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Autore: SimmyLu    06/05/2009    6 recensioni
Il villaggio di Amajitaku nel Paese della Pioggia viene attaccato da misteriosi ninja mascherati. Soltanto una geisha di nome Akisame viene trovata ancora in vita dalla squadra di ninja del Paese del Vento guidata da Kankuro. Il giovane jonin mette a repentaglio la propria vita per portare la ragazza al Villaggio della Sabbia in tempo per essere curata prima che sia troppo tardi. Fra i due si crea così un legame profondo, ma una volta raggiunto il Villaggio tutto comincia a cambiare...
Chi è e cosa nasconde questa misteriosa ragazza che per qualche motivo non ricorda nulla della propria aggressione?
Genere: Romantico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PIOGGIA NEL DESERTO

… di SimmyLu …


Capitolo Nono: Il seme del dubbio che sboccia nell'invidia




Tora entrò nella stanza con passo lento ed elegante, guardando Kankuro, che si era rimesso a sedere con la rapidità di una molla, e rivolgendo poi un'occhiata molto più veloce e distratta ai gemelli che si scambiarono una gomitata.
«Ciao...» disse il jonin con una nota nella voce che non si sentiva spesso, ma cercando di assumere un contegno composto e governare così in qualche modo il rossore che sembrava averlo ricoperto fino alla punta delle orecchie. La ragazza gli sorrise, più per il proprio compiacimento che per salutarlo; sapeva esattamente quale effetto producevano la sua presenza e la sua immagine sugli uomini e Kankuro non rappresentava un'eccezione, solo un'ulteriore conferma. Si rivolse però prima all'infermiera.
«Buongiorno, Chijin-san. Ti trovo bene.» disse cordiale.
«Grazie, Tora. Ma purtroppo I pazienti mi fanno disperare.» le rispose la donna rivolgendo l'osservazione a Saki ed Ushiro che assunsero in risposta un'aria ingenua e innocente; Tora emise un risolino cristallino come se la cosa la mettesse in imbarazzo o in qualche modo la divertisse.
«Non ti dispiace se te li lascio in consegna per un po', vero?» chiese Chijin avvicinandosi alla porta.
«Certo che no.» garantì mentre l'infermiera la salutava ed usciva dalla stanza.
Poi Tora si voltò ignorando volutamente da quel momento in poi i gemelli, come se non fossero stati meritevoli della minima parte della sua attenzione. Si diresse verso il letto di Kankuro e vi si sedette mentre lui si destreggiava con la lingua parlata emettendo con discreto successo un secondo saluto.
«Come stai?» chiese con fare innocente. Accavallò le gambe e la divisa lasciata aperta ne mostrò l'abbigliamento provocante: gambe e braccia erano coperte solo da un leggero tessuto a rete e una fascia di lino la avvolgeva da sotto il seno fino ai fianchi evidenziando così le curve generose del petto, nascosto a fatica per via della scollatura, e delle cosce, messe in rilievo dai profondi spacchi della gonna.
«Be-Bene.» balbettò Kankuro sforzandosi di guardarla negli occhi.
«Appena ho saputo che ti avevano ricoverato sono venuta a trovarti.» cinguettò.
«Grazie...» arrossì il jonin con un po' d'orgoglio, sentendosi importante.
Tora e Kankuro erano stati compagni all'Accademia Ninja e, fin da bambino, Kankuro aveva avuto una cotta per lei, già allora la ragazzina più carina e di conseguenza anche più contesa della scuola; ma non si era mai dichiarato né da studente né una volta cresciuto a causa delle poche volte in cui riusciva ad incontrarla e soprattutto per la sua natura introversa in materia di sentimenti. Se con le persone era spontaneamente amichevole ed espansivo, chiacchierando facilmente con chiunque, confessare ciò che provava alla ragazza desiderata era per lui motivo di un incredibile imbarazzo. D'altra parte questo era anche dovuto all'educazione psicologica che veniva impartita ai ninja sin dalla più tenera età e il figlio di un Kazekage era soggetto a questo tipo di influenza forse più di altri. Ciò ovviamente non gli impediva di dimostrare in altro modo l'affetto o di arrossire come un pomodoro maturo ogni volta che la incontrava, anzi forse ne rappresentava l'incentivo maggiore. Per di più Tora incuteva in lui una forte soggezione per via della sua bellezza e del suo carattere sicuro e deciso, oltre ad attrarlo per gli stessi motivi. Kankuro sapeva di non essere esteticamente un granché e si scoraggiava facilmente vedendola irraggiungibile e rinunciando anche al solo tentativo di affrontare il discorso con lei.
Tora non era mai stata tanto sciocca o ingenua da non accorgersi dell'attenzione che il ninja le riservava, ma, come era accaduto a molti altri, era stata sempre incline a non degnarlo del proprio interesse, ben sapendo di poter ottenere di meglio. Da quando però Gaara, il fratello minore di Kankuro, era divenuto Kazekage, il jonin le era apparso sotto una luce differente data dalla posizione di prestigio che adesso ricopriva.
«A quanto pare mi sono preoccupata per nulla, dunque.» disse Tora sorridendo, «Non sei ferito, vero?» chiese infine conferendo alla propria voce un intonazione più acuta e, inclinando un po' la testa, appoggiò in modo apparentemente involontario e spontaneo una mano sul suo braccio.
Tutto quello che riuscì a fare Kankuro a quel punto fu emettere una risatina strozzata con la faccia di qualcuno che si fosse completamente rimbecillito.
«No, no.» confermò, ignorando il cuore che batteva nel suo petto con rinnovato vigore, spinto da una strano formicolio.
«Sei sempre stato una testa calda.» dichiarò la ragazza con la stessa dolcezza che si può avere nel rivolgersi ad un figlio disubbidiente, «Anche per cercare di salvare il venerabile Gaara te la sei vista brutta... Oh! Ma guarda come ti sei ridotto le labbra...» aggiunse, sfiorandogliele delicatamente con la punta delle dita.
Il jonin, che aveva provato vergogna nel sentir rievocato proprio dalle parole di Tora il suo fallimento nello scontro con Sasori della Sabbia Rossa, era ora avvampato a causa di quel contatto tanto intimo sentendosi così totalmente sopraffatto.
«Ma se è solo questo... in fondo meglio così, giusto?» chiese la dottoressa, soddisfatta del misto di disagio e confusione che aveva colto nel suo sguardo.
Il giovane aprì e chiuse la bocca, credendo di aver biascicato un «Già.» ma non essendone molto sicuro; mentre Tora aggiungeva qualcosa, vide alle spalle della ragazza i gemelli agitarsi con Ushiro che soffocava la faccia in un cuscino dimenando le gambe e Saki che faceva ampi gesti d'approvazione nella sua direzione. Si trattenne dal fulminarli con un'occhiataccia per paura che la dottoressa lo notasse.
«Per sicurezza fammi controllare la tua cartella.» disse Tora e non appena si voltò per recuperarla dal fondo del letto dove era appesa, i gemelli si immobilizzarono cercando di mantenere sotto controllo i muscoli facciali per non scoppiare a ridere.
«Mi sembra tutto a posto.» constatò, sfogliando le pagine.
Kankuro si illuminò, «A proposito… Chijin ha detto che c'è bisogno della firma di un dottore per essere dimesso... Non potresti farlo tu?»
«Certo.» asserì cercando l'ultimo foglio al fondo della cartella, «Vediamo le direttive del reparto...»
«Grazie.» disse il jonin, «Vorrei andare a trovare Akisame, la ragazza che ho portato qui ieri. Non mi fanno sapere nemmeno se si è ripresa del tutto o no. Non credo che faranno storie per farmi entrare nella sua stanza...»
Si bloccò, in parte perché non poteva credere davvero di aver espresso apertamente quel pensiero e in parte perché Tora aveva sollevato lo sguardo dalla cartella fissandolo su di lui con una singolare intensità. Convinto di aver detto qualcosa di inopportuno e si affrettò ad aggiungere un'ulteriore motivazione.
«Poi Hidari... uno dei miei compagni...» ma la frase gli morì in gola cogliendo l'insolita espressione della ragazza. Nell'udire la ragione della sua richiesta, aveva infatti spalancato gli occhi sentendo montare il lei una collera silenziosa e improvvisa e lo aveva guardato come un rapace che individua una preda. Non appena il ninja aveva parlato di quella sconosciuta, Tora aveva scorto un'ombra nei suoi occhi e subito dopo un cambiamento dell'atteggiamento nei suoi confronti. In quel momento i pensieri di Kankuro non erano più stati completamente per lei e questo l'aveva offesa e indispettita, come se gli avessero sottratto senza motivo un gioco assai divertente da sotto il naso senza che se ne accorgesse.
Il seme del dubbio, piantato da Yasumi quando le aveva riferito i recenti avvenimenti, era germogliato velocemente sbocciando nell'invidia. Una gelosia improvvisa la invase e insieme un desiderio feroce e crudele di riprendersi ciò che considerava ormai di sua proprietà; come un gallo che vede entrare nel proprio pollaio un altro gallo, ebbe l’unico impulso di scacciare l’intrusa.
L'ira occupò il suo sguardo per meno di un secondo, poi tornò immediatamente a sorridere. Il sentimento che però si celava al di là di una maschera di apparenza non era più la gentile cordialità, ma la perfida gratificazione data da un progetto di vendetta.
Chiuse la cartella lentamente e le sue labbra si piegarono arricciandosi come quelle di un gatto.
«Sai, Kankuro-kun? Credo che sarebbe meglio se restassi qui ancora un po'. Alcuni valori nelle tue analisi non sono esattamente nella norma. Non preoccuparti, andrò io stessa a controllare... le condizioni di salute di questa ragazza.»


Me-san sonnecchiava su una sedia in uno dei tanti corridoi dell'ospedale. Lo avevano assegnato al nuovo codice porpora come sorvegliante subito dopo un intero turno notturno passato a fare da sentinella sulle mura che circondavano il Villaggio, cosa che non gli era sembrata troppo giusta. Ciò significava che non dormiva da parecchie ore e che il suo cervello lavorava a rilento; nonostante gli sforzi non riusciva a capire perché una moribonda venuta da un altro paese fosse stata messa in un programma di segretezza. La domanda tornava nella sua testa senza mai trovare una risposta soddisfacente e il tempo passava nell'attesa del momento in cui sarebbe finalmente potuto tornare a casa a dormire.
Quando vide Tora-san arrivare dal fondo del corridoio sorrise stropicciandosi gli occhi assonnati.
«Ciao.» disse la ragazza abbassando le palpebre.
«Ciao...» le rispose Me-san cercando di imitarne il tono di sfida, «Che fai da queste parti?»
«Niente che possa interessarti.» sentenziò maliziosa avvicinandosi alla porta della stanza a cui il ragazzo faceva la guardia.
Il ninja si girò sulla sedia e allungò una gamba appoggiando il piede allo stipite e bloccandole così il passaggio.
«Dove credi di andare? Ho ricevuto l'ordine di non far passare nessuno a parte il medico autorizzato e il suo assistente. Non mi pare che tu sia uno dei due.» la provocò.
«Andiamo...» chiese Tora in un atteggiamento falsamente supplichevole, «...do solo una sbirciatina. Kankuro-san desidera sapere come sta la nuova arrivata.» aggiunse sperando che l'ultima frase potesse rivelarsi un facile lasciapassare.
Me-san scosse la testa facendo schioccare la lingua: «Non credo proprio che sia stato lui a mandarti qui. Ma...» indugiò squadrandola da capo a piedi, «...potrei rivedere la mia posizione se accettassi di uscire come me a cena domani sera.»
Tora sorrise, provocante, e Me-san lo fece a sua volta, convinto che l'espressione di lei fosse in qualche modo un segnale positivo; la ragazza scavalcò con una gamba quella che il ninja teneva alzata per impedirle di proseguire e si chinò verso di lui poggiandogli le mani sulle spalle, obbligandolo contro la spalliera della sedia, e avvicinando le labbra al suo orecchio per soffiare al suo interno ogni singola parola che stava per pronunciare.
«Fammi entrare. Sarà il nostro piccolo segreto... scommetto che non vuoi che qualcuno di importante venga a sapere che non sei stato capace di tenere la bocca chiusa su un codice porpora. Tutto il Villaggio sa che sei stato tu a parlare. La tua carriera sarebbe finita prima che tu possa pensare come formulare una scusa se, per caso, accidentalmente, questo piccolo dettaglio mi scappasse durante una conversazione con il nobile Atama, ad esempio.»
Tora aspettò un secondo ancora prima di allontanarsi da lui dopo che ebbe finito. Me-san abbassò la gamba, pallido in volto e si girò per controllare se dal corridoio arrivasse qualcuno.
«Avanti, vai. Ma fa' in fretta.» le disse.
Tora entrò nella stanza. Era molto più grande di quella in cui era ricoverato Kankuro e tutti i letti erano vuoti, tranne uno. La dottoressa si avvicinò ad Akisame che dormiva ancora profondamente; sentiva i battiti del cuore rimbombarle nelle orecchie. Si fermò e fece un respiro profondo. Era davvero da stupidi essere in agitazione. Riprese il controllo e percorse quella poca distanza che ancora la separava dalla ragazza e la guardò.
Un sorriso di trionfo la rallegrò e si sentì sollevata e sicura si sé, come se tutto fosse stato ovvio: non era niente di speciale. Quella ragazza era normalissima, non bella quanto lei. Aveva dei tratti fini e regolari, ma comuni. Non poteva vederle gli occhi, ma non avrebbe fatto differenza. Tutte le voci che circolavano erano infondate e frutto solo della fervida immaginazione della gente.
In quel momento di conferma, la mente di Tora si liberò dal peso che più la opprimeva e riuscì a considerare dei particolari che un medico non avrebbe potuto ignorare. Si accorse degli occhi cerchiati di nero, del pallore e del respiro irregolare della paziente di Yasumi. Si ricordò degli esami che l'amica aveva appena guardato e dell'insistenza di Kizu-Kizu a riguardo. Allungò una mano e prese la cartella clinica appesa al letto; la aprì e cercò i fogli con le analisi che Kizu doveva aver inserito in precedenza come gli era stato ordinato. Una volta trovati, cominciò a scorrere i valori per rivelare qualcosa di anomalo, ma si fermò subito dopo poche righe.
L'immagine bruciante dello sguardo di Kankuro, così lontano da lei mentre parlava di quella ragazza, monopolizzò le sue intenzioni e l'invidia prevalse su qualsiasi altro istinto e sentimento, perfino sul dovere. Era inconcepibile che il jonin avesse provato interesse per quella ragazza così insignificante, anche solo per un attimo.
Prese i fogli delle analisi, li piegò e li nascose nelle pieghe del proprio vestito; rimise la cartella clinica al suo posto e diede un'ultima occhiata ad Akisame prima di andarsene.


Temari salì l'ultimo di una serie infinita di gradini, raggiungendo infine l'ultimo piano del Palazzo del Kazekage. Lo spazio era ridotto, trovandosi nella sezione superiore di un edificio sferico, e bastava appena per i due uffici che ospitava, quello del Kazekage e quello del suo assistente, e per la terrazza a cui si poteva accedere solo dalla stanza più grande, ovvero lo studio di Gaara.
Oltre ad una pianta sistemata in un angolo le pareti erano spoglie e disadorne come la maggior parte dei corridoi dei piani inferiori. La porta dell'ufficio del Kazekage era però assai più vistosa di quella del suo assistente, anonima e incolore, tanto da confondersi con il resto del muro. I due battenti erano di un legno molto scuro e pregiato nel quale era finemente intagliato il kanji del vento. Ai lati erano appese due grandi opere calligrafiche che auguravano all’autorità l’una fortuna e prosperità e l’altra prudenza e lungimiranza.
Si avvicinò e bussò aspettando di sentire la voce familiare del fratello minore invitarla ad entrare. Dopo qualche attimo di attesa, non ricevendo risposta, bussò nuovamente e con più vigore, ma nemmeno allora un segno della presenza del Kazekage ruppe il silenzio.
«Gaara?» chiamò Temari bussando una terza volta e provando ad aprile da sola la porta che risultò però essere chiusa. Perplessa provò a fare altrettanto all'ufficio dell'assistente, ma neanche in questo caso trovò qualcuno ad accoglierla, così come si era aspettata; il nobile Senaka era uno dei membri più anziani del Consiglio, rigoroso e conservatore come pochi altri, e seguiva Gaara ovunque andasse. Temari si era in principio sorpresa quando Gaara lo aveva eletto per quel ruolo, ma Kazekage era a conoscenza del fatto che il Consiglio, nonostante la sua nomina, lo considerasse ancora troppo giovane e inesperto e in questo modo si era guadagnato l'approvazione degli anziani che avevano visto nel nobile Senaka una saggia scelta.
Temari si domandò se si fosse dimenticata di impegno per quella mattina che potesse averlo tenuto occupato a lungo, ma non le venne in mente niente. Scese quindi le scale ancora nel dubbio, sperando di poter trovare qualcuno che le fornisse informazioni a riguardo al piano inferiore.
Il corridoio adiacente alla Sala del Consiglio era deserto salvo per un ragazzo che portava con sforzo evidente una pila di libri spessi e polverosi.
«Scusami...» gli disse.
«Sì...?» rispose quello fermandosi, ma in evidente difficoltà.
«Sapresti dirmi dove si trova il Kazekage?»
«Oh, proprio qui.» rispose il ragazzo indicando con gli occhi la porta della Sala, come se il solo muoversi avrebbe potuto comprometterne la precaria stabilità, «Hanno appena indetto una riunione straordinaria per parlare della prossima udienza.»
«Quale udienza?»


«Hanno anticipato l'udienza?» chiese Kankuro sorpreso mentre inghiottiva l'ultimo boccone del suo pranzo e guardava Iroyoi che si limitò ad annuire gravemente in piedi accanto al suo letto.
«Sì, e vogliono che ci sia anch'io. Probabilmente per avere una doppia conferma su come sono andati i fatti dato che ci siamo divisi durante la missione.»
«Se io fossi in te starei attento Kankuro-san!» esclamò Migi, venuto a salutare il proprio caposquadra insieme al cugino più grande e ad Hidari, che se ne stava silenzioso in disparte. Sotto la maglia che indossava era chiaramente visibile la fasciatura alla spalla in corrispondenza della ferita che aveva riportato nello scontro con i predoni a Tokoro.
«Che cosa vorresti dire?!» ringhiò Iroyoi.
«Semplice: che sei un idiota!» ridacchiò Ushiro, uno dei due gemelli che avevano ascoltato l'intervento di Migi. Entrambi conoscevano Iroyoi molto bene poiché erano stati compagni di squadra prima che il chunin entrasse a far parte di quella di Kankuro e sapevano quanto il ragazzo fosse suscettibile e quanto fosse divertente farlo infuriare.
«Tuo cugino è già più sveglio di te! Quanto ci metterà a diventare più forte?!» aggiunse Saki prima che Iroyoi si avventasse su di loro.
«Aiuto!» gridò Ushiro ridendo.
«Prova a ripetere quello che hai detto!»
«Il braccio! Il mio braccio!»
«Ora vi insegno a portare rispetto...!»
«Forza ragazzi!» li incoraggiò Migi, tenendosi però a debita distanza.
Approfittando del fatto che tutti fossero distratti ed avendo già assistito a quella commedia più di una volta, Kankuro fece cenno ad Hidari di avvicinarsi.
«Mi hanno raccontato quello che è successo e di come ti sei procurato quella ferita.»
«Mi dispiace.» disse il genin tenendo gli occhi bassi.
«Commettere degli errori è normale quando si è inesperti. Ma devi imparare a rispettare Iroyoi e a fidarti di lui.», si voltò a guardarlo azzuffarsi con i gemelli e si sentì in imbarazzo per lo spettacolo che stava dando trovando difficile accompagnarlo alle sue parole, «Ogni tanto si comporta da…» non riuscì a trovare un termine che non apparisse dispregiativo, «…ma non è un irresponsabile. Se non hai fiducia nel tuo leader...»
«...lui non può proteggere i suoi compagni.» concluse Hidari.
Il jonin sorrise con compassione, corrucciando la fronte; il rammarico di Hidari era ben visibile e sapeva che non era necessario insistere perché capisse la lezione. Decise allora di risollevargli un poco il morale.
«Mi sono ferito alla stessa spalla durante la mia prima missione.» gli confidò indicando la sua fasciatura.
Il ragazzino rispose risollevando lo sguardo, ma sembrava più scettico che curioso immaginando che quella del suo superiore fosse solo un infantile espediente di cameratismo per farlo sentire meglio. Kankuro lo ignorò mostrando la propria cicatrice e a quel punto il genin apparve finalmente interessato.
«Come si è ferito?»
Il jonin esitò. Non poteva rivelare che era il risultato di uno screzio con Gaara, farlo avrebbe messo a disagio entrambi e in cattiva luce il Kazekage agli occhi di Hidari che sapeva ben poco dei problemi che i fratelli avevano dovuto affrontare a causa della sua indole violenta e irrispettosa di un tempo. Si grattò la punta del naso con un dito e si preparò ad eludere la domanda.
«Beh... ero nervoso, impacciato e distratto. Come tutti i ninja al primo incarico.»
«Cos'è questo baccano!? Ci sono pazienti che hanno bisogno di dormire nella stanza accanto!» tuonò Chijin spalancando la porta.
Iroyoi, che aveva ormai immobilizzato Ushiro tenendolo saldamente per il collo come una gallina, mollò la presa con riluttanza e Migi si affrettò a chiudere la bocca e a fare qualche passo indietro.
«Dovete sbrigarvi, l'udienza inizia fra poco.» aggiunse l'infermiera; poi prese la cartella clinica di Kankuro e, mentre i gemelli ridevano a bassa voce, uscì per rientrare qualche minuto dopo porgendola al jonin.
«Il dottore voleva dimetterti ore fa, ma gli ho chiesto di aspettare ad apporre la firma.» rivelò con dolcezza, «Puoi andare, adesso.»
«Potevo uscire ore fa?! Quando te l'ho chiesto tu non...»
«I medici non capiscono un bel niente!» sentenziò la donna con risolutezza, «Avevi bisogno di riposo!»
«Chijin!» esclamò Kankuro furente, ma la donna era già scomparsa oltre la porta.
«Non arrabbiarti. Farebbe carte false per te.» intervenne Iroyoi, esplicativo.
«Ho notato!»
«Ma cosa gli fai...» cominciarono a canticchiare Saki ed Ushiro, «...tu alle donne!!» poi scoppiarono in una grassa risata guadagnando uno sguardo di fuoco da parte del ninja.
Iroyoi sbuffò: «Andiamo o faremo tardi per l'udienza.»
Kankuro scese dal letto prendendo fra le mani i vestiti di ricambio che il chunin gli aveva portato.
«Tora non è tornata...» disse poi sovrappensiero, ricordandosi che gli aveva promesso di comunicargli le condizioni di salute di Akisame. Suppose che fosse stata trattenuta da qualche impegno più urgente.
«Cosa?» chiese il chunin.
«No... niente.» farfugliò Kankuro, gli occhi si posarono per un attimo sulla sua cartella clinica, abbandonata sul materasso. Avrebbe potuto essere dimesso ore fa e si chiese come mai Tora non avesse voluto firmare.


Akisame abbandonò il perimetro dell'ospedale scortata da due ninja in divisa. Quando si era svegliata accanto a lei aveva trovato Kizu, il ragazzo con gli occhiali spessi che lo rendevano tanto buffo, che la osservava contrariato. La dottoressa Yasumi le aveva consegnato un abito con cui poter sostituire il camice da ricovero, indumento inopportuno per un’occasione formale. Il vestito era semplice, di cotone beige, e legato in vita da una nastro bianco. Con un po' d'aiuto era riuscita a rifare la treccia per tenere in ordine i lunghi capelli neri.
Si sentiva a disagio al pensiero di mostrarsi, specialmente a degli uomini adulti, senza un trucco accurato, senza un'acconciatura ordinata, e soprattutto senza un elegante kimono. Quando erano arrivati i due ninja per scortarla fino al Palazzo del Kazekage e la guardia alla sua porta venne congedata, era arrossita per la vergogna, quasi come se fosse stata nuda sotto lo sguardo indagatore di un giudice.
Uno dei due era più avanti con gli anni rispetto all'altro, portava il turbante in modo che parte della stoffa gli ricadesse sul viso nascondendolo per metà e aveva la faccia segnata da linee di pittura, cosa che le ricordò inevitabilmente quella di Kankuro. Inchinandosi per salutare rispettosamente entrambi, mentre Yasumi porgeva i saluti al ninja più anziano chiamandolo «Nobile Baki», la geisha si chiese se nell'interrogatorio che l'attendeva lo avrebbe rivisto. Il pensiero la mise in ansia più di quanto già non fosse.
I ninja avevano optato per un percorso sicuro su strade poco o per nulla trafficate e di conseguenza meno diretto per il Palazzo. Akisame faceva fatica a tenere il loro passo e se non si fosse sentita poco bene avrebbe apprezzato la fantasiosa architettura degli edifici circostanti, il colore del cielo di un azzurro intenso, le lunghe corde da bucato tese fra una casa e l'altra con i panni variopinti che ondeggiavano al vento gentile, il cinguettio degli uccelli che svolazzavano giocosi, i suoni caratteristici di una città vitale e il vociare allegro e familiare che proveniva dalle bancarelle dei mercati in lontananza. Troppo preoccupata per quello che stava per accadere e con la testa che le girava unita al senso di nausea che aveva da quando si era svegliata, non badò a ciò che la circondava e anche attraversare ponti coperti in sospensione fra due o più costruzioni non la turbò nonostante la paura delle altezze.
Raggiunsero il Palazzo del Kazekage dal retro e cominciarono a salire scalino dopo scalino per raggiungere il terzultimo piano in cui si trovava la Sala delle Udienze. Baki si accorse dell'affanno di Akisame e le concesse una breve sosta per riprendere fiato chiedendole gentilmente se avesse bisogno di qualcosa. La ragazza lo ringraziò e si scusò per il ritardo che faceva loro accumulare.
In quel momento una porta si aprì sul corridoio in cui si trovarono. Ne uscirono una ragazza che portava i capelli biondi raccolti in uno chignon ed un uomo di mezza età con una barbetta grigia sul mento che lo faceva assomigliare ad una capra.
Il ninja di nome Baki si affrettò a salutarlo: «Salve, nobile Atama.»
«Ah... Baki.» si limitò a dire quello accorgendosi della loro presenza, posando lo sguardo su Akisame, che teneva rispettosamente la testa chinata, con un sopracciglio inarcato che gli conferiva uno sguardo perennemente scettico.
«L'udienza sta per cominciare, giusto?» domandò.
«Sì, stavamo conducendo la ragazza nella Sala. Siamo in ritardo, temo.» specificò il ninja, con un tono leggermente seccato, come se non approvasse che lo fossero entrambi e in particolar modo che lo fosse Atama.
«Non preoccuparti...» rispose l'uomo con leggerezza, «...non possono certo cominciare senza un membro del Consiglio!» concluse, estremamente divertito.
Baki serrò la mascella, infastidito, e il suo compagno lo guardò con preoccupazione.
«È meglio che io vada. Arrivederci, nobile Atama.» disse la ragazza bionda con un rapito inchino.
«Arrivederci, Tora. Grazie... di tutto.» le disse sorridendo, ma indugiando sulla figura di Akisame.
I due ninja lo guardarono allontanarsi e Baki borbottò qualcosa, che suonò molto come «L'unico con cui non si può cominciare un'udienza è il Kazekage!», avvicinandosi alla porta per poterla chiudere dato che era stata lasciata aperta. La geisha vide di sfuggita che all'interno del locale erano appese delle foto raffiguranti alcuni uomini e uno di questi sembrava proprio il ragazzo che le aveva salvato la vita. Troppo intontita per capire di cosa si trattasse, non si chiese nemmeno perché la foto di Kankuro si trovasse in quel luogo e riprese il cammino seguendo i due ninja, concentrandosi per mettere un piede davanti all'altro.
Giunsero infine al lungo corridoio che portava alla Sala delle Udienze e quando furono a pochi passi udirono un trillo.
«La prima campanella. Sbrighiamoci.»
Davanti alla porta c'era un giovane che l'aprì per loro informandoli che l'udienza era in procinto di iniziare. La stanza era ampia, ben illuminata dalle grandi finestre circolari ed estremamente rumorosa; la confusione al suo interno era causata dal numero delle persone presenti che continuavano a parlare, a spostarsi, a sistemare cuscini sul pavimento o altri oggetti.
Sentendosi smarrita seguì il ninja più giovane che la invitò a sedersi su uno dei cuscini posti a fondo della Sala per poi accomodarsi accanto a lei. Akisame riconobbe il nobile Atama, in un angolo, che sussurrava qualcosa nell'orecchio di un uomo con delle sopracciglia incredibilmente folte. Baki intanto aveva raggiunto altre due persone sedute più lontano e stava dicendo loro qualcosa.
Al suono di una seconda campanella ci fu un gran movimento: coloro i quali non erano ammessi all’udienza si affrettarono a lasciare la Sala, invece gli uomini che portavano un abito bianco presero posto. Baki andò a sedersi e Akisame vide a chi si era rivolto: erano Kankuro e Iroyoi.
Non fece alcuna fatica a riconoscere il ninja, anche se non portava il cappello e il viso non era truccato. Sul volto della giovane geisha comparve spontaneamente un sorriso e una piacevole sensazione di calore la invase; si sentì d'improvviso più sicura, ma l'espressione con cui Kankuro le stava scrutando le apparve come di biasimo e il sorriso svanì. Inginocchiata sul cuscino si guardò le mani, domandandosi il perché.


«Perché fai quella faccia?» chiese Iroyoi a Kankuro sbirciandone il cipiglio cupo, «Guarda, c'è Akisame!» disse subito dopo salutandola con la mano, ma la ragazza non poteva vederlo avendo gli occhi fissi sulle proprie ginocchia.
«È pallida.» disse il jonin preoccupato.
«Cosa?»
Lo squillo di una terza campanella ne interruppe la conversazione e tutti tacquero; si aprì una porta sul lato opposto e il Kazekage fece il suo ingresso nella Sala delle Udienze.







FINE NONO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Come al solito i miei buoni propositi sfumano in un nulla di fatto. Volevo finire il capitolo avendo già cominciato l'udienza, ma già così è lunghissimo e con tutti i nuovi personaggi che devono comparire, ho preferito evitare e fermarmi qui. Piccola nota sui Membri del Consiglio. Nel manga queste persone non si vedono mai oppure solo di sfuggita e non hanno neppure un nome. Nell'anime c'è una scena, dopo il rapimento di Gaara, in cui Kankuro parla al Consiglio riunito, ma ho preferito ignorarla e concentrarmi su quello che avevo inventato. Soltanto per un paio di loro faccio riferimento ai disegni del manga per la descrizione, ma al di là di questo, ho inventato tutto, così come per la Sala delle Udienze e quella del Consiglio, che ho solo identificato con quella dal tavolo circolare che si vede sia nel manga che nell'anime di Naruto.


Risposte alle recensioni:

x slice: ciao^^ come al solito grazie della tua immensa gentilezza. Sono felice che il capitolo precedente ti sia piaciuto e mi domando che effetto ti possa fare il nuovo (che è ancora più lungo di quello prima XD). Non credo settanta capitoli, ma se continuo così mai dire mai! XD Certo, Kishimoto l'ha fatto apposta a non creare troppi personaggi della Sabbia, fosse mai che una sciroccata volesse scrivere una fanfic e inventarne un centinaio! XD I nuovi personaggi sono difficili da gestire perché non si ha un canovaccio preesistente su cui lavorare, non è la stessa cosa che scrivere originali, perché un nuovo personaggio in un unverso particolare deve obbedire al contesto. Mi sto incartando? XD Comunque, no, a dir la verità Kizu non è autistico, c'è un motivo se è diventato così e l'ho accennato attraverso le parole di Yasumi nei capitoli precedenti. Non conosco nessuno così e non so come mi sia venuto in mente il particolare del riperete le cose due volte. Non rovinare la tua carta da parati, non mi pare il caso, ma grazie XD Io amo scrivere dialoghi, li riscrivo varie volte se non sono convinta. le parole che un personaggio usa sono lo specchio del suo carattere e mi piace giocare su questo punto o sul ritmo di una discussione. Sono felice che tu l'apprezzi. Guarda, io non mi sento affatto geniale, anche perché l'unica cosa che faccio è dar voce alle immagini nella mia testa... quindi credo sia pura follia. A volta un particolare, come uno scialle è anche funzionale, caratterizza il personaggio e può inserirlo in uno stereotipo e renderlo così più facile da usare. Molti non lo notano, come tu dici giustamente, ma qualcuno sì a quanto pare e questo mi rende contenta e mi spinge a migliorare ^_^ Mille baci
x Myluna91: Settai è una pettegolona di prima classe, ce n'è almeno una in ogni famiglia! XD Temari che fa un regalo è strano in effetti ma è stata una cosa che ne ha tirata un'altra. Doveva apprendere la notizia di Akisame per sentito dire e così ho inventato questo personaggio che all'inizio ho pensato potesse essere un'amica. Doveva anche esserci un motivo per cui l'andava a trovare e il compleanno mi era sembrato plausibile. Mi era sembrato ancor più strano però che una come lei perdesse tempo per salutare una fantomatica amica, anche se era il compleanno, così l'amica è diventata una parente. A quel punto mi sembrava brutto presentarsi da questa persona senza un regalo... XDD Fra Tora e Yasumi, penso si sia capito che quella più "forte" è proprio Tora, ma anche se Yasumi ha reperito un'informazione importante, nessuna delle due sa a cosa possa servire, ma se Tora è andata a parlare con il nobile Atama... Il motivo del codice porpora sarà svelato nell'udienza. Non so se si nota o se sia giusto dirlo, ma ho un debole per i gemelli. Fanno casino e li trovo divertenti... anche se forse non è per tutti così. Tora ha un seno ben fornito, ai ragazzi fa sempre un certo effetto e loro riescono a giocarci su, mi sono messa a ridere quando mi è venuta in mente la battuta sulla "soluzione al mistero dell'esistenza". Povero Kankuro, ci sono troppe donne! XD Spero che il capitolo ti sia piaciuto! baci.
x Chris: ciao, leggendo la tua recensione mi sono sentita un po' appagata del fatto che avessi notato il gesto di Kankuro (prima o poi doveva accadere, visto che ve la smeno dal secondo capitolo con questa cosa! XD). Che tu ci creda o no è una cosa che faccio io, è una specie di vizio non saprei dire esattamente. Lo faccio inconsciamente quando sono in una situazione di attesa in cui non so bene cosa fare. Me ne sono accorta e ho deciso di usarlo per Kankuro che lo fa però quand'è imbarazzato per qualcosa o è in difficoltà. Credo che vesta molto bene il personaggio anche perché è un gesto molto... maschile? XD Mi capita di fare cose strane, perdono. Per tutti i personaggi nuovi ho lavorato parecchio con il terrore che si potessero confondere oppure annoiare, se non è così sono felice. Ce ne saranno molti altri, quindi, mettevi l'anima in pace! Gaara-sama è arrivato, contenta? XD Nell'udienza si parlerà ovviamente di quello che è accaduto al villaggio di Akisame e della ragazza stessa. Buana parte è già scritto su carta, quindi mi sento più sicura. Grazie mille della recensione!
x Valery_Ivanov: ciao! io pensavo che ti fossi stufata sinceramente, cosa che poteva essere assolutamente comprensibile, ma se non è così, meglio! *_* Momo ricomparirà decisamente, ha una parte di spessore, tranquilla! Chissà come finirà fra Kankuro e Akisame ora che i giochi si fanno molto, ma molto complicati... grazie dei complimenti, baci!
   
 
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