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Autore: Ice_DP    27/09/2016    3 recensioni
Trafalgar Law aveva un cane. Non che fosse una storia così fuori dal mondo. La cosa strana era come quel cane fosse riuscito a incasinargli la vita.
Eustass Kidd non è quello che si definisce un bravo ragazzo. Era una persona piuttosto scontrosa, senza mezzi termini e volgare la maggior parte delle volte.
E allora come può un cane, migliore amico dell'uomo e compagno fedele, riuscire a portare mille problemi nella vita di due ragazzi che nemmeno sapevano l'esistenza l'uno dell'altro?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Violenza
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TWO BOYS, A DOG AND MANY MESSES

Capitolo 1


~ Non ci sono cani da combattimento; ma solo proprietari.

(Stefan Wittlin)



Trafalgar Law stava passeggiando tranquillamente verso casa. Aveva le mani affondate nelle tasche per proteggerle dal freddo di novembre, e lo sguardo perso dritto davanti a sé. Non aveva alcuna fretta di arrivare da nessuna parte, tanto nessuno lo stava aspettando. Si godeva l'aria fredda che gli pungeva il naso, lasciando vagare la sua mente dove meglio credeva.

Gli piaceva fare delle lunghe passeggiate, lo rilassava e gli permetteva di rimettere a posto le idee. La facoltà di medicina gli rubava tempo, praticamente tutto quello che aveva a disposizione; ma Law ne era ben felice. Amava studiare quei tomi che per qualunque altra persona sarebbero stati eccessivi e addirittura impossibili da imparare; inoltre lo tenevano occupato tutto il giorno, e anche tutta la notte, senza che si dovesse preoccupare di pensare ad altro o a svolgere una qualsiasi altra attività. Non gli riusciva molto bene, e poi non ne aveva la minima voglia.

Inoltre non aveva molti amici, e questo sicuramente aiutava; quasi mai qualcuno si impicciava della sua vita o gli chiedeva di fare cose tipiche di un ragazzo della sua età. A ventiquattro anni ci si aspetta che si esca, si faccia baldoria e si torni a casa strisciando, con più alcol in corpo che sangue. Ma Law non era tipo da queste cose, affatto. Preferiva la sua monotona vita, che era sicura e per niente pericolosa.

Dire però, che non aveva nemmeno un amico, era sbagliato. Uno ce l'aveva eccome.

Si chiamava Penguin, ed era un ragazzo particolarmente loquace, oltre che ad essere il suo vicino d'appartamento. Strano lo era anche lui, e Law si era convinto, dopo tutti quegli anni, che era proprio quello il motivo per cui erano diventati tanto amici. All'inizio Penguin aveva dovuto faticare per ottenere la sua fiducia, perché Trafalgar era restio ad aprirsi con qualsiasi cosa avesse a che fare con il genere umano; ma poi, poco alla volta, si era sciolto, e aveva deciso che per una volta poteva fare un'eccezione. Ci aveva visto giusto, e Penguin si era rivelato un amico fedele e affidabile.

Frequentava medicina anche lui, ma non ne sembrava particolarmente entusiasta. Spesso e volentieri si lamentava di tutto quello che doveva studiare, iniziando monologhi insensati che Law non stava nemmeno più a sentire. Si chiedeva perché allora, prolungasse quella tortura; ma badava bene dal chiederglielo, consapevole che avrebbe dato inizio ad un altro monologo con conseguente crisi isterica da parte di Penguin. E no, non ne aveva decisamente voglia.

Una nuvoletta di condensa fece la sua comparsa quando Law sbuffò pesantemente, accortosi di essere arrivato a destinazione.

Viveva in uno di quei palazzoni dove era rintanata la maggior parte degli studenti che non avevano abbastanza soldi per permettersi un appartamento dentro al campus. Non che questa cosa gli dispiacesse, anzi. Apprezzava la privacy che aveva in quel luogo; di solito nessuno faceva domande di nessun genere, e la maggiore conversazione che si poteva avere era un semplice buongiorno o buonasera, dipendeva dai casi. Law apprezzava quella tranquillità che gli permetteva di studiare, se si escludevano le visite di Penguin, ma quelle erano sempre gradite, la maggior parte delle volte.

Sbuffò nuovamente, mentre apriva il portone principale e si lasciava il freddo alle spalle, pronto a fare le solite tre rampe di scale a piedi. No, non avevano l'ascensore.

Leggermente affannato, arrivò davanti alla sua porta, la numero 8; estrasse la chiave dalla tasca dei jeans e la aprì, trovando ad accoglierlo un caldo piuttosto ben gradito.

Sì, decisamente si meritava qualche ora di riposo.


Eustass Kidd stava quasi per addormentarsi ad una noiosissima lezione di ingegneria meccanica, che gli aveva occupato la fine del pomeriggio quando avrebbe potuto utilizzarla in attività molto più divertenti.

Di tanto in tanto il suo amico Killer, uno strano ragazzo dai lunghi capelli biondi, gli rifilava qualche gomitata in mezzo alle costole per impedirgli di addormentarsi sul serio e russare. Sì, perché Eustass Kidd russava peggio di un vecchio camionista fumatore.

Non era molto felice di essere riportato alla realtà a quel modo, ma in quel momento non poteva di certo mettere in subbuglio l'aula; Killer l'avrebbe pagata a lezione finita.

Lo sapeva che quel bastardo non aspettava altro che quelle occasioni per prendersi un po' gioco di lui, solo quando era pienamente sicuro che non avrebbe potuto reagire. In altre circostanze se ne guardava bene anche solo di tentare un azzardo del genere; avrebbe potuto perdere i testicoli, in quel caso. Ma sapeva che, anche se Kidd lo aveva fulminato con un'occhiata truce che avrebbe fatto scappare chiunque, alla fine della lezione sarebbe sbollito abbastanza per poterlo perdonare ed evitare di tirargli il collo.

Eustass Kidd in fondo era una persona misericordiosa.

Però aveva un sonno fottuto, e riuscire a tenere gli occhi aperti in quel preciso momento risultava particolarmente difficile. Aveva ancora da smaltire la sbronza di ieri sera, con conseguente rissa di cui quasi non ricordava nulla. Spesso si chiedeva come riusciva sempre a finire in mezzo a qualche zuffa, ma poi rideva e concludeva che la cosa non gli dispiaceva poi più di tanto.

Finalmente quel rammollito del professore smise una volta per tutte di parlare, congedandosi e lasciando la tanto agognata libertà ai suoi studenti.

Ti è andata bene”disse Kidd una volta uscito dall'aula, rivolto a Killer.

Quello lo guardò sorridendo di rimando alle labbra incurvate del suo amico dai capelli rossi, che lo guardava strafottente.

Come sempre” rispose quello, facendo spallucce.

Kidd scrollò le spalle leggermente infastidito, ma ogni pensiero di prendere a calci il suo amico ormai era svanito, e nella sua testa c'era solamente il desiderio di tornarsene a casa e svaccarsi una volta per tutte sul suo divano.

Rimasero in silenzio finché non arrivarono alla strada principale appena fuori dal college, dove le loro strade si dividevano. Purtroppo non avevano trovato un alloggio vicino, e nemmeno un appartamento dove vivere insieme; nonostante Killer fosse praticamente sempre in casa di Kidd. Ma quella sera anche il biondo voleva solamente starsene per i fatti suoi senza nessuno tra i piedi. Sapeva che Eustass non si sarebbe offeso per niente.

Ci si vede” lo salutò infatti, ricevendo per risposta il braccio alzato dell'amico già di spalle.

Killer rise e scosse la testa prima di prendere la sua strada, sorridendo alla poca educazione di Kidd.

Non c'era da stupirsi se tutti ne avevano paura e l'unico amico che mai avesse avuto al mondo fosse lui. Era dalle superiori che se lo trascinava dietro, e non gli aveva fatto paura nemmeno per un secondo, finché non lo aveva visto arrabbiato. Allora, e solo allora, si era seriamente ricreduto su quanto potesse essere pericoloso. Ma nemmeno a quel punto era riuscito ad abbandonarlo. E mai lo avrebbe fatto.

Kidd si trascinava con poca voglia verso casa sua. Sarebbe stato meglio definirla un buco, perché effettivamente lo era, ma a lui andava bene così. Gli serviva per dormire, mangiare a volte e, quando era ispirato, anche a studiare. Non che fosse un completo imbecille, ma lo studio non era proprio la sua passione. Teneva però immensamente alla sua carriera universitaria, ed era convinto che, una volta finiti quei quattro anni e presa la specializzazione, sarebbe diventato qualcuno.

Arrivato davanti a casa, sbuffò. Viveva in uno di quei palazzoni dove era rintanata la maggior parte degli studenti che non avevano abbastanza soldi per permettersi un appartamento dentro al campus. Odiava fare i due piani che lo separavano dal suo appartamento, e più di tutto, detestava dover incontrare qualcuno su per le scale o peggio, dalla porta accanto.

Ma quello fu un giorno fortunato, perché nell'edificio pareva non esserci anima viva.


Si era palesemente addormentato sul divano, e ciò che lo aveva svegliato era stato il rumore del suo stomaco che gli ricordava che, se voleva vivere ancora per un lasso ragionevole di tempo, allora avrebbe dovuto mangiare qualcosa.

Non era strano che Law saltasse i pasti, troppo concentrato com'era sui suoi libri per dar retta a stupidi bisogni fisiologici; eppure doveva ben sapere che non sarebbe arrivato molto lontano, se avesse continuato così.

Si alzò di malavoglia dal suo comodo giaciglio per raggiungere il frigo e trovarlo miseramente vuoto. Un moto di stizza lo pervase, tanto che chiuse con uno scatto poco gentile l'anta del povero elettrodomestico. Si era pure dimenticato di andare a fare la spesa, dannazione.

Lanciò uno sguardo veloce all'orologio appeso al muro, che segnava le sei e cinque, e si decise a mettersi scarpe e giubbotto per andare a comprare qualcosa da mettere sotto i denti.

Non che ne fosse entusiasta, ma doveva pur sopravvivere in qualche modo.

L'aria che lo accolse era decisamente più fredda di quella di due ore prima e molto più buia, così Law si strinse maggiormente nel cappotto e maledisse quel freddo umido. Gli piaceva, il freddo, ma decisamente in quel momento avrebbe odiato qualunque cosa e chiunque.

E, decisamente, quello era il giorno meno adatto per avercela col mondo; ma lo avrebbe scoperto solo più tardi.

Uscendo dal supermercato con un numero ragionevole di buste che facevano presupporre che ne avesse abbastanza per almeno una settimana, si avviò nuovamente verso casa, ancora di umore nero.

Quel giorno, però, evidentemente l'Universo doveva avercela con lui, perché decise che no, non poteva rimanersene in santa pace a pensare agli affari suoi.

Sentì un rumore strano provenire alla sua sinistra, poco più avanti di lui; inizialmente non ci fece molto caso, ma quando un cane di taglia abbastanza grossa sbucò da una via secondaria, i suoi occhi ne furono catturati e si dovette fermare per contemplare quella scena ambigua.

Un cane di per sé non è qualcosa di così eclatante, ma quello aveva qualcosa di diverso. Decisamente. Law sapeva che era un cane perché la morfologia era quella, ma quel povero animale era quasi irriconoscibile da quante ferite e sangue aveva addosso. Si chiese come diavolo facesse a rimanere in piedi in quelle condizioni.

Fece per avvicinarsi, ma una gamba spuntata dallo stesso vicolo, colpì l'animale, che rotolò di lato guaendo dolorosamente.

Cane bastardo!” sentì ruggire dal proprietario di quell'arto che non poteva vedere in faccia, complice il buio ormai della sera.

Law rimase spiazzato per un momento davanti a quella scena; solitamente era indifferente a tutto, ma mai si sarebbe aspettato una cosa del genere.

Intanto il cane emetteva dei lamenti atroci, accartocciato lì per terra sul ciglio del marciapiede. Era una scena penosa, davvero penosa.

Trafalgar Law non era un grande animalista, nonostante amasse particolarmente gli orsi polari; ma quel teatrino era qualcosa che non poteva sopportare nemmeno lui.

Prenditela con qualcuno della tua stazza, idiota” disse ad alta voce, mentre si avvicinava al povero animale, notando che era messo peggio di quanto non avesse visto poco prima.

Per risposta ricevette una risata roca, gutturale e molto sinistra. A dirla tutta, non sembrava nemmeno una risata del tutto umana. Avrebbe fatto paura a chiunque, ma Trafalgar Law non era chiunque.

Cosa diavolo vuoi ragazzino?” aggiunse poi l'uomo, ancora nascosto nell'ombra. Si potevano vedere solo i suoi occhi maligni brillare nell'oscurità.

Law lo ignorò volutamente, continuando a studiare quel cane riverso a terra che a stento riusciva a respirare.

Cerchi rogne, eh?” lo provocò la figura, non volendo comunque saperne di uscire allo scoperto.

Probabilmente, pensò il ragazzo, era uno di quei classici personaggi che sapevano solo sputare parole velenose senza avere il coraggio, o la forza di agire. Vigliacco, in poche parole.

Ma Law aveva fatto male i suoi conti.

Dannato ragazzino insolente, chi ti credi di essere?” ringhiò, lasciando la penombra del vicolo per scagliarsi su di lui come un leone rabbioso. Le buste della spesa caddero rovinosamente a terra spargendo tutto il loro contentuto.

Law non ebbe nemmeno il tempo di reagire; quell'uomo era stato fulmineo che quasi non era riuscito a cogliere quel movimento né tanto meno lo spostamento d'aria che aveva provocato.

Si ritrovò schiacciato contro la parete dell'edificio più vicino, mentre quell'uomo sconosciuto gli bloccava le braccia all'altezza del gomito e, come se non bastasse, aveva un ginocchio puntato proprio in mezzo alle sue gambe.

Il ragazzo dovette trattenere un gemito di dolore; non gli avrebbe dato la soddisfazione di essere visto sofferente.

Che c'è, hai perso la lingua?” disse ancora quello in modo tagliente, ghignando e avvicinandosi al viso del ragazzo che teneva prigioniero. Ancora una volta Law dovette trattenere un gemito, ma questa volta di disgusto: quell'uomo puzzava terribilmente. Sembrava quasi una specie di gas velenoso.

Rise di nuovo, aumentando la pressione del ginocchio. Questa volta il ragazzo, nonostante tutta la sua buona volontà, non riuscì a reprimere una smorfia di dolore, ma riuscì ancora a controllare la sua voce, che ricacciò in gola in maniera violenta.

Improvvisamente il cane guaì di nuovo, spostando l'attenzione dell'uomo su di lui. Senza un apparente motivo, quello lasciò andare Law, il quale si accasciò a terra dolorante, per occuparsi del cane.

Stai zitto, bastardo!” gli urlò contro, tirandogli l'ennesimo calcio che lo fece finire in mezzo alla strada.

Ma che cazzo stai facendo?” chiese una voce sconosciuta, poco distante da lui.

L'uomo non parve per nulla spaventato, pronto a fare nuovamente lo spavaldo, ma cambiò idea quando spostò lo sguardo su un ragazzo molto alto, con degli strani occhiali da pilota a trattenergli la massa di capelli rossi sparata in aria, e uno sguardo assassino.

Rimase senza parole, come se quegli occhi lo avessero paralizzato e piantato per terra.

Non lo sai che i codardi come te andrebbero cancellati dalla faccia delle terra?” il suo tono era duro e aggressivo, uno di quelli che non ammette repliche.

Cos'è, sei un animalista convinto?” chiese ironico, sperando che la sua lingua tagliente lo salvasse anche questa volta.

Di rimando il ragazzo scoppiò a ridere, facendogli venire i brividi.

Non sono cazzi tuoi” rispose sgarbatamente, avvicinandosi a lui e prendendolo per il colletto della giacca.

E comunque no” terminò, portandoselo all'altezza del proprio viso, lasciando venti centimetri buoni tra i piedi dell'uomo e il marciapiede.

Quello deglutì sonoramente, il che provocò un sorriso assai sinistro sulla bocca tinta di rossetto di quel tale dall'aria inquietante. Aveva ottenuto esattamente ciò che voleva: l'uomo non riusciva ad articolare nemmeno una parola.

È solo che detesto quando mi rubano tutto il divertimento” sibilò tra i denti, e nel mentre scaraventò l'uomo dall'altra parte della strada.

E adesso levati dai piedi!” ordinò seccato, senza mai staccargli gli occhi di dosso.

L'uomo si alzò in tutta fretta, si rassettò gli abiti e i lunghi capelli blu in meno di mezzo secondo e se la diede a gambe.

Quel fottuto ragazzo dai capelli rossi gliel'avrebbe pagata, e anche molto cara.

Intanto Law, ancora seduto per terra con la schiena appoggiata al muro, aveva assistito a tutta la scena, attento a non perdersi nemmeno il più piccolo particolare. Un sorrisetto compiaciuto era nato sulle sue labbra, ma era scomparso non appena aveva provato a muoversi.

Hai intenzione di rimanere lì come un coglione?” gli chiese quello strano ragazzo dai capelli rossi, guardandolo a braccia incrociate con uno sguardo di sufficienza.

Fatti i cazzi tuoi” gli rispose gentilmente Law, tirandosi in piedi a fatica.

Non appena ebbe riacquistato un minimo di stabilità, si avvicinò al cane, che nel frattempo sembrava essere svenuto.

Respirava a fatica e aveva sangue che colava da ogni parte del corpo. Per quanto Law fosse bravo al corso di medicina, e probabilmente sarebbe stato uno dei dottori migliori in circolazione una volta laureatosi, non se ne intendeva per niente di cani.

Dobbiamo portarlo da un veterinario” fu tutto quello che disse.





ANGOLO DELLA DEMENZA

Salve salvino miei cari tortini alla frutta arrivati sin qui!
Eccomi, in tempo record aggiungerei, con il nuovo capitolo. Credetemi che per me, aggiornare una volta alla settimana è davvero un'impresa ardua! Ma ogni tanto ce la posso fare anche io ad essere una persona puntuale.
Giusto due precisazioni.
Stando ai miei (errati e sconclusionati. Non sono mai stata brava in matematica, nemmeno nelle operazioni più elementari) calcoli, in teoria se Law ha ventiquattro anni, dovrebbe frequentare il secondo anno di specializzazione, o dottorato. Kidd, che invece ne ha ventuno, è al terzo anno di college; i due hanno tre anni di differenza, e quindi anche gli anni dell'università sono tre. Premettendo che in America il college comincia a diciotto anni e ne dura quattro, e il dottorato dovrebbe durarne o due o tre, siamo a cavallo! E anche se non fosse esattamente così, concedetemi questa licenza poetica. Questo solo perché io odio dover cambiare le cose dello zio Oda, e quindi cerco di essere più fedele possibile a ciò che ha creato lui. Perdonatemi, è una mia fissazione.
Se avete notato una frase ripetuta sia nella parte di Law, che in quella di Kidd, non preoccupatevi, non sono impazzita, ma era voluta.
Un'altra cosa. Adesso io non so se al college funzioni davvero così per gli appartamenti, ma mi piaceva questa cosa, e quindi ho preso un'altra licenza poetica in questo senso. Mi piace sapere quei due squattrinati e senza ascensore. Si è capito no, che abitano nello stesso palazzo? Ops, ho fatto spoiler!
E invece, avete capito chi è il gran bastardo che picchia quella povera bestia? *gongola*, è capibilissimo, lo so.
Ancora una piccola cosa. Spero di non aver ucciso letteralmente tutti i personaggi che qui appaiono, in tal caso, sono graditi commenti a riguardo, giusto per capire se sto andando nella direzione giusta oppure no. Sicuramente è un no, ma vorrei proprio sentirlo da voi. Specialmente da chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite e ricordate, che tra l'altro ringrazio davvero, ma il vostro parere vorrei sentirlo, anche solo per dirmi che questa storia è una cagata pazzesca e che fa schifo al mondo.
Comunque, vi dico solo che Kidd non è diventato amorevole e animalista di punto in bianco. È sempre inquietante e senza sopracciglia. L'unica cosa che gli invidio sono i capelli rossi. Maledetto.
Detto ciò, ringrazio con tutto il mio piccolo cuore l'anima pia che ha recensito lo scorso, misero, capitolo! Grazie!
A presto miei tortini!
Peace!


   
 
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