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Autore: FairLady    30/09/2016    1 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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E dire che c’era stato un tempo in cui Mark e Marta avevano riempito ore di parole, di chiacchiere allegre, dolci; di discorsi ricchi di aneddoti, di pezzetti di vita che li avevano portati poco a poco a legarsi in quel modo speciale che era solo loro.
Chi l’avrebbe mai detto che lì, in piedi uno di fronte all’altro, per la prima volta da quando si erano conosciuti, sarebbero rimasti completamente in silenzio a fissarsi?
«Ciao…»
Lo avevano sussurrato contemporaneamente. In poche lettere, tante sensazioni inespresse, promesse fatte – e infrante –, vita non vissuta.
Mark la fissava, le mani in tasca, le braccia tese. Era nervoso, Marta lo conosceva abbastanza da intuirlo. Anche lei lo era, lui se ne sarebbe accorto subito se avesse potuto vedere la sua mano stringere la maniglia della porta fino quasi a farsi male.
«Sarà meglio se entri…», si era spostata mentre lui allungava la gamba all’interno dell’appartamento. Aveva paura, una folle paura di percepire il calore del suo corpo troppo forte e di finire con il desiderarlo ancor più di quanto non avesse mai fatto.
Non doveva provare desiderio per lui, doveva odiarlo, doveva essere arrabbiata e urlargli contro che l’aveva messa nei casini ancora, che gli aveva spezzato il cuore, ancora. Glielo aveva frantumato di nuovo nonostante fosse stato lontano, nonostante lei lo avesse chiuso in un cassetto e lo avesse sigillato lì.
«Come stai?», chiese lui, timidamente. Aveva alzato appena lo sguardo in cerca dei suoi occhi, ma Marta aveva subito voltato il capo e chiuso la porta dietro di lui.
«Sei proprio sicuro di voler sentire la risposta?», il tono secco, tagliente.
Aveva pronunciato quelle parole con un’asprezza che non aveva pensato di sfoggiare, ma la rabbia che sentiva si stava rivelando incontrollabile. Era arrabbiata, sì, ma molto più con se stessa che con lui. Era stata lei a permettergli di insinuarsi nella sua vita, come acqua nelle crepe profonde della sua esistenza.
«Scusami, – sospirò, accasciandosi sul divano – non volevo essere acida. Sono solo molto stanca…», e sapevano entrambi che era vero. Erano stanchi, tutti e due. Stanchi di finire sempre con lo scontrarsi anche quando facevano di tutto per evitarsi.
Marta aveva così faticato per innalzare quei confini tra loro, fabbricare un muro all’apparenza indistruttibile per poi scoprire che era solo un’illusione.
Lei, Mark, non sarebbe mai riuscita a odiarlo. Quegli occhi chiari riuscivano a riportarla sempre a quel primo incontro, a quella prima volta in cui, da due semplici estranei, erano diventati l’uno la vita dell’altra.
C’erano esistenze in rovina, danni da calcolare, vite da ricostruire, lacrime da piangere, ma tutto ciò che Marta riuscì a pensare, mentre nel silenzio si fissavano, era che lo amava.
«Non volevo assolutamente tutto questo, non volevo, io… è stata tutta colpa mia.»
Fu lui il primo a riempire quell’imbarazzante, doloroso vuoto.
«Farò qualunque cosa per sistemare questa faccenda e, ti giuro – alzò lo sguardo e tornò a fissarla, gli occhi lucidi e amorevoli come li aveva sempre custoditi nei suoi ricordi – io te lo giuro, nessuno verrà a importunarti. Né Emma, né in giornali, nessuno…»
«Per quello arrivi tardi, credo che qualcuno abbia già il mio numero e il telefono – che in quel momento, neanche a farlo apposta, prese a suonare – squilla continuamente.»
Mark si alzò dal divano e, preso in mano l’apparecchio, ne staccò i cavi.
«Cambieremo il numero, non dovrai essere immischiata in tutto questo, non...»
E, nonostante l’amore che Marta sentiva di provare ancora – inequivocabilmente – per lui, in quell’istante avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
«Mark, forse non te ne sei accorto, ma io sono già immischiata!», si alzò anche lei, presa da un attacco di frustrazione incontrollata. La furia era finalmente emersa, la sentiva salire e prendere possesso di ogni fibra del suo essere.
«Sono quattro stramaledettissimi anni che navigo in questo stato di totale caos! Che vivo ogni mio giorno nel tentativo di dimenticarti, nel tentativo di andare avanti e convincermi che non sei la persona giusta per me. E, dio!... – Mark la fissava, atterrito – smettila di guardarmi con quei due occhi da bambi indifeso!», si portò le mani tra i capelli. «Ci ero riuscita, io… ce la stavo facendo, sai? Ho cambiato casa, lavoro; ho cambiato compagnie… ho persino tagliato i miei dannati capelli a cui tenevi tanto! Ho – alzò gli occhi al cielo, occhi che stavano piangendo, da un tempo infinito, forse non avevano mai smesso –, o meglio, avevo un ragazzo… e quando finalmente pensavo di averti lasciato indietro, di aver archiviato il mio solito passato incasinato, una stupida foto riporta tutto a galla! Io…» si lasciò cadere a peso morto sul divano, quel peso sulla testa l’aveva fatta definitamente crollare.
«Dio! Io, io ti amo, Mark. Così non riesco a vivere, così, con te, poi senza di te, non posso, non riesco a dimenticarti. E anche quando cerco di convincermi di averlo fatto, è una menzogna… vivo mentendo a tutti, a me stessa. Io non potrei dimenticarti nemmeno se lo volessi veramente.»
 
***
 
Aveva sempre odiato vedere le donne piangere, che fosse di gioia o di dolore, erano situazioni che non era mai stato capace di gestire. Più di tutto, odiava sapere di essere la causa di quelle lacrime, perché lo faceva sentire in dovere di asciugarle e lui non era mai stato in grado di consolare la gente. Tutti lo avevano sempre creduto dolce, sensibile e, sì, per certi versi lo era, anche troppo, ma quando una donna piangeva si sentiva impotente, come davanti alla fame nel terzo mondo, come davanti a una guerra senza soluzione, quindi riusciva solo a voltarsi dall’altra parte.
Ma Marta, lei, nonostante tutte le bugie che si sarebbe potuto raccontare, lei era parte di lui, era la sua vita e sentiva quelle grida, quello sfogo, come se facessero parte del suo stesso dolore. Sentiva ogni singolo chilo di quell’enorme peso che aleggiava su di lei, perché era lo stesso che aveva sempre sentito anche lui. Come avrebbe potuto voltarsi e ignorare quella disperazione?
La raggiunse, un paio di passi ed era lì vicino a lei, la strinse come se volesse assorbire dalla sua anima tutto il cupo, il male, la rabbia; come se volesse estirpare dal suo cuore quell’enorme cancro che lui stesso aveva generato. Se ne avesse avuto il potere, avrebbe fatto in modo che lei non lo avesse più amato, tutto piuttosto di vederla soffrire in quel modo.
«Non so spiegarti quanto io mi odi per quello che ti ho fatto e per quello che ti sto facendo ancora. Se potessi, tornerei indietro a quella notte, ti lascerei andare, ti manderei via… cambierei ogni cosa pur di non vederti soffrire in questo modo. Tutto…»
Il problema era, però, che lui l’amava, l’amava esageratamente, dolorosamente. Non avrebbe potuto vivere sapendo di non essere ricambiato da lei; pensando che non lo avrebbe più guardato come lo stava guardando in quel momento, con un amore talmente potente da arrivare ad annientare entrambi. No, non ce l’avrebbe fatta.
«… è solo che…», stava facendo uno sforzo immenso per trattenere le lacrime, perché sapeva che lei non avrebbe retto, la conosceva, ma per quanto si impegnasse, quel suo odore così buono, la sensazione della sua pelle sotto le dita, delle sue spalle così esili – che avevano sopportato pesi così grossi da non riuscire a capacitarsi di come potesse essere ancora così meravigliosa – tra le braccia lo fecero cadere nell’oblio di un infinito buco nero.
Tutto, tutta la sua vita, il suo futuro, quello che sarebbe stato di lui da quel momento in poi avrebbero dipeso da quell’istante fra loro due. Sentiva chiaramente i binari nel suo cuore correre veloce verso il cambio.
C’era solo da muovere una leva e decidere.
Ormai il tempo stava per scadere.
«Non devi sentirti responsabile per me, non devi odiarti… non è colpa tua se ti amo.»
Marta, rannicchiata sul suo petto, aveva pronunciato le ultime parole con una sorta di rassegnazione nel tono della voce, che aveva rimbombato nella cassa toracica, facendolo vibrare dall’interno.
Era entrata nella sua vita con la forza di un uragano, eppure in quel momento la sentì fragile come il cristallo. 
Avrebbe dovuto smetterla di mandarla in pezzi così; a quanti terremoti avrebbe retto ancora prima di frantumarsi definitivamente?
E lui, senza di lei, quanto sarebbe riuscito a sopravvivere?
 

 
Everyone's running
Me though, I'm crawling
Picking up the pieces of your heart
I'm trying to put you back together
   
 
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