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Autore: Lux Nox    06/10/2016    1 recensioni
"Ora che hai versato le tue lacrime di sangue, rincorrerai la morte."
Kamiko Kuran è stata un ninja, una figlia e un'amica. Kamiko aveva amato il sorriso di Shisui, stare con lui, divertirsi assieme a lui. Kamiko aveva amato anche Itachi, ma in modo più sincero, più come un buon amico, finché non era scoccata la scintilla. Ma quella stessa scintilla si era tramutata in odio, quando aveva perso tutto in una sola notte.
Itachi Uchiha prima di sparire, si è lasciato dietro una scia di vittime e un fratello orfano. Itachi era il genio, colui da superare, ma adesso il suo obbiettivo da uccidere.
E da guarire.
Tra passato, presente e futuro. Due amici, nemici e amanti, orgogliosi, scriveranno la loro storia, ferendosi a vicenda, squarciandosi la propria pelle e salvandosi dall'inferno.
Chissà, magari c'è per tutti una seconda possibilità per redimersi.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio, Shisui Uchiha, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto Shippuuden
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La malattia dei suoi occhi equivale alla sua morte
 
Quando le disse la condizione, Kamiko ridacchiò, sebbene non fosse molto conveniente perché si beccò una battuta poco decorosa da parte del gigante. Ma se il suo compagno desiderava che operasse bendata, sarebbe stato accontentato, ma che lei non si azzardasse a scoperchiare la mente del compagno, beh, quello era un po’ difficile. Lei non comandava il Kochou, era l’abilità ad avere voce in capitolo e se capitava, peggio per lui.
Ma glielo promise, dopo aver sentito il prezzo da tanti zero che il gigante le aveva proposto.
-Siediti.- gli ordinò, mentre si legava la benda per non vederlo. Tanto mistero per una guarigione, che futilità.
Magari è un nukenin, uno dei pezzi forti che nessuno vuole catturare.
Un giorno farà parte della sua lista, si promise Kamiko. Sentì che lui si toglieva il cappello e si accomodava davanti a lei.
Silenzioso come un serpente le prese le mani, Kamiko percepì che aveva dita lunghe e callose, dal troppo allenamento pensò lei, e gliele fece poggiare sopra le palpebre abbassate.
Kamiko disegnò con le dita i punti giusti per aprire i canali del chakra degli occhi dello straniero, però, prima fece un piccolo esperimento per risvegliare il chakra e concentrarlo sulle punta delle dita. Era già esausta per aver quasi guarito Xorra e Cho, e lo straniero aveva un problema molto più grosso.
La sua malattia gli stava consumando gli occhi.
L'abilità che usava, anche con molta frequenza, gli stava deteriorando la cornea, l’iride e la pupilla. Si domandò se non fosse uno Hyuuga, un traditore cadetto,ma si permise di non violare la mente dello straniero e di fare il suo lavoro al meglio.
Lui continuava a stringerle i polsi per precauzione, in modo stretto ma non violento, come se stesse tentando di trattenersi con la forza.
-Dovresti smetterla di sfruttare i tuoi occhi in questo modo, oltre a rimanere cieco rischi di morire.-
Lui ringhiò leggermente, ma Kamiko era un pochino curiosa di sapere chi fosse.
-E’ innata?-
E quando glielo domandò la morsa divenne più stretta, per cui Kamiko capì l’antifona, basta domande, per cui smise di farne.
Cercò i nervi, le arterie, i capillari e la carne, facendo fluire il chakra nel modo giusto, ma era quasi impossibile. Gli occhi erano danneggiati, lei poteva solo alleviare il dolore e posticipare l’inevitabile per breve tempo. Era impossibile guarirlo, la malattia era allo stadio finale, e doveva immaginarlo anche lo straniero. Ecco perché era l'aveva chiamata. 
-E’ un conto alla rovescia, il tempo sta scadendo e non so quanto, puoi resistere ancora.- osservò la ragazza, percependo spasmi di dolore malcelati con forza dallo straniero. Le si strinse il cuore… forse per pietà. 
Caricò le dita di molto più chakra per alleviare le sue pene, ma un altro gemito le fece capire che lo straniero era messo molto male. Ed era anche troppo orgoglioso. 
Una vita nasce. Una vita muore. Le ripeteva quel bastardo. Non puoi salvarli tutti, Kamiko.
Diede fondo a tutto il suo chakra, ad ogni briciola di energia, a ogni pezzetto della sua essenza. Della sua anima.
E imprecò come un vecchio marinaio per la sua incapacità. Ma aveva anche il fiato corto, il cuore che accelerava i battiti e la voglia di respirare ossigeno a mille.
Le iridi sotto le palpebre guizzavano sotto il suo chakra e lei era ad un tanto così dal perdere il controllo della sua abilità. Per cui dovette interrompere in modo aspro e veloce, togliendo le mani per non rubare le memorie altrui, ma lui la trattenne.
-Cosa fai? Se continuo, invaderò la tua privacy! Era la tua condizione.- lo informò lei prendendo una boccata d’aria allo stesso tempo.
-Continua.- le disse distaccato.
Aveva una voce bassa, rauca e stanca. Un tono di voce che vibrava, ordinava e pretendeva. Ma lei non sarebbe stata al gioco.
Era esausta di combattere, anche con le ombre del passato.
-Non ce la faccio più, ho bisogno di riposo.- gli confessò con rammarico.- Non sono al massimo della forma, oggi.-
Lo straniero, improvvisamente, liberò le mani di Kamiko e respirò pesantemente.
-Riprendiamo domani.-
-Davvero? Mi vuoi morta?-
-La somma salirà.- replicò composto, come se l’unica ad uscirne dolorante fosse stata lei e non lui.
Più soldi significavano raggiungere la sua meta. Si avvicinava a lui.
Pagherai il prezzo delle tue azioni.
 
“- Uffa, mamma, non voglio entrare.- la voce stridula di Kamiko protestava per non entrare nella casa di quella gente.
-Smettila Kamiko, te l’ho già detto gli Uchiha non sono mangiatori di bambini.- la rimproverò Kaede dolcemente. Scompigliò i capelli castani-ramati della figlia di sei anni ed entrò trascinandola con sé.
La porta principale si aprì e da lì uscì una meravigliosa donna con un viso da angelo. Davanti a quella figura dal viso tanto dolce, la bambina si nascose dall’imbarazzo dietro le gambe della madre. Forse aveva parlato troppo presto e ad alta voce.
La madre le consigliava spesso di abbassare il tono della voce se desiderava essere ascoltata. Le urla generavano altre ultra.
-Avanti Kami-chan, non fare la timida adesso.- la incitò la donna, la bambina non accennava a muoversi. Con fare gentile, Mikoto s'inginocchiò sul pavimento per accarezzarle il viso paffutello. Appena la mano di Mikoto le sfiorò la guancia, Kamiko timidamente uscì dal suo nascondiglio.
- Sei una bambina veramente graziosa Kamiko, quanti anni hai?- le chiese dopo averla lodata.
La castana esitò un attimo, per poi sciogliersi come un ghiacciolo davanti a tanta premura. Era davvero una bella donna Mikoto Uchiha e il suo sorriso ispirava fiducia e amore.
Kamiko si affezionò subito alla donna, senza neanche accorgersene. Se solo sua madre fosse più come Mikoto, sarebbe andato tutto per il verso giusto.
La piccola Kamiko Kuran del clan Doshi ci sperava ancora. Voleva crederci fino alla fine. Sua madre era una brava donna, ma a volte era assente, come quando si perdeva a guardare le foto di suo padre e perdeva la cognizione del tempo.
-Ha la mia stessa età mamma.- una voce dietro la donna la fece sussultare.
Mikoto voltò lo sguardo verso suo figlio maggiore e lo guardò affettuosamente.
-Finalmente ti sei fatto vedere.- gli disse invitandolo a presentarsi.
Kamiko osservò il ragazzo dagli occhi di pece, e si accorse che quei due profondi pozzi rubavano la luce del sole e non ne restituivano il riflesso.
Erano gli occhi di un “mangiatore di bambini”.
-Kamiko, lui è Itachi, mio figlio maggiore.-
Kamiko fece un cenno con la testa e si strinse contro la madre. Non gli piacevano gli occhi di quel ragazzino, sembravano occhi da adulto. Non rispecchiavano la sua vera età.
-Lo conosco. E’ stato assegnato al Team 2 prima di tutti gli altri.- disse la ragazza, leggermente invidiosa.
Kamiko era ancora una principiante che non sapeva infilzare con un Kunai nemmeno un ramoscello o centrare un bersaglio. Secondo il suo maestro era fatica sprecata per lei allenarsi, non avrebbe avuto un futuro da ninja, era un’incapace. Ma a Kamiko non interessava granché, per lei colpire equivaleva a far del male.
E fare del male non era nelle sue intenzioni.
-Sì, ho un figlio prodigio.- scherzò Mikoto, facendo l’occhiolino a Itachi.
Lui non smetteva di fissare Kamiko e la ragazza si sentiva a disagio.
“Vuole mangiarmi il cervello.”
-Se mia figlia avesse un briciolo del talento di Itachi.- sospirò Kaede, fintamente frustrata. Con la mano dietro la schiena la incitò di avvicinarsi a Itachi, ma la ragazzina non si mosse di un centimetro.
Lui non le piaceva. Era troppo per lei. E il troppo era eccessivo.
-Se non vi dispiace, mi andrei a occupare di Sasuke.- si scusò Itachi come se fosse un adulto e se ne ritornò dentro l’abitazione. 
-Chi è Sasuke?- chiese Kamiko a sua madre.
Mikoto rise. –L’altro mio figlio, il minore. Ti piacerebbe conoscerlo?-
Appena sentì la parola bambino, Kamiko si illuminò in viso. –Mamma, posso, vero? Posso?-
-E me lo chiedi pure?- replico la donna sollevata che Kamiko stesse superando dei stupidi pregiudizi che i bambini le avevano inculcato. –Dai muoviti, però, che non abbiamo molto tempo.-
Kamiko annuì, superando la sua momentanea timidezza. Si tolse le scarpe e inseguì l’ombra di Itachi, trovandosi di fronte al bambino più bello su cui avesse posato gli occhi. Mikoto e Kaede rimasero fuori a parlare.
-Ma sei uno scricciolo.- disse Kamiko avvicinandosi alla culla, dove vigilava un Itachi sorridente che aveva occhi solo per suo fratello.
Sasuke aveva gli stessi occhi del fratello, ma talmente innocenti quasi da far piangere la piccola Doshi, che era sensibile alla vista dei neonati.
I bambini erano il futuro del mondo. I bambini avrebbero cambiato il futuro, non ci sarebbe mai più stata una guerra come quella in cui suo padre era perito.
Kamiko non avrebbe mai più visto morti disseminati per terra.
-Assomiglia a tua madre.- disse giocando con lui. Il bambino allungò le mani per prendere il dito di Kamiko, ma appena lei lo spostava, lui la inseguiva rapito dalle sue movenze.
Itachi non rispose, continuò a osservare suo fratello.
-Pensi anche tu che sono una mangiatore di bambini?-
Kamiko si immobilizò di fronte a quella domanda, ma rise per non essere scoperta. Eccome se ci credeva, anche tanto.
Itachi aveva proprio lo sguardo di morte che gli altri bambini temevano. Ma un bambino non dovrebbe vedere la morte. Dovrebbe giocare, ridere e scherzare.
Dovrebbe vivere.
-Ne ho sentito parlare.- si giustificò lei continuando a giocare con Sasuke.
Itachi alzò lo sguardo su di lei, impassibile.
-Tu giudichi Kamiko. Lo fai senza prove. Non vedi mai la verità che si cela dietro. Per te è tutto bianco o nero, non cerchi di capire cosa c’è in mezzo.-
Kamiko, offesa, gli lanciò un’occhiataccia.- Dove Non è un ragionamento sbagliato ciò che faccio io.-
Itachi fece le spallucce e tornò a occuparsi di Sasuke, ma prima le rispose, zittendola. –C’è sempre un perché, Kamiko Kuran.- “
 
-Sensei, mi sente?-
Cho le scioccò le dita per farla tornare con i piedi per terra.
Kamiko sbatté le ciglia confusa, non sapendo dove si trovava e cosa stava facendo. La pensione si era riempita di nuovo dopo che i due visitatori si erano rintanati nelle rispettive camere. Aoi-san aveva un sorriso a trentadue denti quando aveva scoperto che la sua pensione non era stata rovinata di un centimetro, e che gli avvertimenti del suo nuovo ospite erano soltanto rimandate, finché Kamiko li era di supporto.
I due stranieri avevano ordinato in camera e silenziosamente avevano pagato in monete d’ora, sia l’alloggio che Kamiko. La prima parte della sua ricompensa la ragazza lo aveva di già intascato, e l’altra era a fine lavoro.
Kamiko aveva sprecato il suo chakra, la sua energia, per alleviare il dolore di un paziente in gravi condizioni. Non c’erano soluzioni alla sua malattia. Era spacciato in ogni caso, stava prolungando solo le sue sofferenze.
Lei non era un medico, non aveva le giuste conoscenze per salvarlo, anche se nel profondo sperava di essere una soluzione.
“E se stessi aiutando un assassino?”
Non era la prima volta che era scesa a compromessi con la feccia della società, c’erano stati casi che aveva lavorato per i signori della malavita ed era stata pagata profumatamente.
Girava e rigirava il ramen con i bastoncini, come se dovesse trovare una soluzione. I soldi le servivano, ma i due stranieri non le piacevano.
-Kamiko-chan, il cibo si raffredda se non lo mangi subito. Te l’ho preparato con il cuore.- Il figlio di Aoi-san si abbassò sul bancone, all’altezza di lei.
-Mi è passata la fame.- disse a Choi e a Takane. -Vado a risposare, domani non so se riuscirò a muovere un muscolo.-
Lanciò delle monete, sia per lei che per la sua allieva, a Takan e se ne ritornò in camera salendo le scale. Cho avrebbe spazzolato l'intero menù in poco tempo, ne era sicura. 
Le camere erano vuote a parte la sua, che condivideva con Cho, e quelle dei due stranieri. Il ristorante era strapieno, la gente voleva davvero mettere qualcosa sotto i denti a basso costo, anche se il cibo era alquanto scadente.
La camera 13 era di fronte alla sua.
Lo straniero malato.
Lo osservò con la coda dell’occhio prima di entrare nella sua stanza.
Porta rossa. Il tredici incollato con noncuranza da Aoi-san. Profumo di sangue fresco.
Sangue?
Era per caso un cannibale? Non ricordava che fosse ferito da qualche parte.
Kamiko afferrò lentamente la spada, allarmata, e si avvicinò piano alla porta. Passi silenziosi e misurati, come quelli di un ninja.
Un anbu.
Ex anbu.
Anche lei aveva raggiunto Shisui prima di disertare. Ma Shisui si era allontanato troppo, si era buttato oltre il precipizio e non aveva fatto ritorno.
Itachi lo spinto.
Itachi Uchiha.
Lo sterminatore di una clan.
-Ehi, va tutto bene?- chiese con voce calma.
La sua mano tremava, non dalla paura, ma per l’effetto boomerang del Kochou. Stava arrivando il momento di pagare le conseguenze della sua abilità innata. Tra dieci minuti il suo corpo sarebbe stato in preda alle convulsioni.
Cedere e rubare.
Togliere e aggiungere.
Un ciclo non perfetto. 50/50 di possibilità.
Vivere o morire.
Il Kochou.
Nessuna risposta da parte dello straniero. Possibile che stesse morendo? E se così fosse? Di cosa si preoccupava?
Era tutto bianco o nero. Vittima e assassino. Pace e guerra. Ma… c’era anche il perché. E quel perché meritava risposte.
Kamiko si tolse un guanto e con tutta la forza che le rimaneva richiamò il suo chakra. –Missile palla.-
Sulla sua mano si formò una sfera grigia opaca, che roteava su se stessa in senso antiorario. Era grande quanto un pugno, perché non poteva attingere dalla riserva di chakra più del dovuto. La mano in cui teneva la spada era percorsa da piccoli tremolii, per cui dovette rimettere la katana al fianco e affidarsi solo alle sue tecniche.
Kamiko spalancò la porta con un calcio ed entrò nella stanza come un fulmine.
L’odore di sangue fresco era ancora più forte, come se qualcuno ci stesse facendo un bagno, e Kamiko cercò nell’oscurità la figura dello straniero.
Chissà perché gli piaceva starsene al buio?
Forse, per essere liberamente perseguitato dai suoi fantasmi.
Il tremolio si diffuse anche al braccio. Poi passò alla spalla.
Più il Missile Palla era attivo, più sarebbe stato doloroso proseguire.
-Non fare un passo falso, se vuoi vivere.-
Si trovò bloccata tra lo straniero e ad un kunai puntato, in modo alquanto deciso, a pochi millimetri dal collo. Era stato così silenzioso e rapido, che non si era nemmeno accorta di essersi trovata in trappola.
Si era nascosto dietro la porta. Mi stava aspettando. 
L’odore metallico era dietro a lei.
Era lui che profumava di sangue

Eccomi tornata! Ora che Kamiko lo ha incontrato, cosa farà? Riuscirà a smascherarlo?

 
   
 
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