Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
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Autore: MystOfTheStars    30/09/2016    2 recensioni
Si sa, l'unica cosa in grado di sconfiggere anche le più potenti e oscure tra le maledizioni è, naturalmente, il potere del vero amore.
Il neonato principe En viene maledetto da un demone malvagio e l'incantesimo oscuro potrà essere spezzato solo da un bacio. Tuttavia, sarà davvero difficile - se non impossibile - per i suoi tre spiriti guardiani riuscire a crescere il principino nel cuore della foresta, cercando anche di fargli trovare la persona giusta di cui innamorarsi. Per fortuna, il ragazzo potrebbe riuscire a trovare l'amore anche senza il loro aiuto...
[EnAtsu, IoRyuu, con la partecipazione di - quasi - tutto il cast dell'anime]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Kinshirou Kusatsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XI


La vigilia del compleanno








Quell'anno, i due principi Kinugawa arrivarono alla residenza estiva più tardi del solito. Questa volta, erano accompagnati dalla regina, la cui presenza rendeva tutto estremamente complicato per Atsushi - come se la situazione non fosse già di suo un gigantesco rompicapo.
 
Aveva bisogno di vedere En. Doveva sapere.
 
Doveva parlagli di quello che i suoi genitori avevano rivelato a proposito di sua sorella e, forse, di lui. Da un lato, Atsushi faceva fatica a credere che fosse vero, che il suo En fosse il principe maledetto promesso in matrimonio alla ragazza tanti anni prima. Una parte di lui sperava che non fosse così, che En fosse solo l'orfano senza un cognome con cui era cresciuto. Dall'altro, però, il suo nome, l'età ed il giorno del compleanno corrispondevano, così come iniziavano ad avere un senso, nella sua mente, tutti i divieti a cui il ragazzo era sottoposto nella foresta.
 
Erano come tanti piccoli pezzi di un enorme puzzle, che a tratti combaciavano, a tratti no. La tessera mancante era proprio il suo En: certo, il ragazzo doveva essere rimasto all'oscuro di tutto fino ad ora - altrimenti, Atsushi non ne dubitava, glielo avrebbe raccontato. O forse, non sapeva nulla perché non c'era nulla da sapere, perché En era solo un ragazzo qualunque, non un principe misterioso promesso a sua sorella.
Atsushi, nonostante il brivido dell'avventura promessa dalla prima possibilità, in cuor suo si aggrappava alla speranza che si trattasse della seconda perché, altrimenti, non sapeva che cosa avrebbe fatto.
 
Sparire nella foresta per incontrare En, però, era fuori discussione: sembrava che ogni giorno sua madre riuscisse a trovare come occupare il suo tempo ed Atsushi non riusciva a sfuggirle. Se solo ci fosse stato Kinshiro, avrebbe potuto rifugiarsi da lui per almeno in paio d'ore. Avrebbero preso il tè e giocato a scacchi come sempre, e lui gli avrebbe raccontato tutto, gli avrebbe confessato i suoi timori e le sue ansie. L'amico gli mancava come non mai ma, l'unica volta che si era spinto fino alla sua villa, non era stato sorpreso di trovarla nelle condizioni in cui l'aveva lasciata l'estate prima.
 
Atsushi si sentiva solo, nonostante la casa fervesse di persone e di attività, era corroso dalla preoccupazione per i possibili scenari che si aprivano davanti a lui. Come spesso gli succedeva, trovava conforto e consolazione solo nelle sue letture, quando aveva un momento di calma per dedicarvisi.
 
Un pomeriggio, mentre vagava per le stanze della villa alla ricerca di un angolino tranquillo per tornare al romanzo che stava leggendo, venne spaventato dall'improvviso rumore di una finestra che sbatteva, spinta dal vento. Nel silenzio del corridoio, il tonfo l'aveva colto alla sprovvista, e non fu senza un brivido di preoccupazione che si voltò indietro per controllare.
 
Le tende ondeggiavano ancora nella brezza, ma l'attenzione del principe venne catturata da qualcosa di giallognolo che emergeva da sotto i lembi di stoffa. Si chinò a raccoglierlo - era una lettera. Sulla busta non era scritto niente e, spinto da un'improvvisa curiosità, la aprì per leggerla. Nel farlo, però, qualcosa gli punse il dito. Atsushi corrugò le sopracciglia, scoprendo sotto la carta lo stelo di una rosa essiccata. Sotto i suoi petali scuri, si intravvedeva il nome della persona a cui era indirizzata: si trattava di sua sorella, ed il principe non avrebbe pensato due volte a richiuderla senza guardare se non fosse stato che quella grafia gli era terribilmente familiare.
 
Le sue dita si mossero da sole e la aprì per leggerla.
 
 
~~~
 
L'estate avanzava ed il diciottesimo compleanno di En si faceva imminente. Il passare delle settimane non gli aveva reso più accettabile l'idea di dover lasciare la foresta per andare a vivere a corte ma, se non altro, gliela aveva fatta diventare più familiare.
 
Nell'attesa del ritorno di Atsushi e del momento in cui gli avrebbe raccontato di tutte le scoperte che aveva fatto, En aveva trascorso interi pomeriggi a leggere e rileggere le lettere che i sovrani avevano scritto agli spiriti nel corso degli anni. Erano spesso molto corte, perché il re e la regina non raccontavano granché di quel che accadeva alla capitale e le notizie che davano a loro proposito erano sempre molto succinte: qualche parola sul loro stato di salute, qualche breve menzione degli affari del regno, e questo era quanto.
 
Il ritrovamento più importante tra tutte quelle carte, però, era stato un piccolo ritratto che gli avevano spedito appena un paio di anni prima. En era rimasto a rigirarselo tra le mani per giorni, accostandolo a sé di fronte allo specchio, cercando di catturare tutte le più piccole somiglianze tra il suo viso e quello dei suoi genitori. Suo padre aveva i capelli del suo stesso biondo scuro, ma aveva un viso molto più quadrato e spigoloso. Sua madre, invece, aveva un volto ovale, dagli zigomi alti ma morbidi, in cui ad En pareva di riconoscersi di più. Nel ritratto, però, nessuno dei due sorrideva - entrambi avevano espressioni distanti, quasi non fossero certi di come approcciarsi alla persona a cui quel piccolo dipinto era destinato (eppure, diceva la missiva di accompagnamento, era stato fatto fare apposta per lui).
 
La parte sostanziale del contenuto delle lettere, comunque, era a proposito di En. Erano domande su domande, su come stava, che cosa gli piaceva fare, come si divertiva, quali erano i suoi cibi preferiti. Inoltre, commentavano spesso quanto era stato loro riportato nelle lettere precedenti, il cui contenuto En poteva soltanto immaginare. Da quel che intuiva leggendo le risposte, però, gli spiriti si erano divertiti a far sembrare la vita nella casetta nel bosco molto più raffinata di quel che non fosse e questo non aiutava la sensazione di strisciante ansia che ormai gli era diventata famigliare.
 
La preoccupazione del ragazzo era ben chiara anche agli altri, che facevano tutto il possibile per distrarlo. Più di una volta, Yumoto aveva tenuto En sveglio a forza di chiacchiere su quanto Atsushi sarebbe stato contento di sapere che anche lui fosse un principe e di quanto sarebbe stato meraviglioso, per loro, vivere a corte assieme da quel momento in avanti.
 
Il ragazzo assecondava tutte le fantasticherie di Yumoto, ammettendo con se stesso che sì, sarebbe stato bello veramente, ma riconoscendo anche che lo spirito stava dando troppe cose per scontate o che, comunque, le stava facendo troppo facili.
 
Al clima di ansia generale venne poi ad aggiungersi il fatto che Atsushi, quell'anno, non aveva ancora raggiunto En nella foresta. Con ogni giorno speso inutilmente ad aspettarlo nella loro radura, il principe diventava sempre più impaziente ed agitato.
 
Atsushi era sempre stato abitudinario e, normalmente, a quel punto dell'estate, lui ed En avrebbero trascorso insieme già diverse settimane. Aveva bisogno di vederlo, adesso più che mai. Doveva parlargli, doveva raccontargli tutto; soprattutto, doveva essere certo che lui la pensasse allo stesso modo: che andava bene così, che sarebbero rimasti assieme, che non sarebbe cambiato nulla, anzi, che tutto sarebbe andato meglio.
 
Ma Atsushi non arrivava, così come non arrivavano le rassicurazioni che En tanto bramava, ed il principe iniziava a temere il peggio: se gli fosse accaduto qualcosa, non avrebbe avuto modo di saperlo, e il solo pensiero stava facendo impazzire En per la preoccupazione.
 
Vedendolo aggirarsi inquieto per la casa, i tre spiriti si offrirono di fare un piccolo giro di ricognizione fino alla residenza estiva della casa reale. Io aveva dato il via libera: in tutte quelle settimane, aveva sentito Akoya avvicinarsi solo una volta, ed anche il quel caso, non era arrivato in prossimità della foresta.
 
Giudicando quindi che non ci fosse alcun pericolo, lui e Ryuu erano partiti in missione e, quando erano tornati, avevano tranquillizzato En: il Principe Atsushi era alla villa e sembrava godere di ottima salute. Certo lo avrebbe raggiunto nella foresta al più presto. 
 
Era passato però un altro paio di giorni senza alcun segno di Atsushi, ed il ritrovato buonumore di En aveva fatto presto a sparire. Apatico, si trascinava in giro senza riuscire a focalizzarsi su nulla.
 
"Su, cuginone, sono sicuro che il principe è solamente impegnato con qualche faccenda di corte. Sicuramente al più presto troverà il tempo di venire da te," provava a consolarlo Yumoto, ma En non sembrava sentirlo.
 
"Mancano solo pochi giorni al mio compleanno. Atsushi è sempre stato qui per mio compleanno," ripeteva invece, rigirandosi tra le dita il gioiello che gli aveva regalato l'anno prima. "Ho bisogno di vederlo prima di andarmene. Deve venire."
 
Gli spiriti, incapaci di alleviare la sua preoccupazione, iniziavano invece ad esserne contagiati. Per alleggerire l'atmosfera, quindi, una sera decisero di fare una sorpresa ad En. Per l'occasione, si erano anche cimentati nella cottura di una torta che, pur essendo riuscita un po' sbilenca, emanava comunque un delizioso profumino.
 
Quando la portarono assieme a Gora nel soggiorno, En sollevò su di loro uno sguardo vuoto.
 
"Eh? Non siete un po' in anticipo? O mi sono dimenticato del mio stesso compleanno?" fece debolmente.
 
"No, non temere, non sei ancora arrivato a tanto," lo tranquillizzò Ryuu con un sorriso.
 
"Veramente, visto che la sera del tuo compleanno sarai a palazzo, pensavamo che non avrebbe fatto male a nessuno fare un piccolo strappo alla tradizione e festeggiare in anticipo," spiegò Io.
 
Ryuu tirò fuori la bacchetta e diciotto piccole fiamme comparvero in cima alla torta.
 
"Vai, cuginone, tutte in un soffio!" lo incoraggiò Yumoto, facendo dondolare la sedia per l'eccitazione. "E, soprattutto, esprimi un desiderio!"
 
En sospirò. Non si sentiva particolarmente in vena di festeggiamenti, ma non poteva nemmeno deluderli; così, si trascinò svogliatamente fino al tavolo e, raccolto tutto il fiato che poteva, soffiò sulle improvvisate candeline. Nonostante la sua buona volontà, però, le fiamme danzarono appena e poi brillarono anche più di prima.
 
"Ryuu!" lo ammonì Gora, e lo spirito del fuoco si strinse nelle spalle con una risatina divertita.
 
"Riprova, su."
 
En soffiò ancora, un poco più forte questa volta, e le fiamme si spensero in un'improvvisa esplosione di luce e fumo. Quando il ragazzo riaprì gli occhi, sul tavolo davanti alla torta c'erano due involti di seta, la stoffa luminosa tenuta assieme da due vistosi fiocchi di raso dorato e brillante. Il ragazzo si lasciò sfuggire una pacata esclamazione di sorpresa.
 
"E questi?"
 
"Sono i tuoi regali! Su, aprili!" Yumoto era chiaramente più impaziente di En.
 
"Ehi, avevo capito che gli spiriti guardiani potessero fare un solo dono ciascuno," fece notare il principe, inarcando le sopracciglia.
 
Ryuu incrociò le braccia sul petto con un certo orgoglio. "Questo è un piccolo fuori programma, ma niente che vada contro le regole."
 
"E poi, finora non hai potuto godere appieno dei nostri primi regali," spiegò Io.
 
"Stai forse dicendo che sono brutto?" lo rimbeccò En, più divertito che risentito, ma Io arrossì per la gaffe.
 
"Non è così, solo, non sei cresciuto circondato dalle ricchezze e dal lusso che ti sarebbero spettati," rispose infine. "Non sei venuto su come un principe, ma presto lo sarai, ed è l'ora che tu possieda qualcosa che sia degno del tuo rango. Quindi," Io accennò un inchino formale, "accetta questi tre nuovi doni."
 
Senza dire nulla, En sciolse il fiocco dell'involto più grande, che aveva una forma lunga ed affusolata. La seta cadde, raccogliendosi in un mucchietto sul tavolo e rivelando l'elaborata elsa di una spada nel suo elegante fodero.
 
"Non ne ho mai tenuta in mano una vera," commentò piano En sfoderando l'arma con attenzione. La lama era così lucida che sembrava emanare un bagliore proprio. Nonostante le dimensioni, era stranamente leggera, e l'impugnatura sembrava pensata precisamente per la sua mano.
 
"Non so nemmeno come si usa."
 
Certo un'arma del genere non era nemmeno paragonabile a quelle di legno con cui si erano allenati, più o meno maldestramente, lui ed Atsushi le estati prima.
 
"Ehi, non ci sottovalutare, abbiamo pensato a tutto. Questa è, naturalmente, una spada magica," fece Ryuu con un certo orgoglio.
 
"L'abbiamo forgiata con l'acciaio, il fuoco e la luce. In essa c'è un pizzico della magia di ognuno di noi," spiegò Yumoto. "Non ti tradirà," lo rassicurò facendogli l'occhiolino.
 
En prese in mano il secondo involto. Aveva una forma tondeggiante e, sotto gli strati di seta, l'oggetto era duro al tatto. Considerando anche la grandezza, il ragazzo non ebbe difficoltà ad immaginare di che cosa si trattasse, e lo riappoggiò sul tavolo. Non era ancora pronto per aprirlo.
 
"Avevate detto tre regali, no? Ma qui ne vedo solo due," disse invece.
 
Ryuu sorrise. "Oh, è perché il terzo l'hai già addosso."
 
Con uno schiocco delle dita, Io fece materializzare tra le sue mani uno specchio più alto di lui e lo diresse verso En. Quando questo si voltò, per un momento ebbe il dubbio che la persona nel riflesso non fosse lui.
 
Il vestito che indossava era anche più sontuoso di quello che gli avevano fatto trovare l'anno prima; ricami bianchi, celesti e dorati si intersecavano su maniche e petto, circondando sfavillanti pietre preziose. Un mantello di seta finissima gli ricadeva dalle spalle, a cui era fissato con fibbie d'oro, fin quasi alle caviglie.
 
Ryuu si premurò di allacciargli in vita la spada e Yumoto, dietro di lui (e, immaginò En, con una certa soddisfazione), scartò anche l'ultimo dei regali e glielo posò sul capo. Ora, sulla sua testa splendeva una corona, il cui oro si confondeva con quello dei capelli.
 
"Ti sta bene, eh," fece lo spirito del fuoco. "Quando ti presenterai così a palazzo, nessuno metterà in dubbio il fatto che tu sia il principe."
 
"Di quello non mi importa niente," replicò En, onesto. Il peso della corona sulla testa gli aveva improvvisamente ricordato il sogno che aveva fatto tempo addietro: l'oro che gli stringeva le tempie e la mano di Atsushi nella sua; come si toglieva il diadema, però, anche la stretta delle dita del suo amato svaniva.
 
En indugiò per qualche istante di fronte allo specchio. Doveva essere il principe che era, se voleva che Atsushi gli rimanesse accanto, non era forse questo il significato del sogno? Un anno prima, non avrebbe nemmeno potuto immaginare che sarebbe stato così chiaro.
 
"Credo mi stiano bene, grazie," riuscì a dire alla fine. "Però, credo anche che sia il caso che questo vestito me lo tolga, se non voglio sporcarlo con la torta." Per quella sera, ne aveva già avuto abbastanza di essere un nobile.
 
 
 
~~~
 
 
 
Soffiando sulle fiamme di Ryuu, En non si era dimenticato di esprimere il suo desiderio e questo divenne realtà un paio di giorni più tardi, proprio la vigilia del suo compleanno.
 
Anche quella mattina, dopo aver constatato che nella radura con la sorgente non c'era nessuno, si era spinto fino al limitare della parte incantata della foresta per poter incontrare Atsushi, se fosse venuto. Si era svegliato presto, dopo aver passato una notte agitata, e si era precipitato lì, nella speranza che quel giorno - l'ultimo utile per incontrare il suo ragazzo prima del suo ritorno a corte - fosse la volta buona.
 
Quando udì dei passi avvicinarsi, per un attimo temette che si trattasse di qualcun altro, ma poi dal sottobosco emerse proprio Atsushi ed En tornò a respirare.
 
"Atsushi! Per fortuna! Ero in pensiero, ti aspetto da settimane ormai," ammise, tendendogli la mano.
 
L'altro lo guardò solo di sfuggita, e poi abbassò lo sguardo, senza avvicinarsi.
 
"Non importa, adesso! Ero solo ansioso di vederti," continuò En, interpretando male la sua reticenza. "E poi, devo raccontarti delle cose incredibili, dai, vieni qui."
 
Ma l'altro non si mosse.
 
"Già. Be', sono stato impegnato a casa. Sai, la cerimonia di fidanzamento ufficiale di mia sorella con te... e tutto il resto. È partita oggi per la capitale di Binan, quindi ho trovato un po' di tempo."
 
En sentì mancargli il respiro. Non aveva mai sentito la voce di Atsushi così fredda, distante.
 
"Tua sorella...?"
 
Solo in quel momento, En si accorse che Atsushi stringeva qualcosa tra le mani.
 
"Non giocare con me, En," lo avvertì il principe. "Non far finta di niente. Che cosa ci fai qui, poi? Credevo che fossi già partito."
 
En lo fissò senza capire. "Che cosa ci faccio qui...? Aspettavo te, naturalmente."
 
"E per fare cosa?" La voce di Atsushi tremava. "Dovresti essere lì anche tu a prepararti per la cerimonia di domani."
 
Il sangue del ragazzo si congelò improvvisamente. "Domani è solo il mio compleanno. Non so niente di altre cerimonie." Nel frattempo, nella sua mente iniziava a sorgere un barlume di comprensione. "Atsushi, ero all'oscuro di tutto, non sapevo nulla nemmeno di chi ero, figuriamoci di tua sorella. Questo fidanzamento l'hanno deciso i miei genitori, io non lo voglio, Atsushi."
 
Ma l'altro sembrava sordo alle sue spiegazioni.
 
"Non raccontarmi altre bugie, En, è già abbastanza così."
 
"Non ti sto mentendo." En faceva quasi fatica a respirare.
 
"Basta, En. Le ho lette, sai?"
 
"Letto cosa?"
 
"Le lettere. Quelle che hai scritto a mia sorella."
 
"Ma di che cosa stai parlando?"
 
Atsushi era pallido e la sua mano tremava, quando gli allungò la pergamena che aveva in mano.
 
"La riconosci, questa?"
 
En aprì il foglio in fretta, ma non riuscì a far altro che scorrerne il contenuto, mentre Atsushi parlava ancora.
 
"È la tua scrittura, questa, vuoi negarlo? E c'è la tua firma, lì sotto!"
 
La mente del giovane registrò debolmente che sì, la grafia era la stessa. Eppure, non era possibile.
 
"Ma io non ho mai scritto-"
 
"Siete andati avanti mesi e mesi, forse anche di più! E dire che a me non hai mai scritto un solo messaggio... Mi hai sempre detto che non sapevi come fare a farmeli arrivare. Ma guarda caso, mia sorella ne ha una scatola piena. Me l'ha confessato lei stessa poco tempo fa, dopo che i nostri genitori le hanno rivelato che era promessa a te. E dopo che io ho trovato questa, per sbaglio."
 
La voce di Atsushi tremava violentemente, adesso.
 
"Lì le scrivi di quanto vi sareste divertiti assieme al villaggio. Io, stupido, nemmeno ci credevo, perché non sei mai venuto al villaggio se non quando sei stato con me - ma no, mia sorella ha detto che era tutto vero, e allora le ho chiesto di descrivermi questo fantomatico principe, e sai che cosa, En? Eri tu. Ti corrispondeva perfettamente."
 
Atsushi stava quasi annaspando ora, era pallido e le sue mani stringevano convulsamente dei petali di rosa secchi.
 
"Come hai potuto fare una cosa del genere, En? È mia sorella. E tu mi hai preso in giro per tutto questo tempo."
 
En sentiva il mondo vorticargli attorno furiosamente. Era perso, completamente; Atsushi parlava, e nonostante la sua mente comprendesse il significato dei termini, ancora una volta, tutto quello che sentiva non aveva senso.
 
"Non ho mai scritto queste lettere e non ho mai incontrato tua sorella, Atsushi, lo sai. Non capisco perché ti abbia raccontato di avermi visto, ma non è vero!"
 
Lo sguardo di Atsushi si fece duro ed il principe alzò la voce. "Mia sorella non mente, En! E certo quelle lettere non le ha inventate lei!"
 
"Nemmeno io mento!" En fu quasi sorpreso di sentirsi alzare la voce a sua volta, ma non gli importava. "Perché non mi credi?"
 
"Perché non sono stupido! O non lo sono più, almeno. Ti sei divertito a prendermi in giro tutto questo tempo, ma adesso basta." La sua voce era più calma, adesso, e fredda.
 
En si sentiva sul punto di vomitare.
 
"Tu sei quello che mi prende in giro adesso! Se non è tua sorella ad essersele inventate, non è che che te le sei inventate tu, queste?" rimbeccò En, "Non è che sei stato tu quello che si è divertito, per tutto questo tempo, a stare con il povero orfano del bosco?"
 
En non voleva dirlo davvero, ma era arrabbiato e si sentiva, soprattutto, inerme di fronte a quella montagna di accuse incredibili. Stava reagendo mostrando la sua paura più grande - era sciocco e penoso, si disse, ma rendersene conto non gli bastò per fermarsi.
 
"E adesso che invece si scopre che sono un principe, ogni scusa è buona per lasciarmi indietro. Non sia mai che ti vedano assieme a questa disgrazia umana a corte!" gridò alla fine, ritrovandosi senza fiato.
 
Atsushi non rispose. Indugiò appena un momento, poi si voltò e sparì nella foresta.
 
"Torna qui!" voleva urlargli - perché non voleva vederlo svanire così, voleva che fosse tutto uno sbaglio, voleva corrergli dietro e prendergli la mano. Ma non poteva.
 
Il mondo attorno ad En sembrò fermarsi, poi prese a vorticare furiosamente. Si ritrovò aggrappato al tronco di un albero, la fronte premuta contro la corteccia, a pregare che tutto si rivelasse solo un incubo.
 
Quando si raddrizzò e tornò a guardarsi intorno, però, era sempre solo nella foresta silenziosa.
 
 
Tornò a casa sotto uno scroscio di pioggia improvviso e gelido.
 
Gli spiriti, che avevano atteso il suo ritorno con una certa impazienza, si voltarono all'unisono verso di lui quando lo udirono entrare.
 
"Allora, com'è andata?" cinguettò subito Yumoto, alzandosi per andargli incontro, ma l'entusiasmo gli morì sulle labbra come vide l'espressione sul viso del principe.
 
"Cuginone...?"
 
En si tolse in silenzio gli stivali zuppi di fango. Ciocche spioventi di capelli fradici gli coprivano gli occhi, ma la bocca aveva una piega dura.
 
"Non andrò a corte, né domani né mai," disse soltanto, prima di sparire nella sua stanza.
 
 
 
~~~
 
 
 
"Dai, cuginone, sono certo che troveremo un modo di risolvere la cosa," Yumoto disse per l'ennesima volta, accarezzando la schiena di En per confortarlo.
 
Era quasi sera e la pioggia fuori si era trasformata in una nebbia fredda. Il principe sedeva sul suo letto, curvo su se stesso, abbracciato alle sue ginocchia.
 
"Atsushi mi ha lasciato, come vuoi risolvere una cosa del genere?" replicò con voce piatta.
 
Gli altri si scambiarono degli sguardi preoccupati. Anche Gora, che osservava in silenzio, appoggiato allo stipite della porta d'entrata, cambiò posizione a disagio.
 
Certo, che En ne stesse parlando era già un buon risultato. Per un attimo, avevano temuto che il ragazzo si sarebbe rinchiuso in se stesso come aveva fatto solo poche settimane prima - con la differenza che, questa volta, non avevano altrettanto tempo.
 
Il problema, però, era più grave di quanto si aspettassero.
 
"Forse la novità è stata un duro colpo anche per lui, En. Anche Atsushi era stato tenuto all'oscuro di tutto," provò a razionalizzare Io.
 
"Perché non ne ha parlato con me, allora? Potevamo risolverlo assieme," replicò En, agitato. "Invece, per come si è rivolto a me, è chiaro che creda che sia io il problema, non il resto."
 
En chiuse gli occhi e premette la fronte contro le proprie ginocchia. Atsushi era sempre stato troppo per lui - un principe e un orfano senza né arte né parte, storie del genere non funzionavano nella realtà. Gli altri potevano agghindarlo come meglio preferivano, con ori e tessuti di lusso, ma non avrebbero mai cambiato la realtà di quello che era, ed Atsushi, evidentemente, lo doveva sapere. Trascinarsi appresso un peso come lui nell'intricata vita di palazzo doveva essere troppo anche per lui. Non che En lo biasimasse, in fondo: la sua pazienza aveva, infine, raggiunto il limite.
 
"E se l'avesse fatto solo per rispetto nei confronti di sua sorella?" ipotizzò a quel punto Ryuu. "Certo non è una situazione divertente, ritrovarsi a spartire il fidanzato. Magari vuole farsi da parte e lasciarti a lei."
 
En scosse la testa. "Avrebbe anche potuto dirlo, allora! Senza inventarsi tutte quelle accuse che mi ha rovesciato addosso!"
 
Era straziante sentirlo parlare con voce così rotta. Di nuovo, Yumoto gli strofinò la schiena affettuosamente.
"Quali accuse, cuginone?"
 
"Mi ha incolpato di aver avuto una relazione con sua sorella per tutto questo tempo! Di avergli mentito! E anche se io cercavo di spiegargli che invece non sapevo nulla, che non le avevo mai scritto nessuna lettera, non sentiva ragione. Ho provato a dirglielo, ma..."
 
"Lettere?" la voce di Ryuu improvvisamente suonava rauca.
 
En si frugò in tasca e gettò a terra una pergamena accartocciata.
 
"Io ve lo giuro, non l'ho mai incontrata, la principessa. Non so chi le abbia mandato questa, ma sicuramente non sono stato io... E non ho idea di come faccia questa scrittura ad essere identica alla mia, d'accordo?" il tono di En si era fatto implorante. "Ma credetemi almeno voi se vi dico che io non ne so niente!"
 
Il silenzio che seguì a questa sua ultima preghiera non servì affatto a tranquillizzarlo. I tre spiriti stavano chiaramente cercando di evitare il suo sguardo e la cosa non gli piacque.
 
"Non mi credete nemmeno voi? Va bene, è vero, non riesco ad immaginare nemmeno io perché mai qualcuno si sia preso la briga di imitare la mia scrittura, ma-"
 
"Ti crediamo, En, e sappiamo bene che non sei stato tu a scrivere quelle lettere."
 
Ryuu stava giocherellando nervosamente con la pergamena. Ci volle ancora qualche lungo istante prima che lo spirito, fatto un respiro profondo, ammettesse: "...perché le ho scritte io."
 
L'altro lo guardò con occhi sbarrati.
 
"Tu hai fatto cosa?"
 
"Vedi, En, eravamo preoccupati che non saresti riuscito a conoscere nessuno e non sapevamo come farti avvicinare alla principessa senza essere scoperti dai demoni, così ho iniziato a scriverle. In fondo, eravate già fidanzati, quindi ho pensato di farti un favore, no?" cercò di spiegare nervosamente lo spirito del fuoco, ma En non sembrava particolarmente incline ad assecondarlo.
 
"Cioè mi stai dicendo che per tutto questo tempo hai scritto alla principessa fingendoti me, e cercando di farla innamorare?!" trasecolò. "E per questo, ora, Atsushi pensa che io sia un bugiardo. E io gli ho anche detto quelle cose..." Il principe tornò a prendersi la testa fra le mani, colto dalla disperazione.
 
"Scusami. Non sapevo niente di Atsushi, l'ho fatto davvero solo pensando al tuo bene," tentò di giustificarsi ancora lo spirito. "Mi dispiace, veramente."
 
En raddrizzò la testa di scatto. "Avrai modo di scusarti a dovere, non preoccuparti. Andiamo da Atsushi adesso e tu gli spieghi esattamente che cos'è successo, sia a lui che alla sorella."
 
Ryuu sbarrò gli occhi. "Eh?! Adesso?"
 
"Quando, sennò?" En si alzò in piedi con urgenza. "Va chiarito tutto il prima possibile," disse, facendo un paio di passi verso lo spirito del fuoco.
 
Io, però, si frappose. "Non è prudente muoversi ora," disse. "I demoni sono qui vicino, adesso, li ho sentiti arrivare questa mattina, probabilmente aspettano la nostra partenza domani. Non possiamo dar loro un'ulteriore possibilità di attaccarci."
 
"Non mi interessa niente dei demoni, non mi fanno paura!" En esclamò, perdendo la pazienza. "Questo è quello che ho intenzione di fare ora e tu, Ryuu, devi venire con me!" insisté.
 
Lo spirito del fuoco, però, non aveva intenzione di assecondarlo. "Hai sentito che cos'ha detto Io, uscire adesso dalla foresta è troppo pericoloso. Gli parlerò domani, una volta giunti a corte, e spiegherò tutto."
 
Ma En non voleva sentire ragione. "Ve l'ho detto, non ho intenzione di venire a corte se prima non chiarisco le cose con Atsushi."
 
"Sistemeremo tutto domani!" anche il tono di Ryuu si stava scaldando.
 
"E se domani fosse troppo tardi? Per colpa tua-"
 
"Basta così."
 
Gora si era frapposto tra i due ed ora torreggiava di fronte ad En, braccia conserte in petto, nascondendo Ryuu dietro di sé.
 
"Per nessun motivo puoi lasciare il riparo della foresta, con quei demoni dietro l'angolo, chiaro, ragazzo? Domani, risolverete tutto a corte."
 
En aprì la bocca per rispondere, ma il tono di Gora non ammetteva repliche.
 
"Domani andrà tutto bene, cuginone, te lo promettiamo," disse Yumoto raggiungendolo e cercando di suonare più rassicurante che poteva. En, però, non rispose.
 
 
 
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La pioggia colse Atsushi mentre vagava, disorientato, verso casa. A dire il vero, non era sicuro nemmeno lui della direzione in cui stava conducendo il suo cavallo. Erano davvero poche le cose di cui era sicuro in quel momento.
 
L'unica certezza che aveva erano quelle lettere, quelle parole sdolcinate rivolte a sua sorella. Aveva dovuto rileggerle due volte, perché tutte quelle romanticherie non suonavano affatto come qualcosa che En avrebbe potuto scrivere, ma del resto, poteva davvero dire di conoscere En? Non aveva mai saputo niente di quello che aveva considerato il suo migliore amico, la persona di cui si era innamorato, quella a cui per primo aveva dato tutto se stesso. Ogni carezza, ogni bacio, ogni tocco era stato una bugia a cui lui aveva creduto. Ci si era gettato a capofitto, come solo uno stupido avrebbe fatto.
 
E dire che si era perfino emozionato all'idea che potesse essere un principe, che fosse tutto come in uno dei suoi romanzi. No, era un incubo.
 
Eppure, la pergamena era reale tra le sue dita - fin troppo, pensò tormentandosi il polpastrello che era stato punto da una delle spine della rosa secca. Il dolore fisico, almeno, lo distraeva un po' dal circolo vizioso dei suoi pensieri, ma la stretta al petto che avvertiva era più acuta ed opprimente della puntura - come se le spine gli si fossero ficcate direttamente nello sterno, una sensazione fittizia, lo sapeva, ma non meno concreta.
 
Altrettanto reale ed inconfondibile era il significato delle parole delle lettere, così come la grafia e la firma di En alla fine di ogni messaggio. E poi, sua sorella aveva confermato tutto - oh, lei lo aveva già conosciuto il suo futuro marito, certo.
 
Non l'aveva svelato ai loro genitori, che tanto avevano fatto affinché rimanesse un segreto per tutti quegli anni, ma a lui, al suo fratellino, poteva senz'altro dirlo. Un giovane di bell'aspetto, alto, capelli biondo scuro legati sulla nuca, che l'aveva fatta divertire tanto quel giorno al mercato. Viveva nella foresta, ma le aveva sempre scritto con regolarità. Ed Atsushi non era più riuscito ad ascoltarla, da quel momento.
 
Era stato come svegliarsi nel bel mezzo di un incubo. Aveva sempre saputo che il bel sogno che aveva vissuto con En nella foresta non poteva essere destinato a durare, ma non aveva mai messo in discussione i sentimenti del ragazzo per lui. Non voleva andare alla corte di Binan, il giorno dopo. Non voleva vederlo, non voleva essere costretto a fingere per tutta la vita che nulla di quello che era successo nella foresta non fosse avvenuto. Avrebbe voluto potersene dimenticare, invece, sarebbe stato tutto più facile.
 
La pioggia era diventata insistente, adesso, ed il principe si guardò attorno, assolutamente inconsapevole di dove lo aveva portato il cavallo. Non fu affatto sorpreso di ritrovarsi nei pressi della villa di Kinshiro. Doveva essere sempre così?, si chiese mentre costeggiava il muro di cinta del giardino abbandonato, era destinato ad essere abbandonato dalle persone che amava?
 
Ad interrompere il flusso dei suoi pensieri fu però una scoperta del tutto inaspettata. Il cancello del giardino della villa, che Atsushi aveva creduto ancora chiuso, era spalancato. Sotto la pioggia, le aiuole e le siepi erano ordinate come le ricordava prima dell'improvvisa partenza di Kinshiro. Automaticamente, alzò gli occhi verso l'edificio: un tenue bagliore aranciato proveniva dalla finestra del salotto, una luce che prometteva tepore, comprensione, accoglienza.
 
Atsushi varcò il cancello ed avanzò verso l'ingresso della villa, smontando da cavallo. Si sentiva strano - tutto attorno a lui era come attutito, dallo scricchiolare del ghiaino sotto le suole degli stivali, al battere della pioggia attorno a lui.
 
In realtà, si accorse, non cadeva più nemmeno una goccia, e l'aria era piena solo del dolce profumo dei fiori. Era inebriante, pensò mentre si avvicinava alla porta, camminando su gambe che non sentiva sue.
 
Prima che potesse bussare, però, qualcuno aprì. C'era Kinshiro sulla soglia, che gli sorrideva.
 
"Kin, sei tornato."
 
Il suono della sua stessa voce riscosse appena il principe, che lasciò che le sue labbra si distendessero in un sorriso.
 
Venne fatto entrare e si ritrovò nel salotto, dove avevano sempre giocato a scacchi fin da bambini. Già, doveva essere un anno esatto che non vi metteva piede - se lo ricordava bene perché l'ultima volta che vi era entrato era proprio il giorno prima del compleanno di En, quando si erano incontrati al villaggio e gli aveva regalato... Il groppo alla gola di Atsushi venne sciolto da un sorso del tè caldo che gli veniva premurosamente offerto dall'amico.
 
"Dove sei stato per tutto questo tempo? Pensavo mi avresti scritto," si sentì dire.
 
Kinshiro scosse la testa. "Il mio dovere mi chiamava altrove, ma ora sono tornato. Superfluo parlare di me, comunque. Mi è giunta voce invece dell'imminente fidanzamento di tua sorella. Te lo ricordi, Atsu, di quando mi raccontasti quella storiella, quella a proposito del principe addormentato da una maledizione?"
 
Atsushi alzò sull'amico due occhi spenti. La tazza di ceramica tra le sue mani sembrava l'unica cosa reale, di sostanza, perché premeva contro il dito ancora dolorante.
 
"Credevi fosse solo un racconto della balia, allora. Sorprendente, come sia tutto vero."
 
Atsushi deglutì. "Fin troppo," confessò, distogliendo lo sguardo dal viso di Kinshiro.
 
"Non ti spaventa la storia della maledizione, Atsu? Non sei preoccupato per quello che può succedere al tuo principe, se si avverasse?"
 
Il ragazzo deglutì. C'era qualcosa che non tornava in quel discorso, ma non riusciva a metterlo a fuoco, distratto com'era dal dolore pulsante che gli aveva attanagliato il dito.
 
"Non è il mio principe," si sentì rispondere invece, con voce atona.
 
Kinshiro sorrise ancora ed Atsushi si sentì raggelare. Era un sorriso crudele. Da quando l'altro lo stava osservando con occhi così taglienti, avidi?
 
Quando si sporse per abbracciarlo, il principe avrebbe voluto scostarsi per fuggire alla stretta, ma il corpo non gli apparteneva più, ormai. Sentì le braccia di Kinshiro circondargli le spalle.
 
"Come fai a sapere di En?" bisbigliò allora con il poco fiato che gli restava.
 
"Oh, ma io so tutto, Atsushi, anche le cose che vuoi celarmi," fu la risposta data in un sussurro. Poi, qualcosa di ghiacciato ed appuntito sembrò trafiggergli la schiena lì dove si erano posate le mani di Kinshiro, ed il principe sentì il petto svuotarglisi dall'aria.
 
La tazza di ceramica cadde a terra, frantumandosi in una pozza di tè ancora tiepido.
 
 
 
~~~
 
 
 
En aspettò fino a che tutti furono andati a dormire e la casa non fu affondata nel silenzio. Era una mossa premeditata solo in parte, in realtà: la sua mente si era dibattuta nell'incertezza fino all'ultimo. Eppure, non riusciva a sopportare il pensiero di dover attendere fino al giorno dopo per poter vedere Atsushi e parlargli. Doveva spiegargli tutto e scusarsi, anche per le cose ingiuste che gli aveva detto, spinto dalla rabbia e dalla confusione.
 
Il suo timore più grande, però, era che l'altro principe non si presentasse. Se avesse trovato una scusa per non venire a corte, se non avesse voluto vederlo mai più? Dovevano essere assieme, se volevano influenzare quella storia del fidanzamento e, se la cerimonia si doveva svolgere la sera seguente, non avevano che pochissimo tempo.
 
Così, continuò a dibattersi nel letto anche dopo che Yumoto, dall'altro lato della stanza, si era ormai profondamente addormentato.
 
Alla fine, fu questa inquietudine che lo fece alzare quasi improvvisamente. Lo spirito, beatamente perso nel mondo dei sogni, emanava il suo solito, tenue bagliore ed En sgattaiolò silenziosamente fuori dalla porta. Qualche momento dopo, aveva sellato il cavallo e lo aveva spronato sulla strada per il villaggio, al galoppo sotto la pioggia ed attraverso la nebbia che, con il calare delle tenebre, si era fatta solo più fitta.
 
 
Il rumore degli zoccoli, seppur attutito dal fango del terreno, mise in allerta Ryuu ed Io che, nella stanza accanto, non stavano dormendo. Accoccolati l'uno accanto all'altro, chiacchieravano sommessamente, godendo del tepore del letto e della familiarità di quella stanza, in cui stavano dormendo per l'ultima volta.
 
Come udì il rumore sospetto, Ryuu balzò in piedi per correre alla finestra. Nella nebbia, però, non si vedeva nulla.
 
"Vado a controllare i cavalli," disse ad Io, che annuì soffocando uno sbadiglio, e corse giù per le scale. Pochi attimi dopo, era rientrato ed aveva trovato ad aspettarli Yumoto, Gora ed Io.
 
"En è sparito," fece quest'ultimo.
 
"Con uno dei cavalli," confermò lo spirito del fuoco.
 
"E la sua spada," aggiunse Yumoto, stringendo a sé il vombato, cercando conforto nella sua pelliccia morbida.
 
"Dobbiamo andare," fece Ryuu, serio, e Gora rispose con un semplice cenno del capo. Dopodiché, i tre spiriti lo lasciarono per precipitarsi fuori, tra nebbia e pioggia, e lui rimase solo con il vombato ed un altro cavallo nella piccola stalla.
 
 
En si accorse di essere arrivato alla barriera magica che circondava la foresta perché, come la attraversò, spronando il cavallo ad andare più veloce, ebbe la strana sensazione che il respiro venisse a mancargli, che l'aria gli fosse stata tutt'ad un tratto forzata con uno schiaffo fuori dal petto. Le catene magiche che lo legavano alla parte interna resistettero per un momento, poi si spezzarono, mentre l'impeto del cavallo lo portava oltre.
 
La foresta, dall'altro lato della barriera, era esattamente uguale a quella che conosceva come casa, affondata nel buio bagnato della nebbia.
 
Qui, En fu costretto a far rallentare la sua cavalcatura: la strada era troppo scura e completamente sconosciuta, ma il ragazzo non aveva con sé nulla con cui illuminare il cammino. Mentre si arrovellava su come poter risolvere il problema, gli tornarono in mente le parole dei tre spiriti, di come la spada fosse stata forgiata dalle loro magie - metallo, fuoco e luce.
 
La sfoderò e la brandì in alto davanti a sé: la lama brillava, emettendo un bagliore abbastanza forte da rischiarare la via di fronte a lui. Con rinnovata speranza, En spronò l'animale.
 
Non aveva un piano ben definito: sarebbe arrivato al villaggio e, da lì, avrebbe chiesto indicazioni per la villa della famiglia reale; se i demoni avessero tentato di fermarlo, questa volta era pronto ad affrontarli, si disse rinsaldando la preda sull'elsa della spada.
 
"En! En, fermati!"
 
Il ragazzo finse di non udire il richiamo ed incitò il cavallo ad andare anche più veloce, ma inutilmente: gli spiriti gli furono al fianco in un attimo.
 
"Fermati, ti prego!" Ryuu era atterrato in mezzo alle orecchie dell'animale. "Torniamo indietro, è pericoloso!"
 
En lo ignorò, ma l'attimo dopo si ritrovò a lottare per rimanere in sella, quando il cavallo si imbizzarrì improvvisamente, quasi scontrandosi con un improvviso muro di pietra che si era materializzato sul sentiero lì di fronte.
 
Yumoto, tornato alle sue dimensioni umane, afferrò le briglie dell'animale per calmarlo, mentre Io si sedeva pacificamente sull'improvvisato terrapieno di fronte a loro.
 
"Scusa, non volevo usare le maniere forti, ma devi davvero ascoltarci. Quei demoni possono accorgersi di noi in ogni momento e raggiungerci per attaccarci, e non è detto che noi riusciremo a proteggerti."
 
Lo spirito della luce, intanto, aveva fatto voltare il cavallo per ricondurlo a casa, ma En riprese le redini e gli fece fare dietro-front.
 
"Lasciatemi andare. Se solo non vi foste messi in mezzo con questa storia delle lettere, non sarebbe successo niente!" li sgridò, conducendo il cavallo fuori dal sentiero per aggirare l'ostacolo creato da Io.
 
"Non costringermi a costruire una seconda barriera di terra e massi," lo avvertì lo spirito.
 
"Ho detto di lasciarmi andare!"
 
"Non essere irragionevole, cuginone," insisté Yumoto, tirando la coda del cavallo nella speranza di farlo fermare. L'animale si imbizzarrì una seconda volta, scartando di lato quando, di nuovo, una massa informe eruppe dal suolo tra i suoi zoccoli.
 
"Io!" protestò En, ma prima che lo spirito della terra potesse negare di essere lui la fonte dell'incantesimo, il principe e Yumoto, appena dietro di lui, vennero avvolti da una massa scura di rovi, che emerse facendosi strada con violenza nella sterpaglia del sottobosco, schizzando fango e foglie ovunque. Il cavallo, terrorizzato, nitrì e fuggì nel sottobosco.
 
"È una trappola!" gridò Ryuu, sfoderando la bacchetta. "Quei demoni maledetti!" Si guardò intorno freneticamente, come aspettandosi di vedere emergere da un momento all'altro dalle tenebre Akoya ed il suo sorriso sardonico.
 
"Non è qui, lo sento ancora distante," Io gli fu accanto per rassicurarlo. "Brucia quegli sterpi con la tua magia!" lo incoraggiò.
 
Ma lo spirito del fuoco stava già tentando, invano.
 
"Non ce la faccio! I rovi sono troppo bagnati!" esclamò frustrato, da sotto la massa spiovente di capelli zuppi che gli ricadeva sul viso. Le fiamme magiche cercavano inutilmente di avvolgere i virgulti verdi, trasformandosi in sbuffi di fumo, senza riuscire a scalfirli.
 
"Trancia le loro radici come avevi fatto quel giorno!" suggerì invece ad Io, ma lo spirito della terra non stava ottenendo risultati migliori.
 
"Il terreno lì è un pantano, non riesco ad avere presa sul fango," gli rispose Io con una smorfia di concentrazione, senza riuscire a concretizzare alcun risultato, mentre con la sua magia provava inutilmente a smuovere la terra.
 
Di fronte a loro, En e Yumoto svanirono in mezzo alla coltre di rami appuntiti con un gemito soffocato, le spine che si richiudevano impietosamente su di loro, fino a spegnere la luce dello spirito.
 
Gli altri due si gettarono sulla massa di rovi magici, i cui tronchi andavano man mano ingrandendosi e solidificandosi, come orrende serpi gonfie del loro pasto. Inutilmente afferrarono le spine con le mani, tentando di stapparle via, ma dovettero ritrarsi quando i rami saettarono verso di loro per ghermirli.
 
L'attimo dopo, però, una luce filtrò attraverso la prigione di spine.
 
"Yumoto!"
 
Gli spiriti si tuffarono a cercare di districare i rovi attorno alla luce, incuranti delle punture e dei graffi, ma furono presto allontanati dalla lama che ne uscì, fendendo e tranciando la pianta.
 
"En!"
 
Io e Ryuu aumentarono rapidamente di dimensioni ed afferrarono il polso del ragazzo, tirando con tutte le loro forze. Con le fiamme di Ryuu e lo scudo magico di Io a respingere i rami che tentavano tenacemente di trattenerlo, il principe riemerse a poco a poco dal groviglio di spine, divincolandosi e combattendo i rami come poteva con la spada. Nello sforzo di liberarsi, però, perse la presa sull'elsa e, quando cadde a terra, fece appena in tempo a sollevare gli occhi sul garbuglio di spine per vedere la luce della lama nuovamente ingoiata dall'avidità della pianta.
 
"Yumoto..." boccheggiò il principe, sentendo in bocca il sapore del proprio sangue, là dove le spine gli avevano graffiato impietosamente il labbro.
 
Davanti a loro, i rovi avevano formato un bozzolo pulsante, scuro, grondante di pioggia, il cui tronco si solidificava rapidamente al di sotto della minacciosa massa di denti.
 
Ryuu soffocò un'imprecazione, avvolgendolo inutilmente in una vampata di fiamme - la pianta le respinse in una nuvola di fumo, espandendosi e contraendosi in modo rivoltante.
 
"Dobbiamo tirarlo fuori di lì," fece Io a denti stretti, ma ancora incerto su come muoversi.
 
Proprio in quella, un rumore di zoccoli risuonò attutito nel mezzo dello scrosciare della pioggia, e Gora comparve, fradicio d'acqua, brandendo la sua fedele accetta da boscaiolo. Smontò di volata accanto ai tre, osservandoli appena prima di chiedere dove fosse Yumoto.
 
Con uno sguardo desolato, gli indicarono il mostro di rovi. Senza una parola di più, il taglialegna si avventò sulla pianta, cercando di scalfirne il tronco pulsante, ma la lama dell'accetta vi rimbalzò contro, rischiando di sfuggirgli dalle mani.
 
Testardo, Gora la sollevò di nuovo, ma gli spiriti lo fermarono prima che potesse abbatterla nuovamente sul legno magico. "Aspetta, è inutile così!" fece Io, posando le proprie mani sull'acciaio della lama. Ryuu fece lo stesso e, per un istante, il metallo splendette di una luce scarlatta ed incandescente.
 
"Adesso!" gli dissero i due all'unisono e Gora colpì. Questa volta, la lama intaccò il tronco, e la pianta sibilò, ferita, mentre una coppia di rovi si avventava contro Gora. Di nuovo, la magia protettiva di Io e le fiamme di Ryuu furono sufficienti a tenerli a bada, mentre l'accetta si abbatteva impietosamente sul legno pulsante, fino a tranciarlo di netto.
 
Con un sibilo, il tronco si spezzò e il bozzolo di spine cadde a terra con un tonfo. Sotto gli occhi degli astanti, i rami si contrassero spasmodicamente, avvizzendo e contorcendosi, finché si ridussero in pochi istanti ad un ammasso di virgulti secchi e corteccia, rivelando Yumoto e, lì accanto, la spada.
 
Gora ed En si inginocchiarono prontamente accanto a lui e l'uomo lo sollevò delicatamente.
 
"Yumoto, per favore..." Gora gli diede dei colpetti sulle guance, ma senza ottenere risposta. I suoi vestiti erano a brandelli ed era ricoperto di graffi. Teneva gli occhi chiusi ed il suo bagliore si era spento.
 
En, lì a fianco, gli strinse la mano, ma le dita dello spirito giacevano esanimi tra le sue. Nella pioggia, era difficile dire se stesse o meno respirando - che i rovi l'avessero stritolato fino a soffocarlo?
 
"Oh, si riprenderà in fretta," garantì però Ryuu, chinandosi su di lui. "Ha solo bisogno di un po' di luce. Io, dammi una mano."
 
Obbediente, lo spirito della terra creò uno scudo protettivo sopra tutti loro, schermandoli dalla pioggia, e Ryuu si infiammò ed arse, improvvisamente avvolto da lingue di fuoco magico e brillante. En si ritrasse appena, per nulla ansioso di scoprire se quelle fiamme potessero o meno bruciarlo.
 
Nella luce danzante, Yumoto si mosse e, pian piano, aprì gli occhi. Le sue guance riguadagnarono il loro colorito roseo, riflettendo i bagliori rossastri del fuoco.
 
"Come va, adesso?" chiese Ryuu. "Non è proprio la luce del sole, ma meglio di nulla."
 
Yumoto annuì con un sorriso, mettendosi a sedere e crogiolandosi ancora per un poco nelle fiamme aranciate dell'altro spirito, prima che questo smettesse di ardere.
 
"Cuginone! Sei salvo!" constatò felice, voltandosi verso En, e poi si avvide di Gora che lo teneva ancora tra le braccia. "Fratellone! Sei qui anche tu!" e ricambiò l'abbraccio con trasporto.
 
Adesso, il solito bagliore era tornato a circondare il suo corpo ed i graffi erano scomparsi, la sua pelle era di nuovo intatta e piena come un frutto maturo.
 
"Come stai?" chiese Gora con tono chiaramente sollevato.
 
"Bene, quei rovi mi avevano solo stancato un po'," rispose lo spirito. "La luce di Ryuu non sarà quella del sole, ma è piena di calore ed energia. Grazie!"
 
Lo spirito del fuoco fece un gesto secco con la mano, come a dire che non c'era nulla da ringraziare.
 
"Certo, quell'Akoya ha imparato un paio di cose da quando ci siamo scontrati l'estate scorsa. Se non fosse stato per l'arma di Gora, avremmo avuto seri problemi a tirarti fuori," commentò Io, riflessivo.
 
"Quei maledetti," rincarò Ryuu. "Devono aver disseminato la foresta di incantesimi trappola come questi. Certo, avrebbero avuto difficoltà a catturare noi nella nostra forma alata, ma En o Gora..." scrollò le spalle. La trappola aveva funzionato anche troppo bene.
 
En, lì accanto, era seduto pesantemente nel fango. Era ancora fradicio di pioggia, coi vestiti laceri e macchiati di sangue, dove i rovi gli erano affondati nella carne. Viso e mani erano una ragnatela di graffi ed i capelli, misti a foglie e terriccio, gli ricadevano ai lati del volto in ciocche arruffate, lambendogli gli occhi gonfi e pesti.
 
Yumoto scivolò di fronte a lui, chinandosi a prendergli la testa tra le mani.
 
"Poverino, fa male?" chiese, passandogli delicatamente un dito sopra la spaccatura del labbro.
 
"Pizzica un po'," rispose En, ammiccando e cercando di liberarsi dalla presa.
 
"Aspetta, sta' fermo. Brucerà un pochino, ma poi passerà tutto," garantì Yumoto, toccandogli il taglio. Il bagliore intorno allo spirito si fece più intenso per un istante e ad En sfuggì un'esclamazione di dolore. Quando Yumoto tolse il dito, però, la bocca del ragazzo era intatta.
 
En aggrottò le sopracciglia, passandosi la lingua su un taglio che non c'era più.
 
"Che cosa...?"
 
"Ancora un momento, abbi pazienza," fece Yumoto, ancora tenendogli saldamente la testa tra le mani ed appoggiando la propria fronte contro quella del principe. Questa volta, il bagliore avvolse entrambi ed En si dibatté per qualche istante, con una smorfia di sofferenza. L'attimo dopo, però, lo spirito si ritrasse ed En sbatté le palpebre, ora sgonfie, con espressione stupefatta. I graffi sulle mani erano spariti e, in mezzo alle frange degli strappi di camicia e pantaloni, si intravvedeva solo pelle sana.
 
"Che cosa hai fatto?"
 
"Oh, tutti gli spiriti della luce possiedono poteri curativi," spiegò Io.
 
"Fa male, però," obiettò En, che ancora si stava succhiando il labbro, quasi si aspettasse di sentire di nuovo il sapore del sangue sulla lingua.
 
Yumoto si sedette a gambe incrociate accanto a lui.
 
"Be', rimarginare così velocemente una ferita equivale un po' ad aprirla, ma al contrario, quindi è doloroso. E poi, è anche stancante, sia per il spirito che per chi viene curato," spiegò. "Ma i tuoi erano solo graffi."
 
En lo guardò con espressione seria. "Scusami," disse, "non avrei dovuto andarmene così. Avrei dovuto ascoltarvi," aggiunse, chinando il capo. "Per colpa mia, hai rischiato la vita."
 
Yumoto lo guardò sorpreso. "Io? Oh, no, una magia del genere non avrebbe mai potuto distruggermi," disse allegramente, senza degnare di uno sguardo il tronco ormai avvizzito della pianta mostruosa. "Certo, probabilmente non sarei riuscito a liberarmi prima del sorgere del sole, e quello sarebbe stato un bel problema, visto che all'alba dobbiamo partire," commentò.
 
Gli altri rimasero in silenzio per un po'. En sedeva miseramente in mezzo al pantano.
 
"Io non so che cosa fare," ammise alla fine. "Non sono pronto per andare a corte."
 
I tre spiriti rimasero ad osservarlo per qualche attimo, senza sapere che cosa dire. En aveva agito troppo impulsivamente, quella notte, ma tutti e tre si sentivano profondamente in colpa, perché in fondo era successo a causa loro, che non avevano saputo prepararlo per tempo e, soprattutto, che non solo non erano riusciti a fargli trovare l'amore, ma avevano anche messo in pericolo quello che aveva costruito En.
 
"Se non ti senti pronto oggi, non ti sentirai pronto nemmeno domani, né tra un mese o un anno." En sollevò lo sguardo su Gora, che ora torreggiava di fronte a lui. I suoi occhi blu bruciarono di incredulità e delusione per un momento: Gora non aveva forse detto tutto il contrario, solo poche settimane prima? Ma l'uomo scosse la testa. "Non è rimanendo in questa foresta a fare il taglialegna che potrai prepararti a fare il principe," spiegò.
 
"Non c'è nulla di male nel fare il taglialegna."
 
"No, ma che cosa faresti da solo, qui nei boschi?"
 
"Da solo?" En ammiccò, senza capire.
 
"Noi, domani, andremo tutti alla capitale," affermò Gora, pugni piantati sui fianchi. Gli spiriti si voltarono a guardarlo sorpresi, e Yumoto, dopo un attimo, gli si fiondò addosso per abbracciarlo.
 
"Hai deciso, allora!" esclamò felice, e il taglialegna annuì, circondandogli le spalle.
 
"Ci ho messo un po', è vero, ma farò ciò che è giusto," disse, tornando a posare lo sguardo su En.
 
Nonostante la situazione, il ragazzo dovette combattere per impedire di lasciarsi sfuggire un sorriso.
 
"Mi mettete con le spalle al muro, capisco. Però, ve l'ho detto, se Atsushi domani non viene..."
 
Ryuu sbuffò. "Se Atsushi domani non viene, andremo a cercarlo noi e gli spiegheremo tutto per benino."
 
Yumoto, sempre abbracciato a Gora, guardò En con un sorriso rassicurante. "Atsushi verrà. È innamorato di te, io lo so. Tutto andrà per il meglio."
 
En sospirò. "Se lo dite voi..."
 
"Certo che è così! E poi l'hai detto tu prima, no?, che avresti dovuto darci retta. Stacci a sentire, questa volta, e vedrai che andrà tutto bene," lo rassicurò Ryuu, tendendogli la mano. "Su, torniamo a casa adesso."
 
En annuì, ricambiando la stretta ed alzandosi in piedi.
  
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