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Autore: slytherin_sev    26/09/2016    2 recensioni
Hogwarts si era sicuramente ravvivata con l'arrivo di Durmstrang, per i gusti di alcuni anche troppo. Forse sarebbe stato meglio se ognuno avesse camminato da solo sulle sue gambe, ma così non è andata e la verità troverà sempre una via, che sia il verità Serum, sogni rivelatori o per via di bocche forse poco sagge.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Severus Piton, Viktor Krum
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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20 - the end I giorni tornarono ad essere tutti uguali, passavano molto meno tempo insieme, lui non la cercava mai, era sempre lei ad andare nel suo studio, da settimane lui non andava nella sua camera. Un po' se lo aspettava, sapeva che lui non le avrebbe mai dedicato il tempo necessario per ricostruire il loro rapporto. Nel frattempo però si era avvicinata a un suo compagno di casa, erano sempre stati amici ma non erano mai usciti assiduamente insieme, ultimamente il loro legame si era stretto, durante pozioni lei dava sempre le spalle alla cattedra per poter parlare con lui, Severus lo aveva notato ed era infastidito dal suo comportamento.
Le uscite che prima, già prima occasionali, divennero sempre più sporadiche, Piton non le chiedeva mai di uscire e lei quando poteva stava insieme al suo amico. Un sabato sera erano tornati da una gita a Hogsmeade lui era fuori, in corridoio e lì vide, entrambi avevano un lungo lecca lecca in mano, lui le stringeva a sé con una mano sui suoi fianchi mentre le sussurrava all'orecchio, lei sorrideva fingendo di ribellarsi ma era ben attenta a non spostarsi dalle sue braccia, fingeva di provare fastidio dicendo il suo nome in modo sciocco quando gli occhi di Severus si sollevarono dal fianco di lei, lui la stava baciando.
Non importava se era solo sulla guancia, se era da amici, un bacio c'era stato. Andò da loro a passi lunghi "cosa sta succedendo qui? Il coprifuoco è finito mezz'ora fa, dovreste già essere nelle vostre stanze" il tono che aveva usato era più alto di quello che sperava ma ľimportante era farli allontanare e aveva funzionato, lui le aveva tolto le mani di dosso e aveva fatto qualche passo indietro abbassando il lecca lecca con aria colpevole, un sorriso crudele gli solcò il viso, una sola frazione di secondo ma lei lo notò e i suoi occhi dardeggiarono su di lui.
Anche lei si portò il lecca lecca al fianco ma aveva il pugno chiuso per la rabbia e guardò ľora "innanzitutto il coprifuoco al massimo inizia tra mezz'ora e alla sua età lei dovrebbe saper usare da un pezzo un orologio. Seconda cosa, come vede non stiamo facendo niente di male, siamo entrambi Serpeverde e siamo nel nostro dormitorio a un'orario decente". Lei si voltò verso il suo amico "ti dispiace aspettarmi un attimo dentro?", gli apri, lui entrò e, senza fare domande, si chiuse la porta alle spalle. Lui fece per parlare ma lei lo precedette prendendolo in disparte per la camicia facendolo abbassare fino al suo viso "chiariamo bene una cosa tu e io, non so cosa ti sia messo in testa ma vedi di finirla prima di subito. Primo queste sceneggiate con urla a me non le fai, se alzi di nuovo la voce in mia presenza per un motivo meno che valido sarà anche ľultima volta che mi parlerai. Secondo, non ci provare nemmeno anche solo a pensare di metterti in gara con lui ora per vincere il mio amore, quanto è vero Dio è la volta buona che lascio il tuo corso e voglio vedere come lo spieghi ai tuoi colleghi. Terzo, in queste settimane non ti sei mai e dico mai degnato di venire tu per primo a cercarmi" lui fece per parlare ma lei lo interruppe di nuovo "oh si lo so lo so, sei impegnato, il tuo tempo è prezioso, non è come il mio, io sono solo una ragazzina che ha in mente la scuola, i ragazzi e poco altro, non salverò il mondo una pozione alla volta, ma vedi questo è il mio tempo, e anche se non prezioso come il tuo è il solo che ho e per me ha valore". Come ebbe finito di parlare lasciò la presa e, senza dargli il tempo di replicare, entrò nella sua stanza sbattendosi la porta alle spalle e chiudendo a chiave. Poggio la schiena alla porta scivolando fino a pavimento coprendosi il viso con le mani, piangeva copiosamente perché sapeva che lo aveva perso, questo era ľultimo chiodo sulla bara della loro relazione.
O meglio, avrebbe fatto questo se avesse avesse potuto, se fosse stata sola, quando chiuse a chiave si girò verso il suo amico e sorrise "ma che gli prende a Piton?" chiese lui "ma niente, è il solito mr simpatia" gli rispose lei poi Severus non sentì più niente, solo qualche risata ovattata. Lui doveva ignorarla, per qualche motivo il marchio nero era tornato a farsi vedere, dove capire come fare, cosa stesse succedendo. Lei non sapeva del suo passato, non sapeva che fosse stato un mangiamorte, che fosse stato lui ad aver condannato a morte Lily, doveva dimenticarsi di lei, non voleva che il signore oscuro sapesse di lei tramite i suoi pensieri.
Un paio di settimane e si erano lasciati alle spalle anche la seconda prova, quando ebbero di nuovo lezione insieme, non si erano rivisti, lui non era andato da lei che ci aveva costantemente pensato, si metteva spesso sul letto a fissare la porta sperando di vederla aprirsi e trovarci dietro Severus, la porta però rimaneva sempre, invariabilmente chiusa. Ormai usciva sempre insieme ai suoi compagni e spesso loro erano da lei, il mantello nero era rimasto sulla sua sedia in bella vista. Spesso riceveva battute a riguardo, la accusavano di uscire con Piton, ogni volta lei li dissuadeva da quella sciocca teoria facendo raccontare al suo amico come lo aveva trattato e, ogni volta, lei moriva un po' dentro. Voleva urlarlo al mondo che loro erano insieme, che erano una coppia, che nessuno ľaveva amata come aveva fatto lui, che per lei lui era speciale, era tutto, avrebbe fatto carte false per potersi poggiare di nuovo sul petto dopo aver fatto ľamore, per poter fare ľamore, essere nudi e non sentirsi a disagio, lui le mancava come ľaria, decise quindi di agire.
Aveva messo il mantello nello zaino, glielo avrebbe ridato a fine lezione, sperando che reagisce, che lottasse, che facesse qualunque cosa. La campanella era suonata "vieni andiamo dalla McGonagall", lei abbassò lo sguardo "arrivo tra due minuti, andate avanti" lì osservò tutti uscire con la coda dell'occhio assicurandosi che fossero rimasti soli, posò il suo mantello sulla scrivania "mi fanno troppe domande, preferisco ridartelo", aspettò una sua reazione, che alzasse la testa, che la guardasse, che le chiedesse di restare o che gli desse un appuntamento ma non successe, lui semplicemente continuava a scrivere. Le si spezzò il cuore definitivamente e uscì da quel aula sapendo di aver perso per sempre un pezzo di lei.
Lui iniziò a piangere quando vide che lei gli aveva lasciato il mantello, le lacrime iniziarono a rigargli le guance ma non voleva che lo vedesse, doveva lasciarsela alle spalle, era pericoloso per lei e per chiunque altro essergli troppo vicino. Quella sera strinse il mantello a se, aveva il suo odore, quello della sua stanza e le mancò quasi da fargli male. Uscì dal suo studio, fece alcuni passi e bussò alla sua porta, lei gli aprì che aveva indosso solo una maglietta, quella maglietta, quella della loro prima notte insieme e lui non capì più niente. La spinse dentro le mise una mano dietro al collo e la baciò. In un momento erano di nuovo nudi e fecero ľamore come non gli capitava da tanto. Quando finirono lui la guardò dritta negli occhi "ascoltami bene e non interrompermi e non farmi domande, lo so è strano ma ascoltami. C'è qualcosa che non va, no non riguarda me ma il mondo magico, non posso spiegarti cosa stia succedendo ma ti prego stai in guardia. Questa sarà la nostra ultima notte insieme, devi dimenticarti di me e io di te. Capirai il perché molto presto temo", si era alzato dal letto e lei non aveva parlato era rimasta sdraiata a guardare il soffitto "ti prego resta, se non possiamo vederci mai più almeno rimani un'ultima volta", rimase un attimo in piedi a riflettere ma alla fine accettò e si rimise al suo fianco. Dormirono tutta la notte abbracciati e al suo risveglio lui era sparito, al suo fianco trovò un pacchetto e lo aprì. Era la collana che le aveva preso quando si erano lasciati anche se lei non poteva saperlo, la sollevò e la guardò attentamente, le piaceva e la indossò subito giurando di non toglierla mai più.
Arrivò la terza prova e con lei anche la morte di Cedric, non riusciva a crederci, Harry Potter diceva che era stato Voldemort a ucciderlo e Silente gli credeva ma chiunque altro no. Nessun suo compagno sembrava credere a tutta quella montatura in stile Potter ma lei sotto sotto sì, sentiva che che le parole di Severus ora aveva un senso ma non sapeva a cosa pensare.
Arrivò a breve anche la fine della scuola, quello era il suo ultimo anno a Hogwarts, non avrebbe mai più rivista quella che per sette anni era stata la sua casa ma soprattutto non avrebbe mai più visto Piton, dentro aveva come un vuoto impossibile da colmare. Andò a lavorare per il ministero e così il suo amico, che divenne presto fidanzato. Lui non credeva a niente di quello che aveva detto Potter, per lui era solo una montatura di Silente come pensava anche chiunque nel mondo magico, lei non voleva crederci ma si fidava di Piton almeno su quello
Dopo qualche mese che lavorava per il ministero si era fatta dei nuovi amici e insieme al suo fidanzato decisero di andare un week end a Hogsmeade come ai vecchi tempi. Lei si guardava continuamente intorno cercando Severus quando lo vide con la coda dell'occhio dentro i tre manici di scopa, propose allora a tutti di prendersi una burrobirra per potersi scaldare. Piton era al bancone, lei fece in modo di trovare un tavolo che le permettesse di vederlo, sperava che non andasse via prima di lei, quando ebbero finito di bere si propose lei di andare a pagare per fare in modo di trovarsi da lui senza dare nell'occhio. Lui non la vide fino a che non le fu di fianco, diede i galeoni a Rosmerta e quando lei si allontanò gli sussurrò "è vero quello che dice Potter? Siamo in pericolo? Lui è tornato?", Severus girò a malapena il viso per guardarla e annuì leggermente quando vide che sulla mano aveva un anello "quello è" e lei annuì, ľoste era tornata con il suo resto, si allontanò da lu con la paura nel cuore.
Si fidava di Piton, non aveva senso che mentisse, ma perchè il ministero allora stava insabbiando la verità invece che correre ai ripari? Aveva paura ma era certa che, per quanto i comportamenti di Caramel e della Umbrige verso Hogwarts fossero strani, si potesse stare tranquilli. Era impossibile che ci fosse un reale pericolo così incombente e il ministero non facesse niente.
Fu smentita quando Voldemort entrò al ministero. Era tutto vero, il signore oscuro era tornato e lei era terrorizzata. I nati babbani e i mezzo sangue erano attaccati continuamente e lei era uno di loro nonostante fosse Serpeverde. Viveva nella paura senza poter dire niente mentre il suo compagno si sentiva tranquillo "io non ho niente da nascondere o di cui preoccuparmi, sono un vero mago, 100% purosangue" e forse questo la terrorizzata anche di più ,voleva andarsene ma non sapeva come, così rimase al suo posto, non era abbastanza importante perché la cercassero. Entrò nella resistenza ma nemmeno lì era troppo ben voluta, la tenevano all'oscuro dei piani e non le davano incarichi importanti, come potevano fidarsi di una Serpeverde? Non era sicura in nessun posto.
A giugno arrivò la notizia della morte di Silente e con lei anche chi ľaveva ucciso e non riuscì a crederci. Non poteva essere vero, non poteva essere stato Severus, doveva essere un fraintendimento oppure una menzogna ma non poteva essere così. Dopo quella notizia venne cacciata dalla resistenza, Piton aveva dato prova di chi fossero veramente i Serpeverde e ora non c'era spazio per lei in nessun posto. Quando iniziarono anche a requisire le bacchette dei nati babbani e dei mezzosangue come rubate decise di entrare in clandestinità, sapeva che prima o dopo sarebbero arrivati a lei, il suo compagno non era certo un mangiamorte, era più simile a quelli che 'stavani solo eseguendo gli ordini'. Si inventò di dover tornare dai suoi e scappò per boschi per un anno intero.
Mangiava quando e se poteva vivendo di piccoli furti e il suo aspetto cambiò giorno dopo giorno era come se si spegnesse un po' di più la fiamma della vita che ardeva dentro di lei, non le importava più di niente, anche la sua sanità mentale stava iniziando a cedere, un giorno voleva nascondersi, uno lottare, uno andare all'estero e uno uccidere Voldemort a mani nude. Nei suoi peregrinaggi incontrò un gruppo di suoi coetanei che come lei erano in fuga e si unì a loro. Fortunatamente avevano una radio così riuscì a unirsi alla battaglia di Hogwarts. Prima che iniziasse fu strano per lei trovarsi di nuovo là, dentro quelle mura che erano state una casa per lei. Sfiorò il muro di mattoni con la punta della dita e le tornarono alla mente tutti i suoi ricordi felici, i suoi amici, quanto era cresciuta, il suo primo volo, quando sgattaiolava nelle cucine, i primi amori, i voti belli e quelli brutti, le notti insonni per gli esami e quel anno. Era scolpito chiaro nella sua mente quel anno, ľultimo, il più bello, prima Viktor e poi Severus ed ora era di nuovo qua, a combattere anche contro di lui. Era la fine di tutto Hogwarts era di nuovo qui a proteggerla e lei la difendeva, la scuola ora sembrava come lei, un po' come se avesse avesse perso il suo calore, la sua anima. Iniziarono gli sconti e lei non si tirò indietro, aveva paura ma cosa cambiava da morire a vivere da reietta?
Quando finalmente la battaglia finì lei era malconcia, ma stava sicuramente meglio di molti altri così aiutò come poté i feriti, stava fasciando una ragazza quando sentì Severus nominato in una conversazione, allungò ľorecchio mentre con le mani continuava a lavorare. E sentì tutto quello che aveva fatto Severus, Lily, la sua redenzione, aveva salvato il mondo magico sacrificandosi, perché si, era morto e il suo corpo era all'interno della stamberga strillare, lasciò istantaneamente quello che stava facendo e si fiondò fuori. Entrò strisciando nel cunicolo che portava fino a dentro e quando riemerse la prima cosa che vide fu una gamba, circondata da sangue e una mano posata per terra, esanime. La sua sanità mentale in quel momento sparì e corse fuori, urlava il suo nome e lo stringeva a sé, morto. Urlò con quanto fiato aveva in gola fino a perdere la voce, si raggomitolò vicino a lui con la testa sul suo petto, il suo battito una volta forte e chiaro ora era debole e distante quasi come fosse morto. Un momento, ma lui doveva essere morto, lui non doveva avere battito! Mandò il suo patronus ad avvisare i medimagi e questi lo teletrasportarono al San Mungo.
Passarono diverse settimane prima che lei riuscisse ad andare a trovarlo all'ospedale, era in un letto, ricoperto di bende al collo e circondato da pozioni, dormiva senza potersi svegliare da allora. Il primo giorno rimase qualche minuto, una settimana dopo passava lì diverse ore e, un mese dopo, passava lì anche la notte, incantava il letto magicamente e si accoccolava al suo fianco. Era presto, non sapeva quanto ma a giudicare dal fresco e dal silenzio non più tardi delle sei quanfo si sentì chiamare "buongiorno", lei si coprì svogliatamente "no, è presto", "svegliati, ne avrai di tempo per dormire ora alzati e dammi un bacio". Un bacio? Chi è che doveva baciare? Aprì gli occhi e Severus la guardava sorridente, era pallido e affaticato ma ancora vivo lei urlò e lo strinse "ahia, ahia fai piano che non sono più quello di una volta", lei lo baciò e si alzò dal letto "doveva vai?", "a chiamare gli infermieri" era la risposta che sentì a malapena mentre lei era già sparita dietro la porta. Ci vollero mesi per riprendersi e lei rimase sempre al suo fianco, ogni giorno passava quanto più tempo poteva insieme a lui fino al giorno delle dimissioni. Lui era seduto sul letto con la schiena poggiata al muro e lei aveva la testa posata sulla sua spalla lui le carezzava un braccio "senti volevo chiederti" disse lui esistante "se, ecco, insomma, domani mi dimettono. Però non è che mi sento proprio in forma, non potresti passare qualche settimana da me?", lei annuì.

Le settimane divennero mesi, e i mesi anni e lei era rimasta la, era diventata sua compagna prima e sua moglie poi.
Erano seduti sul divano, lui leggeva un libro e lei aveva la testa sulle sue ginocchia "stavo pensando" disse lei interropendo il silenzio, lui spostò il libro e la guardò dall'alto sfiorandole i capelli "che progetti hai per la stanza vuota?", lui riflettè un attimo "non saprei, non ci stavo pensando in realtà, bho forse un altro studio, oppure non saprei". Lei rimase un attimo in silenzio "io avrei un idea diversa" si interruppe e lo guardò, lui le fece cenno di continuare "io pensavo a una nursery". Lui la guardò non convinto "perché mai dovremmo fare una nursery se non abbiamo bambini?", lei sorrise scosse la testa e si accarezzò la pancia. Lui ci mise un attimo a ricollegare i punti ma si alzò di scatto dal divano facendole sbattere la testa contro i cuscini "ahia!" gli urlò contro stringendosi la testa. "NO! Dimmi che non stai scherzando! Dimmi che è vero" lei si sedette e annuì chiudendo gli occhi lui la sollevò dalla vita abbracciandola e girando su se stesso mentre la baciava "mi hai reso ľuomo più felice del mondo". La stringeva senza nessuna intenzione di mollarla, con lacrime di gioia a rigargli il viso, finalmente anche lui aveva qualcosa per vivere, finalmente aveva il suo lieto fine.
   
 
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