"La prova principale della vera grandezza di un uomo e' la sua percezione della propria piccolezza."
L’ ultima goccia toccò il suolo di Baker Street proprio quando Sherlock aprì gli occhi lasciando che di fronte a lui si aprì ancora una volta una realtà noiosa e statica, ci era abituato se non fosse per una strana tristezza che gli era pervenuta in corpo una volta chiusa la porta del suo palazzo mentale, aveva preso qualcosa da lì dentro e se l’ era portata nella vita di tutti giorni ma, sfortunatamente, non era un informazione utile a risolvere un caso di rilevante importanza, era un sentimento.
Uno sciocco e stupido sentimento senza valore che in verità valeva moltissimo.
“Diamine Sherlock, sei ancora lì?”
Una voce inondò il salotto arredato completamente a caso, pieno di libri, pieno di scartoffie, pieno del caos che una mente contorta poteva produrre, era esattamente lo specchio della mente dell’ uomo che lo abitava.
“Dottor Watson?!”
Nel voltarsi, Holmes, si ritrovò faccia a faccia con quello che fino ad un momento prima aveva visto come un ombra nel suo luogo più intimo ma, per quale assurdo motivo dalla sua bocca erano uscite parole tanto formali?
“Oh mio Dio, sei ancora sotto l’ effetto della cocaina o cosa? “
No, non lo era più. I suoi occhi erano tornati a vedere con lucidità anche se la sua mente era completamente annebbiata o, per meglio dire, lo era stata fino al momento in cui il Dottor John Watson aveva fatto irruzione nella stanza spazzando via quella strana sensazione di malinconia che aveva preso il posto di un apatia costante e ben ricercata. Sherlock guardò John senza proferire parola come era solito fare nei momenti in cui gli ingranaggi della sua mente lavoravano in maniera energica per trovare una risposta logica ad una situazione difficile ma, quella volta, riusciva solo a visualizzare l’ immagine del suo fidato compagno mentre l’ aereo decollava. Aveva rischiato di non vederlo mai più e forse era stato quel turbinio di sensazioni a farlo diventare così poco lucido e non tutte le droghe che aveva ingerito.
Come si dice addio?
Spesso si era trovato sul limite di quella strana parola e altrettanto spesso l’ aveva pronunciata senza significato o l’ aveva proferita sotto forma di bugia prima di lanciarsi nel vuoto. Fu doloroso anche quella volta ma non se ne rese conto fino al momento in cui l’ aereo del suo esilio non decollò.
“Allora che hai intenzione di fare con Moriarty?”
Moriarty.
Moriarty.
Moriarty.
Quel nome fece eco tra i suoi pensieri facendolo scuotere da tutto quel caos, perché Watson era sempre così agitato? Tutte quelle domande sparate a raffica senza cercare una vera risposta, senza scavare nella logica. Quell’ ingenua dipendenza dalle sue risposte lo fece sorridere perché era questo il motivo, lui voleva una soluzione da lui e solo da lui.
“Aspettiamo”
“Aspettiamo? Che stai dicendo? C’è un pazzo criminale risorto in circolazione!”
“ Sei noioso! Ti ho detto che è impossibile che sia sopravvissuto, qualcuno mi voleva qui e quel qualcuno non è Moriarty”