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Autore: SherlokidAddicted    25/09/2016    2 recensioni
[ Wholock | Johnlock ]
- Voglio sapere chi è lei e che ci fa qui. –
- Sono il Dottore! – Dice porgendomi la mano ed aspettandosi che io la stringa, cosa che però non succede. Assottiglio lo sguardo e lo scruto con attenzione mentre, deluso dalla mia mancata stretta, abbassa il braccio e lo riporta lungo il fianco.
– Il suo vero nome. –
- Beh, è questo il mio nom… -
- Non il nome con cui si fa chiamare, ma il suo vero nome, quello che nasconde a tutti da sempre, forse perché ha fatto qualcosa. Oh, allora è così! Ha fatto qualcosa di brutto, qualcosa di inaccettabile di cui si pente, talmente tanto che si vergogna ad utilizzare il suo vero nome e si nasconde dietro un titolo che la fa sentire meno in colpa di quanto vorrebbe, non è così… Dottore? – Gli occhi del mio nuovo conoscente si strabuzzano non appena mi sente pronunciare quelle parole con quel tono indagatore che mette la maggior parte delle persone che mi stanno attorno in soggezione, lui compreso.
- Oh, è proprio bravo come dicono… –
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The side of the Angels'
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Esiste niente di più bello?
 



Non so come sia successo, ma improvvisamente ci ritroviamo dentro il Tardis, il Dottore accanto alla console sta cercando qualcosa, mormorando “Andiamo, dove ti ho messo?”. Ad un certo punto il Tardis viene mosso, e noi ci ritroviamo scaraventati da una parte all’altra.

- Che sta succedendo? – Chiede John mentre si aggrappa al corrimano per restare in piedi.

- Gli Angeli! – Diciamo io e il Dottore insieme.

- Esatto, stanno cercando di entrare. – Il nostro amico è ancora alla ricerca di qualcosa… cosa, però, resta un mistero per noi due. Alla fine esclama un “eccoti!” e dal pavimento della cabina, solleva una strana custodia di un cd.

- Non mi sembra il momento adatto per vedere un film, Dottore. – Il mio amico cerca inutilmente di rimettersi in piedi, mentre pronuncia quelle parole abbastanza ironiche. Non ci riesce e continua a cadere per colpa dei continui scossoni che ci costringono a reggerci.

- Dottor Watson, lei è davvero, davvero simpatico. – Mormora allora il Dottore mentre, traballante raggiunge la console. In un attimo estrae il cd dalla sua custodia e lo inserisce in un lettore che prima non avevo per niente notato. – Bene, state giù, stiamo giù e uniti. – Ci raggiunge senza mai cadere. È molto più abituato di noi a stare in equilibrio. Chissà quanti scossoni quella cabina avrà ricevuto. Tanti abbastanza da essere per lui un’abitudine.

Quando ci raggiunge si raggomitola vicino a noi sul pavimento, e siamo tutti e tre schiena contro schiena. Non capisco cosa abbia in mente, ma dopo qualche secondo vedo che il Tardis comincia pian piano a sparire. Gradualmente le pareti e tutto il resto della cabina diventano trasparenti e riusciamo a distinguere perfettamente le sagome scure degli Angeli che fino a qualche secondo fa stavano scuotendo la nave. Sono lì immobili, e rimangono tali anche quando la cabina è completamente sparita. La mano di John si poggia sulla mia, riesco a sentire perfettamente la sua paura. Gli Angeli che ci sovrastano hanno le braccia spalancate, così come gli occhi e la bocca, quella bocca spaventosa che lascia vedere quei denti affilati ed appuntiti. Sono uno davanti all’altro e noi ci troviamo proprio in mezzo a loro, seduti sul pavimento e stretti l’uno all’altro.

La risata del Dottore riecheggia nel parco vuoto. All’inizio non mi rendo conto di che cosa stia succedendo, ma ad un tratto mi accorgo che gli Angeli non si muovono, nemmeno quando distogliamo lo sguardo o sbattiamo le palpebre. Il Signore del tempo si alza ed inizia a girare attorno agli Angeli.

- Creature furbe e omicide, ma quando uno ha un Tardis ed un disco, allora la furbizia del Signore del Tempo passa in vantaggio. – Mormora mentre lascia due leggere pacche su una delle statue.

- Sono morti. – Dico mentre lentamente mi metto in piedi. John fa lo stesso subito dopo di me, ed ancora le nostre mani sono unite. -  Li hai fregati, si stanno guardando negli occhi. – Un sorriso di totale ammirazione sbuca sul mio viso, facendomi poi scoppiare in una risata liberatoria.

- Esattamente, non ci daranno più fastidio. – Solo dopo mi rendo conto che il Tardis si era spostato da noi solo di qualche metro più in là.

- Geniale. Davvero geniale. – I miei occhi si puntano in quelli vuoti ed immobili della statua. Sbatto le palpebre più volte per accertarmi della loro morte. Non succede nulla. Il Dottore è davvero riuscito a fermarle.

- Dovremmo festeggiare! – Esclama il nostro nuovo amico mentre apre la porticina del Tardis. Io continuo a guardare le statue anche mentre mi allontano. Nonostante sia tutto finito, non riesco a dimenticare quella scena terribile nel mio appartamento, quando una di loro ci è piombata all’improvviso nella stanza.

Quando entriamo nella cabina, io e John veniamo accolti da uno strano odore. Il Dottore sta versando in tre tazze di porcellana quello che dall’odore può sembrare del normalissimo tè, appositamente sistemato in un thermos.

Solo dopo ci viene spiegato che quel tè proviene da Barcellona, ma non la città, il pianeta. A quanto pare esiste un pianeta con questo nome. Mentre sorseggiamo quello stranissimo ma gustosissimo tè, il Dottore si mette seduto fra di noi.

- Direi che possiamo andare in un posto che preferite per festeggiare. Sceglierete voi dove io vi possa portare. –

- Intendi qualunque tipo di posto? – Chiedo mentre poggio lì accanto la tazza vuota.

- Qualunque! Passato, presente, futuro… ma non ora. – Dice strofinandosi le mani. – Sarete stanchi, di sicuro. Vi faccio riposare per questa notte e domani possiamo partire. Ma facciamo un solo viaggio. Non dovrete prenderci la mano. – John annuisce contento e mi guarda, accennando un sorriso spensierato e sollevato.

La morte degli assassini solitari ha tranquillizzato anche lui.

Ricordo ancora la sua paura evidente quando mi stringeva la mano.

Arriviamo al 221B in poco tempo. Mi soffermo a guardare John mentre percorre le scale e, prima che possa chiudere la porta, il Dottore è ancora davanti all’ingresso che mi guarda con una scintilla maliziosa negli occhi, le braccia e le gambe incrociate mentre è appoggiato allo stipite.

- Hai visto tutto, quindi? – Gli chiedo, riferendomi al bacio scambiato tra me e John qualche ora prima.

- Già, ma lo avevo anche previsto, più che altro. –

- John te lo aveva detto… che provava qualcosa per me. – Lui annuisce e porta la mano alla porticina.

- Avevate entrambi bisogno di un supporto morale, e guardatevi adesso. – Dopo averlo detto, tira su con il naso e si sfila gli occhiali. – Beh, buonanotte. Domani mi faccio vivo io. – Per risposta annuisco ed accenno un sorriso. Non parlo perché stranamente non esce nulla dalla mia bocca. Cosa avrei dovuto fare? Ringraziarlo? Non sono il tipo. Tacere mi riesce sicuramente molto meglio.

Mi fa un sorriso anche lui. È quasi piacevole averlo intorno, e detto da me è il più gran complimento del mondo. Di solito per me sono tutti degli idioti inutili, ma il Dottore è l’uomo più intelligente del mondo. E l’intelligenza è proprio il mio campo.

Ammettilo e basta, Sherlock. Provi un certo affetto per quello strano alieno con due cuori.

La porticina si chiude e, dopo quel solito rumore insopportabile, la cabina svanisce sotto i miei occhi. Sono solo, la strada è deserta e ciò che mi resta da fare adesso è raggiungere il piano di sopra.

John è seduto scomposto sulla sua poltrona, la testa poggiata contro lo schienale col collo scoperto e del tutto esposto, gli occhi chiusi per la stanchezza.

- Hai fame? – Mi chiede mentre mi sfilo sciarpa e cappotto.

- No. –

- Ovviamente. – Ridacchia. Probabilmente lo immaginava. Ma stavolta non mi costringe a mangiare un’intera pizza od un piatto di pasta preparato velocemente. Neanche lui ha fame e dubito abbia molta voglia di cucinare. – Qualche giorno potresti anche cucinare tu, visto che sei abbastanza bravo. –

- Ho già le tue mani e le tue braccia che lavorano in cucina. – Mi siedo proprio di fronte a lui, sulla mia poltrona. – Non voglio perdere tempo a cucinare, preferisco rendermi utile e concentrarmi sui miei casi. – Lo sento di nuovo ridacchiare e lo vedo aprire gli occhi per guardarmi. Il suo non è uno sguardo divertito, però. O meglio… si trasforma in uno sguardo sognante quasi, mi scruta come se fossi la cosa più bella del mondo, piegando la testa da un lato e poggiandola contro il palmo della mano. – Mi stai fissando. –

- Sì, ti sto fissando. –

- Ebbene? –

- Cosa? Tu non ti soffermi mai a fissarmi? – La sua domanda mi fa zittire all’improvviso. Mi aveva colto sul punto.

Non sai quante volte mi sono soffermato a guardarti, John, neanche te lo immagini. Guardare il tuo volto spensierato mi faceva stare bene, le tue iridi luccicati e le tue labbra sottili dal sapore meraviglioso mi fanno sentire in tutto un altro mondo. Mi sono sentito come te quando il Dottore ti ha fatto vedere il Sistema solare. Mi sento sempre così quando mi soffermo a guardarti, John. Tu non lo sai, ma ti ho sognato spesso. Sognavo quasi sempre il nostro primo bacio, nonostante non fossi in grado di sapere come si facesse a baciare qualcuno. La realtà è stata decisamente migliore del sogno. I tuoi capelli, vogliamo parlare di quelli? Ci sono già segni di invecchiamento, stanno diventando bianchi pian piano, ma non sai quante volte ho sognato di infilarci in mezzo le dita, di massaggiarli come si deve, di sentire come sono al tatto.

A dirti tutto questo, mio carissimo John, non sarò mai capace.

Per tutto il tempo sono rimasto in silenzio. Ma alla fine mi alzo dalla poltrona e mi spolvero la camicia con entrambe le mani.

- Ti auguro una buonanotte, John. –

Cosa dovrei fare? Baciarti di nuovo? Devo? Posso? Sto sbagliando tutto?

Sono terrorizzato.

Lo guardo solo per un attimo, invece, poi me ne vado e raggiungo in poco tempo la mia camera. Richiudo la porta e mi ci poggio contro stringendo gli occhi. Rapporti umani, dovevo ancora abituarmici. E lui è John. Non devo rovinare tutto.

Passo più di due minuti con la schiena incollata alla porta. Il mio respiro è accelerato, non so perché. Quando l’ho baciato, non credevo che dopo mi sarei sentito così insicuro. Ma lui sembra tenerci a me, l’ho visto nei suoi occhi, l’ho sentito mentre con dolcezza giocava con le mie labbra.

Mi sfilo le scarpe dai piedi e faccio lo stesso con le calze. La giacca del completo finisce subito, piegata come si deve, sulla poltrona accanto alla finestra, poi sfilo i bottoni della camicia dalla loro asola e… un rumore mi fa bloccare con le dita sulla stoffa. La porta si è aperta, so che è John, riconosco il suo passo leggero e scalzo, ed il suo profumo. Sono di spalle e non mi muovo, perfino il mio respiro sembra essersi dissolto, lo trattengo e lo lascio andare soltanto quando me lo ritrovo davanti. Dapprima mi guarda negli occhi, ed è talmente vicino che posso sentire il suo respiro sul mio collo. Poi il suo sguardo si abbassa e si posa sulle mie mani che ancora sono immobili sul bottone da sfilare.

Si è appena leccato le labbra.

- Non… dovresti essere a letto? – Chiedo in un sussurro, terrorizzato dalle sue possibili prossime mosse.

- Qui c’è un letto. – Cerco di dire qualcosa ma le sue mani hanno afferrato le mie e le hanno spostate lungo i fianchi, poi hanno incorniciato il mio viso e lo hanno accarezzato con devozione. I suoi occhi saettano dai miei alle mie labbra e, gradualmente, è sempre più vicino. Il mio respiro è corto, mi manca il fiato ed il cuore mi martella nel petto, nelle orecchie, nella testa. Sento anche le gambe tremare e sono sicuro siano sul punto di cedere adesso che John ha poggiato le sue sottili e dolci labbra sulle mie.

Come prima sento che niente intorno a noi è presente, c’è solo John, solo lui. Solo le sue mani che mi carezzano, solo le sue labbra che mi baciano. Sono sicuro di riuscire a ricambiare ogni singolo movimento della sua bocca, mentre mi aggrappo con decisione alla sua camicia, ma quando la sua lingua sfiora le mie labbra, sento il mio cervello che manda segnali indecifrabili, mi blocco e mi allontano terrorizzato, guardandolo ad occhi spalancati e lasciando che il mio respiro si mischi con il suo.

- Va tutto bene. – Mormora lui spostando le mani sulle mie spalle. Io chiudo gli occhi ed annuisco appena, mentre la stretta sulla sua camicia si fa sempre più forte. – Sherlock, va tutto bene. – Apro gli occhi ed osservo la sua espressione. Sembra quasi che abbia capito cosa mi blocca. Non credo di essere capace di baciare come si deve, ma lui è così tranquillo e rassicurante che non ci penso due volte prima di tuffarmi nuovamente sulle sue labbra.

E dopo succede. Le nostre lingue si incontrano timidamente, ed io rabbrividisco senza controllo. Le mie mani circondano la sua schiena, le sue sono sul mio petto e in poco tempo raggiungono i bottoni restanti per sfilarli dalle rispettive asole. Non so cosa provo esattamente, all’inizio mi sento spaventato per questa strana situazione, ma il modo in cui mi rassicura con quei baci mi fa sentire più sicuro, e dopo poco le mie mani si occupano anche della sua di camicia, non ho il loro controllo, sfilano ogni bottone. Il mio cervello sembra scollegato da tutto il resto. Sto seguendo il mio istinto, il mio cuore, sto facendo per una buona volta ciò che voglio senza che nessuno, nemmeno lui, me lo impedisca.

Le nostre labbra non si staccano un attimo nemmeno quando le nostre camice sono finite scomposte sul pavimento della camera. Mi spinge disteso sul letto e mi sovrasta col suo corpo. Sarà pure un corpicino piccolo il suo, ma era un soldato, un soldato abbastanza forte.

Non so come, nemmeno me ne accorgo, ma ci ritroviamo senza nessun vestito addosso. John fa scivolare le sue labbra sul mio petto, sul mio addome, e non smette di far vagare le sue mani esperte da medico sul mio corpo. Sa dove toccare, quali sono i miei punti più sensibili, quelli che mi fanno rabbrividire al solo tocco. Mentre io… mi ritrovo a stare immobile, non so cosa fare e l’unica mia azione è quella di ansimare a bassa voce, incastrando le dita fra i suoi capelli.

Quando dico che quelle mani sono abili, credetemi perché non scherzo. Non riesco a trovare altri aggettivi adatti mentre mi fanno tremare come un ragazzino imbarazzato. Le mie finora non hanno fatto nulla di che, a parte afferrare la sua pelle, aggrapparmi ad essa ed alle sue ciocche bionde e scompigliate.

- John... - Sussurro poi, quando è pronto a rendermi suo come mai prima d'ora. Suo in tutto e per tutto. Lui mi guarda, immobile.

- Vuoi... vuoi che mi fermi? – Il suo tono è preoccupato, mentre le sue dita accarezzano con delicatezza quello che è il mio zigomo arrossato. – Forse è stata... una mossa affrettata, magari non sei pronto... - Che stupidaggini! Perché si preoccupa per qualunque cosa? Lo zittisco mettendo la mano davanti alla sua bocca e lui mi guarda stranito.

- Voglio solo che fai piano. – Mormoro poi, spostando le mani ad incorniciare il suo viso. Mi sorride e da quegli occhi posso leggere tutta la sua felicità, erano mesi che non vedevo quegli occhi trasmettere quell'emozione. Adesso sta bene. E sapere che è merito mio mi fa sentire un certo calore dentro che non riesco a spiegarmi.

E quel calore si sparpaglia per tutto il mio corpo, ancora di più, quando finalmente sento che siamo diventati una cosa sola... ma fa male, un dolore che mai avevo provato e che non immaginavo potesse essere così. John mi lascia uno e più baci sulla guancia ed aspetta che io mi abitui a tutto ciò. Ma poi quel dolore svanisce, con fatica, ma svanisce. Viene sostituito dal piacere più intenso, più bello che io abbia mai provato.

E John è così bello, è tutto fin troppo bello che non mi sembra reale.

Raggiungiamo l'apice nello stesso momento, e il mio cervello si scollega nuovamente dalla realtà.
Non c'è un vero e proprio dialogo, subito dopo, ma siamo rimasti abbracciati e muti a guardarci negli occhi, finché John non li ha chiusi per la stanchezza e non si è addormentato con il sorriso sulle labbra.

Esiste niente di più bello?





Note autrice:
Un giorno di ritardo, è vero, ma ho avuto degli impegni. Oggi sono qui, comunque.
Ammettetelo, aspettavate un capitolo così da tanto, eh? AHAHAHAHA
Spero vi sia piaciuto.
Un bacio e aalla prossima.

 
  
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