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Autore: FairyCleo    04/10/2016    4 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11

Trabocchetti

 
Erano rimasti di sasso. Per un istante, avevano creduto di aver avuto un’allucinazione uditiva, ma un evento del genere non poteva essere stato corale, e Vegeta, Goku e Gohan erano certi di non essere impazziti.
“L’avete… L’avete sentito?” – aveva bisbigliato Goku, incredulo, mentre era intento a tamponare con la mano la ferita sanguinante. E non aveva avuto bisogno di alcuna risposta per scoprire che sì, quella voce l’avevano sentita tutti, compresi coloro che erano rinchiusi in quella squallida cella.
Vegeta non aveva osato fiatare. Sembrava quasi che si fosse estraniato dai presenti nel tentativo di capire cosa stesse succedendo e se il momento di scontrarsi con Vickas fosse finalmente arrivato.
Crilin aveva stretto più forte a sé la sua bambina. Era stanco, provato, sembrava invecchiato di dieci anni in un solo secondo. Aveva il volto segnato dalle rughe provocate da un dolore che era più dell’anima che fisico.
“Non dovevate venire qui” – aveva bisbigliato mister Satan, cocente di una rabbia covata da tempo – “Non dovevate”.
“Ma di cosa sta parlando, mister Satan?” – Gohan era esterrefatto. Non poteva davvero aver sentito il padre di Videl dire una cosa del genere. Loro avevano sfidato il nemico pur di aiutarli, pur di tirarli fuori da quella topaia e non meritavano quel tipo di trattamento. Accettava il fatto che avessero paura, che temessero le conseguenze di quella incursione, ma erano in dovere di aiutarli ed era loro dovere farsi aiutare. Perché reagire in quel modo non riusciva a comprenderlo. Ma non era solo quello che non riusciva a comprendere, in quel frangente. E l’ignoranza lo faceva sentire tremendamente impotente.
“Chi diavolo sei?” – Vegeta aveva provato a resistere nella speranza di poter fare la prima mossa, ma non gli era stato possibile. Non aveva percepito nulla di diverso, non era stato in grado di capire quale fosse la fonte di quella voce né tanto meno a chi appartenesse, ed era inutile continuare ad aspettare. Che fosse arrivato o meno il momento di affrontare il nemico, era tempo di agire.
Ma non aveva ricevuto alcun tipo di risposta. Sembrava che chiunque si trovasse dietro a quella voce volesse solo prenderli un po’ in giro, volesse aumentare la loro ansia e costringerli a fare qualcosa di sciocco e avventato. E, date le reazioni dei presenti, sembrava proprio che fossero sul punto di farlo.
La vena sulla fronte del principe dei saiyan sembrava sul punto di esplodere. Mantenere la calma era diventato praticamente impossibile e nonostante i mille sforzi, era certo che presto avrebbe perso le staffe. Non sopportava chi si nascondeva come un codardo, non sopportava chi osava prendersi gioco di lui, non sopportava più quella situazione e basta! Ma perdere le staffe poteva voler dire perdere Bulma e Trunks, e lui ricordava benissimo quella sorta di visione che aveva avuto prima di svegliarsi. Ricordava benissimo come avevano sofferto prima di essere portati via da lui e non aveva intenzione di far sì che quella possibilità così nefasta diventasse realtà.
“Vegeta…” – Goku si era accorto immediatamente del cambiamento subito dall’amico. Avevano combattuto mille battaglie insieme, e il principe era diventato per lui un libro aperto. Ma non era il momento di commettere sciocchezze. Dovevano portare i loro amici fuori da lì, e ora che li avevano trovati, lo avrebbero fatto a qualunque costo.
“Lo so Kaharot. Lo so” – non c’era stato neanche bisogno che aggiungesse altro per far capire a Goku che avesse perfettamente inteso ciò che voleva dirgli. Per questo, aveva preso un bel respiro e aveva chiuso gli occhi per un breve istante, aprendo e chiudendo i pugni ritmicamente prima di rivolgersi nuovamente a chi era ancora prigioniero – “Non sono qui per perdere tempo. Nessuno di noi è venuto qui per perdere tempo. Non so cosa diavolo abbiano mogli e figlie, ma siamo venuti qui per tirarvi fuori. E state pur certi che ci riusciremo”.
Sembrava quasi che avesse dimenticato l’episodio appena accaduto e che la sua unica preoccupazione fosse far uscire Crilin, Marron, C18 e tutti gli altri da quella cella umida e sporca. Anche a costo di farsi prosciugare da quella specie di vampire assetate di sangue.
“Già… Ma come faremo?” – Gohan non riusciva a darsi pace. Non poteva credere che Videl lo avesse attaccato. La sua Videl, la ragazza di cui si era innamorato e che non avrebbe fatto soffrire per nessuna ragione al mondo, lo aveva morso senza neanche provare a trattenersi. Poteva ancora vedere il sangue che era rimasto sulle sbarre. Sembrava quasi che risplendesse e… E ora che guardava meglio, non era solo un’impressione.
“Ma cosa…? Papà… Vegeta… Guardate” – e aveva indicato quanto visto poc’anzi: il sangue che splendeva come oro colato.
Erano stati talmente distratti da quella stupida voce da non essersi accorti di quell’ovvietà. E pensare che al buio quella luce era ancora più intensa. A quanto pare, Vickas – o chi per lui – era riuscito nell’intento di farli distrarre in modo che il sangue di Goku e Gohan si depositasse per bene sulle sbarre per… Già, per fare cosa?
“È così che vi tiene prigionieri, non è vero? Con il vostro stesso sangue…” – la voce di Vegeta, anche se pacata, dimostrava un disgusto impossibile da celare. Come aveva fatto a non pensarci immediatamente? Come aveva potuto pensare che un essere così subdolo come il Vickas dei racconti che gli narravano da bambino non pensasse a una cosa così tremenda e crudele per tenere prigionieri i loro amici? Ora tornava tutto. Tornava il perché gli uomini fossero talmente emaciati e il perché nessuno avesse provato a piegare quelle sbarre di metallo.
“Lui le ha maledette” – aveva detto Yamcha, - “Le ha maledette e le costringe a nutrirsi di noi. Ogni volta che il nostro sangue o quello di qualche povero sventurato tocca quelle dannate sbarre, diventano inavvicinabili e impossibili da piegare. Abbiamo provato a fermarle in ogni modo, abbiamo provato a impedire loro di nutrirsi del nostro sangue, ma è stato tutto inutile. Cadono per un po’ di tempo in una sorta di sonno profondo e poi si svegliano più affamate e aggressive che mai. Quel mostro di Vickas ha tramutato le nostre amiche, le loro mogli e le loro figlie in bestie fameliche. E noi… Noi non abbiamo potuto fare niente per fermarle”.
Erano interdetti, pietrificati da quella verità così crudele. Che situazione assurda.
Non avevano idea di cosa significasse la frase sono state maledette, e quella era la cosa peggiore, perché sembrava che l’unico modo veramente utile per aiutare Crilin e gli altri fosse spezzare la maledizione. Ma in che modo?
Vegeta aveva formulato un pensiero che aveva rigettato un istante dopo. La soluzione c’era. Era sotto i loro occhi. Ma metterla in atto significava macchiarsi del sangue delle persone amate, soprattutto del sangue di una bambina innocente. Era troppo anche per lui. Ma se non potevano avvicinarsi alle sbarre senza diventare la cena di quella specie di vampire, come avrebbero fatto ad tirarli fuori di lì?
“Non so che cosa fare…” – aveva ammesso Gohan, sincero e distrutto. E non lo sapeva per davvero. Era tutto estremamente insolito e complicato. Erano entrati come se niente fosse, la sorveglianza era inesistente, avevano sentito una voce che li derideva e i loro amici erano prigionieri del loro stesso sangue. E loro tre, lui, suo padre e Vegeta, erano diventati pedine di quel subdolo gioco messo in atto da Vickas. Solo il cielo poteva sapere quanto fosse arrabbiato, deluso, disorientato. Ma doveva stare calmo… Doveva farlo per Videl… Prima o poi gli sarebbe venuta in mente un’idea. A costo di tirarli fuori da lì con la forza del pensiero!
“Un momento…” – improvvisamente, Gohan si era frizzato, fulminato da un’idea lampante – “Ma perché non ci abbiamo pensato prima?” – questa storia delle sue idee tardive doveva smettere. Però, in quel momento, ringraziava il cielo di averci pensato. Forse, non era una soluzione, ma dovevano tentare.
“A cosa, figliolo?”.
“Papà, puoi usare il teletrasporto! Così non dovrai toccare quelle stupide sbarre e loro non avranno neanche il tempo di attaccarti!”.
“Urca! Hai ragione!”.
“Tsk… Ogni tanto anche voi Son avete delle buone idee!” – Vegeta sperava solo che quella trovata funzionasse.
Goku non aveva perso tempo. Dopo aver chiesto ai prigionieri di raggrupparsi e di tenere strette tra le braccia le donne in modo che causassero il minor numero possibile di incidenti, si era telestrasportato nella cella per poi, un istante dopo, portare tutti fuori da lì.

 
*

Si erano ritrovati all’aperto, lontani dalla fortezza, increduli di essere riusciti a scappare.
“Guarda tesoro!” – aveva detto Crilin alla figlia – “Siamo liberi!”.
La piccola, esattamente come Videl e C18, si era nascosta tra le braccia del padre per ripararsi dalla luce. Il troppo tempo trascorso al buio aveva contribuito a renderle fin troppo sensibili, ma quella reazione poteva anche essere una conseguenza della famosa maledizione. In quel momento era difficile stabilirlo. Lo avrebbero fatto più tardi. Per ora, era importante condurli nella grotta, da Bulma, Chichi e i bambini e cercare da mangiare. Avevano bisogno di rimettersi in forze e di farlo subito.
Goku era contento di sapere che i suoi amici stavano bene, ma non riusciva a darsi pace per la sorte toccata a Tenshing. Mancavano ancora tanti di loro all’appello. Genio, Baba, Junior, Dende, Popo… E presto avrebbe fatto di tutto per cercarli. Ma ora, avrebbe fatto meglio a godersi il momento, almeno finché sarebbe durato.
“Papà” – la voce di Gohan lo aveva distolto dai suoi pensieri, riportandolo sulla terra – o almeno su quello che ne era rimasto.
“Figliolo?”.
“Che fine ha fatto Vegeta?”.

 
*

Era rimasto di ghiaccio. Non era successo quello che aveva sperato, evidentemente, perché lui non avrebbe dovuto trovarsi lì. Avrebbe dovuto essere fuori, con gli altri, lontano da quel posto diabolico. Invece, Vegeta, il principe dei saiyan, si trovava in una grande stanza che aveva l’aspetto di un antico tempio greco, solo che, al posto della cella e della statua della divinità a cui era dedicato, era presente una grandissima scalinata che conduceva su un alto scranno dorato a forma di leone sdraiato con il capo ben eretto, la cui schiena ferina formava la seduta ricoperta di morbidi cuscini di velluto rosso.
L’aura di Vickas era diventata spaventosa, e non era difficile intuire il motivo. Era caduto nella sua trappola. Era stato così facile entrare perché il nemico avrebbe fatto di tutto per non farlo più uscire da lì. E lui, il principe dei saiyan, c’era cascato come una pera dall’albero.
Non esisteva una porta, né una finestra, né un lucernario. La grande sala ornata di colonne era illuminata da quattro enormi bracieri posti agli angoli, le cui fiamme ardenti disegnavano sulle pareti ombre sinistre. Fuggire era impossibile. Anche se avesse avuto il dono del teletrasporto, il nemico gli avrebbe impedito di scappare. Ora, ne aveva la certezza: Vickas lo voleva lì, e voleva che lui fosse da solo.
“Fatti vedere bastardo!” – aveva urlato, sull’orlo di perdere il controllo – “Basta giochetti! O devo pensare che hai paura di me?”.
L’aveva sentita in lontananza, quella voce, quasi fosse un’eco. Questo, era successo la prima volta. Poi, la seconda, l’aveva sentita più chiaramente, e la terza, l’ultima, era stata un autentico colpo al cuore. Perché non avrebbe potuto confonderla con quella di nessun altro, e perché si aspettava qualsiasi cosa fuorché quello che aveva udito.
Il suo cuore si era fermato, quando non solo le sue orecchie avevano udito, ma quando i suoi occhi avevano visto, perché era l’ultimo che avrebbe voluto vedere in quel momento. Eppure era lì, davanti a lui, tremendamente spaventato e pieno di sensi di colpa.
“Mi dispiace” – aveva sussurrato, gli occhi pieni di lacrime e la voce tremante – “Mi dispiace tanto”.
“Vieni qui…” – aveva bisbigliato appena, deglutendo a fatica e allargando le braccia, sperando che lo avesse udito. – “Vieni subito qui”.
E lui lo aveva fatto, senza esitazioni. Aveva troppa paura ed era allo stesso tempo troppo contento di non essere più solo, e si era finalmente sentito al sicuro tra quelle forti braccia che tante volte lo avevano consolato.
Erano insieme. Ma Vegeta continuava a non capire cosa fosse accaduto. Vegeta non riusciva a capire perché suo figlio Trunks si trovasse lì.

Continua…
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*Cleo si fustiga*
Ragazze, scusate per la lunga attesa. La vita reale si mette in mezzo a rovinare tutto e aggiornare diventa complicato.
Ringrazio ancora tutte voi per le meravigliose recensioni e per la pazienza!
Ma passiamo al capitolo.
VICKAS SEI UN GRANDISSIMO FIGLIO DI P*****A!!! (E se lo dice l’autrice sarà vero).
A voi le domande che, sono sicura, saranno le stesse delle mie.
Bacini
Cleo
   
 
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