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Autore: SatoSerelover    29/09/2016    5 recensioni
Sequel di "Niente di meglio"
Il piccolo Conan, figlio di Shinichi e Ran, sta crescendo. Ormai ha 7 anni.
Vive con i genitori e la sua vita procede sempre più bella, ma quando un vecchio nemico di Shinichi tornerà, più cattivo che mai e intento a farla pagare al detective... toccherà al piccolo Conan, risolvere la situazione.
Insieme ai suoi amici.. Shizuka e Satoshi, comincerà ad indagare, come solo lui sa e potrà fare, coinvolto in un caso più grande di lui e prenderà le redini del padre!
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una sola e vera verità, un solo il vero amore'
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Nota d'autrice: Eccoci tornati dopo mesi! Non so come scusarmi per la lunga assenza, ma non avevo idee. Eppure ho risolto un problema che poteva benissimo non esistere... va beh. Godetevi questo capitolo.. scioccante. Il boomk della storia promesso è qui!

Capitolo 11: Vita nera



I due bambini corsero più in fretta possibile, diretti a casa di Conan, per recapitare la lettera a Shinichi e Ran. Avevano pensato di aiutarlo, invece lo avevano fatto catturare… Credevano che lui non sapesse della trappola, invece lo sapeva bene ed era andato lo stesso incontro al pericolo, per salvare chi amava.

Si sentivano tremendamente in colpa, ancora di più quando videro la reazione dei signori Kudo. Ran ebbe quasi un mancamento, mentre Shinichi ebbe un attacco di rabbia o panico. E questo solo sapendo dell’accaduto, senza leggere la lettera.

Con loro c’erano un bel po’ di agenti di polizia. Sul divano del salotto c’era Ran, supportata da Sato e Kogoro, Ai e Agasa, che cercavano di tranquillizzarla il meglio possibile. Di fianco a Ran c’era Shinichi, che la teneva per mano. In piedi di fronte a loro, che cercavano di racimolare più indizi possibili e di tranquillizzare la coppia, c’erano l’ispettore Megure, Chiba, Takagi e Shiratori e altri agenti. La maggior parte incaricati nel caso, erano già in pattuglia in tutta la città, pronti a cercare il bambino, che però al momento risultava introvabile. Eri avrebbe voluto precipitarsi lì, essendo moglie di un poliziotto, era riuscita a venire a conoscenza subito del rapimento del nipotino. Però Kogoro le aveva raccomandato di starsene al sicuro a casa, visto che Ran e Shinichi erano dell’idea di seguire le indagini con i poliziotti e che quindi era inutile venire dalla figlia. Anche Yukiko e Yusaku erano subito stati informati e, sebbene anche loro avessero voluto prendere il primo volo per il Giappone, ci pensò Eri a dissuaderli. Potevano solo sperare che andasse tutto per il meglio.

Satoshi e Shizuka si rivolsero uno sguardo, prima di parlare di nuovo.. era ora di consegnare il messagio da parte di Gin, che di sicuro era qualcuna di brutto.
“Signor Shinichi Kudo? A dire il vero ci sarebbe altro…” Satoshi aveva un po’ di timore a consegnare quella lettera, ma doveva farlo, o il suo migliore amico ne avrebbe pagato le conseguenze. Allungò le mani nella tasca della felpa e tirò fuori un foglio malconcio. Si avvicinò in silenzio a Shincihi e glielo consegnò.

Shinichi, che si stava corrodendo per il nervoso e per la frustrazione, non sapeva se era pronto psicologicamente ad un altro colpo. Non era abbastanza che suo figlio era stato portato via degli uomini in nero? Il suo unico e adorato figlio? Era già sufficiente che, insieme a Ran, non avesse avuto un infarto. Conosceva l’organizzazione, era sicuro che avrebbero ucciso Conan. Allungò la mano, pronto ad aspettarsi qualunque cosa “Cos’è?”
“Non so, il tizio di nome Gin ha scritto qualcosa in fretta e ci ha detto di consegnartelo…” Satoshi diede il foglietto a Shinichi e poi indietreggiò.

Shinichi lo aprì subito e cominciò a leggere con il cuore in gola..


 

“Shinichi Kudo, come ben saprai abbiamo tuo figlio qui con noi. Sebbene abbia la testazione di ucciderlo subito, voglio gustarmi la mia vendetta.

Faremo un bel giochetto! Io ti aspetterò alle 23.00 in un posto preciso. Hai tempo fino alle 00.00 per presentarti. Hai solo quel lasso di tempo.

Vediamo se indovini dove mi trovo! Da solo e senza indizi!

Non ti consiglio di portare la polizia con te, anche se so che lo farai. Ormai conosco i tuoi trucchetti e penserai a qualcosa.. ti basti sapere che se mi accorgo di qualche tuo giochetto, sarò io a giocare con tuo figlio!

Non presentarti e tuo figlio morirà nel modo più doloroso possibile. Se ti presenti allora non ti assicuro la sua salvezza, dovresti sapere come mi piace agire. È inutile dirti che sopravviverà, quando io stesso non vedo l’ora di ucciderlo davanti ai tuoi occhi.

Non credo tu abbia molta scelta, no?



Il tuo grande amico…

Gin”





Shinichi sentiva il sangue ribollire nelle vene, la rabbia lo portò stringere il foglio tra le mani, fino a che non decise di trapparlo in mille pezzetti. Come poteva aver permesso che accadesse?

“C-Cosa dice?” Chiese Agasa, nonostante avesse un po’ di vergogna a chiederlo.

Shinichi si alzò in piedi, lasciando per la prima volta la mano di Ran, dopo tutta la serata asfissiante “Devo trovarli in un posto preciso prima che sia tardi.

Ai scattò in piedi. già la notizia l’aveva sconvolta, traumatizzata, perché credeva che finalmente fosse tutto finito, quando invece l’incubo era tornato. “Kudo, ti uccideranno se vai!” gli urlò, convinta che fosse ovvio quello che sarebbe successo.

“Non ho altra scelta… Uccideranno Conan se non lo faccio…” disse con frustrazione, sapendo che sarebbe andato incontro a morte certa.

“LO UCCIDERANNO LO STESSO! LO SAI COME FANNO!” Ai era ormai senza controllo. Aveva preso quella questione peggio di quanto credesse. Era meglio non informarla, ma era inevitabile. Abitava di fianco a casa Kudo, quindi era venuta a sapere facilmente della questione.

Shinichi perse l’ultima briciola di pazienza che aveva. Non aveva ancora dimostrato quanto in verità dentro a sé fosse in preda al panico o triste, ma bastarono poche parole per dimostrarlo “NON POSSO ABBANDONARE MIO FIGLIO!!!”

E nella stanza si zittirono tutti, comprendendo quanto la situazione stesse letteralmente spaventando il padre. L’unica a non essere minimamente intimorita dalla reazione del detective, fu proprio Ran, forse l’unica a poter gestire il marito in un momento del genere.

“Shinichi….” Ran sapeva che non poteva permettersi di perdere sia il marito che il figlio. “Come scopriamo dove si trovano? Se non abbiamo indizi non riusciremo mai a capire dove ci aspettano” Chiese lei alzandosi e mettendosi di fronte al marito.

Shinichi in effetti sapeva che Ran aveva ragione. Doveva salvare suo figlio a qualunque costo, a costo di morire.. ma sapeva che se sarebbe morto, l’organizzazione avrebbe continuato a vivere e avrebbe raggiunto il suo obbiettivo, avrebbe lasciato Conan senza padre (solo se fosse riuscito a salvarlo) e non c’era nemmeno bisogno di menzionare sua moglie. Ran avrebbe sofferto troppo e non poteva vederla soffrire. Era scontato che fosse quella la preoccupazione della ragazza. Ma tutto ciò diventava un pensiero secondario, di fronte a ciò che li aspettava.

Conan era introvabile e Gin non aveva lasciato nemmeno un indizio. Per quanto potesse essere un bravo detective, nessuno era in grado di non fare una marea di errori. C’erano troppe possibilità e lui non poteva permettersene nemmeno uno.

Il silenzio venne interrotto da Satoshi che cominciò a strattonare la camicia di Shinichi per richiamare la sua attenzione “Mi scusi signor Kudo, ma lei mica aveva tutti quei gadjet che usava? Quando lei era sotto le spoglie di….”

Shinichi subito si abbassò e gli taccò la bocca con le mani. Non contava molto se tra i presenti la maggior parte sapevano di ciò che era successo 17 anni prima, perché alcuni di loro invece non ne erano a conoscenza. Uno di loro era Kogoro e preferiva che rimanesse tutto ancora un segreto, possibilmente non l’avrebbe mai rivelato.

Parlando del diavolo, il poliziotto si avvicino con fare dubbioso verso il diretto interessato “Scusa un attimo.. che intendeva? Quali gadjet e sotto le spoglie di chi?”

Shinichi cercò di svicolare, di inventarsi qualcosa. Nessuno di coloro che sapevano del suo segreto sembrano aver l’intenzione di svelare tutto. “Ehmm… solo cose che ho usato mentre ero sotto copertura in una missione..”

“Ah si? Qualche missione?” Continuò Kogoro.

Il detective cominciava a sudare freddo, l’ultima cosa che gli serviva era il suocero che lo infastidiva. “Ora non è il momento! Devo parlare con Satoshi! E devo controllare una cosa!”

Shinichi corse via, seguito da Satoshi, Shizuka e Ran. Arrivarono fino alla stanza da letto di Conan. Il detective cominciò a guardarsi attorno, posando infine lo sguardo sull’armadio dove aveva messo i suoi vecchi gadjet. Non c’era la scatola, la quale però era sul letto. Corse ad aprirla e constatò che mancava tutto, non c’era più nessuno dei suoi vecchi oggetti. Conan li aveva presi ed era ciò che sperava.

“So come trovare Conan, forse” Shinichi si rivolse con tono fiducioso agli altri presenti nella stanza.

Ran sentì un piccolo barlume di speranza nelle parole del marito, sapeva come era fatto. Se era convinto di qualcosa o c’era anche una piccola possibilità che andasse come voleva, di norma era così. “Come faremo?”

“Seguitemi” Shinichi andò nella camera da letto sua e di Ran, aprì un cassetto e tirò fuori un paio di occhiali. A quel punto per Ran era molto più semplice capire tutto. Beh lei. Non Satoshi e Shizuka.

“Vedete… se funzionano ancora forse potremo localizzare Conan. Sapevo che prima o poi avrebbe usato i gadjet che gli abbiamo regalato e così ho tenuto un paio di occhiali di scorta, per localizzarlo in casi di emergenza. Sperando che l’organizzazione non abbia rotto i localizzatori o le ricetrasmittenti. O che non le abbiamo buttate, in tal caso dovremmo trovarlo senza problemi..”

Shinichi aprì le bacchette degli occhiali, quel gesto così semplice lo faceva rabbrividire, lo faceva tornare indietro di ben 17 anni, o meglio 27, visto che aveva le sembiance di un bambino. Guardava attraverso le lenti trasparenti, sentendo il cuore pulsare nel petto.
Le mani gli sudavano davvero tanto, grondavano gocce ovunque. Aveva passato anche dei bei momenti, ma si era sempre ripromesso di non indossare nuovamente quei dannatissimi occhiali che simboleggiavano la sua dannata curiosità. Non faceva che pesarli ogni rammarico, se ora Conan era nei guai era anche colpa sua, da quel giorno in cui aveva ficcato il naso in quello scambio. Se non l’avesse fatto non avrebbe mai conosciuto l’organizzazione, non avrebbero mai perseguitato la sua vita e non avrebbero rapito Conan.

Ran appoggiò con dolce tatto la mano sulla spalla del marito. Lui si girò verso la giovane donna, la quale gli annuì lentamente. Era dura e lo sapeva, ma era necessario per il bene di loro figlio.

Il marito inspirò e avvicinò gli occhiali fino a sentirli sopra il naso. Non espirò fino a che non furono posizionati completamente. Rilasciò poi un lingo sospiro, senza staccare la mano dalla bacchetta, pronto a cliccare il pulsante. Che strana sensazione, vedeva esattamente nello stesso modo, eppure sentiva già un peso enorme sulle spalle.

Un piccolo gesto, un piccolo click, e sulla lente degli occhiali si accese il gps. Vide subito un punto illuminarsi e spegnersi di continuo, era di sicuro il segnale delle trasmittenti. Era fortunato che non ce ne fossero sparsi sulla lente, voleva dire che erano tutti nello stesso luogo, quindi ancora nello zaino del figlio.

“Allora? Cosa dice il segnale?” Chiese Ran, sperando con tutto il cuore in qualche risposta positiva, non sapeva cosa, ma bastava fosse utile per ritrovare Conan.

Shinichi spense il ricevitore e si tolse gli occhiali “Segna un unico luogo, quindi abbiamo un lato positivo, però l’unico modo per confermare le mie ipotesi è presentarci nel luogo giusto e nell’ora giusta. Abbiamo un solo tentativo e dobbiamo sperare sia quello giusto”

Non aveva senso, perché sembrava tutto troppo facile? Il suo istinto di mamma le diceva che c’era dell’altro “Ma Shinichi… Quelli dell’organizzazione si sarebbero accorti facilmente delle trasmittenti. Le avrebbero tolte oppure sparse in giro”

“Lo so benissimo.. infatti si vede che le hanno lasciate a Conan per un motivo preciso. Sanno che è l’unico modo che abbiamo per rintracciarlo. Gin mi sta lanciando una sfida aperta… vuole che arrivi sul ponte, vuole uccidere Conan sotto i miei occhi e poi me”

Quelle parole diedero il terrore a Ran, la quale non poteva che provare una profondissima angoscia. Non avrebbe lasciato che uccidessero sia suo marito che suo figlio. Gli avevano portato via sia Conan che Shinichi una volta, non lo avrebbero fatto di nuovo. Non poteva perderli. “Non avrai intenzione di…?”

“Lo devo fare, ho già permesso tutto questo, non gli darò la possibilità di uccidere nostro figlio. Lo proteggerò a qualunque costo e lo riporterò a casa!”

Ran portò la mano sul petto e strinse la sua maglia, sempre più in panico, non poteva passare di nuovo tutto quello che era successo anni prima, non avrebbe sopportato il dolore.

Shinichi infilò gli occhiali in tasca “Devo fare un paio di chiamate, devo contattare qualcuno che ci darà una mano con Conan.

“Hai un piano?” Domandò Ran con un filo di voce. Shinichi era geniale quando si trattava di pianificazioni, trucchi, tranelli… ma a questo punto ogni dubbio era permesso, come era permesso temere il peggio.

“Esattamente, spiegherò tutto appena scendiamo in biblioteca, dobbiamo fare attenzione che tutti sappiamo nei minimi particolari le mie intenzioni. Non sono permessi sbagli” esclamò estraendo il cellulare e digitando un numero.

“…..Pronto?”

……… la chiamata durò per parecchi minuti. Ran aveva un presentimento di chi fosse l’interlocutore, ma anche se si fosse sbagliata, sapeva che il suo detective stava cercando di fare tutto il possibile per risolvere quella situazione traumatica. Scesero al piano di sotto, dove li aspettavano pazientemente gli altri. Shinichi aveva bisogno di ogni possibile aiuto. Discussero per un’ora buona, per poi separarsi e andare ognuno per la propria strada.

I preparativi erano cominciati e sebbene Shinichi volesse chiudere il tutto il prima possibile, sapeva che le possibilità di sconfiggerli definitivamente era davvero scarsa. Finché c’erano dei membri in giro erano tutti in pericolo.. lui, Ran, Conan, Ai e il Dottor Agasa, Kogoro, Eri e tutti coloro che gli erano cari.

Se uscivano tutti vivi da quella notte, avrebbe di certo mandato Conan e Ran in America da Yukiko e Yusaku. Non importava più nulla ormai, era troppo pericolosa la loro presenza. Gin sapeva chi era della famiglia e sapeva come ucciderli. Come capo famiglia, marito e padre, Shinichi ora doveva assumersi le sue responsabilità e tenere al sicuro chi più amava al mondo. Aveva creato lui quel grosso casino, toccava a lui risolverlo, evitando di coinvolgere chi gli stava attorno, sebbene il destino avesse scritto tutto nel momento in cui era venuto a contatto con gli uomini in nero.

Era un tormento starsene fermi, non poter controllare gli altri posti. Era inutile cercarlo, perché Gin si sarebbe presentato solamente ad un certo orario e quindi sarebbe stato necessario controllare più volte. L’unica chance era aver indovinato la destinazione. E sperava che il suo fiuto infallibile da detective non l’avesse abbandonato nel momento più cruciale.

Voleva prendere a andare a salvarlo. Se gli fosse accaduto qualcosa avrebbe perso suo figlio, una parte di sé e non sapeva come avrebbe superato il dolore.

Shinichi camminò verso il balcone di casa, guardando il cielo. Non vedeva nemmeno una stella ma la luna era ben esposta sul suo mantello blu. Avrebbe voluto averlo accanto, avrebbe voluto tornare indietro e rimediare ai suoi errori.

“Shinichi non fa freddo? Non è meglio che torni in casa?” Sentì la voce di Ran arrivargli dalle spalle, fino ad accostarsi al suo fianco.

“Sto bene così, un po’ di aria fredda non può che aiutarmi a sbollire la rabbia”

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto ben presto.

“Non potevi farci nulla Shinichi…”

Il giovane uomo girò lo sguardo sulla moglie, un brivido un po’ di rabbia gli arrivò alla testa “Come può non essere colpa mia!? Conan è in questa situazione per me, perché ho seguito gli uomini in nero diciassette anni fa! Colpa mia perché non avrei dovuto discutere in quel modo con lui e allontanarlo da me! Se non fosse stato per me adesso….”

Ran lo interruppe sul venire “Se non fosse stato per te, Conan non esisterebbe… e io non ti avrei mai conosciuto…”

Il marito si sentì placato dalla semplicità di Ran, dalla tranquillità con cui aveva parlato. Sembrava si fossero scambiati gli atteggiamenti che usavano in quelle situazioni.
“Io però ho solamente complicato tutto. Se l’organizzazione lo ha preso è solo perché io li ho seguiti in quel parco di divertimenti…”

“Amore, tu sei un grandissimo detective… li avresti incrociati comunque in qualche caso. Se la sarebbero presa con te ad ongi modo. In pochi anni avrebbero voluto ucciderti, come hanno fatto con gli altri detective che potevano intralciarli”

Il ragazzo stava per rispondere di nuovo, magari dandosi la colpa di essere un detective. Ma era inutile tentare di controbattere, così si limitò ad una semplice affermazione “Ho solo fallito come padre…”

Ran si avvicinò a Shinichi e sfiorò con le dita il mento di quest’ultimo, alzandolo fino a incorciare i suoi occhi blu. “Non dire assurdità… tu ami Conan e lui ama te, faresti di tutto per lui. E so che farai di tutto per riportarlo a casa…..”

Appoggiò le labbra contro quelle del marito e premette. Si staccò velocemente da quel bacio, senza però allontanarsi ulteriormente da Shinichi.

“E poi, tempo fa dubitavi anche di essere un buon marito, eppure mi pare che sia esattamente il contrario. Non ti preoccupi più di tanto ormai per quello, no?” cercò nella forza di un lieve sorriso, molto forzato. Eppure sapeva che presto sarebbe crollata pure lei, era davvero in pena e probabilmente Shinichi lo capiva. Inrociò le braccia e aspettò in una risposta dal marito.

Shinichi sorrise leggermente, pensando a quanto fosse ingenua Ran “Se hai freddo, non c’è bisogno di non dirlo” Disse lui togliendosi la felpa e appoggiandola sulle spalle della moglie. La guardò poi con sguardo grave ma comprensivo “E se qualcosa ti tormenta, non c’è bisogno di trattenerti”

Sorrise per pochi secondo la ragazza, quasi in una smorfia di sconfitta. Si avvicinò di nuovo a Shinichi e si appoggiò al suo petto, lasciandosi avvolgere dal caldo abbraccio del marito. “S-Shinichi…. I-io lo so che lo f-fai per C-Conan… ma….m-ma..” Le lacrime cominciarono a scorrere sulla candide guancie, rompendo di nuovo il muro che si era costruito Ran in quella giornata.

“Ran…..” Shinichi le appoggiò la mano sulla guancia. Una mano forte e sicura. “I-io Non posso tirarmi indietro. Conan ha già passato troppo. So che mi capisci e so che hai paura di perdermi. Ma io non permetterò che accada. Non me ne adrò via come è già successo e farò tutto ciò che è in mio potere per risolvere tutto e tornare tutti a casa insieme. Risolverò la situazione e saremo di nuovo una famiglia felice”

Un candido bacio si depositò sulla fronte della ragzza. “Te lo prometto.”

L’ex karateka sorrise e si lasciò stringere di nuovo dal marito. I due rincasarono e tornarono a letto, cercando di recuperare giusto le energie necessarie al salvataggio. Non era facile dormire, quasi impossibile era per loro prendere sonno, ma ci avrebbero provato lo stesso.


…… da qualche parte…….


Aprì lentamente gli occhi, ma non vedeva nulla. Era forse diventato cieco? No, no, alcuni piccoli spiragli di luce c’erano, era semplicemente in una stanza buia. Fece una smorfia di dolore quando sentì una brutta fitta alla testa, voleva portare la mano sulla nuca, ma non riusciva a muoversi. Era legato e anche parecchio bene, poteva sentire le corde tringersi intorno alle sue braccia e il busto.

Improvvisaamente si ricordò tutto “Non ci credo, sono finito nelle mani dell’organizzazione… dopo tutta la fatica fatta…” Provò ad alzarsi, ma gli girava troppo la testa per farlo “Cavolo, mi fa male la testa…..” Si accostò al muro e si tirò su, con qualche difficoltà per lo zaino…. Lo zaino? Si, aveva ancora lo zaino.

“Ma come? Perché l’organizzazione avrebbe dovuto lasciarmi tutti i miei gadjet? Perché non sbarazzarsene, dovrebbero sapere ormai come agiva mio padre. Non capisco..” Si guardò in giro, cercando una scappatoia, ma era tutto avvolto dall’ombra e non si vedevano né porte né finestre, solamente una piccola piccola luce passare dalle fessure.

Se ce ne era così poca era anche perché era di sicuro notte. Non poteva camminare, né scappare era in trappola e non contava se aveva i suoi gadjet. Non poteva usarli, ormai era lui l’unico oggetto in quella stanza, qualcosa che avrebbero usato gli uomini in nero contro suo padre. Ogni suo sforzo e desiderio di aiutare la sua famiglia era stato vano. Sentì gocciolare sulle sue gambe, non era acqua… non sembravano essere perdite o pioggia. Era per forza la ferita che sanguinava, non si era chiusa ancora probabilmente.
Non sapeva quante ore fossero passate, se era ancora notte di sicuro meno di dodici. Cercò di ragionare, di pensare a qualunque cosa, ma di nuovo gli arrivò un emicrania più forte di prima, che gli sembrò spaccargli la testa in due parti. Si accasciò a terra, stringendo i denti per resistere, ma non riuscì più a reggere e di nuovo l’oscurità lo avvolse, in un buio più penetrante di quello che già aveva intorno.

Le ore passarono, le prime luci del mattino erano già arrivate da un pezzo.. anzi, la giornata passò velocemente, sembrano quasi frettolosa e in vena di tirare via le ore utili di preparazione al salvataggio. Ormai il giorno era andato ed erano le 10.55.. mancavano cinque minuti e Shinichi avrebbe potuto correre da suo figlio, sperando di non sbagliare obbiettivo.

Il detective passeggiava avanti e indietro davanti all’entrata di casa. 22.58.. era quasi l’ora. Aprì la porta ed uscì, lasciandosi alle spalle la propria casa. Sperava di tornarci sano e salvo ovviamente, ma prima di tutto sperava di farvici tornare suo figlio.

Tirò fuori gli occhiali e li posò di nuovo sul viso, ora che l’aveva fatto una volta poteva farlo di nuovo, ma rimaneva comunque doloroso, una sfida. Gli sembrava di essere di nuovo alto come un moccioso e di correre contro il tempo.


…..20.59.. 10 secondi alle undici…

“Sto arrivando Conan….. vedrai che andrà tutto bene..”

…..23.00….

Accese in fretta il display e cominciò a correre, non poteva muoversi in auto, avrebbe destato troppi sospetti. I suoi passi diventarono costantemente pesanti, ma veloci, i piedi si muovevano come i pistoni di un treno a vapore appena costruito. Come se tornasse a giocare a calcio in uno dei suoi vecchi tornei.

Ora però non era un gioco e l’unica vittoria sarebbe stata quella di riavere Conan…


Di nuovo da qualche parte…….


Sentì una portiera aprirsi, era di un auto. Il rumore del motore gli era familiare, sembrava un furgoncino, si, lo stesso rumore di motore che aveva sentito poco prima di essere portato via al porto.

La porta sbatté di colpo e si aprì, lasciando entrare un fascio di luce scura, luce notturna che comunque gli diede un forte fastidio agli occhi. L’uomo dalle vesta nere si fece avanti fino al ragazzino, che tremava per il terrore, non aveva idea di cosa gli avrebbe fatto.. ma nella situazione in cui era non poteva che avere paura…

No, doveva avere il sangue freddo, doveva resistere. Smise di tramare e aprì completamente gli occhi, ritrovandosi davanti alla faccia il viso più truce, spaventoso e crudele che avesse mai visto. Gli occhi grandi e le pupill minuscole e fredde. Sguardo tagliente, penetrante. Lo osservava, studiava le sue reazioni e sentimenti. Conan non si mosse, non fece nulla, nonostante stesse scoppiando per i terrori e le paure.

“Ma che bravo…. non ti muovi, non reagisci, ma si capisce che sei paralizzato!” Portò le mani sulle corde che avvolgevano il bambino, poi tirò fuori un coltello e le sfilacciò fino a liberare Conan.

Lo tirò su di forza e lo trascinò fino in auto, buttandolo dentro con violenza. Dentro all’auto c’erano anche quello che, dalla descrizione di suo padre, era Vodka.. e altri uomini che non poteva riconoscere. Non si ribellò, né nient’altro, era intuile.


Shinichi correva, correva verso il segnale… o almeno quello che credeva essere fermo. All’improvviso cominciò a spostarsi, Gin stava agendo. Se quello era suo figlio, lo stavano portando sul luogo dell’incontro. Cercò di prendere le strade che lo portavano sulla strada più vicina, o sul luogo che poteva essere quello deciso.

Il segnale era veloce, quindi erano su un veicolo, probabilmente un’auto o un furgone. Shinichi cercò di prevedere dove sarebbero arrivati, ogni strada presa con il furgoncino portava al ponte commerciale del fiume Nyugisaki, quindi non poteva che arrivare lì.
Aspettò che il segnale fosse completamente fermo nel luogo da lui pensato, le sue deduzioni erano esatte, completamente esatte. Il ponte era il luogo dell’incontro ed era sicuro che le ricetrasmittenti erano state lasciate addosso a Conan perché Gin lo trovasse. Voleva che lo raggiungesse.

Stava correndo incontro alla morte? Alla sua fine? Beh, può darsi.

Accese anche il microfono sugli occhiali “Mi senti? E’ tutto pronto. Ponte Suzumo, sul fiume Nyugisaki…” Il fiume era fuori Beika, dall’altra parte della città. Non ci sarebbe mai arrivato correndo, ma non c’era altra scelta, dipendeva la vita di Conan. Sarebbe morto di asfissia se fosse servito.


In un' auto…….

“Allora, sei pronta? Non devi farlo se non te la senti…. Posso..”

“No, lo farò io, devo… è il mio dovere.” Interruppe una voce femminile.

Una voce maschile rispose “Si ma è pericoloso, possiamo trovare un’altra soluzione, so che il piano è preciso e dettagliato ma…”

“Ho insistito apposto anche con lui, pur di farlo, una volta convinta me stessa, posso convincere chi voglio…”

“Beh lo so…”

“L’organizzazione cosa avrà in mente stavolta? Non si fermerà a Shinichi, non è vero?”

“Si hai ragione, hanno in mente qualcosa, ma in gran segreto. Nessun’informazione, soffiata o altro ci è arrivata. Non abbiamo notato nulla eppure lui ci ha chiamati e ci ha avvisato. Devo ammettere che è stata una piacevole sorpresa risentirlo, ma speravo in altre circostanze”

“Beh, per noi è un piacere rivederti, dopo tanto tempo!”

“Ahaha, anche per me di certo! Però lasciamo il buon umore a quando avremo tratto in salvo Conan, quella piccola peste… che si caccia in guai che non può gestire..”

“… si ma lui…”

“E’ identico a Shinichi, identico a suo padre. Sappiamo cosa voglia dire, finire in situazioni più “grandi” di quello che si é.
“Si…. Lo so. Ma ci sarà un modo per salvarlo, no?”

“Non c’era questa confusione da 17 anni…cos’è ogni diciassette anni si ripeterà questo caos? E’ una nuova tradizione?”

Sospirò la figura femminile “….no… non lo pensare minimamente. Non voglio che la sua vita sia rovinata….ho promesso di proteggerlo…”

Sospirò lui “Non puoi fare promesse che non sei sicura di poter mantenere. Puoi impegnarti ma…. L’evidenza è l’evidenza. Sei sempre la solita… non è vero…..?” la luce di un lampione penetrò dal finestrino dissipando l’ombra e dando chiarezza al volto della donna “…. Non è vero…. Ran?”

“Si…… sono fatta così….” Sorrise lei con tristezza “Ma tu non sei fatto da meno, anche tu hai creato i tuoi problemi… no?” Si girò verso l’uomo, illuminato da altra luce proveniente dall’esterno…… rivelando una chioma bionda e pelle abbronzata. “…….. Bourbon?” fece l’occhiolino lei.

Amuro ridacchiò “Non chiamarmi così! Mi fai sentire dalla loro parte veramente! Quasi mi credo responsabile! Mi sento abbastanza stupido per non aver nemmeno scoperto da solo del loro ritorno, anche se sono della Polizia Segreta Giapponese!”

“Ascolta, pensi che il piano funzionerà?”

“Non lo so, non vorrei illuderti ma….. ci sono buone probabilità. Tu credici fino alla fine e stai attenta..”

Ran annuì “si…”

L’auto sfrecciò, cercando di evitare il traffico che li bloccava. Non potevano attivare le sirene.. era una missione segreta…. Così segreta che quella notte era ormai nera, nera e solo nera… chissà che non si sarebbe dipinta anche di rosso.


“Siamo arrivati….Eccitato?” fece Gin ghignando e mostrando il suo sorriso bianco e i canini splendenti, che sembravano appartenere ad un vampiro. L’unica cosa bianca di quella notte.

Le portiere si aprirono e quattro dei sei uomini scesero, Conan venne afferrato per la collottola della felpa e tirato fuori dal furgone in malo modo. Lo buttarono a terra ai piedi di Gin, poi il furgoncino se ne andò.

“C-Cosa avete intenzione di fare?” mormorò tra un respiro e l’altro il bambino. Il suo tono di voce era duro e tenace. Ora doveva solo aspettare il padre, resistere a qualunque cosa gli avrebbero fatto.

Però non si aspettava che Gin gli avrebbe tirato un calcio così forte da spostarlo di un metro. Si piegò in avanti e posò le mani attorno al suo stomaco, tossendo ripetutamente.
“Tuo padre… pensi davvero che verrà?” Gli chiese lui.

Conan alzò lo sguaro un poco, ma tornò subito a fissare il terreno “S-Si.. non mi abbandonerebbe mai….”

Un altro calcio lo colpì al fianco e di nuovo venne buttato avanti di un paio di metri. “Chi lo sa, io non mi illuderei troppo. Ti ha abbandonato una volta… perché non potrebbe rifarlo?”

“L-Lui n-non l-lo ha f-fatto… n-non lo f-farà"

E di nuovo, un terzo calcio, sempre più forte. “Facciamo un bel gioco, vediamo se arriviamo a metà del ponto solo a calci!”

Lo colpì ancora e ancora “Voi piccoli impiccioni, credete di fare i detective, ma vi cacciate solo in situazioni che non potete affrontare. Solo degli stupidi ficcanaso.”

Un altro calcio, poi un altro… e un altro ancora… più lo colpiva, più si spostava Il corpo di Conan, che cominciava a chiedersi se valeva la pena sopportare tutto questo…

“Esatto.. vale la pena sopportare tutto questo?”

“…”

Un altro calcio.

“Dai la colpa a tuo padre, sei stato segnato dalla nascita…”

“…”

E di nuovo fu colpito…

“La tua cosiddetta famiglia…..”

Ancora un altro colpo.

“E’ solo una menzogna!”

Ad ogni frase Gin tirava un calcio, facendo volare Conan più distante.

“Ti fanno credere di essere speciale…. Parte della tua esistenza.. che ti amano..”

“…”

“Cavolate… l’amore è inutile, inutile la famiglia, inutile esistere credendo in queste idiozie..”

“Ahh….” Urlò di dolore Conan, non sopportando più i colpi, cominicò a tossire a raffica, non sentiva più alcune parti del corpo. Era indolenzito da capo a piedi..

Gin sorrise maliziosamente pronto a sferrare un ulteriore calcio, il piede stava già per muoversi “Non morire illudendoti! Ormai è mezzanotte e cinque, tuo padre non è venuto”

……………………………………….

“T-Tu n-non h-hai a-avuto u-una f-famiglia… v-v-vero?”Una voce debole parlò, bloccando le gambe di Gin.

“Che diamine…”

“S-Si c-capisce… u-una f-famiglia t-ti s-sta a-accanto n-nei m-momento d-di d-dubbio… d-di d-dolore… c-cade c-con t-te, t-ti a-accompagna d-dalla n-nascita a-alla m-morte. T-ti da l-la f-forza d-di a-alzarti q-quando n-non n-ne h-hai l-la f-forza. T-ti r-regala i-il s-sorriso e i-il c-calore d-di c-cui h-hai b-bisogno.”

“..”

“*anf*T-Tu n-non h-hai a-avuto p-probabilmente u-una f-famiglia a-accanto. C-Che t-ti d-desse l-luce. *anf*S-Sei c-cresciuto n-nel d-dolore *anf* e-e q-quindi v-vuoi f-far s-soffrire c-chi s-si è-è i-illuso c-come t-te d-di a-avere u-una f-famiglia. *anf* *anf*A-Avrai a-aspettato d-di r-ricevere a-amore………. E-e………. *anf* t-tutto q-quello c-che h-ahi r-ricevuto i-invece è…. o-odio e…… d-disprezzo…… *anf*”

Un’immagine di un bambino piangente, con il sangue che gli sporcava i vestiti, bagnato completamente.. attraversò la mente di Gin. Era pietrificato.

Vodka si avvicinò al compare “Hey fratello!? Che scuccede?”

“……*anf*P-Per q-quello… n-non c-capirai m-mai c-cosa v-voglia d-dire a-aspettare f-fino a-all’ultimo. T-Tu h-hai f-fino p-per o-odiarla…. *anf**anf* i-io…. I-invece…… l-la a-amo f-fino a-alla f-fine. A-A c-costo d-di m-morire a-amandola…. UUUGH…”

Un calcione lo colpì in pieno petto, scaraventandolo indietro di almeno un paio di metri. La gamba che lo aveva scagliato tremava ancora per la rabbia e le convulsioni. Gin aveva uno sguardo pieno di collera, rabbia e crudeltà. Le rughe del suo grugno, la fronte aggrottata e gli occhi fiammeggianti di odio.

Era in preda alla collera, un’esplosione di rabbia. Se non lo aveva ucciso prima, ora era il momento più azzeccato. Erano ormai in mezzo al ponte, Conan non aveva la forza di parlare o alzarsi. L’uomo in nero si gettò sul ragazzino e lo afferrò per la felpa di nuovo, alzandolo in aria.

“DEVI SOLO CHIUDERE LA TUA BOCCACCIA! DEVI SOLO PREGARMI E PIANGERE PER IL DOLORE CHE STO PER FARTI PROVARE! PERCHE’ PER QUANTO TI OSTINI, LA VERITA’ E’ CHE TI HANNO ABBANDONATO COME E’ GIA’ SUCCESSO E ORA MORIRAI CON QUESTO PENSIERO!!!”

Conan cercò di allungare le mani e di liberarsi, perché la presa gli faceva male al collo.
“I FATTI SONO QUESTI E LA VERITA’ E’ CHE TUO PADRE NON C’E’! NON E’ VENUTO! E TU MORIRAI, SENZA ESSERE AMATO!”

Quelle parole lo penetrarono, lo uccisero dentro, sul colpo. Le braccia caddero al vento, lasciando che Gin gli facesse quello che voleva. Era vero.. suo padre non era venuto….. e ormai…… sapeva che era vero…. Lo considerava un grande detective, un grande padre….. e invece sarebbe morto aspettandolo invano.

Gin si avvicinò al bordo del ponte. A separarli dall’acqua che scorreva impetuosa, sporca e con la terribile corrente.. c’erano almeno 10 metri. Conan non si oppose, perché non ce l’avrebbe fatta comunque.

..Papà

..........

..Papà…

………………

“PAAAPA’A’A’A’A’A’A’A’!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Uno scoppio riecheggiò nell’aria e qualcosa esplose addosso al viso di Gin. Un secondo dopo, Conan si ritrovò in aria, pronto a cadere, ma qualcosa lo afferrò e lo strattonò di nuovo verso il ponte, prima che potesse precipitare. Sentì degli arti avvolgerlo e stringerlo addosso ad un caldo petto. Il profumo che emanava quella persona.. non era un vero profumo ma era familiare. Aprì gli occhi e si ritrovò tra le braccia di nientemeno che sua mamma, Ran. All'inizio del ponte, un pò di uomini stesi a terra, probabilmente picchiati da Ran.

“M-Mamma!?” La guardò esterefatto. E non era finita..

“CONAN!?” una voce lo chiamò. Si girò e alla sua sinistra, a molti metri di distanza vide suo padre che correva in quella direzione.

“P-Papà!?” Guardò in terra, vedendo un pallone da calcio. Era davvero lui.. erano davvero loro. I suoi genitori non lo aveva abbandonato.

Si girò verso sua madre, che lo guardò qualche secondo, con gli occhi pieni di lacrime. Non poteva nemmeno immaginare la gioia provata da Ran in quel momento. Era tra le sue braccia e lo aveva preso in tempo.

Il suo bambino era salvo.

Lo chiuse in un abbraccio.. “Conan.. Conan bambino mio….”

“Mamma… non stringermi!” Conan le chiese, sentendo ancora gli acciacchi per via delle botte prese. Nemmeno lei poteva capire quanto fosse felice. Shinichi non lo aveva abbandonato, Ran pure, i suoi genitori avevano solo aspettato il momento giusto.

Conan sentì dei passi depositarsi di fianco a lui, guardò al suo fianco e incrociò suo padre. Ran si alzò e si mise dietro a Shinichi un po’ più distante da lui. Conan rimase a guardarlo, con un po’ di indifferenza, però non poté che mostrare un piccolo sorriso. In fondo era tornato, era lì per salvarlo. Questo dimostrava che aveva ragione, la sua famiglia c’era per lui.

Shinichi sentì un peso andare via da dentro di sé, Conan era salvo e a quanto pare era pronto a perdonarlo. Fece qualche passo per raggiungerlo, copiato da Conan…

Di punto in bianco, un pistola venne caricata, agghiacciando padre, madre e figlio.

Gin era in piedi davanti a loro, pronto a sparare, ma non puntava a Conan, non puntava a Shinichi, bensì a Ran.

La ragazza era troppo impaurita per tentare di fuggire, le sue gambe non rispondevano, non avrebbe potuto andare da nessuna parte.

“Te l’avevo detto che avrei eliminato davanti ai tuoi occhi chi amavi.. Shinichi Kudo…”

Shinichi non rimase ad ascoltare e si mise davanti a sua moglie per proteggerla da qualunque cosa sarebbe successa.

“Bene, morirete insieme!” caricò la pistole e…..

Qualcosa si lanciò addosso al suo petto, o meglio qualcuno. Conan si era scaraventato contro quell’uomo o ai suoi occhi mostro. Non ci aveva pensato, non aveva ragionato razionalmente, aveva solo una cosa nella testa: salvare i suoi genitori.

Un piccolo gesto, o forse troppo grande, qualcosa che di certo non si aspettava. Incrociò gli sguardi di Ran e Shinichi sconvolti, un’ultima volta, prima di sentirsi ribaltato in avanti e cadere.

Cercò di aggrapparsi alla barriera del ponte mentre guardò indietro, vedendo il criminale scomparire nella corrente. Purtroppo non riuscì ad afferrarla e vide solo tutto intorno a sé allontanarsi. Sentì la schiena sbattere su uno dei sostegni di ferro del ponte e prima che potesse tentare di urlare, le acque lo inghiottirono.

Tutto si perse… tutto finì e scomparve. Ogni convinzione, sensazione… sparì e ci fu il vuoto.

Stava cascando tutto e non solo loro figlio. Il loro animo era a pezzi, non poteva succedere. Non poteva morire, non poteva lasciarli davvero. Non dopo tutto quello che era successo.

Il mondo si stava spaccando a metà.. lo avevano perso.

Ran e Shinichi corsero verso il bordo con gli occhi pieni di orrore e di angoscia.

Guardavano e guardavano, cercandolo tra la corrente “CONAN!!!!”

“CONAN!!???” Continuavano ma niente, la corrente scorreva come avrebbe fatto il vento in una tempesta.

Niente… niente… niente….

“CONAN!?”

“COOONAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!!!!!!!!!!!!!!!!”



Nota d'autrice:
trallallà..... sorpresa!!! Conan sarà vivo o morto? Se la caverà? Tornerà a casa? Ehehe lo scopriremo!  Il prossimo capitolo sarà l'ultimo del primo arco narrativo! Esatto, la storia è ancora giovane ^^
   
 
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