Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    06/10/2016    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La camera nera era illuminata solo da poche candele, che le donavano inquietanti riflessi rossi. Lucifero camminò lento, raggiungendo il proprio letto celato da eleganti tendaggi di seta. La pelle bianca di Lilith era ancora più simile alla pallida luna nella notte. Lei sorrise, venendo giungere il suo signore.

“Mia cara…” ammise lui “…sono davvero stanco”.

“Lo so” sorrise lei “Siamo qui per aiutarvi a spogliarvi”.

Il re ghignò lievemente, percependo la presenza di un’altra delle sue femmine dietro i tendaggi, a letto.

“Avete portato Keros con voi oggi” mormorò Lilith, togliendo con dolcezza il mantello dalle spalle del suo re.

“Te ne ha parlato?”  rispose il demone, mentre anche l’altra donna si avvicinava per aiutare Lilith.

“Mi ha raccontato tutto. I suoi occhi brillavano”.

Keros più cresceva e più diveniva curioso. Faceva migliaia di domande. Il Diavolo non era certo di fare la cosa giusta, con un bambino, ma alla fine lo aveva portato con sé per risolvere un problema ad uno dei cancelli ed il piccolo aveva avuto modo di vedere di persona quel che accadeva all'Inferno. Aveva visto anime torturate che urlavano di dolore e demoni felici di infliggere loro sofferenza.

“Ti adora” aggiunse Lilith “Parla di te come fossi un dio…”.

Fra lacci, cinghie e stoffe, le vesti del re erano quasi del tutto tolte. Il demone era lieto di sentirsi dire frasi simili, e lei proseguiva il suo racconto narrando di come Keros descrivesse Lucifero mentre sottometteva anime e diavoli.  E le mani di lei si incrociarono sul petto ora nudo del re, mentre le ali di lui svanivano dando modo alla demone di poggiare i seni sulla schiena libera. Lui strinse una di quelle mani e sorrise. Lilith era la sua preferita. Non poteva dire di amarla ma il suo modo di essere, così fiera e orgogliosa, lo eccitava. Lei non poteva essere sottomessa, non la poteva avere con la forza. Era lei che decideva e si prendeva quel che voleva, l’unica creatura a cui Lucifero concedeva certi privilegi. Le altre femmine a palazzo erano Succubus, con tutt’altro atteggiamento.

“E per te non è lo stesso?” mormorò lui “Non sono un dio?”.

“Voi siete molto più di un dio” fu la risposta che Lilith diede, accarezzando il viso del re e poi baciandolo.

Ora si faceva cingere, guardandolo negli occhi. Con un sorriso malizioso, ed un gesto delicato sulla spallina della propria veste, rimase nuda dinnanzi al suo signore.

“Siete così stanco da non volermi?”.

“Solo da moribondo potrei non volerti”.

Steso a letto, il demone lasciò che Lilith lo raggiungesse. Lei rimase ferma qualche istante a fissarlo, giocando con i capelli neri di lui che si confondevano fra le lenzuola.

“Fa di me ciò che vuoi, bambina” le sussurrò lui “Come sempre “.

La demone si mosse abilmente sopra al suo signore. I ricci di lei erano sciolti e scendevano morbidi, incorniciandone il corpo color del latte. Lui ebbe un fremito e tirò a sé la Succubus, che era al suo fianco a letto. La baciò e la strinse. Lilith lasciò un piccolo gemito di piacere e poggiò le mani sul petto del suo signore. Lucifero ne accompagnò i movimenti, seguendone il ritmo sempre più rapido. Si conoscevano bene, sapevano perfettamente come soddisfarsi a vicenda. La Succubus si faceva baciare e toccare, il demone amava osservare i loro volti eccitati. Poi Lilith risollevò del tutto il busto, passandosi una mano fra i capelli ed ansimando. Le sue labbra semichiuse si lasciavano sfuggire gemiti sempre più ravvicinati. Lui ignorò temporaneamente la Succubus e raggiunse quelle labbra con le sue per pochi istanti. Lilith cinse il collo del re con una mano, affondando nei lunghi capelli neri, mentre con l’altra lo strinse piantando le unghie sulla schiena del Diavolo. I gemiti erano diventati grida di piacere, da parte di entrambi. Lui ne baciò il seno e poi risalì. I loro movimenti si erano fatti violenti e rapidi. Le ali di Lucifero si erano spalancate e Lilith si faceva avvolgere da quegli artigli, quelle membrane nere e l’inconfondibile luce del suo re. Lanciò un ultimo grido, avvolta e stretta al demone, all’apice del suo piacere.

“Magnifico, come sempre” commentò piano, dopo qualche istante.

Lei si era concessa a molti altri demoni ma solo con Lucifero provava sensazioni così forti. Lui lo sapeva perfettamente. La vide stendersi a letto e poi si voltò verso la Succubus, scattando di colpo per afferrarla. Lei finse di non essere d’accordo e di opporre resistenza, ridendo. Improvvisò un canto, il suo potere: Lorelay, che incantava i marinai. Il re amava sentirla cantare, entrò in lei ed udì la voce di sirena incrinarsi e divenire altalenante, in gemiti acuti.La bocca stava mutando, riempiendosi di denti mostruosi.

“Mio signore” ansimò lei “Ancora. Non fermatevi!”.

Lui non aveva alcuna intenzione di fermarsi e spinse più forte. Ringhiava. Lei strinse con una mano le lenzuola di seta nera e trattenne il fiato, per poi sfogarsi in un grido.

“Tutta vostra. Sono tutta vostra” parlò, con il respiro molto accelerato.

La loro unione continuò, con continui cambiamenti di posizioni. A lui piaceva osservare il volto delle sue donne quando raggiungevano l’orgasmo. Ne sfiorava le labbra mentre si schiudevano e provava un’intensa soddisfazione nel percepire il loro corpo tendersi e fremere.

“Vi ho soddisfatto, mio signore?” domandò lei, tranquilla.

“Sempre, piccola. Sempre” gli rispose lui, dandole un bacio sulla fronte.

Il demone si era messo sulle ginocchia e sorrise, poi mosse di scatto la testa. Aveva sentito un rumore. D’istinto, la Succubus si coprì con il lenzuolo, per quanto possibile. Lucifero accentuò la sua luce e vide la causa del rumore: il fiero piccolo portatore di un folta chioma rossa.

“Keros!” esclamò il re.

“Ciao” si limitò a dire il bambino.

Aveva il viso sporco di miele e le mani tutte pasticciate.

“Che fai qui? Da quando sei qui?” continuò Lucifero.

“Dolcetti”.

“Hai mangiato tutti i dolcetti al miele che ho nascosto in camera?!”.

Il bimbo annuì.

“Li avevo nascosti per non farteli mangiare tutti e potermeli godere in pace più tardi…”.

“Posso venire a dormire nel lettone?”.

Senza aspettare risposta, Keros si era arrampicato sull’alto letto ed aveva raggiunto Lilith e Lorelay. Lucifero sospirò divertito e si stese fra le due donne.

“Stavate facendo un bel gioco?”si incuriosì il bimbo.

“Sì… un bel gioco” rise il re.

“Posso giocare anche io?”.

“No. È un gioco da grandi. Da grande, ci giocherai”.

“E mi divertirò?”.

“Un sacco”.

Il demone sbadigliò. Le due donne erano un po' imbarazzate.

“E si gioca sempre nudi?” riprese il piccino dopo qualche istante.

“Sì. Così è più divertente”.

“Dev'essere un gioco faticoso”.

“Sì… ora di dormire”.

Keros si girò verso Lilith, attaccandosi al seno.

“Non sei un po' grande per succhiare le tette?!” gli chiese il Diavolo.

“Lo hai fatto anche tu prima!” ribatté il bambino, tornando ad attaccarsi. Lilith arrossì ed il demone rise.

“Bene” commentò, realizzando che il cucciolo doveva aver visto praticamente tutto “Avrò meno cose da spiegarti quando sarai grande! Ora dormi”.

“Non vai sotto le coperte? Sei sudato, poi prendi freddo e ti viene il mal di pancia”.

Lilith diede ragione al bambino, che nel frattempo aveva scavalcato la pancia in questione per raggiungere la Succubus ed ottenere un po' di latte pure da lei.

“Ma non sei pesante?” si sentì ancora parlare Keros, con aria perplessa “Se non la schiacci, lei fa meno fatica. E non fa versi come le anime torturate. Poi perché vi baciate in bocca? Schifo…”.

“Un giorno anche tu lo farai” gli spiegò Lorelay “Proverai il desiderio di farlo”.

“Non credo”.

Lilith porse del vino a Lucifero, Keros si mosse verso il punto opposto del letto e per poco  non scivolò di sotto. Il re lo afferrò al volo.

“Stavi per vedere le stelle!” esclamò il demone, allarmato.

“Cosa sono le stelle?” si sentì chiedere dal piccolo.

“Giusto… non le hai mai viste! Ti porterò presto a scoprirle! È una cosa che va fatta per forza!”.

A Keros brillarono gli occhi. Iniziò a ridere e parlare di cose a caso, saltando sul letto, felice. Lucifero sospirò. Sbadigliò ma il piccolo si arrese solo quando lo vide assopirsi, accoccolandosi poi fra le sue braccia.

“Ti voglio tanto bene" sussurrò “Scusa se ti ho mangiato tutti i dolcetti”.

Il demone non rispose, addormentato.

“E domani devi farti la barba, perché hai la faccia che punge” concluse.

Quella frase Lucifero la udì e si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, sempre ad occhi chiusi. Affievolì la propria luce, segno che il sonno aveva avuto il sopravvento. Keros si fece cullare da Lilith, fino a crollare ed iniziare a sognare.

 

Quel giorno il re aveva convocato Mefistofele e lo accolse con un sorriso compiaciuto. L’abito rosso del procacciatore di anime era inconfondibile e Lucifero lo riconobbe appena imboccò il corridoio. Il piccolo Keros osservò con curiosità il nuovo arrivato, appena fu entrato in ufficio. Mefistofele rispose allo sguardo e salutò con un cenno ed un inquietante sorriso, incorniciato da un pizzetto a triangolo. Era più alto della media degli altri demoni e si inchinò leggermente dinnanzi al re, facendo frusciare la stoffa del mantello a terra. Keros trovò divertente quel rumore e rise. Lucifero invitò il bambino ad uscire, per giocare con altri piccoli demoni. Poi offrì da bere al convocato.

“Ad un altro splendido lavoro portato a termine” alzò il calice il re.

“Non è stato difficile” finse modestia Mefistofele “Gli umani sono davvero deficienti. Ottenere le loro anime e trascinarle all’inferno è semplicissimo”.

“Sei il migliore in questo campo”.

“Dopo di Voi, ovviamente”.

“Ammetto che è un pezzo che non mi diletto in attività simili. Sono arrugginito”.

“La stupidità umana è immutata”.

“Da tanto non lascio l’inferno. Pensavo di portare di sopra il piccolo, una di queste sere”.

“Occhioni d’ambra nel mondo umano? Dite sia pronto? A me sembra ancora piccino”.

“Non lo porterei fra gli umani! Solo a vedere il cielo, le stelle”.

“Che cosa romantica…”.

“Non ho l’età per portarci le ragazze per pomiciare, ci porto il bambino ad imparare qualcosa”.

I due risero. Mefistofele si concesse un altro bicchiere di vino, guardandosi attorno. L’ufficio del re non era un luogo dove si entrava spesso. Lucifero dava udienza in quel luogo solo a chi convocava lui stesso, oppure in casi d’emergenza.

“Ho deciso di concederti un terreno a sud della capitale, oltre il fiume” parlò di nuovo il re “Come premio per i tuoi successi. Sarai libero di farci ciò che preferisci”.

“Mi onorate” si inchinò di nuovo Mefistofele.

“Sono sempre generoso con chi lo merita. Così come sono pronto a distruggere chi osa non rispettare le mie volontà. Distruggere in senso fisico, ovviamente”.

“Ne sono a conoscenza”.

“Prenditi pure un periodo di vacanza. Rilassati come ti aggrada”.

“Vino, donne e ben lontano dal regno umano. Grazie”.

Lucifero ridacchiò, consegnò al sottoposto un documento per il terreno e lo congedò.

   
 
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