Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: Xion92    25/09/2016    5 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prima di iniziare il capitolo, ecco a voi la seconda cover di questa serie. Trovate anche il link per deviantart per ingrandire l'immagine. Buona lettura!

 

Capitolo 66 – Un approccio diplomatico


Un passo era stato già fatto, ed era andato tutto bene. Ora occorreva farne un altro per assicurarsi che la diagnosi fosse perfetta. No… e se poi fosse andata male e il corpo avesse ripreso a bruciare? Ma bisognava verificarlo. Se era guarito, bene, se ancora c’erano bruciature si sarebbe rimesso a letto e chi se ne importava.
Il ragazzo mosse un altro passo avanti. Niente da segnalare. Un altro passo ancora? Provò, e di passi, invece di uno ne fece dieci. Tutto a posto. La parte inferiore del corpo era guarita. Allora provò a tirare un pugno dritto davanti a sé. Nemmeno le braccia conservavano tracce di dolore. Tutto a posto, tutto sotto controllo.
Waffle tirò un profondo sospiro di sollievo verso il soffitto tremolante di verde, e si osservò con attenzione prima le mani, poi le braccia e infine le gambe. Le cure e le medicine di suo padre avevano dato i loro frutti: era guarito del tutto, e nemmeno una piccola cicatrice era rimasta sulla sua pelle. Era rimasto il solito ragazzo vigoroso e muscoloso di sempre.
Gli venne da pensare ad alcuni terrestri che, negli anni passati, in seguito agli attacchi provocati dai chimeri aveva scorto fuggire sotto di lui con delle grosse bruciature. Nei brevi tempi di quiete ne aveva visti altri che sembravano stare bene, ma avevano il corpo sfigurato da vecchie tracce di scottature risalenti ad attacchi precedenti.
‘Questo perché la nostra medicina non ha nulla a che vedere con quella dei terrestri’, pensò compiaciuto. ‘Delle bruciature come quelle che avevo io, con le cure di quegli esseri primitivi sarebbero rimaste delle cicatrici ben visibili. Ma la nostra superiorità si estende anche alle nostre medicine.’
“Figlio!”, si sentì chiamare.
Waffle si girò, vedendo Flan che si dirigeva con passo affrettato verso di lui. Ne rimase sorpreso. Di solito loro due non stavano mai insieme, tranne quando dovevano svolgere qualche funzione religiosa in comune. E adesso non era ora di preghiera. Molto strano.
“Padre!”, gli rispose rispettoso. “C’è qualcosa che non va?”
Flan gli si mise di fronte, incrociò le braccia sul petto e lo scrutò con attenzione col suo occhio indagatore. Waffle rimase così in piedi di fronte a lui, con addosso un gran senso di disagio, finché il più grande gli chiese:
“sei guarito, dunque? Del tutto?”
Waffle tirò un sospiro di sollievo. “Sì, cammino e posso combattere di nuovo.”
“Meno male, allora”, commentò suo padre sedendosi a gambe incrociate sul pavimento di mattonelle. “Posso riprendere a dormire di notte otto ore filate.”
“Padre!” esclamò Waffle, incredulo. “Veramente queste notti hai fatto fatica a dormire?”
“Certo”, lo fulminò Flan con lo sguardo. “Sei mio figlio. Che credi, che sia fatto di pietra?”
“Oh, no, ma sai…” cercò di tirarsene fuori Waffle, sedendosi anche lui. “Mi è sembrato strano, solo questo. Insomma, pensavo che ormai ti fossi fatto il callo. Non sarei stato il primo a…”
“È diverso!”, lo interruppe Flan. “Il più grande dopo di te aveva appena due mesi.”
“Il più grande…” mormorò Waffle. “Padre, sapevo già che io non sono il tuo primo ma, se posso chiedere, quanti… quanti ne hai avuti, prima di me? Non me l’hai mai detto.”
“Quanti?” ripeté Flan, con un’aria neanche troppo turbata. Si spostò la treccia sul davanti e ci fece scorrere in mezzo le dita. “È passato troppo tempo, non mi ricordo. Forse cinque, forse sette, forse dieci. L’ultima è la più probabile.”
Waffle annuì e rimase in silenzio per un po’. “E per loro non sei… non sei stato male?”
Flan alzò le spalle, guardando altrove. “Può anche darsi, ma allora non avevo tempo per struggermi per queste cose. Nessuno ne aveva il tempo.” Poi si girò verso suo figliò. “Waffle, ti ho già detto tante volte che tu sei un’eccezione fortunata, ma dove vivevo prima di arrivare sulla Terra non c’era tempo di costruire legami forti, anzi, era fortemente scoraggiato farlo. Che potevi sapere se avresti ritrovato vivo un tuo parente il giorno successivo? C’era qualcuno che te lo assicurava?”
“No… no, padre”, rispose incerto Waffle.
“Ecco perché non sono stato male quando sono morti tutti i miei figli. Da quando sono diventato in grado di procreare non ho fatto altro che cercare di dare vita ad altri individui che potessero sostenere il nostro popolo ed essere un domani l’orgoglio del nostro dio. Ma non c’è stato niente da fare. Era troppo dura, morivano tutti quando avevano un mese, o anche meno. Un paio di volte anche le loro madri sono morte, sfinite dalla gravidanza, dal freddo e dalla fame. Tua madre ne aveva avuti altri due, prima di te. Tu eri il suo terzo, e il mio decimo, se non vado errato. Ecco perché gli altri miei figli quasi non me li ricordo. Nascevano, volevo che nascessero, ma sapevo che non sarebbero riusciti a sopravvivere. Li avrò guardati a malapena due volte. Per questo non ricordo nemmeno il loro numero preciso. Ero triste quando morivano per aver fallito nel mio compito, ma non tanto per loro”, spiegò freneticamente Flan.
“Ma con me… è stato diverso, padre”, disse ancora Waffle.
“Perché sei nato qui invece che lì. Se fossi nato sul pianeta da dove vengo, non saresti sopravvissuto una settimana. Sei il mio primo figlio ad essere riuscito a diventare adulto, e solo perché sei nato sulla Terra. Non pensi che questo voglia dire qualcosa?”
“Oh, certo”, annuì il più giovane. “Però quando ero piccolo… insomma… non mi sembra che fossi così felice di stare insieme a me.”
“Certo, perché il mio scopo non era più quello”, rispose Flan socchiudendo l’occhio. “Quando vivevo insieme al mio popolo, produrre nuovi individui per rinforzare la nostra popolazione era il mio scopo. Da quando mi sono trasferito qui, il mio obiettivo è diventato un altro, e non gradivo distrazioni. Lo sai che non eri in programma, Waffle.”
“Quindi… se da piccolino fossi morto, non saresti stato male?”
“Probabilmente no…” rispose vago Flan.
“E adesso… se dovesse succedermi qualcosa, staresti male?” chiese in ansia Waffle.
“Certamente sì”, rispose ancora il padre, sbuffando.
A Waffle venne spontaneo sorridere a quelle parole, ma si trattenne. Simili confidenze suo padre non le gradiva. Ma sapeva che in fondo gli voleva bene. C’erano state volte in cui Flan era stato violento con lui, sia fisicamente che psicologicamente, ma Waffle non gliene faceva una colpa: sapeva che l’aveva fatto solo per educarlo a dovere. Era solo per merito suo se ora lui aveva una visione del mondo così precisa e senza dubbi. Quando la situazione era tranquilla e senza combattimenti in vista, suo padre era un uomo pacato e con cui era quasi piacevole chiacchierare.
Visto che era in uno dei suoi rari momenti di tranquillità, era ora di approfittarne per chiedergli una cosa che lo tormentava da tempo.
“Senti, padre, ma a casa… insomma… sul tuo pianeta, che fine avranno fatto?”
“Mah” fece Flan, indifferente. “Staranno sicuramente meglio di prima, ma questo non fa altro che confermare quanto pusillanimi siano. In quindici anni sulla Terra, non ho più saputo nulla di loro. Si sono accontentati di un misero pianetucolo invece di puntare in massa alla nostra terra promessa. Ti rendi conto, Waffle?”
“Certo”, annuì il figlio, convinto. “Ma… ecco… che ne pensi se… ci tornassimo?” mormorò.
Flan girò subito la testa e lo fissò col suo freddo occhio giallo. “Come?”
“Sì, padre, è da un po’ che ci penso”, ritrovò il coraggio Waffle. “È da sempre che siamo qui soli io te, tu ed io e basta. Insomma… ormai qui abbiamo fatto quello che Profondo Blu voleva. Nella nostra linea temporale ormai l’umanità è distrutta. Che ci stiamo a fare ancora qui? Perché non torniamo sul tuo pianeta e non proviamo a convincere il nostro popolo a venire con noi sulla Terra? Il nostro dio aveva fatto il mondo per tutti quanti noi, non solo per noi due.”
“Basta!” lo interruppe ruggendo Flan, tanto che Waffle si ammutolì all’istante. “Questi discorsi mi danno la nausea. Perché non sei onesto e non dici le cose come stanno, invece?”
“Le cose come stanno?”, ripeté Waffle, confuso.
“Già”, sogghignò Flan. “Perché non ammetti che vuoi abbandonare la guerra contro quelle Mew Mew perché ti sei reso conto sulla tua pelle di quanto possano essere forti?”
Poi si alzò in piedi e squadrò suo figlio dall’alto in basso. “Waffle ha paura, è questo il problema”, commentò freddo, prima di allontanarsi in volo per i fatti suoi.
Waffle rimase lì seduto, da solo, con un’espressione profondamente delusa ed abbattuta sul viso.

“Waffle!” esclamò Angel all’improvviso, come risvegliandosi da un intorpidimento, e tutti i suoi compagni che erano con lei sobbalzarono; Minto, per la sorpresa, diede una gomitata alla bottiglia di spray che teneva sul tavolino che stava pulendo, facendola cadere e spargendo il liquido azzurro per il pavimento.
“Oh, perfetto!” commentò acida. “Guarda qui che macello, e tutto per colpa tua, come al solito!”
Angel lasciò perdere i suoi pensieri all’istante e la guardò male. “E perché sarebbe colpa mia?!”
“Fatti una domanda e datti una risposta! In un momento di silenzio, tiri un urlo come quello mentre noi non ci badiamo. E casualmente proprio quando ho lo spray di fianco. O non vorrai dire che la colpa in realtà è mia?” rispose Minto, senza lasciarsi intimidire.
“Se te hai dato un colpo a quella bottiglia, allora la colpa sarà mia. Mi sembra giusto. Ci sarà mai una volta in cui non mi darai la colpa di qualcosa?”, replicò ironicamente l’altra, incrociando le braccia.
“Forse che ti do’ la colpa di tutto perché tutto quello che va storto qui dentro è sempre avvenuto per colpa tua? Ci arriverai o no?!”
Gli altri loro compagni, che stavano pulendo il locale dopo il turno pomeridiano, sospirarono; Minto e Angel, nonostante fossero su due estremità opposte in quanto ad attitudini, litigavano molto poco tra loro, visto che praticamente avevano raggiunto una specie di patto in nome della pace ignorandosi di continuo. Ma quando si scontravano gli scambi di battute erano snervanti. Perciò ci pensò Ichigo a risolvere.
Si avvicinò a grandi passi alle due, diede una spinta sulla spalla a Minto per allontanarla e chiese ad Angel:
“Wafer? Perché l’hai nominato?”, chiese curiosa.
“Eh? Wafer?” le chiese Angel guardandola. “Intendi…?”
“…Waffle-niichan!” gridò Bu-ling che si era accostata saltellando.
“Waffle-niichan?” chiese ancora Angel incredula, a bocca aperta. Da quando Bu-ling usava i suffissi per riferirsi ai loro nemici?
“Sì, Waffle-niichan! Ichigo-neechan vuole sapere perché Angel-neechan l’ha nominato! E Bu-ling lo sa il perché!” disse tutto d’un fiato, eccitatissima, la più piccola.
“Ah, sì? E sentiamo”, la incitò Ichigo, curiosa.
“Ma è molto semplice! Angel-neechan è innamorata! Innamorata pazza!”, esclamò Bu-ling battendo le mani.
Retasu, che stava portando un vassoio di piatti rimanenti in cucina, ci mancò poco che capitombolasse a terra, e Zakuro, che si guardava bene dal commentare, alzò un sopracciglio.
Angel, che stava facendo di tutto per non sotterrarsi dalla vergogna, cercò di riportare la conversazione sulla retta via:
“Bu-ling, non ci provare. Non era per questo che l’ho nomina…”
Non fece in tempo a finire. Come un prestigiatore tira fuori un coniglio dal cappello a cilindro, Bu-ling estrasse da dietro la schiena una specie di computerino rosa e giallo e praticamente lo sbatté sul tavolo.
“Oh, no, non di nuovo quello!” esclamarono in coro Ichigo, Minto e Retasu.
A quelle parole, Masaya si girò a guardare curioso la sua ragazza, che si giustificò imbarazzata:
“ehm… dopo ti spiego.”
Bu-ling aveva già costretto Angel a sedersi di fronte all’apparecchio e, premendo a casaccio dei tasti, aveva ricavato sul monitor una cifra.
“Il computer-che-non-sbaglia-mai di Bu-ling dice che la vostra compatibilità è del novantacinque per cento!”, annunciò tutta giuliva. “Ragazzi, qui bisogna fare i preparativi per le nozze ma, Angel-neechan, devi lavorare su questo cinque per cento, o le cose fra te e Waffle-niichan finiranno molto, moltissimamente male”, la ammonì con tono severo.
Angel, che nell’intero procedimento era rimasta con un’espressione scioccata sul viso, spinse indietro la sedia e si alzò in piedi.
“Bu-ling, non provarci neppure! Intanto, ancora non sono diventata zoofila. E poi non era per quello che l’ho nominato.”
“Perché, allora?” chiese Masaya, cercando di recuperare un po’ di serietà.
“Ma sì, non ci arrivate?” chiese lei, nervosissima. “Finora è stato solo e soltanto Waffle a mostrarsi nei combattimenti. Flan che fine ha fatto?”
Prima che tutti gli altri avessero il tempo di riflettere seriamente su quella domanda, Ryou, che era appoggiato allo stipite della porta della cucina, commentò sospirando:
“ci è arrivata anche lei, alla fine…”
Angel si girò verso di lui, incredula. “Boss, te… ci avevi già pensato? E perché non mi hai detto niente?”
“Perché se te l’avessi detto, saresti andata in paranoia. Cosa credi di star facendo adesso, infatti?” rispose lui, seccato.
“Boss…” cercò di spiegarsi Angel trattenendosi dal ringhiare. “Non dovevi startene zitto. Se ci avessi detto da tempo questa cosa avremmo potuto cercare insieme una soluzione. Così stiamo solo perdendo tempo prezioso.”
“E cosa avremmo potuto fare?” sbottò il ragazzo più grande. “Qui il modo per sbloccarci è uno solo: trovare tutti i potenziamenti. Non mi pare che ci siano altri modi.”
“No, boss, no, no”, iniziò a farneticare Angel, ficcandosi le dita nei capelli e abbassando la testa.
“Angel!” gridò Masaya, cercando di frenare la sua emotività. “Calmati e cerca di argomentare quello che dici.”
Allora la ragazza respirò profondamente un paio di volte, facendo poi girare lo sguardo sui suoi compagni.
“Ragazzi, voi non conoscete Flan. Non avete nemmeno idea di quello che potrebbe inventarsi. Con soltanto la sua furbizia è riuscito ad arrivare dove quelli che avete affrontato prima di lui non erano riusciti. Quegli altri, in un anno, in tre, con un dio sopra di loro, non hanno combinato niente. Lui, da solo, ha ucciso migliaia di persone in… due settimane? Facciamo tre. Io l’ho combattuto, ed era un essere spietato e con una gran voglia di uccidere. Ma da quando sono qui, non ha più attaccato una sola volta, non si è più fatto vedere. Solo Waffle ha provato a combatterci, e comunque non ha mai parlato di suo padre. Perché Flan non si è più fatto vivo? Cosa starà tramando? Noi siamo qui a parlare, ma lui potrebbe anche svegliarsi domattina e decidere all’improvviso di far crollare la Tokyo Tower, così, dal nulla. E noi andiamo avanti a combattere i mostri, ci stiamo mettendo un sacco di tempo, senza avere la minima idea di quello che lui sta progettando. Vi rendete conto?”
Dopo tutto quel discorso frenetico, alla ragazza erano venute le lacrime agli occhi, e la sua voce si era impregnata di quella paura che poteva venire solo a qualcuno che aveva visto personalmente l’oggetto del suo discorso attaccare ed uccidere davanti ai propri occhi.
I suoi compagni erano rimasti sgomenti davanti ad un’eventualità a cui non avevano riflettuto. Questi alieni che stavano combattendo ora non avevano nulla in comune con quelli che avevano fronteggiato in passato: con Pie, Quiche e Tart le Mew Mew erano perfettamente consapevoli dei loro obiettivi e piani. Sapevano che, mentre loro terrestri cercavano la µAqua, anche gli alieni cercavano la µAqua. Anzi, tutti i loro combattimenti erano finalizzati ad impedire agli avversari di trovarla per primi. Qui invece, le battaglie avvenivano tra loro Mew Mew e chimeri non influenzati dagli alieni. Era quasi una corsa contro il tempo che coinvolgeva solo loro stessi. E Flan, che ruolo aveva in tutto questo? Waffle, per quanto finora avesse accumulato un insuccesso dopo l’altro, per lo meno si era fatto vivo, i suoi progetti erano abbastanza chiari e la sua presenza era palpabile. Suo padre invece era un qualcosa di effimero, come un’aria pesante ed opprimente che non si riusciva a scacciare.
“Non te ne rendi conto da sola?” chiese Ryou, dopo quel discorso. “Il tuo problema è che sei troppo irrazionale. Su Flan avrai anche ragione, ma non pensi che, se avesse voluto davvero distruggere Tokyo così, a caso, si sarebbe mosso prima? È da fine marzo che va avanti tutta questa storia, adesso è ottobre. Se gli fosse importato qualcosa di colpire Tokyo, perché avrebbe dovuto aspettare più di sei mesi?”
L’interpellata non seppe rispondere a quella domanda, e rimase zitta, con lo sguardo che era un misto di confusione e timore.
“Angel…” iniziò Zakuro. “Quello che dici potrebbe essere giusto, ma purtroppo non abbiamo nessun indizio per indovinare quello che Flan sta pensando. Non possiamo entrare nella sua testa, lo sai bene.”
“Lo so, lo so, ma…” Angel appoggiò il braccio contro il muro e la fronte al braccio. “Perché tutto è così difficile? Perché le cose devono essere così complicate? Insomma, Profondo Blu era un dio, e in centinaia di migliaia di anni non è riuscito a fare niente all’umanità. Flan al suo confronto non è nulla, è solo un… un uomo. E allora perché è così pericoloso? Perché lui è riuscito a sterminare la mia gente e Profondo Blu no?”
Credeva che queste fossero domande retoriche e senza risposta. Ma, dietro di lei, Zakuro trovò la soluzione anche a questo.
“È normale che sia così. È sempre stato così, anche tra noi esseri umani. Per quanto una divinità possa essere temibile, alla fine sono sempre i fedeli, semplici uomini, a uccidere e sterminare nel suo nome.”
Angel rimase interdetta. Questa poteva essere un’ottima spiegazione. Che però non risolveva le cose.
“Ehi, Angel, prendila più leggera”, cercò di tirarla su Ryou. “Quello che ha detto Zakuro è giusto, ma Flan rimane sempre un uomo. E se siamo riusciti a vincere contro Profondo Blu che era un dio, riuscirete anche contro un comune mortale quale Flan è.”
La ragazza si girò verso di lui fulminandolo con gli occhi.
“Contro Profondo Blu avete vinto perché c’è stato qualcuno che lo ha fermato dal suo interno, altrimenti non lo avreste battuto manco per sbaglio. Contro Flan non possiamo sperare in un espediente come questo. Dobbiamo combatterlo con le nostre sole forze, e… non sappiamo se deciderà di escogitare qualcosa prima che abbiamo ottenuto tutti i potenziamenti. E ci stiamo mettendo troppo tempo. Ormai sono due mesi che Bu-ling ha trovato il suo.”
Si voltò e si diresse quasi correndo verso gli spogliatoi.
“E adesso dove vai?” le gridò dietro Ichigo.
“A calmarmi”, le rispose Angel di rimando.
Masaya fece per richiamarla, ma Ryou lo fermò. “E lasciala perdere” gli disse infastidito. “Avrà anche ragione, non lo nego, ma noi non possiamo farci proprio niente. Quando ha le sue lune, la cosa migliore da fare è lasciarla sbollire da sola.”
Masaya allora dovette riconoscere che il suo capo aveva ragione e quindi, invece di cercare Angel, rimase a pulire e sistemare con gli altri, che non dissero più una parola sull’accaduto.

Mentre tutti quanti stavano svolgendo in tranquillità i loro lavori dopo aver ritrovato la calma, soltanto Retasu, inquieta, lanciava fugaci occhiate nella direzione in cui Angel era sparita. Anche lei si trovava perfettamente d’accordo con quanto Ryou aveva detto, però la faceva comunque star male vedere una sua compagna ridotta in quello stato. Ed inoltre, le stava sorgendo nella mente un’idea. Un’idea che finora non era venuta a nessuno degli altri. Però forse con Angel ne poteva parlare; in fondo, era quella che più di tutti loro conosceva quei due alieni che combattevano. Perciò, col pretesto di andare a spazzare il corridoio, ne approfittò per dileguarsi agli occhi degli altri senza dare nell’occhio.
“Angel-san?” chiese, affacciandosi discreta sulla porta dello spogliatoio.
La vide mentre camminava avanti e indietro, ringhiando domande rivolte a se stessa fra i denti e subito dopo rispondere ad esse annuendo o negando con la testa. A Retasu parve un po’ strano il trovarla così; non sapeva se quelli fossero sintomi di schizofrenia o se fosse normale per lei fare così per calmarsi.
Allora, per richiamarla, bussò un paio di volte contro la porta spalancata.
Angel si voltò di botto, con sguardo feroce. Retasu in quel momento fu sicura che, se al posto suo ci fosse stato uno qualunque degli altri, l’avrebbe mangiato vivo, ma, visto che era lei, l’altra ragazza spense subito ogni impulso aggressivo.
“Retasu? Ti serve qualcosa?” le chiese, spiccia.
“No… veramente no. Volevo solo… proporti una cosa”, provò la più grande appoggiando la scopa contro il muro, non sapendo bene da dove iniziare.
Evidentemente Angel in tutto quel tempo aveva acquistato molta fiducia in lei. Dopotutto, Retasu era sempre stata dalla sua parte quando si era trattato di prendere le sue difese, di tirarla su quando Ichigo la sgridava o le cose le andavano male. Perché non avrebbe dovuto starla a sentire?
“Cosa vuoi propormi?” le chiese, senza traccia di irruenza nella voce.
“Pensavo a quello che avevi detto prima a proposito di quegli alieni. Flan evidentemente è un caso perso, si capiva da come ne parlavi. È veramente un essere malvagio, vero?” le chiese comprensiva.
Angel parve compiaciuta dalla sua solidarietà. “Esatto, hai capito.”
“Però, senti… Flan sarà così. Ma Waffle?” avanzò ancora Retasu.
Vide Angel oscurarsi in viso. “È come Flan. Pari pari”, diede il suo giudizio.
“Ma Angel-san, ne sei così sicura? Io non lo conosco bene come te, ma in un qualche modo… mi sembrate legati, ecco”, azzardò la più grande.
“Purtroppo è vero”, dovette ammettere Angel, ma il suo tono era duro. “Eravamo migliori amici. Ma è stato molto tempo fa.”
“Ecco. Io non so di preciso cosa sia successo, Angel-san, perché non ce l’hai mai detto. Ma sono sicura che Waffle non sia come suo padre. Tutte le volte che abbiamo combattuto, ho visto che puntava te in modo quasi ossessivo. Se fosse veramente come Flan, per lui non farebbe differenza attaccare me o te. Se si concentra su di te, forse invece… è attratto da te, in qualche modo. Da qualcosa che tu hai. Forse, in qualche modo, puoi avere ancora influenza su di lui”, ragionò Retasu.
Angel rimase per un po’ a riflettere su quelle parole con gli occhi bassi. Ma alla fine scrollò la testa. “Sono cavolate.”
“Io invece non lo penso”, insisté Retasu, più determinata. “Angel-san, perché non… perché non provi a parlarci?”
Angel alzò gli occhi sbarrati e fece un passo indietro. “Io parlare con lui? Stai sragionando?”
“Per niente”, incalzò l’altra, decisa a non lasciarsi intimidire. “Angel-san, è possibile. Te lo assicuro, me ne sono accorta, Waffle non è come suo padre. Non è malvagio del tutto, forse si può ancora recuperare. È molto giovane, è un ragazzo come noi. Suo padre l’avrà educato secondo i suoi princìpi, ma la sua mente si può ancora schiarire.”
“No, Retasu, non è vero”, negò Angel, con la voce un po’ più nervosa. “Gli alieni non possono avere sentimenti positivi. Forse da piccolini può anche sembrare che ce li abbiano, ma sono portati al male dalla loro stessa natura. Ecco perché Waffle non potrà mai cambiare. E se è così, non è certo colpa di suo padre. Sarebbe diventato quello che è lo stesso.”
“Ma questo è falso”, replicò Retasu, meravigliata da quel giudizio così gratuito. “Chi ti ha detto queste cose?”
“Nessuno. Le ho imparate da sola. Le ho provate sulla mia pelle. Quelli che dico sono fatti, il resto sono chiacchiere”, disse Angel col tono di chi ha appena chiuso una conversazione, e non vuole tornarci su.
Ma Retasu non aveva intenzione di lasciar perdere. Doveva arrivare alla radice di quel pensiero senza fondamento che Angel aveva ben radicato in testa.
“Angel-san, ti assicuro… tu non hai avuto a che fare solo con quei due, ma hai avuto modo di parlare anche quelli che noi conoscevamo già da prima che arrivassi qui da noi. Bu-ling mi ha detto che vi siete visti sul computer. Tart, per esempio, non è così. Ti è sembrato cattivo?”
“Beh… ecco…”, balbettò Angel in evidente difficoltà. “Ah, ma che domande sono? Se anche a me non fosse sembrato cattivo, non vuol dire che non lo sia. E lo stesso vale per quell’altro che assomiglia a Waffle. Faceva tanto il simpatico, ma si capiva anche solo guardandolo che era il peggio del peggio. È chiaro come il sole. Che altre prove servono?”
Retasu sospirò. Niente. Non c’era niente da fare. Angel non aveva intenzione di ragionarci su.
“Va bene, Angel-san, non importa. Però ti prego, la prossima volta che vedremo Waffle, provaci a parlargli. Al massimo non ti ascolterà. Ma se invece lo farà, forse non avremo più bisogno di combattere e potremo risolvere la cosa pacificamente. Cosa ti costa?”, tentò ancora.
“Perché dovrei farlo io? Lo sai che non sono brava con le parole. Parlaci tu, se sei così convinta”, borbottò Angel, imbronciata.
“Perché io per lui sono una signora nessuno. E così tutti gli altri. Noi non significhiamo niente per lui. A te, invece, ti conosce. C’è più probabilità che dia retta a te che a noi”, cercò l’altra ancora di far ragionare la sua compagna.
“Ma… ma…” capitolò Angel, illuminandosi in viso. “Aspetta, non ti ho ancora detto tutto. In verità io ci ho parlato una volta con lui. Certo che ci ho parlato. Poco prima di arrivare qui da voi. Ho cercato di fargli aprire gli occhi sulla realtà e su cosa stava sbagliando. Pensi che mi sia stato a sentire? Questo conferma quello che ho detto.”
Retasu ci pensò su un attimo. “Allora già una volta ci hai provato. Però, pensaci: hai parlato con Waffle da pari a pari come fai con noi, oppure mettendoti in qualche modo sopra di lui? Perché se è la seconda, non me la sentirei nemmeno di dargli torto, se non ti ha ascoltato. L’ho incontrato poche volte, ma si capisce che è un tipo orgoglioso.”
Angel ci riflettè. “Non è che mi ricordi con precisione, è passato tanto tempo… però in effetti può darsi. Qualche insulto in mezzo ce l’avevo messo.”
Rimase allora in un silenzio imbarazzato, senza aggiungere altro e con la confusione negli occhi.
“Torno di là a pulire”, le sorrise Retasu prendendo la scopa che aveva appoggiato al muro. “Cerca di capire. So che puoi farlo.”

Uscendo dallo spogliatoio per tornare nel corridoio, una voce maschile accanto a lei la fece trasalire.
“Hai la vista lunga, Retasu.”
Si girò a destra. Ryou era appoggiato alla parete di fianco alla porta, le braccia incrociate e gli occhi socchiusi.
“Ah, io…”, balbettò Retasu, sentendosi i pensieri accavallarsi in testa. “Era solo un consiglio che mi era venuto di darle.”
“Ma è un consiglio giusto”, replicò lui staccandosi dal muro. “Ad Angel non sarebbe mai potuta venire in mente una soluzione simile. E neanche a noialtri, del resto. Non ho idea se il figlio di Flan sarebbe mai in grado di ascoltarci, ma chissà se davvero Angel ha quel qualcosa che potrebbe indurlo a ragionare?”
Dopo aver detto queste frasi con aria pensosa guardando il soffitto, abbassò lo sguardo su Retasu. “Comunque hai ragione da vendere. Non sempre la soluzione giusta è combattere. Si può anche concludere una guerra in maniera non cruenta. Era un’opzione su cui non mi sarei mai soffermato da solo. Sono fortunato ad averti, Retasu.”
Detto questo si allontanò tranquillo, per tornare a sorvegliare il lavoro degli altri.
La ragazza rimase per un po’ lì ferma. Di tutto quello che Ryou le aveva detto, non ricordava nemmeno una frase perché, mentre lui le parlava, lei si era sentita troppo frastornata per fissare nel cervello le parole da lui pronunciate. E tuttavia, l’ultima parte del suo discorso ancora non le era uscito del tutto dalla testa: nell’ultima frase, che le stava sfuggendo a poco a poco dalla mente, Ryou aveva detto siamo fortunati o sono fortunato? Ragionando velocemente, Retasu, andando per esclusione, giunse alla conclusione che non poteva aver pronunciato la seconda opzione. No di sicuro. Non per lei. Non con Angel che occupava ormai una buona parte della vita del ragazzo.

 

--

E niente, il computerino tarocco di Bu-ling resterà sempre nel cuore di noi fans xD

Riguardo l'affermazione sulla zoofilia di Angel: se ci pensate, gli alieni sono di una specie differente da quella degli uomini. Indi per cui, una relazione di tipo sessuale con essi sarebbe più o meno come farsela con un animale, almeno in teoria. E per Angel, che ha un'opinione molto bassa su di loro, questo vale ancora di più.

Io spero che la parte su Retasu vi sia piaciuta e che sia venuta bene. Ho cercato di caratterizzarla secondo un aspetto che nella serie aveva mostrato più volte: il cercare di comunicare coi suoi nemici, e quell'altalenanza sicurezza/insicurezza che la contraddistingue. Anche alla fine prima serie era enormemente cambiata e cresciuta rispetto all'inizio, ma un po' di timidezza e insicurezza le era rimasta sempre. In questa seconda serie ha acquisito abbastanza sicurezza e forza interiore da riuscire a vincere in una discussione con Angel, molto più irruenta e impulsiva di lei (del tipo che all'inizio della prima serie non sarebbe neppure stata capace di iniziarla, una discussione con lei). Ma ancora non è del tutto a suo agio e pensa ancora, secondo una sua illogica convinzione personale, che Ryou le preferisca l'altra ragazza; anche nella prima serie c'erano volte in cui era convinta di valere meno degli altri, nonostante non fosse vero. Se c'è qualcuna fra voi che ama particolarmente questo personaggio e lo ha approfondito meglio di me (Blackmiranda, per esempio... xD) mi farebbe piacere sapere se questa visione su di lei è giusta e ci ho azzeccato.

E vorrei un attimino fare un discorsetto su Waffle (che magari l'avevate già capito, ma qui lo faccio presente): il fatto che abbia un'opinione positiva su suo padre nonostante riconosca tutto quello che gli ha fatto non è una cosa buona. Significa soltanto che è talmente plagiato da arrivare addirittura a giustificare tutti gli abusi, fisici e psichici, che ha subìto. Perché una cosa è subìre senza rendersi conto, oppure covare risentimento verso il tuo aguzzino. Ma se subìsci e lo giustifichi dandogli anche ragione, allora vuol dire che stai messo male. Molto male.

In ogni caso, mi scuso se ultimamente ci sto mettendo un po' a caricare capitoli nuovi, ma praticamente ho concentrato il mio tempo libero a fare bene la cover in alto e ho un po' trascurato la scrittura. Poi i prossimi capitoli saranno zeppi di roba e non tratteranno l'argomento cazzeggio come quelli scorsi, quindi devo pensarli un po' di più (sì perché, lo confesso, io i capitoli leggeri non li penso: se ci dev'essere una discussione comica tra Angel e Ryou, non è che pondero il loro dialogo; mi scrivo nella scaletta roba tipo "Angel fracassa i cogl***i a Ryou" e il resto lo improvviso in tipo cinque minuti. Coi prossimi, che saranno pesanti, purtroppo non sarà così).

Spero di riuscire a caricare il prossimo presto. Un saluto a tutte!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: Xion92