Sei
lassù, Endimione?
Una
domanda semplice, eppure, mentre avanza lenta verso il monte Latmo,
Selene non
può fare a meno di ripeterla nella sua mente.
Dormi,
Endimione? Sogni di noi, di
me, delle mie visite notturne?
Tutti
si chiedono cosa abbia visto in lui, perché proprio un
pastore degli Eoli sia
riuscito a penetrare nel cuore della Dea. La bellezza, dicono alcuni. I
suoi
studi sulle fasi lunari, rispondono altri.
Selene
non li ascolta, mette un piede davanti all’altro, scosta le
lunghe vesti
bianche e cammina con la torcia in mano, facendosi strada nel sentiero
della
notte.
Ricorda
il primo momento in cui l’ha visto, attratta dal suono
celeste della sua cetra,
e dal canto, soave, che l’aveva raggiunta fino in cielo.
Ricorda di essere
scesa sulle pendici del monte Latmo, e giù, nel bosco, dove
Endimione era
intento a produrre la sua musica.
Ricordi
ancora la luce della luna,
mentre impugnavi la tua cetra? Ricordi come ti è sembrata
spenta… e lontana,
finché non mi hai vista arrivare? Non potevi credere ai tuoi
occhi.
Non
potevi credere al mio amore.
Solleva
il volto pallido verso la grotta in cui sta dormendo, sicura di
trovarlo con
gli occhi aperti, come se la stesse aspettando.
In
fondo, pensa, è così. Endimione la
aspetterà per sempre. Endimione non potrà
svegliarsi.
«È
il mio dono» ripete, come ogni notte, quando giunge al
cospetto dell’amato. «Il
mio dono per te.»
Ho
chiesto al padre degli Dèi di
farlo! L’ho pregato, supplicato, di donarti la vita
eterna… E, forse, un
pochino, lui mi ha ascoltato.
Vivo
in eterno. Eternamente addormentato.
Eppure, pensa ancora, mentre scosta una ciocca di capelli scuri dal bel volto di lui, non è ciò che volevo.
Oggi.
I
templi di questi giorni piacerebbero a Bacco. Proverebbe piacere a
veder
scorrere l’alcol a fiumi, a vedere gli uomini rincorrersi per
una donna,
ubriachi di vino e d’amore. Selene scrolla il capo, di fronte
a questi bar, dove gli uomini si
inchinano
davanti a un barista, anziché a un sacerdote.
I
tempi sono cambiati.
Deve
coprire la luna sulla sua fronte con uno scialle, stringersi addosso le
vesti
per il freddo, camminare a testa china, per paura di finire ingannata
come le
era accaduto con Pan.
Non
dimenticherà mai il suo invito… “Sali”,
le aveva detto, chiedendole di montare sul suo vello di pecora. Non
poteva
sapere che ci fosse lui… Non poteva sapere che
l’avrebbe posseduta.
Selene
riprende a camminare, cercando di non pensare a quanto fosse brutto e
oscuro
Pan, al modo in cui lei si sia fidata di lui, concedendogli quella
possibilità.
E
ora, ora che Zeus ha detto ai suoi figli di andare liberi per il mondo,
ora che
ha ricordato loro quante poche preghiere ci siano, quanto deboli stiano
diventando i loro poteri, Selene si ritrova a percorrere le strade dei
comuni
mortali, alla ricerca di Endimione.
Che
fine hai fatto? Dov’è finito il
tuo monte, la grotta dove mi attendevi ogni notte?
Non
lo sa, Selene. È consapevole solo di essere salita fin
lassù, dopo essere scesa
dal suo carro… Lui non c’era.
Endimione
era sparito, scomparso, perduto. Forse per sempre.
Tutto
ciò che vuole ora è ritrovarlo… ma
come fare? Come fare, in un mondo di
intrighi e minacce, dove gli uomini hanno smesso di credere nei loro
Dèi,
indebolendoli? Dove persino lei, Selene, si ritrova a tremare per una
strada
buia, senza la sua torcia tra le mani.
Dove
deve nascondersi, percorrendo a tratti il percorso che ha fatto lui.
Si
chiede dove sia, se la stia pensando, se sia pentito di averla persa.
Perché
mi hai abbandonato, Endimione?
Le
strade pullulano di persone, e Selene non può fare a meno di
indicare loro il
tempio in cui dovrebbero ritrovarsi a pregare.
«Chiedi
perdono ad Artemide» sussurra, a un uomo che sembra a caccia.
Lo vede puntare
una ragazza, giovane e bella, che dovrebbe trovarsi al cospetto di
Atena,
invece che seduta su quella panchina.
Chi
ti ha risvegliato dal tuo sonno?
Ma
i pensieri di Selene virano sempre a Endimione, al suo amore perduto,
finito
chissà dove. Come si sarà sentito, svegliandosi
in questo caos? Dopo secoli,
millenni trascorsi ad aspettarla, mentre le
visite di lei si facevano sempre più rare, il pastore degli
Eoli si è ritrovato
in un mondo diverso.
Chi ti ha tolto la vita
eterna, l’eterna
gioventù?
È
la domanda che più spesso affiora nella mente di Selene.
Sarebbe finita senza
di lui. Dopo averlo trovato, dopo aver invocato per la sua vita, non
può
rischiare di perderlo…
Ti
rivedrò, Endimione?
Immortale
tra i comuni mortali, Selene spera solo di scorgere il suo viso, i suoi
occhi
neri, o di udire il suo canto, come quello che l’ha portata
fino a lui.
Ti
prego, Endimione. Torna.
Ma
c’è solo silenzio intorno a lei.
Note
dell’autrice:
Grazie
a tutti quelli che hanno trovato un momento per leggere questa storia.
È breve,
è vero, ma non sapete da quanto speravo di avere qualche
istante per mettermi a
scriverla. Il mito di Selene è molto importante per me,
è stata una delle mie
prime ricerche, quando ancora non conoscevo tutti i significati del mio
nome… E
adoro, adoro tantissimo la leggenda di lei e Endimione, del loro amore,
del
sonno eterno.
Grazie
ancora.