «Bene! Se dovete dire qualcosa ad Arthur fatelo. Tra mezz’ora vi aspetto in Sala Comune. Sono tollerante sempre, ma ora avete superato il limite!».
I ragazzi si affrettarono a raggiungere l’uscita. In realtà nessuno di loro dava torto al professore. Fred, appoggiato da Dominique, aveva deciso che l’intera Casa non si sarebbe presentata alla partita di Tassorosso contro Serpeverde. Se questi ultimi avessero stracciato gli avversari, Grifondoro avrebbe vinto la Coppa; il loro Capitano, però, era consapevole del fatto che Albert Abbott aveva tutte le carte in regola per aggiudicarsi la vittoria e così era stato. Di fatto i coraggiosi e leali Grifondoro si erano rifiutati di assistere al trionfo dei Tassorosso.
«Andiamo, non ho mai visto zio Neville così furioso» borbottò James. Si avvicinarono ai Tassorosso, cercando un buon momento per complimentarsi con Arthur. Fu Albert a vederli, James si accostò subito e gli strinse la mano. «Siete stati fantastici! Una partita preparata nei minimi dettagli! Complimenti!».
«Grazie, Potter. Vuoi che ti libero Arthur?».
«Te lo rubiamo solo per qualche minuto» rispose James.
Albert fece non poca fatica a tirare fuori il piccolo Cercatore dalla folla in festa.
«Ah, Abbott» lo richiamò James, mentre il Capitano giallo-nero stava per tornare dal resto della squadra. «Mi dispiace per il nostro comportamento» mormorò. Albert annuì e gli diede un pacca sulla spalla. «Non me l’aspettavo da voi,» ammise «ma pazienza. Vi farete perdonare». E con un occhiolino si voltò verso la folla che lo acclamava. James si concentrò su Arthur che era tutto scompigliato, ma li osservava con un’espressione triste, che gli fece stringere lo stomaco.
«Mio fratello ha preferito ubbidire agli ordini di Fred, anziché venire a vedere me?».
«Mi dispiace, Arthur. Siamo un po’ incasinati e insomma…» tentò Albus.
«Lascia stare. Gid è geloso, perché lui non è entrato in squadra. Fa niente. Fabiana ha detto che sono stato bravissimo, anche se a lei il Quidditch non interessa. Non assiste alle partite di solito».
«Sei stato grandioso!» disse subito James, scompigliandoli i capelli come se non li avesse già sparati in tutte le direzioni. Continuarono a parlare della partita fino alla Sala d’Ingresso. Ora Arthur era di nuovo entusiasta.
«Alan Avery del terzo anno, ha fatto un sacco di foto! Non vedo l’ora di farle vedere a papà».
Si complimentarono ancora con lui e poi si separarono diretti ognuno alla propria Sala Comune.
Al quarto piano incontrarono Frank e Roxi che ridevano come matti, ma appena li videro la ragazzina nascose qualcosa dietro la schiena.
«Ciao! Che succede? Perché quei musi lunghi?» chiese subito Frank.
«Ha vinto Tassorosso, vero? Abbiamo incrociato dei Corvonero che ne parlavano, ma non ero sicura di aver sentito bene… d’altronde dopo stamattina…» disse Roxi scoppiando a ridere nuovamente.
«Sì, ma non è questo il problema» replicò sospettoso James. «Perché ridete?».
«Nulla, nulla» minimizzò Roxi tornando seria.
«Comunque fareste bene a tornare in Sala Comune» intervenne Benedetta, prima che James iniziasse con un interrogatorio in piena regola.
«Eh?! E perché mai? Noi stavamo andando a farci un giro nel parco» replicò Roxi.
«È una bella giornata per essere la fine di novembre e poi in Sala Comune c’è un clima funeralesco» aggiunse Frank.
«Già. Non si può aprire bocca! Figuriamoci ridere» rincarò Roxi.
«Beh è un ordine del nostro Direttore» tagliò corto Robert.
«Dov’è Gretel?» chiese Albus.
«In infermeria. Ha l’influenza. Perché mio padre ci vuole tutti in Sala Comune?» replicò Frank.
«Per il fatto che gli altri non sono venuti alla partita» iniziò James.
«E poi per gli scherzi che abbiamo fatto ai Tassorosso per tutta la settimana» continuò Robert.
«Soprattutto quelli ai danni dei giocatori della squadra» precisò Benedetta.
«È proprio arrabbiato» mormorò Alastor in un sospiro.
«E voi perché non siete venuti?» chiese curiosa Demetra.
«Non è mai stato obbligatorio assistere alle partite!» sbottò Roxi.
«No, ma l’abbiamo fatto apposta e per denigrare la vittoria dei Tassorosso. Non hai sentito Fred stamattina?» spiegò Benedetta.
«Vostro cugino è impazzito comunque» borbottò Demetra, mentre sconsolati tutti si avviavano verso la Sala Comune. «È vero che ha lasciato July Mcmillan?».
«Sì» rispose James, «ieri sera, dopo che Fred e Belson hanno tentato di affatturare Abbott».
«Non so cosa sia preso a Fred, ma spero che gli passi presto. Non lo sopporto più. Mamma mi ha detto che è perché sta crescendo. A me sembra un’idiozia. Tutti crescono, ma non diventano scemi come lui» disse Roxi.
«Tutti hanno sentito Fred, era difficile non farlo» borbottò Frank. «Ma noi non siamo venuti alla partita perché ci seccavamo».
«Abbiamo trascorso il pomeriggio insieme, lontani dalla Sala Comune e soprattutto da mio fratello» aggiunse Roxi.
«Comunque adesso dobbiamo tornare tutti in Sala Comune. E poi sta facendo buio, non è proprio il caso che andiate in giro per il parco» disse Benedetta, in piena modalità Prefetto. Così nonostante il broncio di Roxi, il gruppetto rientrò in Sala Comune. Come aveva predetto la ragazzina, il clima non era dei migliori: un capannello di ragazzi circondava Fred e Dominique; altri gruppi discutevano stravaccati su poltrone e divani.
«Eccovi! Avete applaudito i Tassorosso?» chiese acido Fred, avvicinandosi a loro. James si fece avanti e lo fronteggiò. «Ora mi stai davvero stancando! Ma che vuoi?».
«Jamie, no!» disse Benedetta trattenendolo per un braccio.
«Oh, il grande James Potter si fa difendere da una ragazza!» ululò Fred.
«Parliamone in privato» sibilò James.
«No! Tutti i Grifondoro hanno il diritto di sapere che razza di traditore sei! Che persona sei!».
«E tu che persona sei, Weasley? Eh? Non ti vergogni? Sei geloso marcio di tuo cugino!» sbottò Robert.
Fred saltò addosso a Robert e i due caddero a terra iniziando ad azzuffarsi. La situazione peggiorò notevolmente quando James, Seby Thomas e Alex Steeval intervennero in aiuto dei rispettivi amici.
«Smettetela» sbraitò Albus. «Non vale! Siete tre contro due!».
«Parker! Fai qualcosa!» strillò Benedetta rivolta al Prefetto più grande.
«No, si arrangino! Potter avrà quel che si merita per voler sempre stare al centro dell’attenzione!».
«Ma sei scemo!».
Ormai era scoppiato il putiferio: le liti iniziate quella mattina ripresero con intensità; molti facevano il tifo per una o l’altra parte che si stava azzuffando; Albus ed Alastor tentavano di dividerli senza successo. Poi all’improvviso scese il silenzio. Tutti si ritrovarono a boccheggiare senza voce. Gli unici rumori provenivano dai cinque ragazzi a terra.
«Alzatevi» ordinò Neville Paciock, facendosi largo al centro del cerchio che si era creato intorno a loro.
I cinque, guardandosi in cagnesco, ubbidirono lentamente. Solo quando furono in piedi davanti a lui, l’insegnante annullò l’incantesimo tacitante, ma nessuno osò aprire bocca.
«Allora? Che cosa avete in testa?». Ancora una volta nessuno aprì bocca. Il professore li fulminò con lo sguardo e si sedette sul bracciolo di una poltrona scarlatta; si passò una mano sul volto nel tentativo di calmarsi e probabilmente affrontare la situazione con razionalità. «Spiegatemi che cosa vi è preso. Il comportamento che avete tenuto nell’ultima settimana non è da voi. Siete stati fin troppo scorretti nei confronti dei vostri compagni…».
«Non sono nostri compagni! Sono Tassorosso!» lo interruppe Fred, sollevando un mormorio di approvazione che si spense subito ad un’occhiataccia del docente.
«Stai scherzando, vero? Siete tutti compagni, indipendentemente dalla Casa di appartenenza! E comunque con il vostro atteggiamento avete gettato fango sulla vostra stessa Casa! Dovreste vergognarvi! I Grifondoro sono leali e puri di cuore. Credete davvero di essere stati leali e corretti? Avete cercato di mettere fuori gioco la Cercatrice di Corvonero, Abbott e Goldstain di Tassorosso! Ditemi se aveste raggiunto il vostro obiettivo e così stamattina avreste vinto, sareste davvero contenti? Ora festeggereste? Eppure mi pare che meno di sei mesi fa vi lamentavate per il comportamento dei Corvonero! Non eravate i primi a dire che Alexander Parker è stato scorretto? Beh voi avete fatto molto peggio!».
«È colpa di Fred! È stato lui a mettere in squadra Belson! Con James avremmo vinto!».
«Rose, non mi pare una giustificazione al vostro comportamento. E non ricordo nemmeno che qualcuno si sia lamentato della situazione. Ho saputo della sostituzione solo stamattina. La verità è che le scope nuove piacevano a tutti, vero? Dovreste vergognarvi anche per questo! Avevate delle ottime scope! I vostri genitori per fortuna non hanno problemi ha darvi il meglio! Voi, invece, avete venduto un compagno per una scopa solo perché è l’ultimo modello. Bravi! Davvero, bravi! Siete una bella delusione!» replicò Neville alzandosi.
Ora i ragazzi tenevano tutti gli occhi fissi a terra e non osavano dire nulla; tutti tranne Fred: «Vuole punirci tutti?» chiese beffardo.
«E che senso avrebbe? Spero che rifletterete bene su quello che vi ho detto. D’ora in avanti non sarò comprensivo come prima con voi. Per riottenere la mia fiducia, vi dovrete impegnare» replicò il professor Paciock dirigendosi verso il buco del ritratto. «Tra cinque minuti voglio i Prefetti, la Caposcuola, Fred Weasley, James Potter, Thomas, Steeval e Cooper nel mio ufficio». Detto ciò uscì nel silenzio totale.
«James» chiamò Rose rompendo il silenzio. Il ragazzo si voltò verso di lei in attesa. «Mi dispiace, Jamie sul serio». La ragazzina lo abbracciò e James ricambiò. «Mi sono lasciata abbagliare da quella bellissima scopa, tradendo te e Grifondoro. Sul serio mi dispiace!».
James sospirò: «Tranquilla, non è la fine del mondo. Il prossimo anno ci rifaremo».
«Sicuro!» disse ella con un ghigno determinato stampato sul volto. I due cugini erano molto legati avendo un carattere affine.
«Anche a me dispiace, James. Avevo una vecchia Nimbus 2010 e quella Freccia Rossa è stupenda. Mi sono lasciato accecare» mormorò Elphias Doge porgendogli la mano. James la strinse, annuendo. Dopo di lui anche Vernon gli chiese scusa a capo chino e così anche Agnes Walcott. Danny Baston, con cui la frattura sembrava ormai irrimediabile, rimase in disparte senza proferire parola.
Tutti gettavano occhiatacce a Fred, additandolo come causa di ogni cosa che era accaduta. James sospirò consapevole che sarebbero seguiti giorni turbolenti per i Grifondoro e per la prima volta in quattro anni temette l’arrivo delle vacanza natalizie: se c’era una cosa che abborriva era l’idea di portare quella lite tra le mura della Tana e coinvolgere inevitabilmente il resto della famiglia. Sperava di cuore che non sarebbe accaduto, ma dallo sguardo che adesso gli rivolgeva Fred in cuor suo comprese che sarebbe stato impossibile riconciliarsi prima.

*

«Bene, per questa sera abbiamo finito James. Il tuo Incantesimo Scudo sta diventando sempre più potente. Davvero bravo!».
«Sì, ma la prima prova?» chiese preoccupato il ragazzo. Aveva messo da parte il terrore che lo tormentava da giorni per tutto l’allenamento, ma ora la sua mente era libera di pensare che ormai mancavano pochissime ore.
«Ne abbiamo parlato fino allo sfinimento. Se sarà una creatura potrai usare un Incantesimo di Ostacolo per rallentarla e ragionare sulla migliore strategia da attuare. Sicuramente dovrete metterla solo fuori gioco per un po’, non certo ucciderla. D'altra parte non ti puoi basare sulla Trasfigurazione Umana, in quanto è livello M.A.G.O. Poi ci siamo esercitati su una serie di Incantesimi che può bloccarla momentaneamente».
«Mio padre ha affrontato un drago» mormorò James.
«Nessuno degli Incantesimi su cui abbiamo lavorato potrebbe far nulla ad un drago. Su questo non ci sono dubbi, ma io spero che siano originali e non copino le prove dell’ultimo Torneo».
«E il lethifold? Lei non mi ha spiegato il Patronus».
«No, non l’ho fatto. Ma James, sii sincero saresti in grado di trovare la concentrazione necessaria in questo periodo? Abbiamo affrontato la teoria. In caso di necessità potrai tentare di metterla in pratica. Dopo le vacanze ci eserciteremo. L’importante è che tu domani sopravviva, come non è rilevante».
«Fosse facile» borbottò James, raccogliendo da terra il suo zaino. Era spaventato anche se non l’avrebbe mai ammesso: fosse stata solo la prova del Torneo non se ne sarebbe preoccupato, ma c’era finito in mezzo perché volevano farlo fuori. Non era una bella sensazione. Agitato com’era fece cadere la borsa aperta e così anche i libri all’interno.
«Lascia che ti aiuti» disse paziente il professor Williams. James si morse il labbro quando vide che cos’era uscito fuori dal manuale di Difesa.
«Questi cosa sono?» chiese sorpreso Williams, impedendoli di riprendersi i fogli di pergamena.
«Ehm… no… nulla… davvero professore…» James tese nuovamente le mani nella speranza che glieli restituisse, ma il professore li allontanò e continuò a leggere.
«State indagando sul personale della Scuola?» chiese dopo averli scorsi tutti rapidamente.
«Ehm… no… cioè sì…» iniziò James, Williams inarcò un sopracciglio in attesa, così alla fine annuì. «Insomma mio padre non ci dice nulla, allora abbiamo pensato di scoprire qualcosa da soli… insomma chi ha messo il mio nome nel Calice è ancora qui, no?».
«Sicuramente. Quindi avete indagato su Sawyer, il Preside Vulchanova, le professoresse Shafiq, Campbell e De Mattheis?».
«Sì» si limitò a dire James, aspettando la ramanzina che era certo sarebbe arrivata a momenti.
«Dove le avete trovate queste informazioni? Qui ci sono accenni al trascorso scolastico di Sawyer e delle mie colleghe».
James si passò nervosamente una mano tra i capelli già di natura ribelli.
«Siete entrati di nascosto nell’Archivio della Scuola, dico bene?» il professor Williams lo squadrò intensamente per qualche secondo, poi fece qualcosa che James non si aspettava: sorrise. «Quando ho messo piede a Scuola ad agosto, la prima cosa che alcuni colleghi hanno fatto è stato segnalarmi alcuni soggetti pericolosi. Tu eri nell’elenco. Trovavano assurdo che la Preside ti avesse nominato Prefetto. Devo ammettere che hai bisogno di essere tenuto costantemente d’occhio». Sospirò e tornò serio, prima di riprendere: «Avete ragione, c’è un alleato della Signora Oscura tra noi, ma proprio per questo non dovreste andare in giro di notte. Ascoltami James, non si tratta semplicemente di infrangere le regole, ma di mettere in repentaglio la vostra vita. Siete abbastanza intelligenti da non compiere stupidi errori».
«Sì, signore ma…».
«Ma uno di questi potrebbe essere il colpevole e dovrete guardarvene. Soprattutto i tuoi amici, cugini e fratelli. La Signora Oscura ha altri progetti per te, come avrai intuito». James annuì ed il professore riprese: «Fate attenzione soprattutto a Vulchanova e Sawyer. Il Preside di Durmstrang non convince nemmeno me. Puoi aggiungere alla scheda che è incensurato, ma è stato lui ad assumere Bellatrix Selwyn come insegnante di Pozioni nella sua Scuola».
«Insegna Pozioni?».
«Già».
«E quindi cosa l’ha spinta ad uccidere i pozionisti più bravi al mondo? Lei non era nella top ten se non sbaglio. Magari per invidia?».
«Potrebbe. Ma non credo sia solo questo. Le informazioni su ciò che ha fatto Sawyer dopo il diploma dove le avete prese invece?».
«Girava voce che fosse un ex-galeotto, così Robert ha chiesto alla Preside, ma non ha voluto rispondergli. Le notizie le abbiamo trovate in vecchi giornali. È un assassino. Come ha fatto ad uscire da Azkaban? Abbiamo fatto il calcolo e non ha scontato tutta la condanna» James decise di approfittare della benevolenza del professore per ottenere qualche informazione in più.
«Infatti gli manca ancora un anno. Lo sta scontando così».
«Eh? La Campbell sono anni che dice che finiremo tutti ad Azkaban da grandi, ma non avrei mai pensato che ci mandassero un galeotto!».
Williams rise: «Non credo abbiano scambiato Hogwarts per una specie di riformatorio checche ne dica la professoressa Campbell. L’assunzione di Sawyer è avvenuta proprio a ridosso dell’inizio delle lezioni; tuo padre non è stato felice, ma la professoressa McGranitt non ha voluto saperne. A quanto pare ha i suoi motivi e non ha voluto condividerli con il corpo docenti. Comunque io starei attento ad entrambi. Per quanto riguarda le mie colleghe, non le conosco ancora bene per poter dire se mi fido o meno. Il vostro giudizio credo sia stato condizionato dalla poca simpatia che provate nei loro confronti. Io ci starei attento con loro, ok? Se fossi in voi non mi farei mai beccare dalla professoressa Campbell a pedinarla. Dubito, però, che loro abbiamo qualcosa a che fare con questa storia. La famiglia Shafiq che io sappia è sempre stata lontana dalle idee purosanguiste più estreme e non vedo perché una donna anziana come Elisabeth Shafiq dovrebbe aver cambiato opinione».
«E la professoressa De Mattheis?».
Williams mise in ordine le pergamene e gliele porse, tutte tranne quella di quest’ultima professoressa. «Sono quasi certo che lei non c’entri assolutamente nulla. Chi è stato a compilare questa scheda? Non è la tua scrittura, né quella di Albus come per le altre. È di Rose?».
«Sì. Io non seguo Aritmanzia. Rose ed Al pensano che sia ehm… insomma abbastanza cattiva per essere legata alla Signora Oscura…» replicò James imbarazzato, in fondo stava sempre parlando di una professoressa e non sapeva quanto potesse essere sincero.
«Capisco. La sua scheda la terrò io e parlerò con Albus. Tua cugina deve imparare a ragionare di più, non ho intenzione di discutere con lei. Lasciate in pace Lucretia De Mattheis, ok? Non appoggerebbe mai i Neomangiamorte».
James non sapeva da dove nascesse tanta sicurezza, ma non protestò.
«Ora vattene a letto, domani sarà una giornata pesante».
«Va bene, signore. Buonanotte».
«Buonanotte, James. Mi raccomando qualunque cosa avrai di fronte domani stai calmo, finché sarai padrone di te potrai trovare una soluzione. Non sarai solo, nel caso la situazione si mettesse male, noi saremmo pronti ad intervenire. Buona fortuna».
James ringraziò ed uscì dall’aula. Maxi Williams rifletté qualche secondo e poi si avviò verso la biblioteca. Come si aspettava vi trovò Albus Potter, Alastor Schacklebolt e con sua sorpresa anche Virginia Wilson di Corvonero.
«Buonasera, ragazzi. Le otto e mezza sono passate, non dovreste essere già nella vostra Sala Comune?» chiese retoricamente.
I tre ragazzi lo osservarono allarmati. «Ci scusi, stavamo studiando e non ci siamo accorti che è scattato il coprifuoco» replicò Virginia Wilson.
Il professore annuì. In realtà sapeva perfettamente che li avrebbe trovati lì: si attardavano sempre in biblioteca ad ultimare i compiti lontani dalle Sale Comuni più caotiche la sera (soprattutto quella dei Grifondoro), complice il signor Bennett che era molto più conciliante di Madama Pince. «Capisco, ma credo sia il caso che torniate nelle vostre Sale Comuni».
I ragazzi annuirono e si affrettarono a raccogliere le loro cose.
«Albus, vorrei scambiare due parole con te. Potresti aspettare un attimo?».
Albus gli gettò una nuova occhiata allarmata, ma assentì (d’altronde anche questa era stata una domanda retorica). Williams non poté fare a meno di pensare, forse per la milionesima volta da settembre, quanto i fratelli Potter fossero diversi e simili allo stesso tempo. Anche se le diversità erano di certo quelle più palesi. All’esuberanza ed alla faccia tosta di James si sostituiva la timidezza e l’indole pacata e tranquilla di Albus.
«Ti tratterò solo pochi minuti» gli assicurò. «Tu segui Aritmanzia, vero?». Poi senza aspettare risposta gli mostrò la pergamena che aveva preso a James. «Per quanto Lucretia De Mattheis possa sembrare una donna fredda e senza cuore non ha nulla a che fare con i Neomangiamorte. Se mi segui ti mostrerò perché».
Albus lo seguì come richiesto verso la sezione delle riviste, dove vi erano conservati tutti i numeri passati della Gazzetta del Profeta. Williams ne cercò uno e glielo porse. «Smettetela di essere ostili nei suoi confronti. Non lo merita» disse. «Buonanotte, Albus».
Il ragazzino, rimasto solo, lesse l’articolo che gli era stato indicato. Conclusa la lettura strappò la scheda sulla De Mattheis e la mise in tasca: nessun altro avrebbe dovuto sapere che avevano indagato su di lei. Sarebbe bastato poco perché a Scuola si diffondessero voci infondate su quella donna.

*


James quella mattina si era alzato con un peso sullo stomaco e la bruttissima sensazione che se avesse toccato una sola briciola avrebbe vomitato. Inoltre aveva dormito male ed i suoi sogni, o meglio incubi, erano stati popolati da creature il cui unico e palese fine era quello di banchettare con lui. Lui era il piatto principale. Sospirò e ringraziò Benedetta per l’ennesimo tentativo di farlo mangiare. Per la prima volta in vita sua accolse con entusiasmo l’idea di dover andare in classe quando Robert annunciò che se si fossero trattenuti oltre avrebbero fatto tardi. Seguì gli amici in silenzio, rispondendo con sorrisi probabilmente poco rassicuranti alle premure di Benedetta ed agli sguardi preoccupati di Robert e Demetra. Aveva evitato Albus per tutta la colazione. Era più agitato di lui. La mattinata fu un vero inferno. Gli sembrava così assurdo concentrarsi sulle spiegazioni e le minacce sui G.U.F.O., per i professori sempre imminenti nonostante mancassero quasi sei mesi, quando una bestia orribile avrebbe potuto farlo fuori da lì a poche ore. La Prima Prova si sarebbe tenuta alle due del pomeriggio per questo tutte le lezioni pomeridiane erano state sospese. Per lo più gli insegnanti ignorarono il suo sguardo perso o rivolto fuori dalla finestra. La prova si sarebbe svolta vicina al Lago Nero o nel Lago Nero. Questo non l’aveva ancora capito, ma di sicuro non lo rincuorava: quello bravo a nuotare era Al, non lui. Il suo elemento era l’aria. L’aria e basta. Non l’acqua!
Al l’ora di pranzo la sua agitazione era ormai fuori controllo. Rispondeva a monosillabi agli altri preoccupati per lui. Anche se a mitigare la sua agitazione ci pensò un pizzico di rabbia instillatagli dalla professoressa Shafiq, che ebbe la cortesia di fargli una lavata di capo perché non aveva studiato gli stupidissimi Incantesimi Tacitanti. Le sue imprecazioni unite a quelle di Robert ed agli insulti di Demetra e Benedetta furono interrotte dallo zio Neville, quando ormai in ritardo per il pranzo raggiunsero la Sala d’Ingresso.
«James! Dov’eri? Ti stavo cercando! Perché non eri a pranzo?».
A quel punto James, per la prima volta da giorni, si dimenticò completamente del Torneo e della prova imminente. «Ma che problema avete tutti? Non è mica obbligatorio mangiare!» sbottò irritato dal fatto che tutti avessero qualcosa da rimproverargli. Il suo stomaco traditore borbottò tutto il suo disaccordo, facendo inarcare un sopracciglio a Neville. «Sì, vabbè sto andando a mangiare» disse allora in tono più mite, ma vendendo l’espressione che si era dipinta sul volto dell’uomo si ritrovò a chiedere: «Che c’è?».
«Jamie, i Campioni devo a recarsi al Lago Nero prima del resto degli studenti».
Il ragazzo deglutì riportato bruscamente alla realtà. Boccheggiò per qualche instante, poi annuì. Fece per seguirlo meccanicamente fuori dal castello, ma prima che potesse fare più di qualche passo Benedetta lo abbracciò. «Andrà tutto bene» gli sussurrò, ma la sua voce tremante non era molto rassicurante.
«Buona fortuna, James» gli disse, invece, Demetra.
Robert gli diede una pacca sulla spalla senza proferire parola.
James con il cuore in gola seguì zio Neville, cercando di tranquillizzarsi, come aveva fatto tutta la notte: era un Grifondoro, era coraggioso e spericolato e quella era solo una nuova avventura. E soprattutto la Scuola pullulava di Auror ed Agenti della Squadra Speciale Magica. Si ripeté queste cose come una mantra per tutto il tragitto e si calmò lievemente. Si fermarono di fronte ad una tenda vicino al Lago Nero. James era senza parole: il Lago non si vedeva più, era circondato da spalti.
«Gli altri Campioni sono già dentro. I giudici vi spiegheranno in cosa consisterà la Prima Prova».
James si voltò verso lo zio e si rese conto che era estremamente pallido. «Su, non può essere così terribile no?» tentò di sdrammatizzare, ma l’espressione dell’uomo non migliorò.
«Senti, Jamie» iniziò incerto, «quando si ha paura di qualcosa… l’importante è mantenere il sangue freddo… so che non è facile, ma… insomma sei un ragazzo coraggioso… prima o poi tutti dobbiamo affrontare le nostre paure e non è sempre terribile come si potrebbe pensare…».
«Zio Neville che stai dicendo?» chiese confuso James.
L’uomo si passò una mano sul volto stanco ed ansioso: «Jamie, ti vogliamo bene. Nessuno permetterà che ti succeda qualcosa, ok? E soprattutto metti da parte l’orgoglio. Nessuno pretende nulla da te» disse stringendogli la spalla con una mano. «Ora, entra».
James non seppe far altro che annuire e fare come gli era stato detto. Il suo cervello lavorava velocemente, ma a vuoto: non era in grado di formulare pensieri di senso compiuto in quel momento. La prima cosa che vide entrando furono gli altri Campioni, ognuno vicino al proprio Preside, Draco Malfoy e Gregory Mullet. «Buongiorno» mormorò.
«Come un vero divo, vero signor Potter? Non sia mai arrivare in orario» lo apostrofò Mullet che sembrava infastidito da qualcosa o peggio dalla sua stessa persona. Il ragazzo senza replicare si pose accanto alla McGranitt.
«Bene» disse subito Malfoy, probabilmente per evitare polemiche, «a momenti inizierà la prima prova. Signor Mullet vuole illustrarla lei?».
Mullet annuì ed iniziò: «La Prima Prova è molto semplice. Avrete a che fare con un serpente marino. Il vostro compito è quello di prendere la bottiglia con dentro l’indizio per la seconda prova custodita dal serpente nel relitto di un vecchio galeone. Il serpente non dev’essere ferito in alcun modo o perderete punti. La vostra prova sarà valutata con un punteggio da 0 a 10 da ciascun giudice. Ora sorteggeremo l’ordine con cui affronterete il serpente».
James era rimasto senza fiato: un serpente!? Ora capiva le parole e la preoccupazione di zio Neville. Ma quale sangue freddo? Un serpentone che sguazza nell’acqua? Voleva morire.
«Potter?» il richiamo ansioso della professoressa McGranitt, lo costrinse a guardarsi intorno smarrito. Malfoy gli stava porgendo un sacchetto. Apolline e Dumbcenka avevano già pescato, quindi la sua era solo una formalità. Odiandosi si accorse che la sua mano tremava mentre tirava fuori quello che si rivelo un serpentello di gomma con un numero appeso al collo. Peccato che comprese che era finto solo dopo averlo lanciato in aria con un urletto. Divenne paonazzo mentre borbottava delle scuse a mezza bocca che probabilmente nessuno comprese. La McGranitt e Malfoy lo stavano guardando come se temessero seriamente della sua sanità mentale; Apolline sembrava leggermente preoccupata forse perché lei sapeva della sua fobia: Domi, traditrice schifosa, gliel’aveva raccontato e da piccole gli avevano tirato un brutto scherzo quando si trovavano a Villa Conchiglia, con un serpente gonfiabile babbano. James deglutì: pessimo ricordo da riportare a galla proprio in quel momento. Vulchanova ed il suo allievo ghignavano nella sua direzione.
«Perfetto, ricapitoliamo» disse Mullet dove avergli lanciato un’occhiataccia. «La prima è la signorina Flamel, poi il signor Potter ed infine il signor Dumbcenka».
«Avete domande?» chiese Malfoy.
I tre Campioni dissero di no. James li osservò per la prima volta con attenzione da quando era entrato nella tenda: erano tesi, ma c’era qualcosa che non gli tornava nelle loro espressioni.
«Bene, allora noi andiamo. Io devo fare la cronaca. Al suono del gong signorina Flamel potrà fare il suo ingresso nell’arena. La fine della prova sarà segnata da un altro gong. Solo a quello successivo potrà entrare lei signor Potter e lo stesso vale per lei signor Dumbcenka» disse Mullet.
«Buona fortuna a tutti» aggiunse Malfoy, prima di lasciare la tenda insieme al collega ed ai Presidi. La professoressa McGranitt strinse eloquentemente la spalla a James, in un gesto simile a quello di Neville, poi seguì gli altri.
James non aveva idea di come comportarsi. Con fatica, dopo aver evitato di avere una vera e propria crisi di panico di fronte ai due ragazzi più grandi, tentò di riportare alla mente quanto aveva studiato insieme a Benedetta sui serpenti marini. Le creature magiche descritte da Scamander gli si confondevano, però, nella testa insieme alle loro definizioni e descrizioni.
«Paura, Potter?».
Sollevò gli occhi su Dumbcenka e gli riservò uno sguardo di fuoco. «Io non ho paura». La sua voce, per fortuna, era ferma ma parecchio roca.
«Lascialo in pasce» disse minacciosa Apolline. Dumbcenka la guardò con disprezzo, ma da quel momento rimase in silenzio.
La provocazione di Dumbcenka servì a James per riacquistare un po’ di lucidità e ricordare le caratteristiche essenziali della creatura: di norma non mangiava gli uomini, anche se aveva un aspetto feroce. Scamander, per ciò che si ricordava, non diceva nulla su come metterlo fuori gioco. Il primo gong lo fece sobbalzare ed incenerì con gli occhi Dumbcenka che aveva ghignato divertito. Apolline era impallidita.
«Buona fortuna» le disse James, quando ella fu sulla soglia della tenda. Ella si voltò e gli fece un cenno con il capo.
Il ragazzo tentò di ignorare la cronaca di Mullet ed osservò il suo rivale. Più il tempo passava più si convinceva che qualcosa non tornava: erano troppo tranquilli. Egli era ofidiofobico e forse la sua reazione era stata esagerata, ma Apolline e Dumbcenka erano stati come rassegnati. Sì, era quella la parola giusta. Rassegnati. Uno strano pensiero gli balenò nella mente, proprio mentre un nuovo gong risuonò nella tenda. Apolline aveva impiegato a malapena dieci minuti. Non era possibile. Non gli piaceva per niente l’idea che gli era venuta in mente, ma non vedeva alternative. Insomma la loro tranquillità e soprattutto la velocità con cui Apolline aveva affrontato il serpente non erano normali. Quando risuonò il gong nuovamente, gli ultimi pensieri di James fu che già sapevano e che non era giusto che non avesse trovato ancora il coraggio di dare un bacio a Benedetta. Poi entrò. Ebbe una fugace visione degli spalti dove i colori rosso e oro risaltavano in larga parte, ma non cercò i suoi amici né i suoi parenti. Si accorse di essere sopra una pedana di legno galleggiante a fior d’acqua. Il suo cuore cominciò a battere e fu contento di aver indossato la leggera divisa da Quidditch, almeno se si fosse buttato in acqua i vestiti non gli sarebbero pesati troppo. Il serpentone non si vedeva da nessuna parte. Individuò i relitti del galeone poco distanti ed ogni speranza di non dover dare prova delle sue abilità nel nuoto morirono miseramente. Strinse con forza la su bacchetta, l’unica protezione che gli era stata concessa. Ridusse gli occhi a fessure alla ricerca del serpente, mentre il pubblico rumoreggiava. Poi vide delle bollicine sospette formarsi sulla superficie del Lago Nero poco distante da lui. Non ebbe il tempo di formulare alcun pensiero concreto che la creatura emerse con violenza, causando un’onda che gli fece perdere l’equilibrio. Il pubblico urlò. La pedana per fortuna non si era rovesciata. James rimase paralizzato ad osservare la bestia. Aveva la testa come quella di un cavallo ed il corpo di un serpente. Il corpo, certo. Un pezzo del corpo. Avrebbe voluto urlare: quei cosi potevano raggiungere i trenta metri. Dov’era la coda? La risposta giunse di lì a poco quando il serpente decise di colpire la pedana con una codata. James urlò con quando fiato aveva nei polmoni attaccandosi disperatamente a quello che ne rimaneva. Era abbastanza per starci all’in piedi. Sempre se ci fosse riuscito. Doveva ammetterlo: non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua.  E nonostante il momento poco adatto non poteva far a meno di pensare a quanto tutto quello fosse ingiusto: non aveva chiesto di partecipare a quello stupido Torneo ed i suoi avversari conoscevano già che cosa avrebbero dovuto affrontare. Vide che il serpentone stava per riattaccare e reagì d’istinto: «Farfallus explodit». Il suo obiettivo era quello di distrarlo, ma forse non aveva scelto l’incantesimo migliore. Comunque ebbe la possibilità di prendere fiato e pensarne uno più adatto, senza grande successo. Si preparò a ripetere lo stesso incantesimo, ma sapeva di non poterlo fare in eterno. Come si metteva fuori gioco un serpentone senza ucciderlo? Sempre se avesse saputo come ucciderlo. Improvvisamente ricordò la conversazione avuta poco tempo prima con Benedetta:
«Qui puoi stare tranquillo. Nessun serpente si avvicinerà».
«Come fai ad esserne sicura? Si nascondono sotto le rocce. Per quello che ne sappiamo potrebbero essercene centinaia là sotto».
«No. Perché questa è ofite».
«È cosa?».
«Ofite. I serpenti odiano questa pietra. Se si brucia l’ofite loro rimangono storditi dal fumo e scappano».
Probabilmente stava per fare qualcosa di terribilmente sciocco che nemmeno avrebbe funzionato, ma in fondo non aveva molta scelta.
«Farfallus explodit» disse e mentre delle farfalle luminose confondevano nuovamente il serpente si raddrizzò e tentò di concentrarsi il più possibile. «Accio ofite!». Trascorse un tempo che a James sembrò infinito, mentre il serpentone rifocalizzava la sua attenzione su di lui. Che gli avessero fatto per renderlo così aggressivo, non riusciva proprio a capirlo. Non si era accorto di aver trattenuto il respiro finché non vide un masso verdognolo volare verso di lui. Riuscì con un enorme sforzo a farlo levitare davanti a sé e proprio quando il serpente diede segno di voler partire all’attacco disse:
«Incendio».
La pietra fu avvolta dalle fiamme e lentamente iniziò a bruciare. L'odore che emanava era intenso e colpì violentemente anche le sue narici. Il serpentone si bloccò a pochi centimetri da lui e cominciò a scuotersi provocando delle pericolose onde. Istintivamente James gli avvicinò di più la pietra per farlo indietreggiare e specialmente smettere prima che facesse cadere in acqua anche lui. I minuti si protrassero mentre i movimenti del serpentone diventavano sempre più lenti. Alla fine cadde inerme nell’acqua con uno schianto che sbatté James contro gli spalti. Stordito non si coprì nemmeno il volto per proteggersi dalle schegge e dai pezzi della pedana. Sentì un dolore lancinante alla schiena che lo lasciò senza fiato per alcuni secondi. La parte lucida del suo cervello gli ricordò che la prova non era ancora finita. Doveva prendere la bottiglietta con l’indizio. Si aggrappò al primo pezzo di legno che poté raggiungere. Tutto il corpo gli doleva, ma sapeva di dover far in fretta. Nello scontro la pietra era caduta in acqua e si era spenta, per cui presto il serpentone sarebbe rinvenuto.  Individuò il relitto del galeone che si era spostato notevolmente a causa dell’ondata. Solita sfortuna pensò James amareggiato ed ancora stordito.  Si aiutò con le braccia e si mosse verso il relitto ancora ben attaccato a ciò che rimaneva della pedana. Fu uno sforzo enorme nelle sue condizioni, ma lo raggiunse e solo allora comprese l’aggressività del serpentone, o meglio a questo punto avrebbe dovuto chiamarla serpentona. La bottiglietta che individuò subito era circondata, od almeno lo era stata prima che fossero sballottate, da uova. Facendo forza sulle braccia si issò sul relitto ed imprecò contro Mullet che evidentemente si era dimenticato di avvertirli del dettaglio. Si dispiacque profondamente nel vedere che ben due uova si erano spaccate.  S’incantò per qualche secondo a pensare che quei serpentelli non sarebbero più nati. Chissà se la serpentona si sarebbe accorta che alla covata mancavano due uova. Forse sì, insomma si dice che le madri hanno un sesto senso particolare quando si tratta dei propri figli. James si chiese se sugli spalti ci fosse anche la sua. Poi si riscosse percependo un fremito proveniente dal corpo del serpente: si sarebbe svegliato a momenti. Si affrettò a recuperare la bottiglia e lo stadio scoppiò in urla ed applausi. Per un attimo James temette che avrebbero fatto svegliare il serpentone, poi però alcuni uomini a cavallo di scope si avvicinarono. Quattro o cinque accerchiarono il serpentone; un altro lo aiutò a salire sulla sua scopa e lo portò in volo fino ad una sponda libera del Lago Nero.
«James, sei stato grande!». Per quanto stordito riconobbe la voce di Robert.
«Lasci, ora me ne occupo io» sentì delle braccia forti sostenerlo, mentre scendeva dalla scopa e ci mise un po’ a focalizzare il volto preoccupato di Peter.
«Riesci a reggerti in piedi?» gli chiese. Il ragazzo avrebbe voluto dirgli che era una domanda stupida, poi si rese conto che tutto girava intorno a lui. Probabilmente Peter comprese da solo e con l’aiuto di Robert lo portò dentro la tenda del prontosoccorso quasi di peso. Sentì altre voci note fare il suo nome, ma la sua vista era parecchio annebbiata. Peter lo aiutò a sdraiarsi su una comoda brandina.
«Bevi questo, James. Vedrai che starai meglio».
James con il suo aiuto bevve e solo dopo qualche secondo tornò a vedere quasi chiaramente. Intorno a lui si affollavano Robert, Benedetta che aveva gli occhi rossi, Demetra ed Albus che erano pallidissimi, Lily ed i Malandrini, Alastor, Rose, Roxi, Frank, Gretel, Lucy, Arthur, Louis, Teddy, zio Neville e i suoi genitori. «Come stai, Jamie?» chiese Ginny Potter che aveva il viso sconvolto. James pensò di nuovo a quelle povere uova. «A pezzetti» borbottò.
«Prendi questa pozione. Tra poco ti potrai alzare ed andare a vedere il punteggio. Per rimetterti in sesto avrai bisogno di un bel po’ di riposo» disse Peter tornando nel suo campo visivo.
«Ad un certo punto ho temuto che saresti affogato».
«LUCY!!!!» gridarono tutti, facendo pulsare la testa a James.
«Oh, scusate. Avete pensato anche voi al peggio quando avete visto il serpente!» si difese la ragazzina.
«Prova ad alzarti» suggerì Peter, prima che iniziassero a discutere.
James obbedì, ma nonostante la pozione sentì le gambe molli e tremanti. Una stretta forte lo sorresse. Suo padre. Aveva uno sguardo insolitamente fermo e serio. Non avevano mai parlato di persona da quando era diventato Campione.
«Lo aiuto io, signor Potter» si offrì Robert. «Forza andiamo a vedere il tuo punteggio! Cavoli, mi hai fatto morire James!».
I ragazzi non videro il lieve sorriso che fiorì sulle labbra di Harry Potter.
«La francesina ha preso un ottimo punteggio. Si è trasfigurata in modo da avere le ali di un uccello, ma ha fatto in modo di mantenere le mani normali. Ha confuso un po’ il serpente e poi si è fiondata sul relitto ed ha afferrato la bottiglietta. Ha preso ben 47 punti. Figurati se quell’imbroglione di Vulchanova le avrebbe dato il massimo. Quella ragazza è un portento, piena di sorprese!».
«Ho rotto due uova» lo informò James.
«Questo ti farà perdere punti, ma pazienza. Sei stato forte comunque. Benedetta mi ha spiegato quella cosa che hai fatto con l’ofite!».
Robert lo accompagnò fino ad un’altra pedana proprio sotto gli scranni dei giudici. Avevano percorso una semplice passerella di legno per raggiungerla, ma James aveva già il fiatone.
«Ecco, guarda».
Madame Maxime mosse elegantemente la sua bacchetta, da cui fuoriuscì un otto. Subito dopo toccò a Vulchanova che gli diede un tre.
«Beh meglio della Shafiq» mormorò divertito di fronte all’espressione indignata di Robert.
«È un bastardo. Non ci sono altre spiegazioni! Tre è davvero poco!» ribatté l’altro.
Con soddisfazione di James un otto fu la valutazione anche della McGranitt. Mullet gli diede un sette e Malfoy un otto.
«34! Non è tanto male!».
«Insomma» borbottò James, «sono sicuro che anche Dumbcenka sarà impeccabile».
«Che cosa vuoi dire?».
«Che hanno imbrogliato. Loro sapevano cosa avrebbero dovuto affrontare. Ci scommetterei qualunque cosa!».

Angolo autrice:

Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo! Finalmente il Torneo è iniziato e James ha affrontato la sua prima prova! A me sembra anche abbastanza egregiamente :-D Voi che dite?
Per il resto in questo capitolo si vede come i ragazzi stanno procedendo nelle loro indagini. Fred ha decisamente perso il controllo, chissà se si darà una calmata e tornerà insieme a July.
Forza, ditemi un po' il vostro parere. NAturalmente anche le critiche sono ben accette se costruttive ;-)
Alla prossima,
Carme93
 
   
 
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