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Autore: 365feelings    25/09/2016    1 recensioni
01. Guardatemi come guardate Richard Campbell Gansey III, avrebbe voluto urlare, o non guardatemi affatto.
02. Non appena pensa di sapere qualcosa di certo su Ronan, ecco che si ritrova con il nulla in mano – no, non con nulla, con qualcosa di diverso da quello che si aspettava.
03. È ancora l’estate tra il quinto e il sesto anno ed entrambi sono un misero spettacolo da vedere, lividi ed escoriazione ed espressioni cupe.
04. La mano stringe convulsamente la bacchetta mentre passa di ricordo in ricordo, ma ad ogni Expecto Patronum non succede niente. È davvero possibile che non sia in grado di eseguire quell’Incantesimo? Cosa non va nei suoi ricordi? Cosa non va lui?
05. Ronan è molte cose, non tutte belle, non da molto tempo ormai, ma non è fatica sprecata, non è tempo perduto. Ronan è famiglia. Una famiglia che, in quel momento, ha davvero bisogno di mettersi a studiare.
Hogwarts verse | Corvonero!Gansey, Corvonero!Henry, Serpeverde!Adam, Grifondoro!Ronan, Grifondoro!Blue, Tassorosso!Noah
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Adam/Ronan: (Harry Potter!au) Incanto Patronus: cinque volte in cui Adam ci prova e quella in cui, finalmente, ci riesce («Grazie, Lynch, ma sapevo perfettamente come fare.») - PandorasBox
Note: scritta per una delle iniziative del gruppo fb We are out for prompt.  Consiglio: da leggersi dopo il primo capitolo (anche se in realtà non cambia molto).


 
 
La prima volta è la vergogna cocente. È un Incantesimo difficile e solo Gansey produce un Patronus completo, un maestoso cervo dagli imponenti palchi, mentre il resto della classe deve accontentarsi di una nebbiolina argentata. La punta della sua bacchetta, invece, nemmeno si illumina e gli sguardi che tutti gli rivolgono sono la cosa che più brucia. La prima volta è fallire davanti a tutti. Lui, che non sbaglia mai una magia.
La seconda il provare ancora. Da solo, in un raro ed effimero momento in cui nessun altro è nel dormitorio.
«Ehi, Parrish, che fai?»
«Nulla».
La terza è fare un altro tentativo. In un’aula vuota, la porta chiusa. Expecto Patronum. Expecto Patronum. Expectum Patronum. Ancora niente.
La quarta è andarci vicino. Adam Parrish non è uno che si arrende facilmente e produrre un Patronus, ormai, è una questione di principio. Quindi riprova fino a quando un filo argentato esce dalla punta della sua bacchetta. Non è molto, ma è già qualcosa.
La quinta volta ha il sapore della rabbia e del fallimento, ancora. Sono passati giorni dalla lezione e il Patronus non è nemmeno inserito nel programma. Tutti si sono dimenticati dell’Incantesimo, ma il cervo di Gansey è ben impresso nelle menti di chi c’era – nella sua. La mano stringe convulsamente la bacchetta mentre passa di ricordo in ricordo, ma ad ogni Expecto Patronum non succede niente. È davvero possibile che non sia in grado di eseguire quell’Incantesimo? Cosa non va nei suoi ricordi? Cosa non va lui?
 
 
«Hai visto?!» esclama eccitato mentre il falco conclude il suo volo in uno sbuffo argentato. Ce l’ha fatta, ce l’ha fatta, ce l’ha finalmente fatta. Si volta verso l’amico, la bacchetta ancora in pugno e l’aria un po’ stravolta.
«Cosa?» domanda Ronan aprendo un occhio «Ci sei riuscito?»
«Sì» replica, questa volta con più contegno, e il Grifondoro apre anche l’altro occhio, puntandoli entrambi su di lui. Ora ha la sua completa attenzione.
«Alleluia, Parrish» commenta «Significa che ho un futuro nell’insegnamento?»
L’immagine del ragazzo nelle vesti di Insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure è terrificante: l’idea, per quanto irreale, che gli venga concesso il potere di corrompere impunemente le menti di giovani ed innocenti studenti gli fa accapponare la pelle. Deve ammettere, però, che se è riuscito ad eseguire il Patronus è anche merito dell’altro.
«Scegli un ricordo felice e concentrati sulla sensazione che trasmette» gli ha detto diversi minuti prima (o forse ore prima, lì la cognizione del tempo si perde facilmente) e lui, messi da parte scetticismo ed orgoglio, ha seguito con successo il suo consiglio. Non che abbia intenzione di rivelargli quanto, effettivamente, gli sia stato d’aiuto.
«Grazie Lynch, ma sapevo perfettamente come fare» ribatte infatti, sistemandosi la cravatta verde-argento.
«Dai, fammelo vedere» taglia corto Ronan, alzandosi dal letto che la Stanza delle Necessità ha pensato per lui («Senti, io dormo mentre tu te ne stai con la bacchetta in mano») e avvicinandosi.
«Solo se prima mi mostri il tuo» replica, nella voce sfida e malizia in egual misura.
Adam Parrish, cosa stai facendo?
A pochi passi da lui Ronan ghigna.
Draco dormiens nunquam titillandus: lo dice anche il motto della scuola, ma lui non storna lo sguardo né retrocede.
«Nei tuoi sogni, Parrish».
Si intima di trovare in fretta una risposta che lo tragga in salvo finché ancora può salvarsi. Ronan, ormai, è a pochi respiri di distanza da lui.
«Può darsi» ribatte invece, sconsiderato fino alla fine, come lo sciocco che aspetta lo scatenarsi di una temporale senza cercare riparo.
Quindi evoca il suo Patronus ed entrambi ammirano il glorioso volo del falco, un infinito soffitto di pietra al posto del cielo.
   
 
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