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Autore: DryJ    25/09/2016    1 recensioni
La Francia, era questa la meta, tutto quello che i pochi soldi racimolati con fatica dal padre avevano permesso loro di scegliere. Ed ora quella terra, nuova e sconosciuta a cui si erano preparate per mesi per apprenderne la lingua, le stava attendendo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donna Barrat, Etienne de Sancerre, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Isabeau de Montmayeur, Nuovo personaggio | Coppie: Etienne/Donna, Ian/Isabeau
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I CAPITOLO

 

Regione: Piccardia-Artois
Feudo dei Montmayeur, Châtel-Argent
Francia Nord-Occidentale
Venerdì 28 Dicembre, anno 1235
Ora prima

 

Marc si era destato presto quel giorno, cullato da quel pacifico silenzio che avvolgeva l'interno borgo.
Il canto dei galli però non si fece attendere molto, partendo dalla piccola corte per poi raggiungere e svegliare una gran parte della servitù di Châtel-Argent.
Aprì le pesanti imposte della finestra per guardare quel meraviglioso paesaggio invernale. La neve era ovunque e tingeva di bianco ogni cosa, le mura di cinta, le piccole case al di sotto dell'alta corte, le botteghe, gli alberi. Lasciava decisamente senza fiato.
Una folata di vento gelido lo percorse, insinuandosi fin dentro le ossa e facendolo rabbrividire.
Posò le mani sulla pietra del cornicione osservando il dileguarsi delle tenebre e il sorgere del sole, ammirandone i colori che lentamente tingevano il cielo di calde sfumature rosse, arancioni e gialle, inaugurando così un nuovo mattino.
Quanto gli era mancato quel luogo. Aveva fatto ritorno a casa solo poche ore prima dopo due lunghi anni passati nella capitale francese accanto al re, per ultimare l'apprendistato e per motivi puramente politici. Tuttavia aveva detestato il caos della capitale, così affollata e chiassosa, ma ora era finalmente a casa sua.
Quel giorno avrebbe avuto pochi compiti da eseguire e il restante tempo libero a sua disposizione lo avrebbe dedicato ai famigliari, al lungo racconto di quei due anni come cavaliere del re e a se stesso. Soprattutto a se stesso.
Rimase a fissare quelle immense distese immergendosi mentalmente in quel candore, così tanto da perdere la cognizione del tempo.
L'irruzione di un paggio lo riportò presente a se stesso facendolo trasalire. Il giovane servo arrossì mortificato, convinto di aver disturbato chissà quali pensieri << Mio signore il vostro bagno ed i vostri vestiti sono pronti se volete seguirmi >>.
Di tutta risposta Marc gli fece un cenno con la testa staccandosi dal cornicione.
Si fece lavare allargando e lasciando penzolare le braccia al di fuori della grande tinozza di rame. Intanto avevano fatto il loro ingresso altri paggi portando con se tutto il necessario per la preparazione del proprio signore.
Terminato il bagno si vestì da solo congedando i servi, "devono essere nuovi, non li ho mai visti prima d'ora" pensò lui mentre terminava di allacciarsi la cintura.
Uscì dalla stanza entrando così nel corridoio, scese le scale di pietra che lo portarono al grande salone. Si era preparato in anticipo per recarsi alla prima messa ma prima desiderava salutare la sua adorata famiglia, e con passi sicuri si recò verso il portone.
Li ad attenderlo vi erano sua madre, Donna e Noelle De Sancerre, queste ultime lo salutarono con gioia.
<< Figlio adorato!>> esordì Isabeau voltandosi per incrociare il cammino del giovane. Era bella come sempre, nonostante alcuni piccoli segni del tempo erano comparsi qua e là ai lati dei suoi occhi. Lo abbracciò con forza e calore, dandogli il ben tornato con tutto l'amore di cui disponeva.
<< Madre- rispose il giovane chinandosi per stringere a sua volta la donna tra le braccia- sono davvero felice di rivedervi >> si staccò leggermente per permettere alla madre di guardarlo e accarezzarlo dolcemente con commozione.
<< Hai lasciato che nostra madre s'impensierisse attendendo le tue rare missive, fratello! >> disse Michel, simulando un rimprovero alquanto mal riuscito poiché lo tradì il suo stesso sorriso.
Isabeau si fece da parte permettendo così al giovane di andare a stringere forte suo fratello.
<< Non passerà giorno in cui rimpiangerò la tua dannata precisione! >> fece eco Marc dando al fratello una sonora pacca sulla spalla. Il suo sguardo però corse alla ricerca di suo padre.
<< E’ già andato- disse la madre anticipando così ogni sua domanda- i Sancerre sono giunti poco dopo di te e hanno avuto giusto il tempo di posare i loro averi >>.
<< E per quale motivo monsieur De Sancerre e suo figlio sono andati prima di tutti? >> chiese Marc pensieroso.
<< Il conte premeva tanto per parlare di affari con tuo padre e lui non ha saputo rifiutare l'invito, di conseguenza ci ha anticipati per poter parlare da solo con loro. Ah, non prendere il loro mancato saluto come un'offesa- aggiunse la donna- sapevano che saresti rientrato a tarda notte, stanco e provato dal viaggio, quindi hanno preferito non disturbarti e lasciare i convenevoli per quando saresti stato più fresco >> concluse lei posando una mano sul braccio del ragazzo e sorridendogli con dolcezza.

***

Una volta terminata la messa, nel cortile vicino all'arena che le guardie usavano per allenarsi, i due amici si rincontrarono salutandosi vigorosamente, entrambi felici di essersi ritrovati.
Il giovane Sancerre, ormai quasi del tutto identico a suo padre, aveva sorpreso non poco il giovane falco confessandogli la sua profonda ammirazione e la mancanza che aveva provato durante la sua assenza. Sentire Nicolas parlare di sentimenti in quel modo così apparentemente diretto fece sorridere il giovane soprattutto notando che, con la crescita, aveva ereditato anche il carattere focoso di Etienne, i suoi occhi brillavano e l'emozione trapelava dalla sua voce.
I giovani furono raggiunti poi dai due conti, Sancerre salutò Marc con lo stesso ardore di sempre per poi lasciare posto ad Ian.
<< Marc, sono felice di vederti >>.
<< Anche io padre >> rispose il giovane.
<< In questi due anni sei mancato molto a tutti noi- ribatté il Falco, spostando lo sguardo dal figlio all'imponente ingresso del castello ancora in lontananza- nonostante la mancanza sono stato più che fiero di immaginarti accanto al re di Francia- sorrise apertamente- ma lasciati dare un'occhiata, ancora poco e mi supererai in altezza! >> concluse il conte dando poi al figlio un forte abbraccio. Visti così erano quasi impossibile distinguere quale fosse il padre e quale fosse il figlio.
Marc godette appieno di quell'abbraccio, suo padre era fiero di lui e questo non poteva non renderlo visibilmente emozionato.
Si sciolsero dall'abbraccio, Ian continuava a sorridergli felice e divertito nel vedere come il ragazzo veniva coccolato dai saluti amorevoli e ammirati della piccola popolazione che risiedeva all'interno delle mura e che ancora quel giorno non aveva avuto il piacere di incontrare il piccolo Falco.
La gente si aspettava tanto da lui, era l'erede dell'adorato Jean Marc De Ponthieu e la nuova vicinanza con il re aveva inciso in lui una nuova austerità e, talvolta, un pizzico di sfacciataggine in più camuffata però dalla virtuosa modestia con la quale i genitori l'avevano forgiato durante la crescita.
Il giovane era sorpreso da quelle attenzioni ma non poté fare a meno di sentirsi compiaciuto. Quella gente lo salutava quasi come faceva con suo padre, quando tornava trionfante dopo una missione importante o dopo una lunga lontananza da Châtel-Argent. Avrebbe forse mai raggiunto la sua gloria?
Avrebbe mai eguagliato l'onore e la grandezza di suo padre?
Queste domande non lo abbandonavano mai, era difficile convivere con la consapevolezza di avere un padre come lui. Certo, ciò che aveva fatto durante il tempo trascorso a Parigi l'aveva reso glorioso donando ulteriore prestigio al suo casato. Aveva potuto conoscere altri giovani come lui e stringere rapporti per eventuali alleanze future, ma questo bastava per farlo sentire all'altezza del grande Falco d'Argento?
Questo ancora non lo sapeva, ma era certo che gli anni e l'esperienza l'avrebbero forgiato fino a farlo diventare un uomo di valore.
Giunti all'interno del castello i loro sensi vennero conquistati totalmente dal profumo della ricca colazione che troneggiava sul grande tavolo imbandito a dovere nella grande sala.
 

Da qualche parte nel feudo dei Montmayeur
Venerdì 28 Dicembre
Ora nona

Sèlene guardava l'immensa distesa bianca che si stendeva a perdita d'occhio davanti a lei. Pensierosa, si era arrampicata sopra l'albero che aveva ritenuto più stabile per avere miglior visibilità e ora stava in piedi sopra alcuni rami per poter scrutare al meglio la strada da percorrere.
La neve alta aveva coperto quasi del tutto la via principale ma se si fossero sbrigate sarebbero arrivate prima del coprifuoco, evitando la bufera e la chiusura dei portoni esterni facenti parte della prima cinta muraria << Coraggio siamo quasi arrivate, il borgo non dovrebbe distare poi così molto da qui >> disse lei ad alta voce per farsi sentire dalla sorella che si trovava al di sotto.
<< Non ti credo! Avevi detto la stessa cosa ieri mattina e io non mi sento più i piedi >> aveva brontolato Cassandra alzando la testa per guardare in alto. Ormai si trascinava del tutto priva di forze dietro la sorella che però, a differenza sua, non sembrava avvertire la stanchezza o i morsi della fame e procedeva a passo svelto pur di non passare un'altra notte all'addiaccio. << Smettila di lamentarti ormai manca davvero poco >> le rispose Sèlene scendendo dalla sua precaria postazione con incredibile agilità e rimettendosi il bagaglio sulla spalla.
Camminavano da giorni in quella terra sconosciuta senza vedere una sola anima per miglia e ora quell'immenso castello che scorgevano in lontananza riaccese nei loro cuori la speranza di poter dormire al caldo e con la pancia piena.
"Già il cibo, come faremo? Non abbiamo il becco di un quattrino, né per quello né per pagare un posto dove dormire" pensò sconsolata Sèlene.
<< Non temere qualcosa ci inventeremo ne sono sicura >> la voce di Cassandra la riscosse dai suoi pensieri, la giovane aveva intuito le preoccupazione dell'altra e cercava di confortarla come meglio poteva.
Si sorrisero e ripresero il cammino, decidendo di costeggiare la strada per evitare di esporsi troppo ad eventuali pericoli.
Le ore passavano lente così come il loro passo, la stanchezza era evidente in entrambe adesso.
Un rumore sordo, diverso dagli altri le fece sobbalzare, non erano i soliti animali, era qualcosa più pericoloso, si voltarono alla ricerca della fonte senza però scorgere niente. Sèlene afferrò la mano di Cassandra stringendola forte, accelerarono il passo. "Non può essere, non possono averci già raggiunte" pensò lei turbata.
I rumori si fecero più frequenti e vicini, prima dietro di loro, poi ai loro lati, sembravano circondate nuovamente.
<< Non guardarli, qualunque cosa accada non voltarti per nessuna ragione al mondo siamo intesi? >> aveva sussurrato la giovane alla sorella più piccola.
Cassandra dal canto suo aveva annuito senza trovare il coraggio di parlare. Ancora una volta stavano scappando, ancora una volta braccate come bestie, quell'incubo non voleva abbandonarle ma voleva trascinarle nelle tenebre insieme a lui.
Un sibilo arrivò preciso alla gamba della piccola Cassandra che con un grido di dolore cadde riversa a terra annaspando nella neve, l'improvviso contatto con il freddo infierì su di lei come se mille aghi le ferissero il viso.
Sèlene si sentì morire, la raggiunse alzandole gonna e sotto gonna per controllare, aveva un lungo taglio nello stinco. La neve intorno alla ferita si tinse di rosso rapidamente. Volevano giocare con le loro prede e ucciderle lentamente. "Bastardi" pensò Sèlene a denti stretti, aiutò la sorella ad alzarsi << Riesci a camminare ancora per un po'? Le mura non sono lontane >> le disse quasi supplicandola di resistere ancora, Cassandra confermò di potercela fare guardandola negli occhi con decisione e così ripresero la loro corsa.
Le mura distavano ormai davvero poco ma dietro le loro spalle si proiettava uno spettacolo terribile: le due ragazze in testa con l'incombente minaccia di cinque uomini disposti a piramide che cavalcavano rabbiosi verso di loro accorciando le distanze, i cavalli schiumavano per la fatica, i respiri ansanti delle giovani formavano nuvole irregolari nell'aria, i cuori in gola.
Correvano, correvano con disperazione, le gambe dolevano, la ferita di Cassandra lasciava chiazze sulle neve e le strappava lamenti a intervalli regolari.
Qualcosa saettò sopra la testa di quest'ultima è colpì il braccio sinistro di Sèlene, lei non emise un suono e continuò a correre.
Le mura, così imponenti si stagliarono davanti alla ragazze, con sollievo entrambe videro che i portoni erano ancora aperti e vi si lanciarono dentro senza fermarsi nemmeno ai richiami delle guardie. Continuarono a correre evitando le botteghe, le persone e le bancarelle, non sentivano nulla se non i loro respiri e il battito del cuore che martellava nelle orecchie.
Si voltarono indietro solo dopo aver raggiunto uno spiazzo in quella che, a giudicare dalla differenza delle strutture, doveva essere l'alta corte, non videro i loro aguzzini, avevano evitato di seguirle all'interno. Lentamente smisero di correre e si accasciarono a terra tossendo con forza per il grande sforzo.
La gente le guardava con timore, sedute per terra, con gli abiti logori, insanguinate, sporche e provate, ma questo a loro non interessava, erano salve per un pelo.
Ansimavano con la bocca aperta e inspiravano a pieni polmoni quell'aria fredda e densa. Le teste pesanti e doloranti, le ferite bruciavano, i muscoli tremavano, la fame chiamava. Sèlene ritornò presente a se stessa dopo attimi interminabili, si voltò per guardarsi intorno notando che si era formata una piccola folla curiosa di gente del posto riunitasi davanti a loro due.
Odiava quella sensazione, odiava essere osservata con così tanta insistenza da persone che non facevano altro che giudicarla senza scrupoli. Con dolore si mise in piedi trascinando con se Cassandra quasi priva di sensi. << Dobbiamo cercare un posto appartato dove riposare, qui non possiamo stare, coraggio andiamo >> sussurrò dolcemente la ragazza alla sorellina mentre le sistemava il cappuccio sul viso.
Diedero una prima occhiata in giro, alla ricerca di un posto riparato e distante da tutti quegli occhi, la folla si aprì al loro passaggio vedendole avvicinarsi, a bassa voce mormoravano sommessamente cose a loro incomprensibili seguendole con lo sguardo.
Si aggirarono per le piccole strade, guardinghe cercavano di non attirare l'attenzione, ma lì dentro tutti conoscevano tutti, loro erano delle straniere e questo lo si capiva con poco sforzo dato che giravano alla cieca ormai da parecchi minuti.
Trovarono un piccolo fienile, lo raggirarono entrando così in una via deserta, stretta a tal punto che un uomo poteva passarci solo camminando di lato.
Si acquattarono lì, coperte e protette dal retro di altre botteghe. Cassandra si adagiò esausta crollando addormentata quasi subito. Sèlene invece, rimaneva vigile a fare la guardia e, nascosta, cercava di avvistare un venditore distratto da avvicinare e derubare per poter mettere qualcosa sotto i denti. Ma presto il suo occhio infallibile fu attirato da un'anziana donnina che, con passo traballante, continuava ad andare avanti e indietro per la stessa via e fermandosi sempre davanti alla stessa bancarella chiedeva sempre allo stesso venditore le stesse identiche cose. Costui, spazientito per l'ennesima richiesta, la mandò via in malo modo, la signora si allontanò dispiaciuta, non comprendendo il motivo di quel trattamento.
"Deve aver perso il carretto con tutte le rotelle" si disse lei ridacchiando. Lentamente si allontanò dal nascondiglio, non prima di essersi assicurata che la sorella fosse al sicuro e, arrivando alle spalle della vecchietta, esordì << Signora, ve ne prego, potete aiutarci? Io e mia sorella ci siamo perdute, non sappiamo dove andare e siamo affamate. Se poteste essere così gentile da indicarci un luogo dove ristorarci o, magari, facendo appello al vostro buon cuore, potreste darci voi stessa un po' di ospitalità, noi ve ne saremo immensamente riconoscenti >> sfoggiò la sua faccia più sofferente e melodrammatica per cercare di far breccia e catturare così il cuore della nonnina.
Questa in un primo momento rimase a fissarla con un'espressione indecifrabile, poi le sorrise apertamente << Oh oh ma certo bambina, vi accompagno io in un posto adatto a voi >> rispose la signora, non potendo rifiutarsi davanti ad una richiesta così sentita ed esplicita.
"Colpita e affondata" pensò la ragazza, nascondendo un sogghigno. << Che il signore ve renda merito, voi ci state salvando la vita >> rispose Sèlene.
Si premurò che la vecchia le attendesse e si allontanò per correre a prendere Cassandra che si svegliò di soprassalto, sentendosi scuotere dalla sorella. << Presto, forse ho trovato un luogo sicuro dove passare la notte, muoviti! >> disse la giovane senza lasciarle il tempo di rispondere.
La ragazzina si alzò a fatica appoggiandosi al muro che costeggiava il fienile << Mi auguro che tu non abbia avuto una delle tue solite grandi idee >> fece eco Cassandra mentre, goffamente, zoppicava verso di lei, rimettendosi in spalla il bagaglio che in quel momento le pesava come un macigno.
<< Vedrai questa volta mi sono superata >> le rispose la sorella maggiore sorridendo radiosa.
Raggiunsero la donna che le attendeva al lato della strada per evitare di intralciare il cammino altrui. Era bassissima, ricurva su se stessa, innumerevoli rughe le solcavo il volto e le mani, una piccola crocchia le teneva raccolti i morbidi capelli candidi. Sorrise alla due non appena le localizzò.
<< Eccoci signora >> disse Sèlene con un sorriso luminoso, alla quale la vecchia contraccambiò con uno tenero e semi sdentato.
E fu li che Cassandra capì. Si voltò di scatto verso la sorella al suo fianco, con un'espressione sconvolta e attonita, la bocca aperta in un moto di stupore. << Sei un'avvoltoio, una persona orribile! No ma che dico, tu non sei una persona, sei un mostro! Ti stai approfittando di una povera vecchina e mi stai mettendo in mezzo in questa situazione rendendomi tua complice! E sai una cosa? Hai ragione, ti sei proprio superata questa volta. Ma che ti ha detto il cervello si può sapere? >> Cassandra soffocava i rimproveri, impedendo agli altri di sentire per rivolgerli solo ed esclusivamente a Sèlene che, noncurante di quello che le veniva detto, camminava dietro la vecchia con espressione più che soddisfatta.
Attraversarono l'alta corte per giungere nuovamente il livello più inferiore. Passarono davanti a tantissime botteghe e case per poi finalmente raggiungere quella dell'anziana. Era piccola, in alcuni punti il legno del tetto era marcio.
Le ragazze guardarono la casa senza dire una parola. Sèlene teneva la testa piegata di lato con un sopracciglio alzato, la fronte corrucciata e le braccia conserte. Si voltò a guardare la sorella che di tutta risposta le rivolse uno sguardo severo aprendo una mano per indicare la struttura, come per dirle "Lo vedi? Ecco, sentiti in colpa!" Ma a questo muto rimprovero, la ragazza le rispose con un alzata di spalle.
Cassandra, spazientita ancora una volta dalla spregiudicatezza della sorella raggiunse la donna senza indugiare oltre. Sèlene rimase a guardarla scuotendo la testa per poi seguirla a sua volta.
La vecchina le accolse con calore, dividendo con loro il suo poco cibo, una zuppa di pane nero, verdure e legumi, osservandole divertita nel vedere cotanta voracità. Nel mentre preparò loro dei giacigli con della paglia rinsecchita, adagiandoli vicino al camino.
Cassandra si era offerta di aiutarla ma la ferita alla gamba bruciava e le urgeva una medicazione. Tutto quello che poterono fare fu lavare entrambe le ferite e fasciarle con dei lembi del tessuto che strapparono dai loro mantelli.
Poco prima del pasto notturno, dalla porta fece capolino una donna che sgranò gli occhi alla vista delle due ragazze distese vicino al piccolo camino.
La donna si voltò verso quella che, evidentemente, doveva essere sua madre. Questa prese l'anziana in disparte soffocando le grida e rimproverandola per aver nuovamente aperto la porta a dei vagabondi.
Cassandra continuava a saettare occhiatacce a sua sorella, unica colpevole di tutto quel macello.
<< Per stanotte potete restare ma domani all'alba vi voglio fuori da qui sono stata chiara? >> aveva tuonato la figlia dell'anziana verso di loro senza osare avvicinarsi.
<< Certamente signora, non si accorgerà nemmeno di averci viste >> aveva risposto Cassandra prontamente.
La donna aveva annuito ed era sparita per mangiare e mettere a letto sua madre.
I primi raggi del sole filtrarono pigri attraverso le imposte consunte delle finestre e si posarono sul viso delle giovani.
La casa era apparentemente tranquilla, da fuori potevano già udirsi le prime voci, il borgo si stava svegliando.
Le giovani si alzarono con lentezza sistemando i loro giacigli, si lavarono e vestirono. Erano pronte ad uscire di casa quando la porta si spalancò e delle guardie fecero irruzione afferrandole in malo modo.
Dietro di loro la figlia dell'anziana le guardava con disprezzo.
Le ragazze, indignate e spaventate, cercarono di spiegare e far valere le loro ragioni opponendo resistenza, ma gli uomini non accennarono ad un dialogo civile o a lasciarle andare. << Ora ve la vedrete con il conte. Avete saltato il controllo imposto all'ingresso, vi siete approfittate di una vecchia malata e sicuramente l'avete pure derubata! >> disse una delle guardie mentre le trascinavano come criminali per tutta la città.
Cassandra, terrorizzata, guardò gli uomini. Avevano rischiato il tutto e per tutto pur di restare libere e vive, ma ora erano state catapultate in una situazione probabilmente peggiore di quella precedente. Tutto per cosa? Per un po' di cibo ed un luogo dove passare la notte.
In meno di 5 minuti si trovarono in una cella buia, fredda e umida, sedute per terra, legate, in attesa del signore del castello che avrebbe deciso la loro sorte.<< Ti odio! Per colpa tua finisco sempre in guai come questi! È stato davvero un piano geniale >> disse Cassandra alzando la voce ormai esasperata, guardava sua sorella con occhi fiammeggianti di rabbia. Ringraziò mentalmente le catene che la tenevano stretta e la dividevano da lei, altrimenti le sarebbe saltata al collo riempiendola di botte.
<< Vedi di calmarti, se non fosse stato per me a quest'ora chissà dove avremmo dormito >> rispose Sèlene dando il via ad uno dei loro soliti litigi.

   
 
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