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Autore: michi TheRose    23/09/2016    1 recensioni
Il mondo è giunto alla fine, mio padre, Trigon, ha seminato morte e distruzione. I miei amici, i titani della città, sono stati sconfitti, gli unici che avrebbero potuto sconfiggerlo giacciono svenuti a terra. Ora mio padre è davanti a me, sono i miei ultimi attimi prima della mia fine e proprio ora rimembro l'inizio di tutto, rimembro come sono giunta qui, come ho conosciuto i Titans e come sono diventata una di loro... Ora che anche per me è la fine, torno all'inizio di tutto per perire con il ricordo di ognuno di voi che siete stati la mia famiglia: Robin, Cyborg, Starfire, Beast Boy... (accenni di BBRae)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raven, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio nel bel mezzo della notte, riposata e rilassata, stranamente l’episodio non mi ha turbato nemmeno un po’, forse rivedere quegli occhi nocciola riaprirsi è stato così piacevole che ha cancellato ogni cosa.
Guardo il congegno che mi ha lasciato Cyborg, non potevo non accettarlo dopo quello che è successo, dopo che non sono stata capace di impedire tutto quel trambusto.

“Raven!” una voce sussurra nella testa il mio nome ed io non posso che trasalire nel riconoscerlo, il sussulto al cuore è tale che il congegno di Cy mi cade dalle mani;
“Che cosa vuoi?” gli chiedo, ricostruendo immediatamente il mio argine di impassibilità;
“solo, fare quattro chiacchiere con la mia figlioletta!”;
le sue parole sono accompagnate da scosse di mal di testa, così forti che mi annebbiano la vista, mi provocano un formicolio alle mani e ai piedi oltre alle vertigini.
“TU! LASCIAMI IN PACE!” gli ordino a gran voce;
“Non puoi rifuggire a ciò che sei! Non c’è bene che rimedi al tuo male! Non riuscirai a purificare la malvagità che vive in te! Guarda in faccia la realtà, Rachel, tu sei come me! Sei sempre la piccola bambina di tuo padre! Uno scrigno di meschinità e scelleratezze!”;
“sta zitto!”;
“non ti rendi nemmeno conto del tuo egoismo! Stai trascinando scientemente dei giovani nell’oblio, perfettamente consapevole che le tenebre, alberganti la tua anima, l’abisso infernale delle emozioni dentro di te, saranno la loro tomba! Tutti coloro che cerchi così disperatamente di proteggere finiscono col soffrire. Tu sei la causa del loro penare ed in fondo tu sai che non puoi che fare del male!”;
“BASTA!” urla rabbia al posto mio e quattro occhi spuntano sulla mia fronte;
“Oh! Si! Gli stessi occhi di tuo padre! Da quanto tempo non te li vedevo in viso! Tinti del sangue di chi è più debole, infiammati del fuoco di chi è più forte! Come quelli dei demoni purosangue!”;
“SPARISCI!” urlo ed il mio potere lo reprime immediatamente.
Non appena la sua voce scompare dalla mia testa, mi spoglio e rimango in canottiera e pantaloni, indosso il mantello Azarathiano di Arella, anche se il bianco non è il mio colore, mi fa sentire protetta da lei e dagli altri monaci.
M’incappuccio il viso, oscurandolo fin appena sopra le labbra.
Il tessuto morbido sulla pelle mi riporta alla mente molti ricordi, concilia la quiete al mio mantra.
Prendo a fluttuare in aria a gambe incrociate e palpebre chiuse, mi sforzo di meditare, ristabilendo le limitazioni al suo potere, imprigionandolo. 


Dopo una mezzoretta di meditazione vengo interrotta da qualcosa che mi tocca la coscia. 
Strizzo gli occhi, seccata dall’interruzione e né apro uno per guardare cosa sia.
Noto un camaleonte verde che passeggia beatamente sulla mia gamba.
“Broccolo! Cosa ci fai qui?” chiedo con nervosismo nella voce, ma gelidezza negli occhi;
Il camaleonte avvolge se stesso nella coda e trema un poco nel guardarmi dal basso, dalla sua reazione alla mia voce sdoppiata capisco che deve andarsene, subito! O saranno guai seri!
Se la sola presenza di un vivente di fianco a me aizza il mio lato demoniaco a palesarsi significa che devo meditare per parecchio più tempo.
Devo liberarmi di lui e anche alla svelta, non voglio avere il dispiacere di un'altra visitina telepatica di mio padre.
“Vattene!”;
il mio imperativo suona fortemente irritato nel suo essere ben scandito.
Il camaleonte salta giù e si trasforma nel mutaforma verde.
“Ti ho già detto di non chiamarmi così! Per gli amici sono BB, se t’interessa!” mi comunica offeso;
“No! Non m’interessa! Va via! Devo meditare!”;
chiudo gli occhi e provo a concentrarmi, ma la sua voce mi distrae nuovamente.
“Perché?”;
“Perché se no ti uccido!” rispondo con calma;
“Ha! Ha! Ha! La tua ironia non fa ridere nessuno!”;
“quale ironia?!” gli chiedo aprendo un occhio solo, anche se lui non può vederlo.
Il ragazzo verde alza un sopracciglio non troppo convinto che dica la verità, ma decide di sorvolare, mette i pugni sui fianchi e guarda in basso pensoso riguardo un altro possibile approccio mentre io richiudo entrambe le palpebre.
“Perché non ti lasci aiutare?” mi chiede, ma io rimango in silenzio, forse perché non voglio affrontare l’argomento con lui, forse perché se rimango muta se ne andrà via da me, fuori dalla caverna, fuori pericolo.
“Perché non ci permetti di vedere il tuo volto? Perché ci aiuti? E perché scappi sempre? Che cosa nascondi? Che c’è scritto su quella pagina? Che c’è scritto in quel dannatissimo libro? Perché ci tieni così tanto? E soprattutto… cos’era quella cosa? Cos’eri diventata? Che ti ha preso? O… meglio… ehm, che cosa c’è dentro di te che ti fa….?> si ferma, notando che non mi sono mossa di un millimetro, ma ho continuato a fluttuare.
Si sente ignorato, in realtà lo sto ascoltando attentamente e ogni risposta che mi tengo dentro è come un peso in più che mi grava sulle membra, addirittura il mio volo ne risente, levito a pelo dal terreno.
Una fitta di mal di testa mi colpisce d’improvviso il lobo sinistro del cervello.
Emetto un lieve lamento, anche se dentro sto urlando…
Sento lo scossone di dolenza ramificarsi istantaneamente lungo tutta la corteccia celebrale, il collo, la spalla sinistra, la schiena alta, si espande lentamente, come avessi della corrente elettrica sotto pelle. La fitta raggiunge la guancia, tutta la bocca, l’occhio, che prende a lacrimare, nel frattempo il dolore raggiunge tutto il braccio fino alla punta delle dita, mi sembra quasi che le unghie della mano sinistra si stiano staccando.
Cado a terra e mi metto in ginocchio.
Mi ripiego in avanti, spinta da un’altra scossa che va più in profondità, dentro il corpo, tra le ossa.
Gemo uno sfogo tra i denti…
Stringo le palpebre, mi sforzo di non aprire gli occhi....
Sto tremando terribilmente…
“Raven!” mi chiama il verde;
“beast boy, va…”;
non riesco a finire la frase che vengo interrotta…
Una risata sinistra raggiunge il mio udito dall’interno della mia testa…
riconosco la sua voce…
è qui!…
nei meandri della mia mente…
La mia pelle si riveste di brividi, quella risata torva e insana mi penetra fin nel cuore, mi duole nella testa, mi terrifica nell’anima.
Porto le mani alla testa…
“Raven? Che ti succede?” chiede la voce allarmata del verdolino;
Delle mani calde e gentili si poggiano sulle mie spalle, dolcemente. Inaspettatamente, invece che causarmi altro dolore, mi danno un sollievo immediato sulla spalla e sulla schiena, riesco così a raddrizzarmi, benché a fatica.
“No…” sussurra la voce nella mia testa; “inchinati a me!” ordina;
Mi accascio sulla spalla di BB, tremante, in cerca della cura al mio male in lui.
Poggio la testa nell’incavo del suo collo, incapace di reggerne ancora il peso, triplicatosi.
Il verde immediatamente mi passa una mano sulla testa, carezzandomi la tempia sinistra attraverso il cappuccio, donandomi una guarigione quasi subitanea, mentre anche il dolore lungo il corpo scema lentamente, ora che la sua origine è stata sedata dalle sue mani.
“Come hai…?” inavvertitamente esprimo parte del mio stupore ad alta voce:
“sta tranquilla! Ci sono qui io!” mi rassicura;
Mi accorgo che il mio volto ora è visibile, se lui abbassasse il capo potrebbe vedermi ed io non ho la forza di far nulla per impedirlo, ma non voglio che veda il mio aspetto.
L’abbaglio del demone…
Non deve vederlo nessuno…
È la bellezza che trae in inganno l’uomo, quella che lo porta al passo falso, a cadere nel tranello… non deve vederlo nessuno.
E soprattutto nessuno deve vedere che sono diversa, che non appartengo a questo mondo, voglio sforzarmi di sembrare una persona normale che aiuta la gente.
Il ragazzo verde si rende conto che il cappuccio ha indietreggiato dal mio volto e mi prende il mento tra il pollice e l’indice, sta per sollevarlo verso di se quando qualcosa lo blocca, un pensiero, una riflessione che posso sentire con chiarezza mentre si sviluppa nella sua testa, come un senso del dovere che si fa strada tra le mille domande, motivato solo dal dovere stesso, senza alcun fine ultimo se non quello di farmi del bene, di rispettarmi.
Quell’imperativo negativo predominante sulla sua curiosità, lo porta a poggiare di nuovo la mia testa sull’incavo del suo collo, mi avvolge la schiena con una mano e con l’altra mi copre il volto.
“Allora te lo ricordi il mio nome se vuoi!” esclama;
“… via!” mormoro;
“come?”;
“vattene via!”;
“ancora non l’hai capito?” chiede alzando il tono di voce alterato; “Sei cocciuta Rae! Non me ne vado! Smettila di dirmi cosa devo fare!”;
“sei tu che non capisci!”;
“cosa non capisco? Parla! Spiegamelo!” mi esorta esasperato;
“ti farò del male!”;
il verde sbuffa, “e sia!” afferma contrariato;
“adesso dimmi, per favore, che cosa ti è successo?” chiede;
In quel momento rabbia si muove dentro di me, è diversa, c’è Trigon a manovrarla nella mia testa, la peggiore delle corvine emozioni alle redini di mio padre, l’ira mi divorerà se non medito.
“Si… muove!” gli dico con uno sforzo nel trattenermi; 
“chi?”;
“quella cosa che hai visto!”;
“vuoi dire l’altra sera?” chiede ed io gli pianto le unghie in un braccio.
I miei occhi raddoppiano, si fanno incandescenti, il rancore mi divora, senza motivo, eppure sono furiosa.
“Devo meditare!” gli dico e lui non risponde allora gli do uno spintone. 
Lui mi guarda con quegli occhi verdi grandi e vagamente intimoriti oltre che dispiaciuti.
“…Corri!” esclamano tre voci dalla mia bocca, la mia che glielo chiede per vederlo salvo, le altre due sono Trigon e Rabbia che glielo ordinano per rendere la caccia più interessante.
Il verde si allontana strisciando sui gomiti, mi fissa ed io fisso lui, ma poi si ferma, mi guarda.
“No! Io resto!” afferma con grande coraggio;
Il fatto che non voglia lasciarmi sola m’innervosisce ulteriormente, ma per la prima volta non ho paura ad affrontare le tenebre della mia mente perché so che quel ragazzo verde, seppur così infantile, innocuo e ingenuo, sarà lì accanto a me.
“Azarath metrion zintos!” pronuncio la formula e torna immediatamente la calma, almeno al di fuori di me.
Riesco di nuovo a volare e medito nel silenzio assoluto.




Dopo ben tre ore mi sento rinascere, posso finalmente rilassare quella ruga al centro della fronte.
Prendo un profondo sospiro e apro gli occhi, poggio i piedi a terra e cerco il ragazzo verde nella grotta, ansioso di spiegazioni, ma non lo trovo da nessuna parte.
Me ne rimango lì in piedi, vagamente delusa di non vederlo qui a fissarmi con un sorriso accennato sulle labbra, da cui svicolerebbe sicuramente un dente acuminato più lungo degli altri.
Separo le acque della cascata con il mio potere e vi passo in mezzo, noto allora che nell’acqua sotto di me stia galleggiando a pancia in su il giovane dal colorito poco convenzionale.
Sembra sereno il suo riposo nell’acqua gelida, i suoi occhi chiusi comunicano la pace dei sensi, come la sua bocca leggermente piegata in un sorriso godurioso.
Svolazzo di fianco a lui e questo apre gli occhi per lo spostamento d’aria.
“AAAH!” si spaventa a vedermi, mi allontano immediatamente.
Va sotto più volte e ingoia acqua.
Alzo gli occhi al cielo e incrocio le braccia sul petto.
“BB sei anche metà pesce!” gli ricordo e in quel momento lui se ne rimembra e si trasforma in un pesciolino verde.
“Ci sei cascata!” scherza e ridacchia come un infante.
“Che ci fai qui?” gli chiedo seria e lui si ritrasforma, giungendo a riva e sedendosi su un masso;
“non mi piaceva l’idea di saperti sola! Gli altri… volevano che ti lasciassi i tuoi spazi, ma io…”;
“ma tu hai pensato bene di venire a ficcare il naso negli affari miei!” lo interrompo prima che possa intervenire per ammonirlo; “Ascoltami bene, sempreverde, perché te lo dirò una volta soltanto!... Sparisci!”;
Il verde incrocia le braccia sul petto.
La sua divisa ora è ancora più aderente al corpo atletico e slanciato, al di sopra di esso i suoi capelli arruffati e bagnati gli ricadono sulla fronte, incorniciando il suo sguardo verde brillante, quasi ipnotico e così sincero.
È davvero un bel giovane…
“Bla! Bla! Bla! Non mi fai paura! Ti ripeti sempre Rae!”;
gli do una sberla sulla nuca.
“Ahio! Ma che ho fatto?” si lamenta;
“Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così?”;
“ho pensato che fosse un nomignolo carino! Ti sta bene!” dice mettendomi una faccia da cucciolo bastonato, abbassando le orecchie appuntite e guardandomi fisso.
Sbuffo…
“Non hai pensato che magari qualcuno potesse seguirti?” gli chiedo;
“nessuno mi ha seguito!”;
“ne sei assolutamente sicuro?” chiedo ancora;
“sono un animale, sento gli odori anche a chilometri, carina!”;
“mmh!” esprimo la mia perplessità; 
Mi giro attorno, sposto l’attenzione a terra e sugli alberi.
Vago ancora con lo sguardo fino a incrociare gli occhioni del verdolino che mi guarda stranito.
“E lui chi è?” gli chiedo indicando un punto nell’ombra;
Beast boy si volta e scorge un uomo che corre via non appena lo individuo. 
Immediatamente una tigre verde parte all’inseguimento.
“Niger…corvus!” pronuncio la formula con estrema tranquillità e mi tramuto in un corvo dalle ali di fumo nero, mi confondo nella penombra della foresta e supero in volo la tigre fino all’individuo che si mostra agile nella fuga. 
Si crea ostacoli alle spalle, salta da un albero all’altro senza difficoltà, in un attimo riesce a seminare beast boy, bloccandolo sotto un grosso tronco, abbattuto con un pugno.
Anche lui non è di questo mondo, ne sono sicura, dopo questo.
Si ferma e torna indietro a rimirare lo spettacolo del suo avversario che si dimena sotto il peso del pino.
“ti ringrazio! Senza di te non l’avrei mai trovata!” gli dice, la sua voce sona canzonatoria e maligna.
Mi butto in picchiata alle sue spalle, precipito veloce come una meteora, mi schianto a terra e da un’esplosione di fumi neri che prolificano in grandezza ed egemonizzano il terreno intorno, prolungando in ogni direzione spire di nebbia ombrosa, emergo a braccia divaricate e dardi di pece tra le dita.
L’individuo si trova d’improvviso tra le mie grinfie, mentre cresco in altezza fino a superarlo. 
Lo osservo attentamente da sotto il mio cappuccio bianco: è quasi interamente vestito di nero, alto sul metro e novanta, ben piazzato, indossa una maschera interamente in bronzo con dei riquadri bianchi per gli occhi.
L’uomo indietreggia di pochi passi ed io frappongo una mano tra noi.
Il mio nemico si abbassa leggermente, pronto a schivare l’attacco frontale che si aspetta.
Ecco perché, grazie alla telecinesi, sollevo lentamente il tronco caduto sul ragazzo verde, che nel frattempo ha ripreso la sua forma umana.
Il soggetto non si avvede di nulla, continua a fissarmi in attesa.
Attiro verso di me il pino, colpendo il mio rivale alle spalle con il tronco.
Volo in alto per evitare il mio stesso attacco ed il tronco si schianta a gran velocità contro un altro albero più grosso, comprimendo il losco individuo.
Esso cade a terra in ginocchio.
Mi avvicino con lentezza e mi meraviglio per non udire alcun pensiero provenire da lui, nessun lamento…
nessuna fatica…
nessuna indignazione… niente.
Qualcosa non va in lui!
Il verdolino prende l’individuo per il collo e lo inchioda al tronco, tenendolo sollevato da terra.
“Chi sei tu?” chiede BB;
“O meglio…” intervengo io; “cosa sei?” chiedo, come correzione;
Il tizio mascherato rimane muto e si limita a dimenarsi animatamente.
BB decide allora di togliergli la maschera e rimane deluso nel trovarsi di fronte circuiti, fili, chip e quant’altro.
Il manichino robotico si spegne immediatamente, resettando ogni informazione, cancellando ogni contatto con la sede operativa.
“Un robot?” si chiede, Beast boy; “che vigliacco!”;
“in qualsiasi caso, io non posso più stare qui, dovrò andarmene!”;
“ah, io… mi dispiace!” si scusa ad orecchie basse il muta forma;
“le tue scuse non mi daranno un posto per dormire! Gira al largo, hai già fatto abbastanza!” dico dandogli le spalle e camminando verso la grotta;
“aspetta! Dove andrai?”;
“troverò un posto!”;
“perché non vieni da noi? Sarai al sicuro lì!” mi dice speranzoso
Io gli lancio un’occhiataccia con la coda dell’occhio.
“solo per la notte, dopo di che cercherai un altro posto, dove potrai stare sola soletta, come piace a te!” esclama, rizzando nuovamente le orecchiette e mettendo un sorriso da una parte all’altra del volto.
Alzo un sopracciglio, senza credere davvero che io stia prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi. 
Effettivamente non ho scelta, non posso restare qui, riceverei sicuramente una nuova visitina, magari del diretto interessato questa volta. 
Però non so nemmeno dove altro andare, è notte ormai ed io non posso lasciare che i miei libri, pergamene, intrugli magici e tutti i miei segreti vengano rubati.
“…Accetto! Solo una notte!” dico e vado a raccogliere le mie cose, seguita a ruota da un Beast boy euforico, incredulo, al settimo cielo per la felicità.
   
 
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