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Autore: xoxo_fangirl_xoxo    23/09/2016    2 recensioni
Alla fine della guerra, Hermione decide di lasciare la scuola e diventare una medimaga. Tra i suoi pazienti c'è Severus Piton, sopravvissuto al morso di Nagini e ora immerso nel coma profondo. Con il tempo, la giovane strega si innamorerà del suo ex professore ma non avrà il tempo di manifestare i suoi sentimenti, a causa della scomparsa dell'uomo dall'ospedale. Decisa a prendersi cura di lui, la ragazza sarà costretta a passare un lungo periodo di tempo in compagnia di Piton, assicurandosi così la sua guarigione. Riuscirà Hermione a far breccia nel cuore dell'arcigno professore e così permetterle di guarirlo?
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Erano passati tre mesi. Tre mesi difficili, tre mesi di lamentele, giorni interi passati nel più totale silenzio, sbalzi d’umore e ricadute fisiche di Severus.
Da quel giorno freddo e piovoso in cui l’uomo si era confessato ne erano passati tanti altri e nonostante io gli avessi dato prova che poteva fidarsi, l’uomo non aveva mai smesso di essere titubante, potevo leggere il timore nei suoi occhi ogni volta che gli medicavo la ferita al collo, ogni volta che gli somministravo le pozioni curative. Mi osservava costantemente durante la loro preparazione ma evidentemente, per lui non era sufficiente da fidarsi di me; fare la spia per tutti quegli anni, costringersi a bastarsi, preoccuparsi solo di se stesso e fidarsi solo del proprio lavoro, avevano reso Severus sospettoso, testardo e poco propenso nei confronti non solo di me ma del resto del mondo magico.
Da allora, mentre io mi ero aperta di più con lui, mossa solo dai sentimenti che prepotenti erano ritornati a invadermi la mente in qualsiasi momento, lui si era chiuso di più in se stesso, come se aprirsi e rivelare quella parte nascosta del suo essere significasse esporsi a un livello che per anni non era stato in grado di fare, o che si era imposto di non fare. Dentro di me, sapevo di essere stata davvero fortunata a scorgere quella parte di Severus gentile, semplicemente umana ma allo stesso tempo ero consapevole che non sarebbe più ricapitato, lui non mi avrebbe dato altro, non avrebbe più ceduto a simili sciocchezze. Severus Piton era e rimarrà sempre l’uomo arcigno e burbero che avevo conosciuto a scuola e nessuna ragazza petulante sarebbe riuscita a scalfirlo.

Fu in una mattina stranamente assolata che capii quali erano i reali sentimenti di Piton verso ciò che continuava a vivere al di fuori delle quattro mura che lo proteggevano. Un gufo, che nelle ultime settimane avevo imparato a riconoscere, aveva lasciato l’ennesima lettera destinata al mio paziente e che lui prontamente si premurava di gettare nel camino acceso. Decisa a sapere di cosa si trattasse quella missiva, riuscii a intercettare la busta prima che finisse nelle grinfie dell’uomo e senza avvisarlo del suo arrivo, la aprii.

Egr. S. Piton
Il ministero della magia è lieto di informarla che nella serata in memoria delle vittime di guerra, indetta tra due settimane, sarà insignito dell’Ordine di Merlino di Prima Classe, come riconoscimento delle gesta da lei compiute nel corso dei diversi anni a favore dell’Ordine della Fenice. Nella speranza che accetti il nostro invito, attendiamo sua conferma.
Il ministro della magia,
Kingsley Shacklebolt

Il ministero voleva conferirgli l’Ordine di Merlino?
“Nessuno ti ha mai detto che non si tocca quello che non è tuo, Granger?”
“Perché non me ne hai parlato?”
“Non sono affari che ti riguardano”.
“Lo so ma..”
“No tu non lo sai, tu nemmeno ti sforzi di comprendere”.
La lettera che fino a qualche istante prima tenevo tra le mani, finisce insieme alle altre, nel fuoco scoppiettante del camino. Perché doveva rendere tutto così difficile? “Non chiuderti nella tua stanza, tu ed io non abbiamo finito”.
“Io credo di sì, Granger”.
“La medicazione!”
Avevo sentito il suo passo fermarsi a metà scala, per poi vederlo tornare indietro e guardarmi con astio. L’avevo in pugno. Voleva cruciarmi, potevo quasi percepirlo. “Siediti sulla sedia, io prendo l’occorrente”.

Di ritorno dal bagno, avevo trovato Severus seduto in cucina, la benda intorno al collo adagiata sul tavolo; un veloce lavaggio delle mani ed ero pronta per la preparazione dell’unguento. Pochi istanti dopo stavo già detergendo il collo dell’uomo, teso come una corda di violino; avevo svolto quell’operazione un’infinità di volte eppure lui non sembrava mai a suo agio nel momento in cui le mie mani si posavano su di lui.
“Mi vuoi dire perché bruci tutte le lettere?”
“No”.
“Potrei smettere di curarti, o magari sbagliare qualche ingrediente e curarti male, potrei farti parlare solo con un gesto invasivo del dito sulla tua ferita”.
“Ma non lo farai”.
“Ne sei così sicuro?”
“Hai l’animo della crocerossina, Granger. avresti potuto farmi del male settimane fa, in qualsiasi momento. Non incomincerai adesso”.
“Lo stesso vale per il ministero e tutti i maghi che vi lavorano”.
“Non sai di cosa parli”.
“Smettila di vedere complotti dove non ci sono”.
“Hai intenzione di discutere di questa faccenda durante tutta la medicazione?”
“è l’unico momento in cui ho la tua completa attenzione”.
Il suo sospiro mi lascia basita, le mie dita si fermano per qualche istante, l’unguento cola leggermente verso l’interno del braccio. Non credevo che Severus si potesse arrendere così facilmente.
“Sei solo un’ingenua ragazza petulante. Non hai riflettuto su quello che hai letto? Perché credi che il Ministero mi voglia conferire quella carica? Lo fa per togliersi di dosso le proprie colpe. I giornali m hanno screditato per anni, gli Auror non si sono mai fidati veramente di me, nemmeno le parole di Silente gli hanno fatto cambiare idea. Ora che però la verità è saltata fuori grazie a quell’inetto di Potter, il mondo magico si sente colpevole nei miei confronti”.
Aveva detto tutto ciò alzandosi in piedi e allontanandosi da me, mettendo più spazio possibile tra noi, in modo che non vedessi il suo viso prostrato dal dolore che lo sforzo di ammettere tutto quello, gli aveva causato.
“Torna qua, non ho finito con le garze”.
“Faccio da solo”.
“Tu non..”
“SI HERMIONE! Posso benissimo medicarmi senza il tuo aiuto”.

Non compresi fino in fondo le sue parole finché, illuminato da un raggio di luce che filtrava dalle tapparelle della sala, non mi accorsi della fascia sul suo collo.
Era perfetta, non una macchia si sangue. In mano Severus teneva due fiale che non provenivano dalla mia scorta, segno che era riuscito a ricreare le pozioni da sé. Piton era guarito, con il tempo e fuori pericolo di vita, non mi preoccupavo più delle sue condizioni, ormai pervasa dalla routine, non mi ero resa conto che Severus si era ristabilito, aveva ripreso pieni poteri si sé ed esercitava la sua magia senza alcuna difficoltà. Quella constatazione mi colpì in pieno petto. Severus Piton, mio ex professore che con il tempo avevo imparato a conoscere, con cui mi ero abituata a vivere, non aveva più bisogno di me.

Non seppi più come comportarmi, d’un tratto ogni sicurezza mi cadde addosso ed io non potei fare altro che rimanermene lì impalata in mezzo alla sala a fissare, con sguardo vacuo, gli occhi dell’uomo. Da un lato avrei voluto far tacere le voci della coscienza nella mia testa, che mi avevano permesso di ragionare e arrivare alla conclusione, dall’altro aspettavo con il respiro mozzato una sua parola, un gesto che mi avrebbe contraddetto su tutto.
Non arrivò mai, Piton non ne era capace, o forse ero io che mi illudevo con troppa facilità. Inchiodato come me nel mezzo del salotto, Piton non mi dava alcun segno, nessuna espressione traspariva da suo volto, non mi permetteva di capire cosa stesse provando o quello che gli passasse per la testa.

Con il cuore in gola e un peso opprimente nel petto, fui io a decidere per entrambi. Lui non aveva più bisogno di me, ora ero io ad avere bisogno della sua presenza ma le storie non si costruiscono da soli, non volevo illudermi ulteriormente, non potevo combattere quella guerra da sola.
Presi la mia bacchetta e appellai velocemente tutte le mie cose; una piccola sacca fece capolino davanti all’ingresso. Guardai velocemente tutta la casa, non volevo scordarmi presto quel luogo che per più di tre mesi aveva rappresentato la mia casa.

Prima di lasciare l’uomo che non aveva mai abbandonato la sua posizione, decisi che ancora un gesto nei suoi confronti me lo sarei potuta permettere.
Appellai a me un foglio di pergamena e vi incisi poche righe, porgendoglielo poco dopo. Il suo sguardo rimase fisso su di me anche quando tese la mano per prendere la pergamena, entrambi troppo fieri per guardare in basso. Un’idea folle mi pervase la testa, avrei voluto dirgli molte cose ma forse un gesto sarebbe valso di più. Lentamente appoggiai il palmo della mano contro la sua guancia, non voleva essere un gesto brusco, non volevo infondergli timore. Rimasi immobile per un tempo indefinito, non volevo lasciarlo, non volevo abbandonarlo di nuovo a se stesso ma era stato lui a chiedermelo; non si ritrasse mai da quel tocco, rimase immobile, gli occhi fissi su di me, l’espressione indecifrabile. Era teso, lo sentivo, il respiro era irregolare ma niente mi dimostrava che volesse fuori da casa sua, la mia decisione però l’avevo già presa.
“Ci vediamo alla cerimonia, Severus”. Imperterrito nel suo mutismo, non si scompose nemmeno a sentir pronunciare il suo nome; decisi di andarmene velocemente, prima che due grosse lacrime rischiassero di rigarmi il viso in sua presenza.


*


La cerimonia si teneva nella Sala Grande del castello di Hogwarts, ricostruito con gli sforzi di tutti i volontari, tra studenti, professori e auror.
La preside McGranitt non si era risparmiata con le decorazioni, dimostrando che la guerra aveva sì colpito tutti ma che la vita di ognuno non si sarebbe fermata nel passato, bisognava andare avanti, ricreare quello che c’era un tempo, avere fede e continuare a vivere. Hogwarts era tornata a splendere, la vita all’interno della scuola era ritornata un fermento più forte di prima.

Tantissimi erano gli invitati da ogni parte del globo, numerose le foto dei caduti appese alle pareti, moltissimi i sorrisi che i maghi e le streghe si imponevano, nonostante il ricordo bruciasse nel petto come una cruciatus.

Harry e Ginny non volevano saperne di lasciarmi sola durante la serata, le danze erano state aperte eppure loro insistevano per non abbandonarmi lì senza un compagno. Non sapevo dove fosse Ron, in realtà non mi interessava neanche scoprirlo. Io non chiedevo e Harry era così gentile da non parlarne.

Solo dopo numerose insistenze, ero riuscita a convincere la coppia ad andare a ballare, trovando una piacevole compagnia nella nuova preside di Hogwarts.
“Hermione, sei splendida con questo vestito ma qualcosa nella tua espressione mi rattrista. Dimmi cosa c’è che non va, con me puoi parlare cara”.
“Nulla di cui si debba preoccupare preside. Sono solo stanca”.
“Hai lavorato duramente in questo ultimo periodo, perché non ti prendi una pausa?”
“Non posso, le vacanze non fanno per me. Sono sicura che se me ne andassi ora, non farei che pensare al lavoro che mi aspetta al San Mungo?”
“Il San Mungo, certo certo. Vedi cara, io credo che ogni tanto ognuno di noi si debba sfogare in qualche modo, magari semplicemente parlando con qualcuno che ci sta a cuore o forse guardando dentro noi stessi e cercando di capire cosa effettivamente vogliamo nella vita”.
“Preside io credo di non capire..”
“Buttati, Hermione. Sei una ragazza intelligente, una strega capace, superiore alla media. Non ti accontentare delle briciole, porta avanti ciò che credi e buttati, vivi questa vita. Hai vissuto abbastanza da sapere meglio di me che dopo un po’, tenendosi tutto dentro, si scoppia, si finisce per vivere a metà tra il rimpianto e l’indifferenza”.
“Ha ragione preside. Forse quando tutto questo sarà finito..”
“Non pensare di cavartela così Granger, il San Mungo ha ancora bisogno di te”.

Quella voce che ormai da mesi avevo imparato a riconoscere tra mille, ora si trovava dannatamente vicino al mio orecchio; un brivido mi percorse tutta la schiena, finché il proprietario della voce non si palesò davanti ai miei occhi, andando a salutare la nuova preside, felice ogni oltre misura di vederlo.
“Minerva dovresti evitare di infondere nelle persone certi pensieri, la Granger potrebbe pensare di essere necessaria a questo mondo”.

Diversi sguardi erano puntati nella nostra direzione, la prima apparizione in pubblico di Severus Piton era degna di nota persino tra coloro che non avevano mai creduto in lui. Vestito in un completo elegante, privo di cravatta, papillon e soprattutto smessa la sua solita tunica nera, l’uomo raggiava di luce sua, nemmeno i segni del coma e della lunga malattia sembravano aver intoccato il suo aspetto.
Quello che si presentava alla folla di maghi e streghe avvicinatesi a lui per congratularsi, era un Severus Piton diverso, sempre con uno sguardo indifferente e altezzoso ma non più preoccupato. La guerra era definitivamente finita, ora che l’ultimo eroe, tornato tra la sua gente, dimostrava la vittoria e alzava trionfante la bacchetta. Non avrebbe più dovuto dividersi tra due fronti, non avrebbe più dovuto partecipare a riunioni segrete, mai più entrare nella mente delle persone, cruciarle per sfizio, essere assoggettato ad un potere più forte di lui. Severus Piton non avrebbe più dovuto rischiare la vita per proteggere quella di un altro; era un uomo libero, riconosciuto fedele a Silente, rispettato dagli alti maghi, accettato all’interno della comunità.

In cuor mio, avevo sperato di rivederlo ancora una volta, un singolo istante sarebbe stato sufficiente per infondere nel mio animo una certa dose di tranquillità.
Streghe e maghi si avvicinavano a lui per congratularsi; strette di mano, sorrisi accennati e qualche cenno del capo erano tutto ciò che quell’uomo poteva offrire loro. Severus si era sforzato di raggiungere quella festa che tanto disprezzava e quel gesto doveva valere più di mille parole, non gli si poteva chiedere altro. Potevo percepire la sua pazienza vacillare, poco abituato a fingere compiacimento, il suo umore sembrava crollare di minuto in minuto e decidi il da farsi in quel preciso istante. Con un ultimo gesto estremo che la mia coscienza e quella dose di coraggio che mi era rimasta mi permisero, mi avvicinai al gruppo di auror intenti a circondare l’uomo. “Professor Piton, la vedo affaticato. In quanto suo medico, insisto perché si assicuri che le sue medicazioni siano sotto controllo. Se mi vuole seguire”.

Ero stranamente riuscita a zittire l’intera combriccola, nessuno si sarebbe mai opposto alle parole di una medimaga e la salute dell’uomo contava più di ogni altra cosa in quella sala. Con mio stupore fu proprio Severus a districarsi dal mucchio e seguirmi, senza dire una parola, nemmeno per scusarsi. Avevo forse evitato quella che poteva diventare la terza guerra magica?

“Non era quello che volevi, Granger?”
“Di cosa stai parlando?”
“Sei tu che mi hai costretto a venire a questa ridicola fiera della vanità. Mi domando perché ora mi trascini via come se fossi un bambino che ha fatto il cattivo e merita una punizione”.
“Mi sembrava che ti stessi annoiando”.
“E cosa ti dava il diritto di portarmi via?”
“Allora tornaci. Pensavo di farti un favore ma evidentemente mi sbagliavo. Ultimamente mi sto sbagliando su tutto”.
“Su questo hai ragione. Lasciare il lavoro non è un’ipotesi degna di te”.
“Sono affari miei”.
“No. Se la tua assenza può causare seri danni alla mia condizione fisica, allora riguarda anche me. In quanto tuo paziente esigo la massima attenzione nei miei riguardi”.
“Tu stai bene, sei migliorato tantissimo in questi mesi e inoltre, dalla nostra ultima conversazione, hai messo in chiaro che sei perfettamente capace di curarti da solo”. “Il tuo superiore al San Mungo non è dello stesso avviso”.
“Ma davvero? Mi staresti dicendo che il grande Severus Piton si è sbagliato nella diagnosi di se stesso?”
“Io non faccio errori”.
“Ci vediamo Severus”.

Non mi aspettavo di ricevere una risposta ovviamente ma quel poco riguardo nei miei confronti dopo tutto quello che avevo fatto per lui.. No, non me lo meritavo.

La musica risuonava forte nel corridoio fuori dalla Sala Grande, le poche candele che mi circondavano rendevano quel luogo ancor più magico ora che non lo frequentavo più per la scuola; la brezza della sera mi penetrava dal leggero vestito che indossavo, mentre continui brividi mi percorrevano lungo la schiena.
Non volevo fermare il mio passo, non volevo nemmeno voltarmi per sapere se Severus era rientrato alla festa o era rimasto immobile a fissarmi, l’idea quasi mi spaventava.

I miei pensieri furono interrotti proprio da quest’ultimo; una presa decisa ma allo stesso tempo gentile sul mio braccio mi fece voltare velocemente nella sua direzione, bacchetta sfoderata pronta per attaccare. Con il tempo avevo imparato ad essere pronta, preparata prima di tutto; se la guerra mi aveva insegnato qualcosa, quella era la prontezza di riflessi, troppe persone, miei cari, erano morti a causa di una scarsa velocità e io non volevo più subire quei traumi.

Mentre una mano gentile si posava sulla mia, stretta a pugno sull’impugnatura della bacchetta, l’altra andava a posarsi sul petto del suo proprietario. Severus si stava accertando che io capissi chi fosse, cercava di dimostrarmi che non mi avrebbe fatto alcun male, le sue intenzioni erano ben diverse. Nei suoi occhi che brillavano di nero, potevo vedere una luce differente dal solito, erano colmi un sentimento che mai si era permesso di esprimere davanti a me, forse nemmeno a se stesso.
“Balla con me”.
“Prego?”
Con la bacchetta ormai segregata sotto il vestito, l’uomo si arrischiato ad era avvicinarsi, una mano tesa nella mia direzione, palmo aperto verso l’alto in attesa di essere accolta. Avevo capito fin troppo bene la domanda che quell’uomo mi aveva fatto ma dentro di me, in ogni fibra del mio corpo, sembrava non esserci più un briciolo di ragione, un semplice ragionamento mi sembrava mi sembrava una montagna infinita da scalare.

Il silenzio che in quel momento ci circondava era devastante, la festa sembrava lontana anni luce da noi e io mi sentivo fuori posti in quel corridoio desolato, nuda davanti ai suoi occhi che anche se carichi di un bagliore strano, apparivano sinceri.
Accettai quell’invito insolito e mentre le nostre mani si univano, i nostri corpi si avvicinavano, quel contatto così intimo e privato, quel contatto che agli occhi degli altri sarebbe stato sbagliato, mi provocò una sensazione di pace, di sicurezza, di protezione.
Il nostro ondeggiare lieve era un balsamo per i miei nervi; il corpo ora vigoroso dell’uomo che mi teneva stretta mi mandò in estasi, avevo per così tanto agognato quel momento, sperato che un giorno lui potesse accorgersi di me e mi considerasse oltre una semplice grifondoro studiosa.
“Forse c’è qualcosa che si dovrebbe dire in situazioni come questa ma io non so..”
“Hermione Granger senza parole? Quale fatto fortuito”.
“Tu.. balli bene”.
“Lo so”.
“Presuntuoso”.
“Insolente”.
“Arrogante”.
“Fastidiosa”.
“Serpeverde”.
“Questo è un complimento, Granger”.
“Vedi, anche tu hai dei lati di cui ti puoi vantare”.

Non volevo che quel battibecco tra noi terminasse, non volevo che quel lento ondeggiare si concludesse, non volevo lasciarlo andare ancora una volta.
“Non ho bisogno di essere lodato”.
“Non ti stavo..”
“Fai silenzio, Granger. non voglio essere lodato perché non ho fatto nulla per meritarmi la tua ammirazione. Durante la guerra, le azioni che ho compiuto, le avrebbe fatte chiunque se si fosse trovato nella mia posizione..”
“Non tutti sono capaci di amare una donna per così tanto tempo e difenderne il figlio per altrettanto”.
“.. SILENTE mi ha scelto e io ho portato a termine in mio lavoro senza esitazioni. Ho solo svolto gli ordini”.
“Hai sacrificato la tua vita per salvare il mondo magico. Sfido chiunque a fare la stessa cosa”.
“Granger, come al solito tu non capisci che..”
“No Severus, io capisco benissimo. Non ti vuoi attribuire dei nobili comportamenti e mi sta bene ma non puoi pretendere che il resto del mondo magico si prostri alle tue volontà. Hanno riconosciuto il tuo valore, ci hanno messo del tempo ma l’hanno fatto, ora vai in Sala Grande e ritira l’onorificenza che ti spetta”.

L’avevo interrotto per la seconda volta, sapevo che presto mi avrebbe piantato lì e abbandonato mandandomi al diavolo. Infondo, io l’avrei fatto; non mi capacitavo delle mie parole, non sapevo dove avevo trovato le forze per dirgliele in faccia quelle verità che mi premevano dentro e che lui non voleva ascoltare.
E ora mi ritrovavo davanti a Piton, con il respiro mozzato, le guance arrossate e le mani tremanti, quelle stesse mani che solo in quel momento mi resi conto, Severus non aveva mai lasciato. Non mi lasciò fuggire una seconda volta, non mi permise nemmeno di pensare a nient’altro perché nel momento in cui avevo smesso di parlare, lui mi baciò. Chinato su di me, senza remore, senza ripensamenti, con l’esperienza che solo lui poteva permettersi, Severus Piton mi aveva trafitto il cuore, servito su un piatto d’argento e ne aveva cibato privo di imbarazzo.


*


“Quanto durò?”
“Non lo so tesoro, non avevo un orologio con me”.
“Che schifo. Potreste parlare di queste cose da un’altra parte?”
“Parlare di cosa?”
“Oh Severus, finalmente sei tornato. Eileen voleva giusto ascoltare la tua versione dei fatti”.
“IO NO!”
“Hermione mi puoi spiegare che cosa dovrei raccontare a Eileen?”
“Papà Eileen ha ascoltato la storia di quando tu e la mamma vi siete baciati centinaia di volte. Ora tocca a me! Mi avevi promesso!”
“Promesso cosa Severus?”
“Avevo detto ad Adam che, se fossi ritornato presto, gli avrei raccontato di quando ho incrociato il mio cammino con quello di un lupo mannaro”.
“Severus!”
“Che c’è? A Lupin non sarebbe dispiaciuto”.

La serata passa troppo in fretta tra un urletto di Eileen e l’eccitazione per il racconto del padre da parte di Adam, quel bambino assomiglia fin troppo al padre.
È ancora presto quando Severus rimbocca le coperte di entrambi e si distende accanto a me sul divano, la testa a ciondoloni, gli occhi pesanti e il sonno ormai alle porte.
“Quante volte ancora Eileen vorrà ascoltare quella storia?”
“Non lo so, ma finché vorrà, io gliela racconterò. E poi a me piace, a te no?”
“Sentirti parlare di quando ti ho zittita? Si, mi diverte molto”.
“Non mi hai zittita”.
“Lo faccio sempre”.
“Non so di cosa..”.
Il bacio arrivò veloce come era stato richiesto, Severus non si smentiva mai.
Eravamo sposati da sei anni, due bambini piccoli che crescevano troppo intelligenti e lui oltre ogni mia comprensione logica, mi amava dal primo istante in cui lo avevo ripreso. Forse Severus non era il compagno che il mondo magico voleva per me, forse non è stato sempre un uomo perfetto ma con qualche scheletro nell’armadio, un peso che entrambi potevamo condividere.
“Ti amo”.
“Lo so”.
A dispetto di tutto, noi ci bastavamo. Io avevo bisogno di lui e lui aveva bisogno di me, null’altro contava in quella vorticosa storia che prendeva il nome di vita.




 

NDA: Ciao a tutti! 
Questo è il capitolo conclusivo della storia. Anche se breve spero vi sia piaciuta, insomma adoro la coppia Hermione/Severus e spero di avervelo fatto capire e piacere anche a voi!
Mi aspetto tante recensioni, negative o positive, non è importante, basta che mi facciate sapere cosa ne pensate.
A presto con una nuova storia e intanto.. BUONA LETTURA!

XOXO_Fangirl_XOXO

   
 
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