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Autore: cartacciabianca    05/05/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La fuga dell’innocenza










Prima di lasciare la città, Hani e Elena si accertarono che effettivamente l’esercito di Bonifacio fosse davvero dove gli informatori le avevano detto. Si recarono nel distretto medio della città e, rampicandosi abili sulle mura, giunsero sull’alto dei bastioni così da potersi affacciare sulla vasta steppa che si estendeva attorno al Tempio di Salmone. L’armata Crociata e la Fratellanza stessa erano lì.
-Ass!!!…- gridò qualcuno, ma la ragazza si volse svelta estraendo due pugnali e scagliandoli con furia e maestria contro gli arcieri alle loro spalle.
Quando tornò dritta, non diede peso alla bocca aperta di Hani.
-Non abbiamo tempo- disse composta e una folata di vento le scompigliò i capelli. –Andiamo…- si calarono giù dalle mura ripercorrendo i loro passi e raggiunsero le porte della città senza troppi impicci.
Si confusero ad alcuni monaci (gli stessi del suo ingresso la prima volta) e abbandonarono al galoppo Gerusalemme senza voltarsi indietro.
Aggirarono la città e puntarono dritti nella direzione cui andavano incontro.
Non c’era tempo per fare domande, per guardarsi dietro e per rimuginare sul passato e futuro. Elena guardò solo al suo presente durante tutto il viaggio, restando concentrata come non lo era mai stata e isolando la mente da tutto ciò che era distrazione al suo mondo di piani contorti. Conosceva bene ogni angolo di Acri e, anche da quella distanza, si sforzava di escogitare una strategia che li portasse entrambi dentro-fuori il palazzo di Corrado evitando ogni genere di problemi.
Frutti dell’Eden.
Papà.
Masyaf.
Fissò questi tre punti nella testa e si disse che qualsiasi cosa fosse andata storta, avrebbe rispettato la scaletta. La sua missione cominciava ora, con la parte più difficile. Era sola come mai; sola con la forza della mente e dei muscoli che erano stati allenati dai migliori nel settore. Non poteva fallire, e l’obbiettivo che perseguiva era tanto semplice quanto ardito. Non avrebbe permesso che nessuno gli si parasse davanti, ostruendole il cammino spiazzato dal sangue di molti. Elena avrebbe dimostrato a sé stessa e a coloro che la circondavano che potevano contare su di lei e viceversa. Per una volta nella vita, s’impose come non credeva avrebbe mai fatto in tutta la sua esistenza. C’era stato un tempo in cui credeva di non poter riuscire in nient’altro che non fosse farsi del male e arrecare dolore agli altri. Adesso lo credeva ancora, ma a differenza di prima, ora era totalmente convinta di possedere le armi, o le cure, necessarie a risparmiare l’animo di tutte quelle persone cui aveva arrecato tanto disturbo. Dimostrare al mondo che poteva farcela, e rappacificarsi anche solo con se stessa, voleva dire una tale forza, un tale sforzo cui molti, uno dopo l’altro, si erano impiegati pur di insegnarglielo. Toccava a lei scegliere, riuscire in un’ultima battaglia così da conquistarsi un posto caldo con su scritto il suo nome. Toccava a lei legare con un unico filo consigli, sorrisi ed emozioni provate e ricevute, saldarle poi nel suo cuore e trarne la forza di combattere!
Non si era mai sentita così diversa e vigorosa, si disse, e da una parte se ne rammaricava e parecchio. Tutto ciò che si era trascinata alle spalle stava consumandosi lentamente e davanti a lei si apriva il vuoto di un futuro tutto da scrivere. Ma con quale sangue avrebbe scritto le righe di quelle pagine? Ovviamente col proprio, ma sapeva che altri, nonostante fosse pronta a resistere, avrebbero versato i loro sacrifici. Alcuni avevano già fatto la loro parte, altri stavano condensando le ultime forze accumulandole in un’unica grande spinta finale. E gli ultimi, ma non d’importanza, Elena li aveva strettamente affianco.
Si diede della stupida, perché ancora una volta stava mancando al suo dannato ordine mentale divagando, annullando la sua concentrazione. Rise, perché dopotutto certe parti di lei sarebbero rimaste sempre le stesse. Così come avrebbe conservato i ricordi delle stupidaggini commesse in passato, allo stesso modo si sarebbe avvalsa della convinzione di poter sbagliare anche in futuro. Ed era ciò a renderla sorridente quella mattina: si sentiva libera di gestire il suo tempo e la sua anima come meglio credeva; era libera di scegliere cosa sarebbe successo e cosa avrebbe cambiato il corso della sua storia, e tutto ciò si condensava in un’unica, immensa, e strabiliante voglia di vivere. Non aveva assaggiato mai sulla sua pelle una così intensa gioia e sapeva che sarebbero state rare le volte in cui le fosse capitato di nuovo.

Mancava meno di un giorno all’arrivo sulla costa, e la loro corsa contro il tempo non si era certo fermata.
Stavano traversando un tratto erboso quando alle loro spalle udirono un suono familiare.
-Cavalli…- mormorò Hani rallentando l’andatura del suo destriero.
-Non fermarti!- sbottò Elena spronando con più forza l’animale. –Avanti, cammina!-.
Si tuffarono in un boschetto di alberi bassi e sparirono tra le ombre che andavano allungarsi per via del sole che calava all’orizzonte. Per un breve tratto si separarono e si ritrovarono un’oretta dopo sul confine della foresta.
Arrestarono i cavalli e si guardarono attorno entrambi col fiato corto per la grande galoppata.
-Chiunque fosse…- bofonchiò Hani. –Di certo ha perso le nostre tracce!-.
-Voi due!- sbraitò una voce dal timbro familiare.
Elena rabbrividì facendo impennare la sua cavalcatura. –Presto, scap…-.
Non terminò la frase che dal boschetto emersero tre figure composte a cavallo. Fermarono le loro bestie proprio davanti ai due e non ci fu bisogno che si abbassassero i cappucci bianchi perché li riconoscessero.
Elena sgranò gli occhi, incredula. –Adel…- riconobbe per primo, e l’assassino chinò il capo in segno d’assenso.
-È stato Tharidl a mandarci- intervenne un altro fratello, quale voce Elena associò al colorito biondo dei capelli di Fredrik.
-Chissà perché, ma sapeva con chiarezza che vi avremmo trovati su questo tragitto-.
La ragazza sobbalzò sulla sella. –Rhami?- domandò con ripugno.
L’assassino si scoprì il volto facendo sfavillare la folta chioma leonesca fuori dal cappuccio. –Contenta di vedermi? O semplicemente… abbagliata?- sorrise mostrando la dentatura bianca.
Fredrik gli diede una gomitata, e il ragazzo si piegò appena in avanti.
Hani accorciò le redini. –Verrete con noi ad Acri?- domandò serio.
-Ovviamente- proruppe Adel. –Il Maestro ha insistito perché vegliassimo sulla Dea, sulla salute del prigioniero Kalel e sui Frutti del Peccato. Attende paziente il nostro ritorno- dichiarò.
-È un aiuto prezioso che non potete rifiutare- sbottò Rhami con accento seccato.
Elena strinse i denti, ma non disse o aggiunse nulla.
-Allora avanti!- Fredrik si mise in testa indicando la direzione. –In marcia!- spronò il cavallo e in quest’ordine, Adel, Rhami, Hani ed Elena gli andarono dietro.
Da quel momento in poi il viaggio fu piuttosto estenuante.
La ragazza ripensò a tutta la sua mentalità di quella mattina, quando si era detta che avrebbe potuto farcela da sola, che era forte e bla, bla, bla… dovette rimangiarsi tutto per il semplice fatto che, ancora una volta, Tharidl aveva mandato qualcuno a sostenerla nelle sue imprese. Ma quell’uomo aveva sì e no così poco fiducia in lei? Era il minimo, comunque. Come aveva detto Hani prima di partire, era alquanto strato che il Gran Maestro affidasse un incarico di tale importanza a lei sola, che a mala pena era riuscita ad ammazzare il grande Corrado. Ammise suo malgrado di necessitare bene dell’aiuto di qualcuno, almeno finché tutta quella storia non fosse finita e ne cominciasse una nuova.

Sostarono in una radura erbosa e umida, situata nel centro di alcune vecchie rovine bizantine che Elena conosceva bene. Lei e il suo maestro erano spesso e involentieri passati da quelle parti più volte e, sotto quel cielo stellato meraviglioso, la ragazza gustò a pieno simili dolci ricordi.
Avevano acceso un piccolo falò vicino ai resti di un’alta parete che riparava il focolare dalle improvvise e gelide ventate nordiche. Le ombre dei cinque assassini suoi compagni si proiettavano sul muro di pietra allungandosi su di esso come giganti, fuori da qualsiasi canone artistico.
Elena teneva lo sguardo basso sui propri stivali, le ginocchia strette al petto e il broncio pensoso da quando erano partiti da Gerusalemme. Al suo fianco erano seduti da una parte Fredrik e dall’altra Hani che in modo serio, raccontava ai compagni le vicende degli ultimi giorni.
Elena, al contrario, trovò quel frangente distorto e poco piacevole. La fierezza e la gioia del viaggio si erano istinti nell’istante in cui avevano passato il confine tra il Regno Crociato e quello di dominio alla Città Santa, e da quel momento in poi la sua mente si era annebbiata e dissociata dalla realtà andando a perdersi in tutto ciò che riguardava il suo maestro.
C’erano Rhami, Adel, Hani e Fredrik a farle compagnia, ma i quattro non potevano competere allo stretto legame di amicizia e non che aveva col mastro della setta.
D’un tratto, il più giovane tra i ragazzi, ovvero Hani, si alzò dalla cerchia stiracchiandosi. –Domani ci attende qualcosa di grosso, se non sbaglio. Tharidl vi ha dato altre informazioni riguardo la posizione dei Frutti o… quella del padre di Elena?- domandò.
Adel si schiarì la gola. –Veramente no. Il Gran Maestro contava sul fatto che…- esitò.
-Corrado, nel momento dell’omicidio, avesse esalato i suoi ultimi respiri raccontando ad Elena ciò che ci serviva sapere- concluse Fredrik.
-Bel guaio- commentò Rhami.
Elena si fece piccola piccola. –Mi dispiace… di non aver agito nel modo più appropriato-.
Hani le s’inginocchiò accanto. –Scherzi?- rise. –Non c’è nulla di cui devi pentirti, sorella-.
A quelle parole, l’assassino dagli occhi azzurri scattò in piedi sbuffando. –Certo, come no…- blaterò arrogante allontanandosi dal gruppo.
-Dove vai?!- proruppe Fredrik. –Dobbiamo restare insieme, sciocco!- sbraitò.
Rhami, senza voltarsi e incamminandosi verso il bosco, disse soltanto: -Dove vuoi che vada?! Mi scappa, e non ho altro da aggiungere!- e la sua ombra si confuse a quelle degli ulivi della foresta.
-Ad una tale impertinenza ci ho fatto l’abitudine- rise Adel scansando una brace ardente con l’uso di un fragile bastoncino di legno. –Nonostante delle volte ami fare di testa sua, Rhami è un buon assassino- sorrise mesto. –Fa bene il suo mestiere e Tharidl l’ha scelto bene per quest’incarico. Saprà esservi molto utile, Dea. Lo sapremo essere tutti quanti- si guardò attorno alludendo agli altri fratelli lì riuniti.
Elena chinò la testa. –Grazie, ma quasi non merito tutto questo sostegno…-.
Fredrik stava per aggiungere qualcosa, ma Hani lo fermò con un gesto della mano, e l’assassino biondo tornò a fissare il vuoto delle fiamme, scaldandosi a quel tenue calore.
Con un’occhiata serena, Elena ringraziò il più giovane del gruppo perché avesse smentito un qualsiasi tentativo di intervento o ulteriore supporto morale. La pietà degli altri era l’ultima delle cose che aveva imparato a cercare nei suoi amici, pertanto si diede della stupida per essersi mostrata tanto debole e affranta di fronte ad una missione che si presentava più grande di lei.
D’un tratto, si sentì per niente all’altezza dell’incarico. Il cosiddetto panico da palcoscenico, forse.
Non le andava di parlare, pensare, mangiare, e non necessitava di bere da diverse ore. Pregò perché il suo fisico resistesse in quello stato ancora allungo, perché si annunciava una giornata faticosa l’indomani. Ed ella voleva essere al meglio delle forze per combattere la poca autostima in sé stessa e saper dipendere da nient’altro che non fosse il proprio ed unico vigore. Eppure…
Era troppo il dolore che provava.
La ferita sul suo braccio, il bendaggio candido nascosto sotto le maniche della veste… tutto era un ricordo pulsante degli avvenimenti tragici, catastrofici della sua vita. Le fu inevitabile non pensare a lui e a cosa gli stesse accedendo mente lei era lì, a godersi la gloria di una missione tanto degna di onore.
Prima che Rhami facesse ritorno dai suoi bisognini, Elena si offrì di fare il primo turno di guardia e, con modesta convinzione, riuscì a far leva sia su Adel che Fredrik, i quali insisterono allungo perché rinunciasse.
A quanto le parve, non dovevano conoscerla così affondo come credevano. Rise, sedendo poi in alto sul culmine di un’antica colonna coperta di rampicanti.
Da lassù si vedeva chiaramente la luna, nel centro del cielo contornata dalle sue mille stelle fedeli. Un grosso nuvole incombeva sulla piana lungo la costa dove, arroccata su un’ampia collina a picco sul mare, vi era la sua amata Acri.

-Elena… Elena, svegliati. Elena, svegliati! Non te lo ripeto! Ti butto giù, ma conterò fino a tre… uno… due…-.
La ragazza riaprì gli occhi lentamente, trovandosi il volto familiare di Rhami a pochi pollici dal suo.
-Ehi!- la Dea gli poggiò una mano sulla guancia e lo spinse via, accorgendosi solo in seguito delle braccia del giovane strette attorno ai suoi fianchi.
L’assassino ridacchiò divertito scendendo dalla colonna e atterrando con un balzo sul terriccio erboso. –Felice di riaverti su questo pianeta!- rise guardandola dal basso.
-Infame, è ancora il mio turno di guardia!- sbottò lei sollevando il mento e ammirando la lucente costellazione di Orione.
Aveva appena calato le palpebre e il tempo era volato così velocemente? Per di più, addormentandosi, aveva messo a repentaglio la sua e la vita dei suoi compagni.
-Piantatela voi due!- sbraitò una voce, e Hani si rigirò dalla parte opposta sotto le coperte.
-Certo, come no!- abbassò il tono Rhami tornando a fissala.  -La prossima volta potati dietro il gallo e tutta la fattoria…- la derise.
Elena si stropicciò gli occhi sbadigliando. –Mi dispiace, è stato un errore che non ricapiterà. Ora vattene…- proruppe seccata. Aveva già abbastanza problemi, perché doveva immischiarsi anche quel ragazzino petulante?
-Non fare quella faccia- sorrise egli. –So quanto sei realmente felice di vedermi-.
-Ti sbagli. E ora tornatene nel tuo boschetto e accovacciati sulle stesse foglie che hai annaffiato!- ridacchiò di gusto.
-L’idea è allettante-.
-Rhami, cosa vuoi ancora?!- domandò in fine.
Il ragazzo abbassò lo sguardo e si guardò attorno circospetto. –Non posso parlartene da quaggiù! Scendi oppure salgo io?!- bisbigliò.
-Che scemo…- alzò gli occhi al cielo, esasperata. –Avanti- disse scansandosi e facendogli un po’ di posto accanto a sé sul cucuzzolo della mezza colonna. –Vieni, e sii breve per cortesia- borbottò.
Il ragazzo s’illuminò di luce propria e, con un solo balzo, si arrampicò agile come un gatto fino al suo fianco. –Eccomi, dicevamo?- arrise malizioso facendosi troppo vicino.
-Parla- involontariamente, la ragazza portò una mano all’elsa della lama corta.
-D’accordo, vado al dunque- sibilò lui. –Non farmi tanto scemo, so che cosa è successo- dichiarò.
La giovane Dea fu percorsa da un brivido. –Non so di cosa parli…-.
Rhami sospirò. –Non immaginavo che un tipo come Marhim potesse arrivare a tanto-.
A quel punto fu troppo, e l’impulso di spingerlo giù fu forte a tal punto da farle battere i denti. –Come?!…-.
-Calma!- Rhami le poggiò una mano sulla bocca bloccando la sua sfuriata in principio. –È stato Halef a dirmelo, ma non di sua spontanea volontà. Sapevo bene come ricattarlo…- ridacchiò malizioso.
-Bastardo!- digrignò la ragazza scansando via il braccio di lui che, sorridente, distolse lo sguardo.
-E non solo…- proseguì l’assassino. –Quando la notizia dell’avvelenamento di Altair è giunta a Masyaf, la città e i suoi fratelli sono entrati nel panico. Si credeva che Corrado fosse giunto alla Corona di Gerusalemme e le voci contorte ed errate sopraggiunsero a quelle veritiere. Insomma, certa gente si divertì a gonfiare di diverse sfaccettature la storiella…- rise, ma chissà cosa ci trovava di tanto divertente.
-Senti, Rhami- intervenne lei portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. –Perché non te ne torni a dormire, eh? Faresti un favore ad entrambi, lo sai bene…- poggiò un gomito su una sua spalla, e il ragazzo non si scompose.
Tutt’al più allargò il suo sorriso gioioso. –Dimmi un po’… ti sono mancato, eh?-.
-Stupido…- soffocò una risata lei.
-Quand’è stata l’ultima volta che ci siamo visti, eh? Prima di questa primavera, intendo…- mormorò assorto.
Elena ci pensò su allungo. –Veramente… è passato un bel po’ di tempo- disse flebile, sorpresa di quanto avesse dopotutto ragione. Un poco… molto poco, le era mancato. Le erano mancati tutti, e pensando a Rhami, automaticamente la sua mente si catapultava su Marhim, Adha, Tharidl e di conseguenza suo fratello e suo padre. Era una catena fatta di pochi ed essenziali anelli, il circolo vizioso che era la sua famiglia. Ne facevano parte persino Akram e i cugini che non aveva mai conosciuto.
-Stai bene?- domandò improvvisamente lui, attirandola sul pianeta terra. –Ti vedo… distratta- rise.
-Si tratta di mio padre, e tutta la bella famigliola che gli gira attorno!- levò le braccia la cielo. –Odio le pieghe assurde che hanno preso la mia vita ultimamente…- bofonchiò.
-Ehi, col letame fino al collo ci siamo pure noi!- eruppe indicando gli altri assassini dormienti attorno al falò che andava a spegnersi.
Elena si trattenne dal ridere. –Effettivamente hai ragione…-.
Il silenzio calò sulla radura come una secchiata di acqua gelida, ma neppure pochi secondi più tardi, l’erba del prato venne smossa da una fredda ventata celere.
-Basta, va’ a riposare- disse Rhami guardandola con occhi dolci, sinceri. –Qui ci penso io-.
Le gote della ragazza si pennellarono da sole di un rosa intenso. –Grazie- sussurrò, allunagndosi poi verso di lui e scoccandogli un bacio fugace sulla guancia, pungendosi appena col sottile strato di barba.
Rhami, più che interdetto, restò immobile ad osservarla mentre si apprestava a riscendere la colonna. Una volta a terra, Elena si avvicinò al fuoco e afferrò la sua coperta. Poggiò la testa sulla sella del suo cavallo e si addormentò in una posa fetale, perdendo ancora una volta la cognizione del tempo.

-Voglio gli arcieri disposti sulle mura, tutti quanti!- sbraitò Bonifacio battendo un pugno sulla cartina, e i boccali di vino poggiati sul tavolo sobbalzarono. –Subito!- aggiunse. –Quei bastardi non passeranno il valico della città neppure da morti! So che sono diretti ad Acri per i Frutti, e noi impediremo loro di riuscire anche in questo!-.
Era una tenda allestita nel centro di un piccolo accampamento militare sul confine dei territori Crociati, a stretta vicinanza con quelli controllati dalla Corona di Gerusalemme. La notte inoltrata brillava delle sue mille stelle nel cielo nero ed infinito. Tutt’attorno vi erano le foreste e le montagne, traversate da un’insolita corrente d’aria davvero fredda.
Vi erano altri due uomini in quella tenda grande da ospitare un tavolo e una decina di seggi però vuoti. Ad uno di essi sedeva Bonifacio, assieme a due suoi compagni della Fratellanza, alle quali armature erano sovrapposte delle bianche casacche con una rossa croce colorata come il sangue.
Sul volto di Guido si disegnò un vasto sorriso sornione. –Siamo in buona posizione, i nostri uomini ci raggiungeranno a breve e non dovete temere né per la vostra vita che per quella dei vostri Fratelli, Bonifacio-.
-Domani- dichiarò il terzo uomo in sala alzandosi dal seggio. –Domani saremo dentro la vostra città, e dopo esservi maritato con Isabella, il Regno di Gerusalemme potrebbe forse passare nelle vostre mani- propose tranquillo questi.
Guido fulminò il compagno con un’occhiataccia. –Oppure…- intervenne con malizia. –Oppure potreste punire quella sgualdrina che fu la moglie di vostro fratello lasciandola preda del deserto. Ella consegnò Corrado agli assassini, e solo Maria vostra nipote, se non sbaglio, parlò con onore!- rise.
-Sì- Bonifacio chinò il capo. –Dopotutto, c’era da aspettarselo da un matrimonio combinato. Puttana infame…-.
-Esatto- gioì Guido. –Lasciate la donna a me e ai miei uomini, e prendetevi di diritto la casata di vostro fratello. Esortate il popolo ad eleggervi Re, e conquistate la fama in Terra Santa in una nuova gloriosa Guerra!- sguainò la spada poggiandola sul tavolo. –La mia lama è dalla vostra- disse calmo.
-Aurelio- Bonifacio si volse verso il terzo uomo, e questi sfoderò la sua arma sovrapponendola a quella di Lusignano.
-Eccomi, Fratelli- annuì fiero Aurelio.
Bonifacio, in fine, incrociò la sua spada a quelle dei compagni. –Sia fatta la volontà di Dio!- strillarono.
In quell’istante, un soldato semplice irruppe nella tenda con l’arco in mano e la faretra vuota di frecce. –Mio signore!!!- chiamò a gran voce accorrendo da lui, e Bonifacio si girò di colpo.
-Mio Signore! Isabella è fuggita e porta con sé Maria verso nord! Alcuni dei nostri la stanno inseguendo, ma…-.
Guido lo interruppe con un gesto della mano, e l’arciere indietreggiò.
-C’era da attenderselo- digrignò Aurelio.
-Fratello, pazientate. E le bestie feroci faranno ciò a cui la natura le addestra- sorrise Lusignano.
Bonifacio, più che pacato, rinfoderò la sua arma. –No. Voglio che il suo corpo venga riportato ad Acri, perciò mandate più uomini sulle sue tracce e, se necessario, uccidetela, risparmiando mia nipote…- mormorò, e detto questo lasciò la tenda a grandi passi.

Adel scagliò il pugnale da lancio che andò a conficcarsi nel centro del tronco saldo di un ulivo.
Era l’alba, che sorgeva di un color arancio arrampicandosi nel cielo. Poche nuvole incombevano sulla piana, ma una brutale tempesta si abbatteva su di Acri, a poche ore di galoppo dalla loro posizione.
-Che succede?!- sussurrò Rhami portando una mano all’impugnatura della spada al suo fianco.
Adel, in testa al gruppo, scrutò allungo e in silenzio le fronde del bosco che li circondava.
-Fratello, cosa…- intervenne Fredrik, ma un istante dopo si udirono dei passi e una figura celata nell’ombra scattò di corsa allo scoperto, tentando la fuga oltre la loro posizione.
Adel fece impennare il cavallo e bloccò la strada alla donna, dietro di lui, Fredrik e Hani si posizionarono a semicerchio, imprigionandola.
Ella vestiva di un lungo mantello blu ricamato di bianco; in spalla portava una bambina cui occhi Elena riconobbe all’istante. Poi, nell’aria tersa della mattina, risuonò la voce terrorizzata di Isabella.
-No, fermi! Vi prego!- la Regina si piegò in ginocchio alzando un braccio, mostrando il palmo bianco. –Fermi, vi prego!- gemé ancora voltandosi e voltandosi più volte, guardandosi attorno come una preda in gabbia.
-Una spia! Ci stava seguendo!- sbraitò Fredrik.
Elena smontò dalla sella. –Ma che dici?!- proruppe andandole incontro, e Isabella si girò verso di lei.
-Fermi, state fermi ho detto!- imprecò la Dea parandosi dinnanzi alla Regina. –Ella è Isabella, la moglie di Corrado! E guardate chi ha in braccio, stupidi!- ruggì.
Vi era la piccola Maria tra le braccia della donna che la stringeva con premura al suo petto. Il volto della Regina era celato da un copricapo lungo dai caratteri arabeschi che ella si apprestò a togliere. –Pietà- implorò ancora la donna.
-Non temete, Maestà- la rassicurò Elena. –Non vi faranno del male- disse scoccando un’occhiataccia agli assassini dietro di sé.
Isabella, attonita, indietreggiò. –Lasciatemi passare, vi prego-.
-Stavate fuggendo, my lady?!- domandò Rhami irritato.
Isabella si volse. –Sì, sono in fuga da Bonifacio e la Fratellanza! Sono accampati poco a sud di qui e vi hanno preceduti verso di Acri! Saranno lì a breve, e la loro armata è proprio alle vostre spalle!-.
-Siete giunta fin qui per ammonirci di questo?!- intervenne Fredrik avanzando col suo cavallo.
-No! Egli mi vuole morta, o peggio ancora preferirebbe donare il mio corpo ai suoi uomini! No, io e mia figlia siamo in fuga da loro, sperando di trovare un luogo lontano dalla guerra nel quale riposare… sono ore che siamo in marcia- poggiò una mano sulla piccola testa dai capelli lisci di Maria, semi dormiente sulla sua spalla.
Ancora sospettoso, Adel accorciò le redini. –I vostri intenti sono puri? Non vi è alcun male dietro la vostra fuga?- insisté.
Isabella annuì. –Vi prego, ora lasciateci passare…-.
-No!- strillò Elena, attirando su di sé l’attenzione dei presenti. –Se viaggerete a piedi non andrete molto lontana, Maestà. Uno di noi deve portarvi nell’unico luogo sicuro a noi conosciuto…- scrutò uno ad uno i volti dei suoi compagni.
Rhami, inorridito di tale proposta, fece impennare la sua cavalcatura. –Elena, sei fuori di te, questa mattina?!-.
-Ha ragione- mormorò Fredrik assorto. –Non possiamo lasciarla in balia della Fratellanza o del suo esercito. Sono con voi, Dea. Uno di noi deve vincolarsi al suo incarico e scortare la Regina Isabella e suo figlia Maria a Masyaf- dichiarò severo.
A quelle parole, il volto della donna s’illuminò di luce propria. –Grazie…- chinò la testa. –Grazie…-.
Elena le si avvicinò sorridendo. –Maestà, è il minimo-.
Isabella incontrò il suo sguardo premuroso.
-Il vostro ruolo fu cruciale nella mia missione, e ve ne debbo la riuscita. Perciò, è il minimo che vi offra in questo modo spartano la salvezza…- sottinse la Dea.
-Tutto ciò è assurdo! Stiamo solo perdendo tempo!- proruppe Rhami, azzittito però alla svelta dall’intervento di Hani.
-Mi offro io- disse il più giovane tra di loro.
-Scordatelo, ragazzo- sbottò Adel. –Sarò io a fare ritorno in città con sua Eccellenza-.
Elena si trattenne dal ridere. Stavano contendendosi un grado superiore oppure il buon occhio della Regina?
La Dea rimontò in sella al suo destriero. –Però ha ragione l’accaldato- rise indicando Rhami con uno sguardo. –Il tempo che ci rimante è troppo poco, decidetevi-.
-Facciamo scegliere alla suddetta, a questo punto- propose Hani.
Isabella esitò, sistemando meglio Maria sulla spalla. –Adel, giusto?-.
L’assassino avanzò col suo cavallo affiancandosi alla donna che, con il suo aiuto, si issò sulla groppa dell’animale. –Al vostro servizio- sibilò fieramente.
-Sta’ attento, fratello- disse Fredrik conducendo il resto del gruppo dalla parte opposta.
Adel, nel frattempo, s’indirizzò al trotto verso nord. –Altrettanto. Buona fortuna, Elena di Acri- fece un leggero inchino col capo, mentre Isabella si stringeva a lui mettendo le gambe all’amazzone e poggiano Maria ormai sveglia sulle ginocchia. Un braccio attorno al petto dell’assassino, e le loro ombre si persero tra le mille luci che andavano colorare la mattina.
-Sei contenta?!- sbottò Rhami avvicinandosi a lei, ed Elena piegò la testa da un lato.
-Ovvio. Ella non meritava mica la morte! Pensavo che conoscessi i fatti…- digrignò la ragazza in risposta.
Il gruppo riprese il sentiero nella foresta intraprendendo un galoppo veloce, e in breve si trovarono già sulla strada per Acri, popolata di carovane contadine e gente che andava e veniva su cavalli o a piedi.
Si spostarono con cautela, riscontrando pochi, pochissimi problemi durante la traversata dei posti di blocco poiché gran parte degli uomini Crociati fossero alle loro spalle e impiegati altrove.
Le porte della vera e propria città s’intravidero ben presto oltre una fitta coltre di nebbia; l’aria era tersa di salsedine, il cielo oscurato da grosse nuvole gonfie di pioggia, e lo stormire dei gabbiani giungeva fin lì mescolato al canto di morte delle cornacchie appollaiate sui rami secchi degli alberi.
I quattro assassini entrarono indisturbati nel distretto povero, quale ingresso non era per niente sorvegliato.
Una volta confusi tra la folla, si mossero quatti verso la Dimora e giunsero sul tetto dell’edificio sbarazzandosi sì e no di pochi arcieri. Acri pareva deserta delle sue autorità, completamente vuota della sua protezione, così Elena, atterrando salda all’interno della Dimora, sperò che Bonifacio fosse ancora parecchi chilometri addietro.


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Mah… capitolo cortino, me ne rendo conto, ma giunta a questa parte della vicenda ho sentito la necessità di aggiornare subito staccando qui e non dove la trama toccava dei punti più caldi, come capitò all’epoca dell’attentato al palazzo di Gerusalemme, con la morte di Corrado ecc… quando per descrivere poche ore impiegai tipo quattro capitoli? Sì, ecco…

Non me la sento di fare né i ringraziamenti, né i chiarimenti… sono parecchio confusa, stressata, stanca, assonnata e… ZZZzzzzz….

Elik.

   
 
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