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Autore: Blue Drake    24/09/2016    1 recensioni
Isabeau, una scrittrice di racconti fantasy, riceve visite inattese – e non necessariamente gradite –. Che cosa mai vorranno da lei, questa volta? E perché proprio in quel momento, quando invece dovrebbe assolutamente portare a termine il suo lavoro, in fretta, prima che l'editore inizi a tramare vendetta contro di lei. Isabeau si augura solamente di non finire nuovamente nei guai, come già successe dodici anni prima; ma per come si stanno mettendo le cose, ci crede poco.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Quattro



Doveva averlo sorpreso di nuovo – per quanto non fosse sicura di come –: la stava fissando con un'espressione che pareva proprio sconvolta, anche se non ne comprendeva il motivo.

«Ho detto qualcosa di sbagliato?», pensò di informarsi Isabeau.

«Sì... Cioè, no», Arjentael tentennò, massaggiandosi le tempie doloranti con le dita sottili.

Quella donna: chi era realmente? Che cosa sapeva del loro mondo? E, soprattutto, come? Nessuno gli aveva mai parlato di esseri umani al corrente del loro mondo e di ciò che vi capitava; ma lei, Isabeau, sapeva, ne era sicuro. Chissà quanto a fondo arrivavano le sue conoscenze. Qualcun altro era al corrente dell'esistenza di Isabeau? E se sì, che cosa rappresentava, lei, per loro? Troppe domande per la mente confusa e in subbuglio di Arjentael. Troppe domande e troppo difficili. Avrebbe mai saputo dare una risposta a qualcuna di esse? Francamente, ne dubitava. Se qualche demone sapeva e non aveva mai ritenuto opportuno informarne la collettività, evidentemente c'erano dei validi motivi che lo spingevano al silenzio. Già, ma quali?

«Ary».

La voce, dubbiosa e forse vagamente impensierita, di Isabeau lo distrasse dai propri pensieri.

«Sì», rispose, incerto.

«Va tutto bene?», si azzardò a chiedere lei.

Arjentael si trattenne dal riderle in faccia unicamente per una pura questione di rispetto. Al tempo stesso si chiese, per la prima volta da che era comparso a casa della donna, se non sarebbe stato più semplice entrare nella sua mente e cercare personalmente le risposte di cui aveva bisogno. E poi, quando l'idea fu abbastanza a fuoco dentro di lui, sgranò gli occhi inorridito perché: no, quella sarebbe stata solo un'orribile violazione dei pensieri di una creatura che – lo sapeva bene – non avrebbe potuto difendersi in alcun modo, non da lui.

«Lo vorrei, non immagini quanto. Ma no, non va tutto bene», soffiò infine, corrucciato e pensieroso.

«Che cosa, di ciò che ho detto, ti ha turbato tanto?», volle capire Isabeau.

La osservò, scrutò attentamente i suoi occhi verdi, fermandosi in superficie: vide solo il riflesso di sé stesso e della sua confusione che doveva aver contagiato anche lei.

«Il nome di quel demone», si decise a spiegare. «Fino a un momento prima non avevo ancora la certezza che tu sapessi davvero. Ma ora... Ora non posso più fingere», ammise, sospirando.

Isabeau aggrottò le sopracciglia. «Tu conosci Zaynar? Sai se sta bene?», non poté evitarsi di chiedere, suo malgrado preoccupata.

«Sì, so di chi si tratta. La domanda è: tu lo sai?», rilanciò Arjentael.

Lei serrò la mascella, seccata, e lo fulminò con un'occhiata niente affatto conciliante. Poi sbuffò e si risolse a rispondere, nella speranza che, così facendo, avrebbe a sua volta trovato una risposta alla propria domanda.

«È il compagno di un demone grigio di nome Lothyan. Da ciò che rammento, solevano viaggiare sempre in coppia. Zay sembrava essersi preso la responsabilità di guardargli le spalle, durante le loro avventure. Fu Lothyan stesso, dodici anni fa, a chiedere a Zaynar di venire da me – probabilmente per controllare che non combinassi pasticci, ci scommetto –», aggiunse petulante e sarcastica.

Quando però tornò a guardare il suo ospite, aspettandosi di ottenere a sua volta qualche tipo di chiarificazione, trovò invece che Arjentael si era alzato in piedi e non la stava nemmeno guardando. Per un momento ne fu indispettita, ma quel sentimento fu di breve durata, sostituito dapprima da disorientamento e in seguito da timore. No, lui non la stava guardando, aveva invece gli occhi blu fissi ai propri piedi e le mani serrate a pugno tremavano, come del resto il suo corpo longilineo.

Isabeau, onestamente, non capiva; non le sembrava d'aver pronunciato parole potenzialmente offensive. Ciò nonostante il demone, che fino ad un momento prima le era parso una creatura tanto gentile, ora sembrava esercitare uno sforzo superiore alle proprie energie per trattenere quella che appariva, a tutti gli effetti, rabbia.

Non sapeva come comportarsi. Avrebbe voluto provare a chiarire con lui; in fondo, demone o no, le era parsa una creatura piuttosto ragionevole e disposta al dialogo. Si stava però chiedendo se quella davanti a lei fosse la stessa creatura che l'aveva pazientemente osservata fuori della sua finestra; a guardarlo in quel momento, non sembrava proprio.

«Ary», si arrischiò, in un lieve sussurro.

Il demone sollevò finalmente lo sguardo, ma sarebbe stato di gran lunga preferibile se non lo avesse fatto: degli occhi curiosi e un po' timidi che le erano apparsi fino a quel momento non era rimasto che il colore; c'era, in fondo ad essi, un'ombra di dolore, confusione e rabbia ad oscurarne la luce.

«Che cos'è successo? Non capisco», riprovò Isabeau, nella speranza di giungere al di là di quell'ombra.

Lei era, però, solo un essere umano, con qualche debole percezione psichica di un mondo che non le apparteneva, e non era abbastanza forte per riuscire a contrastare un demone, in particolare quel demone.

Non lo vide neppure muoversi: un attimo prima era davanti alla poltrona rossa, l'attimo successivo le si parava di fronte, tremando di qualcosa che non era affatto paura, ma un'emozione ben peggiore. E poi, dal nulla, comparve una sottile lancia che il demone puntò diritta al collo di Isabeau.

«Chi sei tu? Che cosa sei?!», ringhiò Arjentael.

Seppur spaventata, Isabeau scosse la testa, soprattutto confusa.

«Dimmelo!», ordinò il demone in tono aspro.

La mano che reggeva la lancia tremò violentemente e la punta sfiorò appena la pelle candida del collo di Isabeau, graffiandola impercettibilmente. Lei quasi non se ne avvide, nondimeno un istante dopo una grossa nuvola di pero nero come la notte si scagliò contro il demone blu, spedendolo brutalmente contro la parete opposta in un confuso nugolo di artigli affilati e vesti blu a brandelli.







   
 
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