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Autore: Machi16    06/10/2016    2 recensioni
Le tracce di quegli insulsi pensieri che i due si scambiavano attraverso gli occhi diventarono parole precise, esse delinearono il loro essere Holmes e Watson e allo stesso tempo Watson e Holmes.
Non era mai esistito l' uno senza l' altro perché in una maniera sconosciuta e misteriosa i due erano complementari, in una maniera altamente improbabile e lo si vedeva ogni qual volta i loro sentimenti avversi combaciavano e il loro risolvere misteri indicava un lento districarsi della loro anima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Una persona che si basa sulla logica deve vedere ogni cosa esattamente com’è, e la sottovalutazione di se stessi costituisce una deviazione dalla verità quanto l’esagerazione delle proprie capacità.”




 

Watson fissava Sherlock con fare estremamente confuso, nel vano tentativo di pronunciare qualche parola che non potesse essere smentita o sminuita dalla sua geniale mente, spesso si era trovato  di fronte a  questa grande difficoltà sentendosi un piccolo ed inutile uomo, talmente fragile da poter essere spezzato con una parola, una frase o una semplice affermazione. Vi era però un argomento nel quale Sherlock si trovava in estrema difficoltà e cercava sempre di sviarlo in modi e tecniche che risultavano estremamente forzati e stretti per la sua intelligenza.

 

“Come ti senti?”

 

John giocò d’ anticipo per sorprenderlo in una maniera talmente semplice e naturale che lo sgomento nel viso del suo interlocutore sembrò essere doppio, eppure lui non mostrava mai alcun segno visibile di stupore, sorpresa, tristezza o felicità come se addosso indossasse una maschera troppo spessa per intravedere cosa si nasconda dietro ma ora, per qualche strano motivo, si era aperta una crepa che lasciò intravedere un qualcosa di estremamente diverso almeno per un secondo.

 

“Cosa intendi dire?”

 

Passato quell’ attimo tornò l’ Holmes di sempre e con le mani congiunte sotto al mento e gli occhi socchiusi tentò di stravolgere quella domanda innocente per portarla a qualcosa di più razionale. Come si sentiva?

Idealmente avrebbe dovuto rispondere che non si sentiva affatto e che tutto quell’ marasma nella sua testa gli stava causando dei seri problemi a percepire le cose in maniera logica e razionale, gli era difficile concentrarsi su qualcosa di specifico e non per l’ effetto della cocaina oramai in esaurimento ma per il nascere di qualcosa che aveva tentato di sopprimere. Qualcosa di perfino più forte dell’ ammirazione che aveva provato per Irene Adler tanto tempo fa, qualcosa di più misterioso di cui non conosceva il nome ma che rispondeva ad una domanda che John gli aveva più volte posto nel tentativo di scavare nella sua vita privata: “Hai mai avuto una relazione Sherlock?”

Che diamine importava se e quante volte fosse stato con una donna? Era come se il valore di una persona si potesse misurare in relazione ad esse, eppure Watson ne aveva avute parecchie e le cambiava talmente spesso da far si  che persino Sherlock potesse confonderle e, tutto questo, che scopo aveva realmente?

Sherlock fece un sospiro corto e fermo prima di tornare a guardare John e i suoi strani maglioni.

 

“Intendo dire se stai bene Sherlock, sai con la storia di Moriarty, l’ esilio e insomma hai ucciso un uomo e ti sei imbottito di droghe. Ora stai di fronte a me in vestaglia a pensare a chissà cosa e, lo ammetto, mi fai preoccupare?”

 

“Preoccupare?”

 

Preoccupazione.

Un’ altra strana parola che poco spesso aveva usato o almeno non nel suo pieno senso, ne aveva però sentito l’ essenza fin nel profondo ogni volta che il suo fedele compare era stato in pericolo e lui si era prodigato per aiutarlo fiondandosi senza pensare e quell’ assenza di pensiero logico spesso lo spaventava, era diversa da qualsiasi cosa avesse mai provato.

 

“Si, preoccupare, sembri strano e assente. Io sono stato in guerra e so come ci si sente ad uccidere qualcuno.”

 

Disse questo tutto d’ un fiato mentre si strofinava le mani sudate sui pantaloni grigi e leggermente sbiaditi.

 

“Dovevo pur proteggerti”

 

Qualcosa sfuggì al controllo del famoso detective e finì sulla sua bocca sotto forma di parole dal dubbio significato e  dall’ atroce verità, tossì nel tentativo di dissimulare quella frase detta per errore.

 

“Proteggermi?”

 

“Si, se fossi stato arrestato chi avrebbe badato a Mary e a tuo figlio, di certo non io!”

 

Subito tornò cinico e scostante come se quella defiance fosse solo una mancanza momentanea del suo ragionamento psichico e non una vera condizione mentale, doveva controllarsi di più e scegliere le parole con più peso.

 

“Credo dovremo dormirci su Watson! La tua camera è ancora intatta al piano di sopra”

 

Sherlock prese il violino e iniziò a suonare una strana melodia guardando fuori dalla finestra quel mondo che gli apparteneva solo in parte, le note fluirono senza paura perché quello era l’ unico modo che aveva di esprimersi e mettersi a nudo ma, quella volta tentò solo di coprire le parole scontate del suo amico.

 

“Devo tornare da Mary e lo sai”

 

“Certo mi sembra ovvio!”

 

Non si curò più di lui mentre le sue mani suonavano la triste melodia del suo cuore.

  
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