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Autore: Zoraya    27/09/2016    1 recensioni
"L'arte è la vita, ma su un altro ritmo" (Muriel Barbery).
Sei quadri, sei one-shot per raccontare l'evoluzione del rapporto tra Lily, James e i Malandrini, le loro speranze e il loro mondo.
_DAL TESTO_
-Potresti passarmi il sale?- . Una voce pacata lo riportò, delicatamente alla realtà e James sbatté le palpebre, sorridendo ancora rivolto verso il ragazzo che aveva parlato. Aveva un’aria malaticcia, era pallido e magrolino, con la veste da mago abbastanza lisa e lo sguardo basso di una persona che si sente fuori posto ovunque.
-Ciao! Io sono James. James Potter- disse, tendendogli la saliera da una parte e la sua mano dall’altra. Il ragazzo, che sembrava sempre più imbarazzato e incapace di guardarlo negli occhi, gli strinse la mano, cercando di sorridere.
-Io sono Remus Lupin- disse, prendendo poi la saliera e arrossendo. –E lui è Peter Minus, ci siamo conosciuti sul treno- continuò poi, presentando un altro ragazzo, grassoccio, ma altrettanto timido.
-Io in treno ho conosciuto lui! E’ Sirius Black!- esclamò James, quasi saltellando sulla panca, eccitatissimo.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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LA GRANDE FERROVIA DELL’OVEST.
Pioggia, vapore e velocità.
 
Ad A. che amava l’arte.
 E a dramy96123 che mi ascolta pazientemente.
                                                                     
 
La grande locomotiva rossa appariva molto poco brillante, sferzata dalla pioggia di quel primo settembre 1971. Anzi, sembrava quasi sfocata, una macchia appena visibile nell’aria grigia del fatidico giorno.  Lily era appena arrivata sulla banchina e la stava guardando, accanto alla sua famiglia. Suo padre si guardava intorno curioso, sua sorella era già andata via, sua madre sorrideva forzatamente. La sua mano stringeva la maniglia del baule come se fosse l’unica cosa in grado di tenerla con i piedi per terra. Era felice, ovviamente, ma era anche preoccupata e nervosa. Oh, era troppo nervosa! Sentiva il cuore battere così forte che non si sarebbe stupita se qualcun altro lo avesse sentito. Anche se era altamente improbabile, viste le innumerevoli persone che sostavano lì insieme a lei. Dei ragazzi lì accanto si stavano salutando allegramente, scambiandosi pacche sulle spalle e sorrisi gioviali; un gruppo di giovani streghe poco più grandi di lei ridevano e si raccontavano le avventure dell’estate; un gatto nero vecchio e spelacchiato guardava la sua padrona, frustando l’aria con la coda; altri ragazzi sembravano spaventati e nervosi almeno quanto Lily. E poi c’erano i genitori, tutti diversi, così come i loro figli, chi impegnato a fare le ultime raccomandazioni, chi a raccontare la propria avventura scolastica. I colori delle loro vesti si mescolavano davanti ai suoi occhi, le voci erano confuse in una cacofonia tutto sommato armonica. Lily era circondata di maghi e streghe, ma non si era mai sentita più sola di quel momento. Avrebbe tanto voluto che sua sorella fosse lì, accanto a lei…
-Allora? Andiamo?- chiese un ragazzo poco distante ai suoi amici, riportandola sulla terra. All’improvviso divenne consapevole di essere quasi al centro di un uragano, con una voglia matta di andarsene.
 “Sali e trova un posto tranquillo, Lily!” si disse lei, sospirando.
-Dobbiamo separarci qui, allora.- le disse il padre abbracciandola. Lei strinse forte la madre e poi si diresse verso il treno. La sua mano si serrò automaticamente e con  forza sulla maniglia del suo bagaglio, non appena passarono accanto ad altri gruppi di persone, sperando di non essere notata da nessuno. E la fortuna fu dalla sua parte, perché nessuno la fermò o provò a chiederle qualcosa. Ma poi chi avrebbe dovuto fermarla? Ovviamente nessuno, ma Lily aveva lo stesso paura. Non conosceva l’ambiente e si sentiva suo malgrado fuori posto, come se avesse un cartello con su scritto “Guardatemi” sulla schiena. Logicamente, sapeva anche lei che ciò non era possibile e che nessuno le si sarebbe interessato. Era solo una ragazzina come ce n’erano tante alla stazione, quel giorno, ma inconsciamente non riusciva a smettere di avere paura di essere la persona sbagliata, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. L’unica cosa che la faceva sentire meglio, meno sperduta, meno abbandonata, era il suo baule, che stringeva con forza, cercando di non perdersi in mezzo al vapore e alle vesti multicolore degli altri. Anche Severus, il suo unico amico, sperava di passare inosservato, mentre fissava con astio la famiglia Babbana di Lily. Anche lui aveva paura, ma la sua era una paura diversa. Temeva che lei decidesse di lasciarlo per qualcun altro. Che lei si rendesse conto di poter avere di più. Era fermamente convinto che Lily fosse qualcosa di irraggiungibile per i comuni mortali, lei era speciale e pur essendo un bambino come lei, non si sentiva al suo livello. Lily Evans era troppo per lui e per chiunque altro, ma, Severus lo sapeva, questo fatto non gli garantiva di averla sempre solo per lui, lei poteva decidere di amare anche altre persone. E allora lui aveva paura.
 All’interno del treno si stava decisamente meglio, non c’era quasi nessuno, visto che era ancora presto e tutti gli studenti erano impegnati nei saluti finali. Lily si ritrovò a guardare fuori dal finestrino, quasi invidiando le famiglie che vedeva al di là del vetro. Sembravano perfette, ecco. Ma lei lo sapeva che nessuna famiglia era perfetta, la sua meno di tutte e lo aveva imparato a sue spese, dopo la lettera che aveva ricevuto. Lei aveva già salutato i suoi genitori e aveva cercato di far ragionare la sorella, di trovare un accordo, una sorta di pace, ma Petunia la odiava. Sua sorella, sangue del suo sangue, la sua migliore amica, adesso la odiava. Come potevano le persone cambiare così tanto? Come potevano dire “ti voglio bene” un minuto e ritrattarlo quello dopo? Perché le loro azioni non corrispondevano mai alle loro parole?
-Possiamo?- chiese una voce, facendola sobbalzare. Si voltò e si trovò davanti un ragazzo della sua età, con un paio di occhiali rotondi in bilico sul naso e i capelli più scompigliati che lei avesse mai visto. Dietro di lui un altro ragazzo, dagli occhi grigi e i capelli scuri. Un sorriso arrogante sul volto di entrambi. Si strinse nelle spalle e fece un gesto misurato, ma inequivocabile con la mano e i due entrarono, lasciandosi cadere sui sedili. Inutile dire che la ignorarono da subito e che quindi lei poté tranquillamente tornare a pensare ai fatti suoi. Ed era una fortuna che loro fossero tanto impegnati a parlare, perché quella volta Lily non riuscì a frenare le lacrime che lente presero a scivolargli sulle guance piene di lentiggini, per infilarsi, moleste, fin dentro il colletto della maglia che portava. Non si era ancora cambiata, ma non aveva neanche intenzione di farlo. L’unica cosa che le sembrava accettabile era piangere in silenzio, con il volto totalmente voltato verso il finestrino, per non farsi vedere. Non seppe quanto tempo rimase in quella posizione, seppe solo che ad un tratto aveva smesso di piangere e non perché le lacrime fossero finite o perché la ferita che le aveva inferto sua sorella facesse meno male, ma solo perché aveva deciso di non lasciarsi buttare giù dalle sue parole. L’aveva accusata di essere un mostro e allora lei l’avrebbe ripagata con la stessa moneta. Se Petunia le avesse davvero voluto bene, avrebbe capito che la magia non la rendeva meno umana, ma la rendeva solo più Lily. La porta dello scompartimento si aprì di nuovo e Lily si voltò, solo per vedere Severus sedersi di fronte a lei. Si era cambiato, non indossava più quegli abiti Babbani che odiava tanto, ma la veste da mago di seconda o terza mano che aveva acquistato qualche giorno prima.
*-Non voglio parlare con te- mormorò, consapevole della sua voce soffocata e di avere gli occhi rossi, li aveva visti riflessi nel vetro poco prima.
-Perché?-
-Tunia mi… mi odia. Perché abbiamo letto la lettera di Silente.-
-E allora?-. Lily lo guardò con rabbia e anche un pizzico di disgusto. Come poteva non capire?
-Allora è  mia sorella!- esclamò, asciugandosi gli occhi, cercando di non farsi notare. Per questo lo sentì borbottare qualcosa, ma non riuscì a capire cosa. Solo non era dell’umore per litigare ancora con lui.
-Ma ci stiamo andando!- esclamò lui, come se fosse incapace di trattenere la gioia.
-Ci siamo! Stiamo andando ad Hogwarts!-*
Lei annuì, stropicciandosi gli occhi e sorridendo leggermente, nonostante la tristezza che sembrava aver preso stabilmente posto nel suo cuore.
*-Speriamo che tu sia una Serpeverde- continuò lui, rinfrancato.
-Serpeverde?-. Uno dei due ragazzi, che non avevano prestato attenzione fino a quel momento né a Lily né a Severus, si voltò verso di loro. Era quello con gli occhiali e i capelli scompigliati.
-Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?- chiese al ragazzo mollemente abbandonato sul sedile di fronte al suo, che non sorrise.
-Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde- rispose.
-Oh, cavolo! E dire che mi sembravi a posto!-
-Forse io andrò contro la tradizione-. Quello con gli occhi grigi ghignò. -Dove vorresti finire, se potessi scegliere?- chiese poi all’altro che alzò una spada invisibile.
-‘Grifondoro… culla dei coraggiosi di cuore!’ come mio padre-. Severus fece verso sprezzante. Il ragazzo si girò verso di lui.
 -Qualcosa che non va?-
-No- rispose Sev, ma il suo lieve ghigno diceva il contrario –Se preferisci i muscoli al cervello…-.
 -E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?- intervenne il ragazzo senza occhiali. L’altro scoppiò in una risata fragorosa. Lily si raddrizzò sul sedile, nervosa e guardò prima l’uno e poi l’altro, disgustata.
-Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento-.
 -Ooooooooooh….-. I due imitarono la sua voce altezzosa; quello con gli occhiali tentò di fare lo sgambetto a Severus.
-Ci si vede Mocciosus- gridò qualcuno, prima che la porta dello scompartimento si chiuse dietro di loro.*
-Sono degli arroganti e viziati!- sbottò Lily, punta sul vivo. Aveva sempre odiato quel tipo di persone e nella sua mente ingenua di ragazzina di undici anni, aveva sperato di non dover più incontrare gente del genere. Ovviamente si era sbagliata, ma non avrebbe mai permesso a quei due di comportarsi ancora in quel modo, perché Severus poteva anche avere tanti difetti- non accettava i Babbani, suo sorella in primis- ma era una persona eccezionale, l’unica che la accettasse per quello che era. Trovare un altro scompartimento non fu facile, ma alla fine riuscirono nel loro intento.
-Mi dispiace per tua sorella.- sussurrò Severus, cercando di farla distrarre. Lily, infatti, si era chiusa ancora a guardare fuori dal finestrino, come se non esistesse altro che il paesaggio che le passava davanti, segnando il cammino colorato verso la sua nuova vita.
-Già, non riesco a capirla!- sbuffò lei, voltandosi a guardarlo e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-E’ normale che i Babbani reagiscano così-
-Parli per tuo padre?-. Immediatamente gli occhi del ragazzo divennero più scuri e cupi e lui si strinse nelle spalle.
-Anche- rispose semplicemente, lasciandola stare. Non voleva parlare di suo padre, quindi era disposto a lasciarsi ignorare da lei, solo per quel giorno, solo fino a che non fossero arrivati ad Hogwarts.
 
Il volto di James Potter si aprì in un sorriso allegro, quel tipo di sorriso che attirava gli sguardi della gente e che non poteva non mettere allegria. Era arrivato ad Hogwarts da poco meno di due ore e se ne stava seduto al tavolo di Grifondoro, con il piatto quasi pieno e la testa vuota di tutti i pensieri che non fossero pertinenti a quella meravigliosa giornata. Era iniziata nel migliore dei modi, con una colazione meravigliosa, preparata dal bravissimo Elfo Domestico di casa Potter, Elly, e con una bellissima conversazione sul Quidditch e sulla Scuola con suo padre.
-James, sono così contento che sia arrivato anche il tuo momento! Hogwarts è spettacolare e già so che ti divertirai tantissimo!- aveva esclamato suo padre, con la bocca piena.
-Sì, ma è una Scuola, quindi dovrai anche studiare!- lo aveva ripreso la madre, bonariamente. Lui aveva annuito, con il suo solito sorriso allegro.
-Non vedo l’ora di essere lì!- aveva esclamato, felice come non mai. Lui non aveva paura, era troppo coraggioso per avere paura di una Scuola o di uno Smistamento. Non aveva neanche paura di essere da solo, lui non sarebbe mai stato da solo. Ne era convinto, forse perché era troppo ingenuo o forse solo perché lui era abituato a fare colpo sulle persone. Tutti lo trovavano simpatico e tutti lo apprezzavano. Nonostante ciò, non aveva mai avuto un vero amico. Ma a tutto c’è un rimedio, no? Così, fiducioso e felice, James era andato alla stazione, con i suoi genitori e lì aveva incontrato Sirius Black.
-Potresti passarmi il sale?- . Una voce pacata lo riportò, delicatamente alla realtà e James sbatté le palpebre, sorridendo ancora rivolto verso il ragazzo che aveva parlato. Aveva un’aria malaticcia, era pallido e magrolino, con la veste da mago abbastanza lisa e lo sguardo basso di una persona che si sente fuori posto ovunque.
-Ciao! Io sono James. James Potter- disse, tendendogli la saliera da una parte e la sua mano dall’altra. Il ragazzo, che sembrava sempre più imbarazzato e incapace di guardarlo negli occhi, gli strinse la mano, cercando di sorridere.
-Io sono Remus Lupin- disse, prendendo poi la saliera e arrossendo. –E lui è Peter Minus, ci siamo conosciuti sul treno- continuò poi, presentando un altro ragazzo, grassoccio, ma altrettanto timido.
-Io in treno ho conosciuto lui! E’ Sirius Black!- esclamò James, quasi saltellando sulla panca, eccitatissimo. Sirius sbuffò e fece un ghigno e un gesto con la mano verso i due ragazzi. Ancora non aveva digerito la reazione della ragazza del treno, che gli si era seduta accanto, quando lui le aveva fatto posto, ma si era voltata dall’altra parte con uno sguardo sdegnato. Remus sorrise in risposta.
-Siete contenti dello Smistamento?- chiese poi, solo per scacciare il suo imbarazzo.
-Sì!- esclamò ancora James, con un sorriso sempre più ampio. Ma non sapeva fare altro che sorridere? Si chiese Remus, distrattamente.
-Non mi importava più di tanto, ma far arrabbiare mia madre è sempre un piacere- ghignò, invece, Sirius.
-Io non mi aspettavo di finire in Grifondoro, invece. Cioè, sono contento, solo che non mi sento così coraggioso- commentò Remus, abbassando lo sguardo verso la propria cena, mentre accanto a lui Peter annuiva.
-Se il Cappello ha scelto questa casa ci sarà un motivo, no? Forse hai “fegato e cavalleria”!- ipotizzò James, muovendo le mani in aria per simulare le virgolette alle parole fegato e cavalleria. Remus sorrise, più per cortesia che per altro.
-Speriamo di andare d’accordo, almeno- si intromise un altro ragazzo, davanti a loro. Era un po’ più alto e aveva un’espressione fiera in volto. I suoi occhi, però, e il suo sorriso, quasi contrastavano con essa, esprimendo una tranquillità che James non aveva mai provato nella sua vita.
-Sei anche tu del primo anno, è vero!- esclamò James, perché  neanche quegli occhi così pacati potevano farlo stare tranquillo a lungo.
-Frank… Frank Paciock.- si presentò il ragazzo, tendendo una mano verso quelli che sarebbero stati i suoi compagni di stanza.
-James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus- li presentò James, quasi saltellando dall’emozione, indicandoli uno ad uno. Il ragazzo annuì, con un altro sorriso.
-Lei è Alice Prewett.- disse lui, indicando una ragazza della sua età, dal viso tondo e dagli occhi vispi e allegri che si tese per stringere brevemente la mano ai ragazzi, con un sorriso.
-Prewett? Sei, per caso, imparentata  con  Gideon e Fabian?- chiese una ragazza seduta accanto a Peter Minus.
-Sono i miei cugini, perché? Li conosci?- chiese Alice, reclinando la testa e lasciando che i lunghi capelli biondi le cadessero davanti.
-Tutti li conoscono a scuola- sorrise la giovane. Era più grande di loro, si vedeva sia dall’aspetto fisico sia dalla sicurezza con cui si muoveva.
-Frequento l’ultimo anno, sono Arya Bennet. E sono anche Caposcuola, quindi se doveste avere dei problemi… beh, potete sempre venire a parlare con me!- si presentò con un cenno distratto della mano verso la sua spilla appuntata sulla divisa, perfettamente in ordine, e un sorriso caldo, prima di rivolgere di nuovo tutta la sua attenzione ai ragazzi che sedevano intorno a lei. Alice sbatté le palpebre, destabilizzata da quella improvvisa interruzione e dall’attenzione che quella ragazza le aveva rivolto. Che diamine avevano fatto i cugini per essere così popolari?
-Figo! Anche io voglio essere conosciuto da tutta Hogwarts! Tu che ne dici, Sirius?- chiese James, ancora più agitato di prima. Sirius, che esibiva un ghigno per nulla rassicurante sul volto, agitò una mano davanti al viso con noncuranza.
-Scommettiamo che alla fine del settimo anno sarò più popolare di te?- chiese, con un scintilla di malizia nello sguardo.
-Tsk!- sbuffò a quel punto la ragazza del treno, incapace di trattenersi oltre. Aveva ascoltato tutto, suo malgrado e ancora non riusciva ad accettare di essere finita nella stessa Casa dei due idioti che aveva visto quella mattina e di essere separata dal suo amico, a cui aveva lanciato ben più di uno sguardo di scuse.
-Qualche problema?- chiese Sirius, già sul piede di guerra. I suoi occhi erano più gelidi del Lago Nero di inverno e la scintilla di divertimento era sparita, rapida come era apparsa. Ma se si aspettava una reazione di normale spavento da quella ragazza, si sbagliava di grosso.
-Sì, la vostra presenza!- esclamò, infatti, lei, lanciandogli uno sguardo di fuoco, completamente in grado di scontrarsi con quello freddo di lui.
-Sei la ragazza del treno! Non sei contenta di essere capitata con noi, invece che con Mocciosus?- si intromise a quel punto James, attirando su di lei l’attenzione di Remus, Peter e Alice. Frank pensò bene di farsi gli affari suoi, vista la rabbia che sembrava avvolgere la ragazza in quel momento.
-Si chiama Severus! E no, non sono affatto contenta di dover passare il mio tempo con due bulletti, grazie!- esclamò, stringendo i pugni. Se ne sarebbe già andata se avesse saputo come muoversi nel castello.
-Wow! Come siamo aggressivi- la prese in giro James, ignorando l’espressione arrabbiata della ragazza.
-Sai, è così che reagiscono le ragazze quando vengono separate dal fidanzato- continuò Sirius, con un nuovo ghigno sul volto.
-Ragazzi, non credo sia il caso di…-. Ma i due ignorarono bellamente Remus, che li guardava, abbastanza seccato.
-Mocciosus è il tuo ragazzo?! Spero che tu stia scherzando!- gli diede man forte James, voltandosi totalmente verso di lei, con un sorriso gigantesco sul volto.
-Secondo me sarebbero perfetti, insieme. Lui viscido, lei nervosa…- gli fece notare Sirius, come se fossero da soli e la protagonista del loro discorso non li stesse osservando e ascoltando, con un faccia che prometteva loro la morte immediata.
-Dici? Mah, non capisco proprio come qualcuno possa guardare lui quando in giro ci sono due come noi- continuò James, passandosi le mani tra i capelli e ammiccando verso la ragazza, che, con un sorrisino di circostanza che, francamente, fece rabbrividire Remus, versò il suo succo di zucca- del tutto accidentalmente, almeno a detta sua- sulla testa del grande James Potter, guardandolo, poi, soddisfatta. Sirius scoppiò in una risata allegra, attirando gli sguardi di gran parte degli studenti di Grifondoro, Remus si lasciò scappare un mezzo sorriso e Peter si nascose dietro di lui.
-Quella ragazza è stata… grande- sussurrò, cercando, però, di non farsi sentire dalla ragazza in questione. Peter aveva inquadrato i due ragazzi come i soliti bulletti, dediti a rovinare la vita delle persone più deboli, proprio come lui ed in  parte era stata contento che qualcuno avesse dato loro il ben servito prima che potessero prendersela anche con lui.
-Wow!- esclamò, per nulla intimorita, Alice.
-Grazie.- rispose asciutta l’altra ragazza, indecisa su come farla pagare all’altro ragazzo, che continuava a ridere. Ma non fu necessario il suo intervento, visto che James si lanciò letteralmente sul suo nuovo amico, cercando di farlo smettere di ridere e nella foga gli versò addosso tutti i bignè al cioccolato appena apparsi, al posto della carne, sul tavolo.
-Alice Prewett, primo anno, come te!- esclamò ancora la ragazza, tendendo la mano verso la rossa.
-Lily Evans. E’ un piacere conoscere qualcuno di normale- disse lei con un sorriso un po’ triste, rispondendo alla stretta di mano dell’altro.
-Mary McDonald! Primo anno, tua grandissima fan da oggi.- si presentò un’altra ragazza che aveva assistito a tutto lo scambio di battute. Aveva i capelli sciolti e lasciati lunghi, leggermente mossi, che le incorniciavano il volto magro. I suoi occhi brillavano, mentre stringeva le mani delle due ragazze davanti a lei.
-Ho come il sospetto che sarà un anno movimentato- sussurrò Remus a Peter, cercando di aiutare Sirius e James che avevano smesso di lanciarsi del cibo, solo per iniziare a lamentarsi delle macchie sulle loro divise.
 
Quella sera, come sempre, da anni, ormai, Severus Piton andò a letto arrabbiato con il mondo. La felicità di essere finito nella sua Casa preferita era evaporata quasi ancor prima di arrivare, quando, cioè, la sua migliore amica, Lily Evans, era finita a Grifondoro. Lui  non aveva chiesto al Cappello di andare con lei, non avrebbe abbandonato tutto- tutto quello in cui credeva e tutto quello che era- perché il Cappello gli aveva detto la frase che aveva cambiato la sua visione del mondo e anche Lily era passata in secondo piano di fronte a ciò: “Il tuo cervello è grande, così grande che solo a Serpeverde potresti farlo fruttare. Avresti gloria ed onore inimmaginabili e tutti ricorderanno il tuo nome in eterno. Un cervello come il tuo non andrebbe sprecato, quindi… Serpeverde!”. E mai come allora quelle parole lo avevano reso fiero e contemporaneamente lo avevano ferito nel profondo. Erano ghiaccio fresco su una scottatura e balsamo per le sue ferite. Erano come pugnali che si insediavano nel suo cuore e lo straziavano. Erano forbici aguzze e affilate che spezzavano l’unico filo che lo legava al resto dell’umanità: Lily Evans. I suoi occhi verdi che lo guardavano dall’altra parte della Sala, con quello sguardo quasi di scuse che lui era riuscito a leggere- perché lui era l’unico a conoscerla davvero- lo avevano fatto sentire immensamente solo. Ora altri avrebbero visto tutti i giorni quegli occhi- opachi e gonfi di sonno al mattino presto, rossi intorno all’iride dopo un’intera giornata sui libri, felici e ridenti dopo un qualche gioco- e lui avrebbe dovuto accontentarsi, come al solito, di vederla nei momenti liberi e basta. Chiuse gli occhi-le tende verdi del suo baldacchino non facevano che ricordargli ciò che aveva perso- passandosi una mano sul volto, stancamente. Era stanco, la giornata era stata lunga e la testa gli batteva violentemente. Il petto gli faceva male e ogni parte di lui sembrava urlare dalla voglia di alzarsi e andare alla Torre di Grifondoro e aspettarla lì davanti. Ovviamente non fece nulla, rimase  nel suo letto caldo e comodo che pure gli sembrava fatto di spine, a rimuginare sulla sua solita sfortuna. Aveva la Casa che voleva, ma senza la sua unica amica.
 
 
*tratto da Harry Potter e i Doni della Morte, con le dovute modifiche.
 
NOTE:
Allora, come anticipato, questa è una raccolta, basata su una serie di quadri. Sono sei quadri e quindi sei momenti della vita dei Malandrini e di Lily nel corso degli anni. I quadri sono tutti di Turner, perché lo amo. Non chiedetemi cosa mi piaccia di lui, perché non lo so. E’ lontano dal tipo di arte che preferisco di solito, ma lui mi incanta, per il modo che ha di usare tutti quei colori, quasi senza un filo logico. Come se il tratto lineare non bastasse per mostrare la grandezza della natura.
Comunque, non sono molto pratica di queste cose, ma cercherò di mettere il link del quadro che ho scelto per la one-shot, ma, in caso non ci riuscissi, il titolo in alto è lo stesso dell’opera ahaha Non sono brava con i titoli.
Non so che altro dire… va bene “ci vediamo prossimamente”?
Davvero, cercherò di pubblicare velocemente gli altri capitoli, ma non mi impongo un tempo preciso, non sono brava a rispettare le scadenze. Spero di riuscire a postarne uno a settimana.
Un bacio!
  
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