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Autore: LeAmantiDiBillKaulitz    26/09/2016    1 recensioni
Prendete Chelsea e Alexandria, due migliori amiche particolarmente male assortite: una, rumorosa, casinista, molto oca e morbosamente ossessionata dal cinema, l'altra acida, nervosa, arrabbiata e decisamente pronta a picchiare tutti. Poi aggiungete Bill, antipatico, isterico, viziato ma terribilmente sexy. Mescolate con un'intervista ai Tokio Hotel per il giornalino universitario, con un Tom molto scemo, un Georg molto martire e un Gustav molto affamato. Il piatto è pronto: tra gaffes, incomprensioni, tacchi alti, litigi e romanticismo-fai-da-te, riusciranno le due ragazze a conquistare l'algido cuore del cantante?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
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Come le interviste vanno a finire in inciuci strani
ALEXANDRIA’S POV
Odio le interviste. Odio i presidi pieni di soldi che ti costringono a lavori ignobili come le interviste.
Odio i cantanti famosi. Soprattutto le boy band del momento. Odio i bimbi viziati che si divertono a canticchiare le loro canzoni del cavolo perché non hanno di meglio da fare in agenda.
Odio questa cosa che sono stata spedita qui a fare, per non parlare di quanto odi essere svegliata troppo presto da quella capra con i rasta della mia coinquilina. O meglio, di quella capra con i rasta che da qualcosa come Tutta la mia Fottuta vita mi rompe le palle con le sue chiacchiere allegre e ottimiste.
Odio l’allegria. E odio l’ottimismo. Soprattutto la mattina presto.
Insomma, sarà meglio vivere da metallari punk scazzati all’inverosimile? Nessuno viene a romperti le palle. A parte le coinquiline, alle sette, con le loro cazzo di tazze di latte. Ma Chess è perdonata in partenza. Sia chiaro che è un privilegio riservatole da molti anni di fedele spalleggiamento nella battaglia contro la società odierna condotta con orgoglio dalla sottoscritta e il resto del popolo dei matti usciti direttamente dal buco del Bianconiglio di Lewis Carrol. Usciti, nel mio caso, molto incazzati.
Ma tornando a noi.
Siamo arrivate in questa specie di salotto borghese camuffato da ufficio e ci abbiamo trovato quattro tizi dall’aria molto sospetta: un orso biondino intento a mangiare (mi ricorda i bei tempi passati sul lettone dei miei a scarabocchiare i libri di Winnie The Pooh), un finto metallaro palestrato, un coso simile a un vichingo a dieta e … un incrocio tra Vedova Nera e la Fata Turchina.
Beh, per Dio, i primi due sembrano simpatici. Anche il terzo, anche se ha la faccia da ritardato. Ma Fata Turchina mi spaventa: è troppo … troppo nero, troppo argento, troppo ingioiellato, troppo effemminato, troppo elegante, troppo snob, troppo schifosamente intonato a questo salotto e troppo scostante dagli altri suoi tre occupanti. Come se fosse un soprammobile in dotazione, ma del colore sbagliato. È come se i tre musicisti fossero arrivati a rompere l’armonia del salottino con la loro pizza e la loro irruenza, disturbando la quiete della stanza e rompendo il perfetto equilibrio della mobilia della quale faceva parte anche Vedova Nera. Se i divani fossero in pelle nera e le tende fossero di velluto rosso lo scambierei veramente per un soprammobile. Se non si muovesse, se non avesse parlato, se non mi fissasse con quei due pozzi color cioccolato troppo truccati di nero non crederei che sia vivo. Sembra una bambola. Una bambola troppo perfetta. Non mi piace la perfezione, perché non fa parte del mio armamentario. Nella cabina del corazzato denominato ‘Alexandria Herder’, ‘perfezione’ non è scritto su nessuna targhetta. E questa cosa è allarmante non poco. Passo.
-Oh, certo, giusto, sicuramente, ovvio- non sono l’unica ad essere rimasta folgorata dalla languida perfezione della Fatina: Chess si sta ingarbugliando con le parole. Prima mi ha lanciato un’occhiata preoccupante, molto simile a quella che mi manda quando vede qualche vecchia cassetta impolverata nei negozietti d’antiquariato. E la cosa più preoccupante è che ho ricambiato. Fatina mi spaventa, l’ho già detto. Mi fa fare cose che non farei.
-Allora … iniziamo con la prima domanda … - prede il blocchetto scarabocchiato dei tempi della terza media e la penna semi scarica che abbiamo trovato sotto il letto, e tremante tenta di sedersi su una sedia che qualche buon cristiano ha portato.
Nel sentire quelle parole, i tre tizi simpatici si fiondano sul divano, con un lamento elegantemente soffuso da parte della Fata. In breve Winnie The Pooh fa sparire il cartone di pizza sotto un mobile (non oso immaginare quali aliene forme di vita ci siano là sotto), e siamo pronti per cominciare.
-Allora … ehm … ah, sì, certo: la prima domanda è- sta ripetendo le parole. Capita, quando è nervosa. E non dà poco fastidio, soprattutto alla sottoscritta, amante delle persone chiare e circoncise. –Da dove è nata la vostra passione per la musica?
A parlare per primo è il vichingo. –Beh, a parer mio tutto cominciò dal viaggio in Tanzania con il nonno. Io e Bill avevamo circa sette anni, e quell’estate eravamo in balia dei nonni, visto che mamma e Gordon erano in crociera per un mese. Insomma, per farla breve laggiù c’erano … come si chiamano …
-Gli aborigeni- interviene stancamente Mister Fatina. Cazzo, non riesco a non sussultare ogni volta che quell’affare apre bocca. Tagliategli le corde vocali. È troppo cattivo da dire? … argh, Alexandria, chiudi la bocca e non pensare queste cose troppo gentili. L’ho detto, sto facendo cose che non farei.
-Sì, ecco, gli aborigeni. Eravamo in giro per le pianure selvagge quando ci è capitato di sentire in lontananza una melodia così … così …- il vichingo fissa incantato il soffitto, scuotendo la testa e richiamando alla mente chissà che cose. Scatto qualche foto.
-A Tom è piaciuta così tanto che quando siamo tornati a casa ha voluto assolutamente riprodurla con la chitarra del nostro patrigno. Ne è uscito un supplizio per le nostre povere orecchie … - il moretto fa dei gesti con la mano, come a voler scacciare dei moschini fastidiosi, facendo brillare tutta la chincaglieria manco fosse un lampadario. –Ma strimpellare quella roba gli è piaciuto così tanto che ha voluto assolutamente continuare a farlo- termina, con voce piatta. Poi aggiunge, rivolto al fratello: -Sii breve, Tom. Chiaro e circonciso. Le persone che si perdono nelle parole sono poco professionali.
Oh. Ragazzino, tu mi piaci sempre di più. Argh, di nuovo. Mi mordo la lingua. Composta e orgogliosa, soldato Herder.
-Ah, capisco … quindi è stato un incontro casuale quello fra voi e il mondo della musica?- torna a chiedere eccitata Chelsea dopo un breve silenzio. Chissà se si è accorta della somiglianza. Faccio un’altra foto, più da vicino.
-Sì, e anche piuttosto pericoloso. Quel babbeo ha voluto avvicinarsi troppo e per poco non ci beccavamo qualche bella freccia avvelenata nel sedere.
-Oh- ok, Chess è definitivamente partita. Pende dalle sue belle, piene, grosse labbra. Grr, maledetta bambola perfetta. Non fatemi dire queste cose.
La scuoto un po’ per la maglietta, così sembra svegliarsi.
-Ok, allora andiamo con la prossima domanda … cosa volete trasmettere con le vostre canzoni?
Questa volta è il finto metallaro simpy a rispondere. Ha la faccia di uno che potrebbe diventare il tuo migliore amico. Wow, non mi immagino Alexandria Herder e il suo Migliore Amico il Metallaro Finto. Insomma, è già tanto se riesco a stare 24 su 24 con quella cosa con i rasta bianchi e rosa che è la mia amica. Ma lei la conosco dalla notte dei tempi, probabilmente è un altro discorso.
-Innanzitutto sappiamo che mezzo mondo ci odia. E questa è una delle cose per cui ringraziamo di più al mondo, perché salire su un palco a urlare il nostro pop-rock è ancora più stimolante sapendo che un sacco di gente preferirebbe vederci a mendicare sotto un ponte. È un po’ come dire: ‘Hey, ciao, so che mi odi, eppure sono qua a infiammare folle di fan deliranti, mentre tu non riesci nemmeno a trovarti una ragazza degna di essere chiamata tale’- spiega, beffardo. Però! Mi piace come la pensa il Metallaro. Ha la mia stessa filosofia. –Quindi credo che il messaggio principale sia quello di non arrendersi mai. Ne abbiamo passata qualcuna, insieme, eppure sono dieci anni suonati che suoniamo insieme. E credo che sarebbe così in ogni caso, anche se non fossimo famosi. Suoneremo insieme comunque, anche ai bordi delle strade- la smorfia della Fatina nel sentire ‘ai bordi delle strade’ è simile a quella che farebbe una nobile signora dell’Ottocento francese nel sentire ‘al ricevimento inviteremo un sacco di simpatici contadini’.
-Wow, Georg, come sei nobile- ridacchia Winnie The Pooh dal divano. È la prima cosa che gli ho sentito dire da quando siamo entrate.
Georg fa svariati inchini, mentre Chelsea passa alla domanda successiva.
-Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Questa volta si fermano a pensarci un po’. Sembrano degli gnomi pensosi. Odio gli gnomi, soprattutto quelli di ceramica che le nonnette mettono in giardino. Non esiste nulla di più inquietante … Fatina a parte.
-Beh, continuare a suonare, credo. Sì, decisamente continuare a suonare. Continuare a scrivere musica e a sfondare i palchi con la nostra magnificenza!- annuncia il vichingo sorridendo, per poi ricevere consensi e strette di mano dagli altri due tizi simpatici. La Fatina si limita a scuotere la testa, anche se sono sicura che quello che sta prendendo forma sulle sue grosse, belle e piene labbra sia un sorriso divertito.
Oh, ti prego, non metterti anche a sorridere adesso.
Mi rifugio dietro lo schermo della macchina fotografica e faccio qualche foto, tanto per non dover vedere quel viso da Biancaneve sorridere.
A quanto pare la mia compare non è stata altrettanto furba, visto che sta sbavando a litri.
-Non è che vi va un caffettino?- chiede il vichingo dopo un po’.
-UH! No, vi prego, aspettate un attimo, ancora un paio di domande … quali sono le vostre ispirazioni?- si scuote Chelsea.
-I negri nei film americani!
-La bistecca alla pizzaiola!
-Gli Iron Maiden!
La faccia di Chess mentre annota tutto è sempre più esilarante. Potrei quasi mettermi a ridere.
-Bill, la tua?- chiede balbettando alla Fatina affondata nel divano.
Quello si prende tutto il tempo necessario per alzare gli occhi dalle sue meravigliose unghie, sospirare, strofinarsi i capelli, tirarsi un po’ su, sistemarsi il serpentone di piume nere intorno al collo, accomodarsi con una mano sotto il mento, e poi rispondere. Nel frattempo io e la compare abbiamo perso qualche litro di saliva sbavando sul pavimento.
-I racconti di Edgar Allan Poe.
Bene, questo tizio è decisamente inquietante. Non capisco se Chess la pensa come me o quella che ha dipinta in viso sia solo una smorfia di completo smarrimento nel dover fissare così a lungo quella specie di angelo malefico. Deglutisce rumorosamente, poi annota piano sul blocchetto, tutta rigida sulla sedia. L’obbiettivo della macchina gracchia mentre immortalo, con la mascella praticamente a terra, la posa mielosamente puttanesca del cantante in questo momento.
Bene insomma, abbiamo a che fare con un effemminato, dark, emo, inumano e macabro. Gli allarmi del corazzato stanno trillando impazziti. Vedo spie rosse, gialle e verdi lampeggiare ovunque in preda al panico. Devo riconoscere alla Fatina il merito di spaventarmi a morte.
-Bene, allora, ci prendiamo questo caffè?- viene fuori il vichingo, rompendo l’atmosfera di magia nera calata sulla stanza.
-Uhm … c-certo, possiamo fare una pausa se vi va- borbotta Chess sorridendo, mentre mi manda un’occhiata a metà fra l’innamorata persa e la pecorella terrorizzata caduta in balia del lupo.
Winnie The Pooh e gli altri due ragazzi schizzano su dal divanetto, seguiti da me e Chess. Bill si alza, lentamente, per ultimo.
Ci dirigiamo verso una macchinetta del caffè fuori dalla porta dell’ufficio.
Assomiglia tanto a quelle che piazzano nei corridoi delle scuole tanto per far vedere che ci tengono ai loro studenti. Ma tanto si sa che lo schifo che esce da lì è solo acqua parecchio sporca. Insomma, se proprio dovete farvi un caffè degno di tale nome, venite da me alle sette di mattina.
Chelsea e il vichingo chiacchierano allegramente di film, pellicole e altre cose da tizi che non hanno un cazzo da fare oltre a stare fermi davanti alla tv. Che cosa cattiva da dire. Stai zitta coscienza. Georg, l’amico finto metallaro, e l’orso che non ricordo come si chiama ridacchiano con loro aggiungendo qualcosa ogni tanto. Bill fissa la colonna di vapore che si alza dal suo bicchiere bollente, seguendo con i letali occhi color cioccolato le evoluzioni delle particelle d’acqua nell’aria. Io mi guardo sospettosamente intorno, soprattutto sto tenendo d’occhio il moretto-fatina. Nei quattro metri quadrati occupati da noi sei si distinguono due zone climatiche diverse. Tropicale e caldo vicino a Chelsea e gli altri. Vicino a me e la Fatina, ghiaccio puro. Come se lui fosse il mercenario russo appostato dietro ad una stalagmite che aspetta il momento giusto per far saltare in aria tutto e io l’inesperto soldato americano con l’ignobile incarico di pararmi il culo dalle insidie nascoste in ogni angolo della steppa.
-Allora, ragazzi, avete finito?
Ci mancava il rompipalle del manager esaurito. Si capisce solo guardandolo che l’unico suo neurone sopravvissuto ai quattro tenta disperatamente di tenersi aggrappato ai programmi per non cadere nel baratro. Poveraccio, se fossi in lui inizierei a prenotarmi un bel posto comodo in qualche reparto rianimazione.
-Sì Dav, rilassati e goditi la vita!- gli risponde allegro Tom per poi tornare ai film.
-NO, non posso godermi la vita visto che devo badare a voi quattro pesti. Scommetto che vi siete già dimenticati che fra meno di venti minuti avete un’altra intervista all’altro capo della città?
-Ah. Che palle, Radio Berlino. Ma non l’hanno ancora bandita?- si lamenta Winnie.
-No, a quanto pare, ed è meglio sbrigarci se non vogliamo fare una figuraccia in diretta radio.
I tre sbuffano in coro. Fatina si limita ad alzare gli occhi al cielo.
-Quindi sia chiaro che fra cinque minuti vi voglio pronti in macchina, tutti e quattro- l’agente sottolinea la parola ‘quattro’, alzando la voce in direzione del cantante.
Oh, poveraccio. Non avresti dovuto farlo.
Come previsto, Bill gli risponde con uno sguardo che farebbe congelare un vulcano in eruzione, fermerebbe una pioggia mi meteoriti, stecchirebbe un esercito di giocatori inglesi di football in corsa e farebbe finire in ginocchio a pregare una qualche divinità anche l’ateo più convinto.
Il manager sbianca totalmente, e balbetta due parole di scusa aggiustandosi la cravatta. Che stupido, dovresti averci fatto l’abitudine ad un temperamento del genere.
Il vocalist si allontana fiancheggiando come una modella anoressica sulla passerella di Louis Vitton, molla il bicchiere di plastica vuoto in mano ad una povera segretaria di passaggio e sparisce alla fine del corridoio. Io e Chelsea ci scambiamo uno sguardo in perfetto stile “Sorreggimi perché se è vero quel che ho visto potrei sciogliermi delirando da un momento all’altro”. Sto per aggiungere qualcosa, quando la nostra conversazione visiva viene interrotta dal mio amico metallaro:
-Le interviste in radio sono una palla. Le domande sono sempre le stesse … - sbuffa buttando la testa all’indietro. –Sarà più divertente scambiare due parole con due ragazze normali- il tono con cui ha detto ‘normali’ non era molto convinto. Beh, vorrei vedere io il coraggioso che ha il fegato di definire ‘normali’ due esseri quali siamo io e Chess. -… che con un commentatore rugoso con due binocoli della Seconda Guerra Mondiale sul naso?
Gli altri due annuiscono tristemente.
-Beh, si ci becca in giro. Meglio non perdere Bill, potrebbero partire senza di noi.
-Ultimamente mio fratello è strano- mugugna il vichingo, fissando il culo della segretaria intenta a riporre con cura il bicchiere nel cestino, manco fosse un rifiuto radioattivo, per poi zampettare via terrorizzata. –è sempre in orario, se non in anticipo. Poi è più nervoso del solito. Cioè, è isterico.
-Avrà il ciclo- sbuffa Georg, prendendosi un’occhiata interrogativa da parte di tutto il gruppo.
-Che c’è?! L a mia ragazza si comporta sempre così quando ha il ciclo!- si lamenta.
-Georg, va bene che Bill è un perenne mestruato, ma non nel senso letterale- interviene lapidario Tom.  -Cioè, non credo che sia una cosa perenne. In teoria viene solo una volta al mese … - si corregge poi, grattandosi il mento.
Guardo Chelsea. Scuotiamo la testa all’unisono, sconfortate.
-KAULITZ, LISTING E SCHAFER! SONO PASSATI SEI MINUTI!- tuona il manager dal fondo del corridoio.
-Sì, benedette tutte le Gibson. Stiamo arrivando- borbotta Tom dirigendosi stancamente
 verso l’uscita seguito dai compari. Poi si gira di scatto verso di noi, rimaste vicino alla macchinetta del caffè con i bicchieri vuoti in mano. –Ci sentiamo!- urla, facendo il gesto del telefono, per poi essere trascinato fuori dall’orso. Ora che ci penso mi sembra si chiamasse Garolf. O Gustav. No, era Garolf.
-Ma gli hai dato il tuo numero?- chiedo a Chess.
-Beh, come minimo. Deve venire a vedere la mia collezione di cassette degli anni ’50.
Rimaniamo un attimo in silenzio. So che stiamo pensando la stessa cosa, quindi tanto vale esternare le ragioni dei nostri rimuginamenti.
-Ma quanto è gnocco il mestruato?
-Gnocco alla ricotta affumicata. Gnoccosissimo.
Argh. Gnocco alla ricotta è già tanto, peggio di gnocco al ragù. Se poi è anche affumicata è davvero una situazione grave. Grave e pericolosa. May-day, may-day. Houston, abbiamo un problema. Un alto, magro, moro, effemminato, dark, macabro e tremendamente androgino problema. Un problema che mi sta facendo dire cose gentili. Un problema che sta rincoglionendo più del solito la mia comare. Abbiamo bisogno di una squadra aerea il primo possibile, la situazione sta precipitando.
-Dici che darai pace a quel povero bicchiere?- ringhio alla mia compare, che sta torturando il povero bicchiere nervosamente da mezz’ora.
-E tu dici che sia dell’altra sponda?- chiede flebilmente lei, senza lasciare in pace il povero grumo di plastica.
-Sì, e ci è molto affezionato e ben ancorato. Muoviti, non voglio rimanere qua un secondo di più- sentenzio nel tono più spietato che conosco, trascinando per la collottola la mia povera collega prima che scoppi in lacrime (cosa che succederà comunque una volta che saremo arrivate a casa,o meglio, addosso al responsabile del giornale quando dovremo consegnare l’intervista. Che sarebbe anche divertente), snocciolando una bella lista delle cose che non sopporto degli uffici da ricconi tanto per consolarla.

Heyyyy, qui è callingonsatellites che vi parla. Che ne dite della nostra storia? ... non abbiate paura di queste due bestiacce, in fondo siamo solo all'inzio .... Muahahhahha *Alexandria prende il sopravvento*
Mi raccomando lasciate tanti bei commentini -che sennò vi mando il sergente Herder sotto il letto- e grazie a chi passerà a leggere! Baci^^                   Noi :*
   
 
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