Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: iamsemiautomatic    03/10/2016    3 recensioni
A Diana era stata preclusa la possibilità di avere poteri magici quando, da piccola, ogni possibile traccia di questi le fu strappata via dal corpo, a causa degli esperimenti condotti da una Setta di umani . Ma a qualcuno serve la sua magia, e sarà disposto a far di tutto affinché la ragazza possa manifestare ancora una volta i suoi poteri. Nel frattempo, nel Regno di Leykios dei macabri ritrovamenti sembrano presagire il ritorno di una stirpe considerata ormai estinta, e un Esercito della Morte incombe sul Regno. Tre avvenimenti, apparentemente diversi, sono collegati in realtà tra di loro, e hanno un unico scopo: il caos.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Come al solito, le mie introduzioni sono a dir poco pessime, spero di non avervi fatto scappare a gambe levate! Se passate di qui, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, anche le critiche costruttive sono ben accette! Buona lettura :)
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo uno:

As archísei o fóbos

Che regni la paura

Diana stava camminando lentamente.
Si trovava in una foresta rigogliosa. Nessun ramo di nessun albero era privo di una singola foglia. Attorno, il muschio ricopriva il sentiero nascondendolo, e arrivava anche sui tronchi, celando la corteccia per almeno metà di essa. Tanti fiori crescevano a terra, di diversi colori e tipi che a causa della sua ignoranza in materia non riusciva a distinguere.
Dalle chiome degli alberi traspariva la luce della luna, talmente forte da illuminare la strada.
Era fantastico.
Diana continuò a camminare con ritmo veloce, meravigliata della bellezza che la circondava.
D'un tratto, però, la foresta finì.
La diciottenne arrivò in un punto in cui non vi erano alberi, ma davanti a lei si stagliava la figura di una grotta enorme. Esitò un attimo, ma poi la curiosità la spinse ad entrare.
All'interno, la cava era perfino molto più grande di quello che la ragazza si aspettava. In alto vi era un enorme buco che lasciava entrare la luce lunare , illuminando il laghetto sottostante. Sopra di questo vi era un' apertura, come se vi fosse un'altra entrata.
Presa dalla curiosità, cominciò a muoversi velocemente per raggiungere quel punto, ma dovette fermarsi, sorpresa: qualcosa, nell'ombra, si stava muovendo.
Diana fece un balzo goffo di lato, andandosi a nascondere dietro un grande masso, ma senza dare le spalle all'entrata. Facendo attenzione a non farsi vedere, si sporse leggermente notando che, a muoversi, era una tigre. Una tigre bianca.
La ragazza trattenne un sussulto, non riuscendo a nascondere la sorpresa: erano pochissime, ormai, a Leykios, le tigri bianche. Non se ne vedevano da anni. A dir la verità, Diana le aveva viste solo nei libri.
L'animale si muoveva con maestosità e sguardo fiero, era piuttosto grande e anche per questo la diciottenne tentò di nascondersi ancor di più, quando la tigre si girò verso di lei, fissandola.
Il cuore della ragazza perse un colpo dallo spavento, ma l'altra sembrava non avere intenzione di farle del male. Infatti, si voltò e continuò a camminare verso quella che sembrava una seconda grotta.
Accigliata, Diana si alzò lentamente e, allo stesso modo, seguì la tigre. Quest'ultima, in due soli balzi riuscì a raggiungere l'ingresso, mentre la ragazza ci mise di più, arrampicandosi, senza troppa fatica però.
Una volta dentro, la ragazza notò che l'animale era svanito. Fece un passo indietro, andando a sbattere contro una parete rocciosa. Voltandosi, fece uno scatto di lato, sorpresa: l'ingresso da cui era entrata era sparito.
Si girò, analizzando il posto dove si trovava. Era piccolo e illuminato, sebbene poco, grazie ad alcune torce da muro attaccate alle pareti della grotta. Andando avanti vide che al centro vi era una sorta di altare di pietra, simile a quello che in antichità si usavano per i sacrifici agli dei. Lo sguardo della ragazza fu attirato da qualcosa che si stava muovendo sopra l'oggetto. Contrasse la mascella e, sebbene sempre più spaventata, si avvicinò. Comunque, non sarebbe potuta andare da nessuna parte.
Una volta avvicinatasi all'altare sussultò, portandosi una mano alla bocca e sgranando i suoi occhi viola.
Distesa, in un bagno di sangue, stava una figura femminile piuttosto esile dai lunghi capelli azzurri e le orecchie a punta. Il volto era sfigurato da una smorfia di terrore. Gli occhi, spalancati, urlavano silenziosamente di dolore.
Diana ci mise un po' a capire che la ragazza davanti a lei fosse una fata.
Una fata a cui erano state brutalmente tagliate le ali.
La ragazza deglutì, trattenendo un conato di vomito e fece per muovere la figura distesa, il cui corpo stava quasi sussultando.
Prima ancora di toccarla, però, una voce dietro di lei la fece sobbalzare.
-È troppo tardi, ormai, Endyos*. Ora è in un posto migliore- aggiunse, in tono ironico.
Diana si voltò velocemente e, indietreggiando, andò a scontrarsi contro l'altare. Staccò immediatamente la mano destra dalla superficie dell'oggetto, notando con orrore che era coperta di sangue.
Fissò, poi, la figura davanti a sé. Un mantello nero impediva di visualizzarne la forma, ma la voce sembrava appartenere a quella di un maschio, probabilmente più grande di lei. Anche il volto era coperto, da una maschera, però.
Una maschera che raffigurava una tigre bianca.
-Chi... Chi sei?!- chiese tremante la ragazza.
La figura davanti a sé schioccò le labbra.
-Ti ho aspettato da così tanto tempo. Sei pronta, ora.- , disse lui, avvicinandosi a Diana.
I loro corpi aderirono, la ragazza spaventata tentò con tutte le forze di divincolarsi quando lui le bloccò un braccio con una mano mentre andava a posare l'altra sul suo viso, avvicinandosi ancora di più.
-Che cosa stai dicendo? P-pronta per cosa?- chiese la diciottenne, senza ottenere risposta.
Lo sconosciuto si avvicinò sempre più, talmente tanto che Diana riuscì a vedere ogni particolare dei suoi occhi color ghiaccio. Così chiari da farla tremare, così freddi che quasi erano privi d'espressione.
Smise di divincolarsi, ma con la mano del braccio libero cercò il suo pugnale, nella cintura.
Il ragazzo rise, tra il divertito e lo sprezzante, e la bloccò, facendola urtare contro l'altare.
Il colpo le aveva fatto male alla schiena, nella parte bassa, tanto da farla gemere tra i denti.
-Tu non vuoi fermarmi. Io ti servo, Endyos. E tu servi al mio padrone. Devi solo... collaborare-
Stavolta, Diana non fece domande, ma portò la testa all'indietro, per colpirlo con tutta la forza che aveva in corpo, facendo cozzare la sua fronte olivastra contro quella della maschera.
Miracolosamente, riuscì a staccarselo di dosso e a farlo indietreggiare.
Con una mossa piuttosto agile, facendo peso sulle braccia, si girò e scavalcò l'altare, cominciando a correre il più lontano possibile da lui, consapevole però di non avere via di fuga.
Raggiunta la parte opposta della grotta, si girò per vedere dove fosse lo sconosciuto, ma con sua sorpresa davanti a lei trovò... il buio.
Le torce si erano spente, eliminando tutta la luce attorno a lei.
Terrorizzata, cominciò a tremare.
Respirava a fatica e si guardava intorno a scatti.
-Aiutami- , mormorò poi una voce, alla sua destra.
Diana si girò molto lentamente e lanciò un urlo. Accanto a lei stava la fata che aveva visto prima, ma stavolta aveva le ali.
-Puoi ancora aiutarmi-

Diana spalancò gli occhi, rizzandosi a sedere e respirando affannosamente. Le mancava l'aria. Si levò le coperte pesanti di dosso, per poi affacciarsi alla finestra, dopo averla spalancata. Inspirò più che poté l'aria fresca della notte, mentre un leggero e piacevole venticello le accarezzava il volto delicatamente.
Riuscì a calmarsi, e il respiro tornò regolare.
Fissò davanti a sé, osservando il suo villaggio, silenzioso. La casa di Diana si trovava nel punto più alto, su una collina appena fuori Kalaytia, una piccola cittadina popolata esclusivamente da esseri umani privi di potere, dagayos*', mercanti per la maggior parte. Da una parte le era possibile intravedere tutto Kalaytia, dall'altra (esattamente dalla parte opposta rispetto camera sua) il mare.
Diana si passò una mano sulla fronte, ancora umida per il sudore, poi decise di infilarsi un largo maglione di lana e uscire di casa, tentando di non svegliare nessuno.
Una volta fuori, Thanos, il suo lupo nero, le venne incontro scodinzolando. La diciottenne sorrise e si abbassò per accarezzarlo, sistemandosi le candide ciocche dietro le orecchie.
Inspirando l'aria pulita e godendone appieno, poi , si andò a sedere sull'altalena che le aveva costruito il padre qualche anno prima e cominciò a dondolarsi dolcemente, fissando il cielo stellato.
-Ti ho aspettato da così tanto tempo. Sei pronta, ora.-
-Puoi ancora aiutarmi-
Diana scosse la testa. Quelle voci la stavano tormentando.
Non era la prima volta che faceva quel sogno. Ma cosa significava? Ci erano quelle due persone? Come poteva aiutare la fata? Cosa voleva quello sconosciuto mascherato?
Sospirò, quasi sconsolata. Era quasi una settimana che quell'incubo la perseguitava.
Che fosse una sorta di presagio? La ragazza doveva ammettere di averci pensato, ma come era possibile? I dagayos non avevano visioni di questo tipo. Non ne avevano affatto, in realtà.
Diana strinse forte i pugni, mentre tentava di scacciare il doloroso ricordo di quando le avevano levato ogni traccia di potere dal corpo. Una lacrima le rigò il viso, ma si asciugò subito.
-Che stupida sono-.
Era inutile piangersi addosso.
Con gli anni aveva imparato a compensare quel dolore, diventando una Cacciatrice, ma sapeva perfettamente che sarebbe stato impossibile eliminarlo.
Improvvisamente, un rumore tra i cespugli attirò la sua attenzione.
Diana si rizzò in piedi, così come Thanos, il quale cominciò a ringhiare.
-Chi c'è ?- chiese, ad alta voce, portandosi la mano alla vita per poi ricordarsi di non avere il pugnale con sé. Fece una smorfia di disappunto, ma non si mosse.
Vi furono dei secondi di assoluto silenzio, fino a quando una figura scattò e cominciò a correre lontano dall'abitazione di Diana, verso il bosco che separava la casa dal villaggio.
-Ehi!- urlò la ragazza, cominciando a correre, seguita dal lupo nero.
Non proprio una mossa intelligente, seguire un'ombra nella foresta (senza armi, per giunta), ma Diana probabilmente non aveva mai sentito parlare di raziocinio. Non seguire l'istinto le sembrava sciocco, perfino in una situazione del genere.
-Fermo!- urlava di tanto in tanto, tentando di non perdere di vista chiunque stesse inseguendo. Thanos, dietro di lei, ululava.
Si graffiò più volte con i rami sporgenti degli alberi, ma riuscì ad evitare gli ostacoli in modo da non incespicare mai.
Ad un certo punto, però, cedette e si accasciò a terra. Aveva percorso troppa strada, troppo velocemente e senza mai fermarsi. Era senza fiato.
Allungò una mano verso la coda di Thanos, per fargli capire di fermarsi. Il lupo si girò verso di lei, ma solo un attimo. Subito, infatti, rizzò le orecchie e cominciò a ringhiare, muovendosi lentamente a destra di Diana.
-Thanos! Fermo!- lo chiamò a bassa voce, ma l'animale parve non sentirla.
Così, la ragazza si accovacciò e lo seguì, tentando di non fare troppo rumore.
Finalmente, il lupo si fermò, continuando a darle le spalle e gemendo, come se si fosse ferito. Diana sentì che stava leccando qualcosa, così si avvicinò, posando una mano sul dorso dell'animale.
Quando la vide non riuscì a trattenere un urlo di spavento.
A terra stava la fata che aveva sognato per tutta la settimana.
Senza ali e priva di vita.

Hikeos camminò a passo spedito lungo tutta la grande sala, lo spadone stretto nella mano destra. I capelli nero corvino gli ricadevano sulle spalle, dietro le orecchie a punta, e ondeggiavano elegantemente a ogni passo. Si trovava all'interno della fortezza di Lisast, nella regione del Chanast, non molto distante dalla capitale di una delle più prosperose nazioni di Leykios.
Sebbene il castello marmorei fosse stato abbandonato da circa un secolo, se non di più, miracolosamente le mura erano rimaste intatte, tranne poche eccezioni, così come i mobili all'interno dell'edificio.
Probabilmente nessuno osava addentrarsi lì dentro a causa della maledizione che aveva colpito quel luogo dopo la misteriosa scomparsa dell'ultimo Seoda, ma Hikeos sapeva perfettamente che quelle fossero solo stupide leggende.
Velocemente raggiunse il grande giardino interno, le cui piante avevano ormai messo le radici anche all'interno delle stanze attigue. Al centro di questo vi era un pozzo.
Gli occhi dell'elfo oscuro gli permettevano di vedere perfettamente anche in una notte senza stelle come quella, ma preferì comunque illuminare le torce attaccate alle colonne.
Sapeva di non essere solo e anche lui doveva vedere.
-Fotiá- sussurrò, muovendo le dita e accendendo gli oggetti destinati all'incantesimo.
Un brivido lungo la schiena annunciò il suo arrivo.
-Hai portato ciò che ti ho chiesto?-
-Ovviamente, signore- aggiunse l'altro, ironicamente e lanciandogli un barattolo.
Hikeos lo prese al volo, senza voltarsi. Con aria quasi apatica fissò il contenitore che aveva in mano il quale era pieno di una polvere luccicante e color rosso porpora.
-Non basta-, sentenziò dopo qualche istante, avvicinandosi al pozzo.
Sentì l'altro sbuffare -Ne prenderò altra, va bene? Tanto al momento non serve. Non sappiamo neanche se funzionerà-
-Deve funzionare-, ringhiò l'elfo.
Il ragazzo dietro di lui non disse nulla, ma ridacchiò beffardo.
Hikeos non lo sopportava, ma era essenziale per il suo scopo.
-E lei?-, chiese, mente posava il barattolo, ora aperto, ai bordi del pozzo. Prese lo spadone e lo mise dalla parte opposta. Con un pugnale, poi, si incise un graffio lungo metà avambraccio, facendo poi colare il sangue nero nel pozzo. L'acqua di quest'ultimo subito lanciò un debole bagliore violaceo.
-Non è ancora pronta- rispose intanto l'altro alla sua domanda.
-Non dovrà mai esserlo, infatti. Tu devi fermarla-
Lo sentì sbuffare -Pensi che non lo sappia?-
-Non mi pare tu stia facendo abbastanza-
-Sto facendo il possibile. Non riesco a trovarla. Né lei... né lui-
Hikeos emise un lungo sospiro, irritato, ma mantenne la calma. Inizialmente non rispose, ma continuò quello che stava facendo.
Prese il barattolo aperto e ne versò l'intero contenuto nel pozzo.
Dalla sacca di cuoio, poi, prese un oggetto coperto da una stoffa di seta. Levandola, scoprì un cuore, il quale finì anch'esso assieme il resto.
Sempre dalla borsa prese una fiala dentro la quale si trovava un liquido color avorio.
Anche questo, fu buttato nel pozzo.
Sempre con lentezza brandì poi lo spadone e lo portò orizzontalmente sopra la cavità, osservando il liquido violaceo al suo interno diventare cremisi.
-Devi fare di più. Se la trova prima di noi è tutto inutile- disse, per poi chiudere gli occhi.
-Afeste ten psyché tou daímona kai ten kardiá tou ippóti entachthoún me ti mageía tou neráida kai to aíma to xotikó tou. Demiourgísei mia néa geniá tromokratías, na demiourgísei mia néa apogónous tou cháous. As archísei o fóbos-*'' , cominciò a recitare in lingua antica, mentre una coltre di fumo nero iniziò a vorticare sopra l’elfo e l’oggetto davanti a sé.
Hikeos non si curò di cosa stesse facendo il ragazzo dietro di lui, gli bastava sapere che non fosse scappato.
Ripeté quelle parole più e più volte, fino a quando il fumo sparì, così come lo spadone che aveva in mano.
Si sorprese di quest’ultima cosa, ma non si scompose.
Rimase fermo in attesa, per qualche minuto.
Non accadde nulla.
-Oh, bene. Tanta fatica per niente-, commentò annoiato il ragazzo dietro di lui.
Hikeos sbatté i pugni sul bordo del pozzo, urlando di rabbia.
Dopo tutto quello che aveva passato. Dopo tutti i sacrifici e le fatiche subite per arrivare fino a lì non poteva finire così.
Era stato tutto inutile.
Fissò il suo riflesso nell’acqua sottostante. I suoi occhi color ambra lampeggiavano furenti.
-Non può essere- sibilò, senza staccare lo sguardo.
In uno scatto d’ira buttò a terra il barattolo, rompendolo, poi si voltò per andare via.
-Non mi arrenderò così facilmente-
-Senti, Hikeos, ammiro la tua tenacia, ma è inutile. Non riesco più a contare le volte in cui ci abbiamo provato e abbiamo fallito!-
L’elfo ringhiò, fissandolo per la prima volta. Fece per avanzare verso di lui, quando qualcosa emerso dal pozzo lo afferrò per i capelli, trascinandolo in acqua.
-Hikeos!- urlò il ragazzo, facendo qualche passo in avanti ma senza avvicinarsi troppo.
Dopo pochi secondi, l’acqua sembrò come bollire e una figura emerse, uscendo dalla cavità e accovacciandosi sul pavimento, per poi rialzarsi.
Era enorme, dalla pelle grigiastra, capelli e occhi (senza pupille e iridi) neri.
-Hikeos?- chiamò ancora, stavolta formulando una domanda dal momento che la creatura davanti a lui era praticamente uguale all’elfo oscuro.
Il mostro chiuse gli occhi, inspirando e sorridendo, mostrando una fila di sottilissimi denti aguzzi simili a quelli di uno squalo. In quel momento, spiegò delle enormi ali di pelle, dello stesso colore del resto del suo corpo, che ricordavano vagamente quelle di un pipistrello. Fissò poi il ragazzo davanti a sé
-Trova la ragazza. Quando lo farai, non limitarti ad ucciderla. Falla a pezzi-


N.d.A.: Salve a tutti, finalmente riesco a pubblicare! Anche questo capitolo è piuttosto corto, prometto di farne sempre più lunghi! Spero di aggiornare anche l’altra mia storia al più presto, ma comunque …
Una piccola precisazione: il ragazzo dell’ultima parte non l’ho descritto volutamente, nel caso si pensasse che mi sia dimenticata, per qualche strano motivo.
Mi scuso in anticipo per possibili errori di battitura che mi sarò scordata di controllare, ma purtroppo ho dovuto scrivere da cellulare perché non so quando riavrò il computer.
Comunque ringrazio vivamente chi segue la storia e in particolare Shine_Hanako kun, Sagas e Morgana La Strega che hanno recensito! Spero di non avervi deluso con questo capitolo e anzi di aver accresciuto la vostra curiosità. Davvero, grazie tante!
Alla prossima {*}

NOTE:

* "Endyos”, parola usata nel regno di Leykios per indicare il Popolo Bianco della razza umana. Con “bianco” non si intende il colore della pelle, ma dei capelli e anche il caratteristico colore viola degli occhi. Infatti gli Endyos non sono albini, anzi, possono avere anche la pelle scura.

La stessa Diana non è pallida, ma olivastra, di carnagione. Inoltre, si differenziano dagli umani, fisicamente, solo per queste caratteristiche e anche per il fatto di essere molto più agili e inclini ad avere poteri magici.

*'dagayos: nel Regno di Leykios, ma così come in tutto il mondo di Martach (composto da cinque regni), vi sono molte razze: elfi, fate, gnomi, umani... insomma le solite razze che si trovano di solito nei fantasy, più altre che ho inventato io ma di cui al momento non posso accennare. Tra l'altro, vi sono delle “sottorazze” (gli elfi possono essere elfi della notte, elfi oscuri... ma anche i questo parlerò in seguito). Comunque, appunto con “dagayos” si intendono gli umani privi di potere (solo esseri umani, non anche altre razze).

*'' La lingua usata qui è un miscuglio tra greco antico e parole inventate da me di cui non riporto la traduzione perché la ritroveremo più avanti

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: iamsemiautomatic