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Autore: DryJ    07/10/2016    2 recensioni
La Francia, era questa la meta, tutto quello che i pochi soldi racimolati con fatica dal padre avevano permesso loro di scegliere. Ed ora quella terra, nuova e sconosciuta a cui si erano preparate per mesi per apprenderne la lingua, le stava attendendo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donna Barrat, Etienne de Sancerre, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Isabeau de Montmayeur, Nuovo personaggio | Coppie: Etienne/Donna, Ian/Isabeau
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV


Erano passate due settimane ormai da quando le dame di compagnia della piccola Marianne erano giunte a Chatel-Argent.
Michel aveva avuto occasione di sentire che, oltre a svolgere i doveri che quel ruolo richiedeva, le avrebbero insegnato anche a leggere e scrivere, ma ancora non erano uscite dai loro appartamenti.
Suo padre aveva ordinato di non disturbarle in alcun modo in quanto ferite e provate, doveva essere accaduto qualcosa di grave per averle portate a stare quattordici giorni lontane da tutto e tutti.
Era venuto a conoscenza anche della disgrazia che Dio aveva inflitto loro, rendendole albine. Alcune serve nelle cucine sostenevano che avesse donato loro uno sguardo in grado di oltrepassare la carne e le ossa ma soprattutto che fosse capace di leggere gli oscuri segreti dell’anima di chiunque osasse guardarle troppo a lungo. Madame De Sancerre invece aveva parlato di erbe e minerali con cui una di esse aveva osato tingere i propri capelli nel tentativo di sembrare una persona comune, ma senza successo.
Prese congedo, alzandosi dalla tavola a cena ormai terminata, si diresse a grandi passi verso le scale che conducevano ai suoi alloggi al piano superiore.
Prima dell'ultimo pasto della giornata aveva ricevuto una missiva da parte di Célèste De Grandprè e suo malgrado fu costretto ad aspettare fino a quando non fosse stato solo per poterla leggere.
I due si sarebbero dovuti sposare presto. Aveva chiesto la mano della fanciulla a suo padre ed entrambi i conti avevano accondisceso alla loro prossima unione; lui ogni volta che ne aveva la possibilità rivolgeva a lei i suoi pensieri più intimi, spesso si perdeva nel ricordo dei suoi occhi, al ricordo del suo dolce profumo e della sua elegante presenza.
Imboccò il corridoio.
Era da parecchio tempo che non aveva più avuto l’opportunità di vederla e di godere della sua compagnia, ma tra i due vi era un ricco scambio epistolare che aiutava ad accorciare le distanze, annullando il tempo, lo spazio e i giorni che li separavano. Quella lettera, come le precedenti, sapeva di buono, sapeva di lei e lui si perse nel suo raffinato profumo poggiando la pergamena sotto il naso ed inspirando a fondo, chiudendo gli occhi, tentando di immaginarla.
Cassandra cenò, come di consueto, in camera con sua sorella che restava ancora piuttosto restia all'idea che lei se ne andasse a zonzo per il castello e che, specialmente, intraprendesse conoscenze con "quella gente". Così li etichettava, ai suoi occhi erano tutti uguali.
Ma non per la sorella, non dopo aver conosciuto Noelle e la sua amicizia.
Ignorando così per l'ennesima volta i suoi avvertimenti, uscì dalla stanza con il suo amato libro sotto braccio dirigendosi nel comodo e silenzioso salotto che si trovava al secondo piano, vicino alla loro stanza. Si recava li ogni notte per poter leggere con tranquillità.
Raggiunse la sala, felice di non trovarvi nessuno. "Saranno ancora tutti al piano terra a cenare e bere" pensò lei. Accese una candela per farsi luce, poggiandola in un piccolo tavolino ovale accanto alla poltrona che l’avrebbe ospitata, dall’alta spalliera in legno con grossi braccioli tondeggianti, interamente rivestita di pelle e puntellata nei bordi da spesse borchie di metallo circolare. La spostò con non poca fatica davanti al camino, si accoccolò nella seduta e iniziò a leggere perdendosi nella sua fantasia.
Passò un'ora, la candela si era consumata per una buona parte. Volse uno sguardo intorno a se, lentamente si levò sbadigliando appena, stiracchiò i muscoli indolenziti, sistemò le cose come le aveva trovate al suo arrivo, prese il libro e come sua brutta abitudine riprese a leggere senza guardare davanti a se.
Una volta varcata la soglia qualcosa di duro la urtò scaraventandola a terra e facendole volare tutto quello che teneva in mano. Sbatté contro il duro pavimento con un verso di dolore, alzò lo sguardo incrociando quello del giovane Falco. Sgranò gli occhi, in quel momento di un blu profondo e inquietante rendendoli ancora più inumani, nel trovandoselo davanti. Lo fissò con la bocca semiaperta per lo spavento e lo stupore nel aver realizzato chi fosse.
Michel si ritrovò davanti una ragazzina dalla spettinata chioma blu costretta in due lunghe e folte trecce. Pallida come la luna nonostante le sue guance stessero lentamente assumendo tante sfumature di rosso.
Imbarazzata si alzò rapidamente con qualche lamento dovuto alla caduta << Vi chiedo umilmente perdono mio signore, mi sono distratta e non vi ho visto entrare, spero di non avervi fatto male >> disse lei spicciandosi a recuperare il suo libro da terra. Lo guardò di sottecchi mortificata, paonazza dalla vergogna ma anche per il fatto che trovava fosse davvero bellissimo.
Michel in un primo momento rimase attonito, solo quando lei ormai si era già rimessa in piedi lui le porse la mano, ovviamente in ritardo. Il suo sguardo si puntò su di lei, sapeva del bizzarro colore dei capelli ma non immaginava fosse così intenso, sapeva del suo sguardo ma non si aspettava fosse così strano. Non aveva mai visto nulla del genere quindi non riuscì nemmeno a controllare l'espressione cupa che comparse sul suo volto. << Chiedo venia, Madame. Sono mortificato. Buona notte >> si affrettò a risponderle per poi superarla.
Lei s'irrigidì notando la sua espressione, abbassò istintivamente la testa stringendosi forte al petto quel piccolo libro, il suo unico tesoro. Non rispose al giovane ma si gettò spedita nel corridoio, correndo veloce per rientrare dove sua sorella la stava aspettando.
Soffriva, soffriva tanto ogni volta che qualcuno la guardava in quel modo, facendola sentire un mostro. Non aveva chiesto lei di nascere così ma avrebbe dovuto conviverci per il resto della sua vita, marchiata a fuoco da tutto e tutti, senza poter avere amici, senza mai poter essere amata.
Entrò dentro la camera chiudendo forte la porta. Si cambiò in fretta e furia infilandosi dentro il letto e dando le spalle a Sèlene che la guardava interrogativa.
Non dormì quella notte, nella sua testa rimaneva vivido il disgusto che aveva recepito dai bellissimi occhi del giovane conte. Così umani e normali. “Normale” quanto avrebbe voluto esserlo.
Michel, ancora scioccato da quella vista, entrò in camera sua chiudendosi la porta alle spalle e dopo essersi tolto gli stivali e acceso una candela si stese sul letto. Avrebbe avuto tutto il tempo di leggere e rileggere la missiva della sua adorata prima che i servi facessero capolino nella stanza e prepararlo per la notte.

***

La mattina seguente, dopo essersi fatto lavare e abbigliare dai paggi, si diresse con tutti gli altri alla cappella per seguire la prima messa.
Fu proprio lì, ascoltando la predica del parroco, che ripensò alla giovane con cui si era scontrato la sera precedente, ma soprattutto pensò alla reazione di lei e alla sua espressione appena lui si era accorto del suo aspetto. La consapevolezza di non aver reagito bene e di non essere riuscito a nasconderlo si fece forte tanto da far nascere in lui un profondo senso di colpa.
Questo pensiero lo accompagnò per tutta la mattinata facendolo ragionare anche sul modo migliore per farsi perdonare da quella povera ragazza.
Dopo pranzo si recò all’allenamento con l'arco nell’arena poco distante dal portone principale, niente di meglio di quel perfezionamento della tecnica al freddo per ristabilire i sensi.
Dopo una decina di frecce scoccate, un cardellino si posò sul paglione. Michel gli si avvicinò per mandarlo via con un gesto della mano e in quel momento una folata di vento piuttosto forte fece oscillare la chioma degli alberi, attirando la sua attenzione su di essi.
Chatel-Argent era ricca di arbusti che in inverno non appassivano mai, il che rifletteva la natura del suo padrone, forte e invincibile.
Quel castello era sempre stato ricco di vegetazione perfettamente curata, sotto la direzione di sua madre; d'un tratto ebbe come un'illuminazione. "E se le regalassi dei fiori?" si chiese, ma quella era più una domanda retorica che un vero e proprio dilemma.
Rientrò al castello chiamando a se un servo, aveva bisogno di qualcuno che glieli procurasse. Quando le due sorelle sentirono bussare alla loro porta, pensarono subito che la cena, quella sera, fosse arrivata incredibilmente in anticipo. Sèlene era coricata sul letto in orizzontale con la testa penzolante dal bordo mentre leggeva un libro, come Cassandra faceva a sua volta davanti al camino. Questa si voltò di poco per guardarla << Tocca a te aprire oggi, ieri mi sono alzata io! >> le ricordò con un sorrisetto soddisfatto mentre continuava a stare accovacciata al calduccio.
La sorella si alzò di malavoglia e aprì la porta sbuffando.
Michel le sorrise sopprimendo la sorpresa, riconobbe che non era la ragazza della sera precedente quindi disse, dopo averla salutata elegantemente con un cenno del capo << Cerco vostra sorella, ho bisogno di parlarle >> in mano teneva un mazzo di rose rosse.
Sèlene alzò un sopracciglio assumendo un'espressione divertita e aprendo maggiormente la porta lo accolse << Prego, prego, entrate pure e fate come se foste a casa vostra >> si fece da parte e quasi Cassandra si strozzò con la sua stessa saliva. Sgranò gli occhi e balzò in piedi, affrettandosi a fare un inchino decente, disse << Mio...mio signore! A cosa devo la vostra visita? >> alzò lo sguardo perdendosi nella sua bellezza.
Sèlene se ne accorse subito e non poté fare a meno di rabbuiarsi.
<< Mia signora- rispose lui entrando in stanza- questo è un umile omaggio per domandarvi scusa. Vi ho arrecato offesa con la mia reazione, ieri sera. Vorrei provare a farmi perdonare >>.
La maggiore, di tutta risposta, guardò Michel con un'espressione incredula e con la mano sinistra chiusa a pugno che le copriva parte della bocca spalancata.
Cassandra strinse con forza il bordo della spalliera della poltrona cercando di non svenire per la forte sorpresa. Mai prima d'ora qualcuno le aveva fatto un regalo, meno che mai un uomo, in questo caso era stato un uomo che andava oltre le sue aspettative. Timida si avvicinò, avvampando come fuoco, allungò le piccole mani verso il mazzo afferrandolo con visibile emozione << Mio signore io...io non so cosa dire, sono bellissimi e voi non dovevate davvero. Non ve ne faccio una colpa, sono abituata a questo genere di reazioni >> si affrettò a dire per non restare imbambolata lì davanti come un’ameba.
Volse lo sguardo verso quegli occhi nocciola che l'avevano fatta impazzire, il cuore le batteva così forte che temeva potessero udirlo in tutto il castello.
Da un lato Michel fu sollevato nel vederla accettare di buon grado le sue scuse, dall'altro si dispiacque. La ragazza aveva appena detto che quel tipo di eventi le capitavano spesso e non poté non sentirsi terribilmente in colpa per averle dimostrato tanta debolezza e ignoranza. << Potremmo passare del tempo assieme- le disse, conscio del fatto che le due si sentissero sole- ovviamente mi rivolgo anche a voi >> aggiunse voltandosi verso Sélene, volgendole un sorriso dolce.
<< Ne sarei onorata, Monsieur! >> disse Cassandra di getto, quasi per paura che quella proposta potesse durare un misero istante per non ripresentarsi mai più. Strinse forte il mazzo di fiori al petto guardandolo trasognante.
Sèlene gli rivolse in risposta al suo portamento da principe delle favole uno sguardo eloquente che oscillava fra il disgustato e l'orrido << Vi ringrazio per il vostro generoso invito ma io ne faccio volentieri a meno, mia sorella ha un chiaro debole per voi e lungi da me essere il terzo incomodo >> rispose lei divertita e maliziosa come suo solito, ottenendo quello che voleva, ovvero, vedere la sorellina diventare del medesimo colore del petto di un pettirosso.
<< Se non vi dispiace, io tornerei alle mie faccende >> continuò lei superando i due per gettarsi con davvero poca grazia sul letto tornando alla sua posizione precedente, riaprendo il suo libro e accavallando le lunghe gambe con tutta la naturalezza di questo mondo.
Michel tornò su Cassandra, evitando di rispondere alla battuta per non di mettere in ulteriore imbarazzo la giovane davanti a se che faceva di tutto pur di restare salda sulle gambe. << Prima di cena passerei a prendervi, madame. E saremo lieti di avere entrambe alla nostra tavola, se vorrete >> guardò fugacemente Sèlene per controllare la sua reazione.
<< Saremo felici di esserci >> , << Saremo felici di non esserci >> dissero le ragazze in contemporanea, Cassandra si voltò verso verso la sorella rivolgendole un muto rimprovero.
Sèlene arricciò le labbra, percependo lo sguardo di entrambi su di se, rimase immobile nella sua posizione continuando a leggere senza degnare nessuno dei due della sua attenzione ignorandoli con classe.
<< Si, noi ci saremo, stasera a cena! >> ringhiò a denti stretti Cassandra, scandendo le parole ma senza cancellarsi dal viso quel suo dolce sorriso, quella frase raggiunse le orecchie dell’altra in modo inquietante, strappandole un brivido. Tornò a rivolgersi a Michel con una ritrovata pacatezza << Potete avvertire che ci saremo anche noi e vi ringraziamo tanto per l'invito, siete stato gentile >> lo guardò sfiorandogli una mano che poi ritrasse subito, imbarazzata dalla sua stessa audacia. Camuffando il suo gesto, prese a lisciarsi le pieghe della gonna << Prima di cena ci troverete pronte >> concluse mordendosi il labbro inferiore in chiara soggezione, non sapeva come comportarsi.
<< Allora a stasera >> disse lui che, con un garbato cenno del capo e un lieve inchino prese congedo, chiudendo la porta.
Cassandra sospirò trasognante, era stato un fulmine a ciel sereno. Rimase impalata davanti alla porta stringendo ancora forte il mazzo di fiori , "Magari gli piaccio" si disse e un guizzo di eccitazione le attraversò i grandi occhi vispi.
Fu il libro che Sèlene le tirò a riportarla alla realtà, con una mira impeccabile la prese direttamente in testa strappandole un grido di dolore e questa correndo a massaggiarsi il punto dolente domandò con voce sottile e dolorante << E questo per cos'è? >>.
<< Questo è perché mi hai obbligato ad accettare l'invito di quel damerino e poi perché devi smetterla di farti queste fantasie inutili, ricordati chi sei, ricordati cosa sei, lui non ti vorrà mai. L'amore non esiste per quelle come noi, fattene una ragione e vivrai bene senza soffrire inutilmente. >> rispose Sèlene cupa, rabbuiando così anche Cassandra che si chinò per raccogliere il libro e adagiarlo sul letto accanto a lei. In silenzio prese un piccolo vaso, lo riempì con dell’acqua, ci inserì le rose e lo posizionò sul comodino accanto a se.

***

Come promesso, il giovane De Ponthieu si presentò davanti alla porta della loro stanza poco prima di cena e con educazione bussò.
Fu la stessa Cassandra ad aprire la porta, le serve le avevano portato il vestito color pesco che aveva disperatamente chiesto in prestito a Noelle, ormai la considerava la sua unica grande amica e lei fu più che lieta di consegnarglielo, inoltre non aveva nulla che potesse addirsi ad una cena dentro un un’importante castello in compagnia di alcuni dei feudatari maggiori di Francia. Si era sciolta i capelli legandosi due ciuffi dietro la testa, la sua bellezza non aveva eguali, così dolce e angelica. Le guance le si tinsero di un tenue rosa alla vista del giovane. << Mio signore, avete passato una buona giornata? >> disse lei con un piccolo inchino grazioso.
Il ragazzo le sorrise di rimando << Una giornata come tutte le altre, madame, ma oggi abbiamo voi a cena quindi terminerà in maniera differente. Vostra sorella non verrà? >> aggiunse infine non vedendola e cercandola con lo sguardo da sopra la testa della piccola.
La ragazzina aprì la bocca per rispondergli ma Sèlene la precedette con il suo arrivo. << Avanti andiamo, ho fame e il mio cervello è ormai del tutto spento >> disse lei incitandoli ad incamminarsi.
"Come se non lo fosse sempre" pensò Cassandra sentendosi a disagio per il suo comportamento.
Scesero a cena accompagnate da Michel, entrambe con lo stomaco stretto in una morsa dolorosa e in preda all'ansia.
Sèlene lo camuffava bene come del resto faceva con tutte le sue emozioni, Cassandra invece era più trasparente di un ruscello in estate.
Giunsero nella sala che avrebbe accolto il sontuoso pasto e davanti all'ingresso i presenti che ancora non avevano avuto la possibilità di vedere le giovani ammutolirono. Donna, Noelle e Isabeau, mortificate, sorrisero a Michel e alle due ospiti. La voce di madame De Montmayeur ruppe quel silenzio imbarazzante << Siamo onorati di avervi a cena con noi >>.
Ian disse rivolto ai suoi nobili ospiti mentre Michel spostava cavallerescamente la sedia per far accomodare Cassandra << Queste deliziose fanciulle hanno dovuto passare dei brutti momenti durante il viaggio per giungere qui a Chatel-Argent. Ho chiesto loro di seguire la piccola Marianne negli studi e di far lei compagnia, hanno avuto bisogno di molto riposo. Stasera ci delizieranno della loro presenza >>.
Intanto Michel aveva chiesto a Marc di far accomodare Sèlene, e così il giovane fece, mormorandole un elegante saluto.
Sèlene lo guardò meravigliata, “E questo dove lo nascondevano?” pensò e con finta galanteria accettò il suo aiuto scoccandogli occhiate penetranti e a dir poco lascive, tanto da far imbarazzare Cassandra al suo fianco ancora una volta.
La cena si presentò inaspettatamente piacevole nonostante la tensione iniziale.
Sèlene era un pozzo senza fondo, mangiava e beveva qualsiasi cosa le passasse davanti senza mai smettere di scoccare qualche occhiata maliziosa verso quel bel cavaliere dagli occhi color cielo.
Sua sorella invece, mangiava e beveva con grazia e compostezza, parlava con Noelle e ogni volta che poteva rivolgeva a Michel uno speciale sorriso che non sfuggiva agli occhi di Donna la quale, senza farsi notare, lo indicava a Ian che ricambiava con sguardo incuriosito.
Marc notò subito l'atteggiamento focoso con cui Sèlene si approcciava a lui e più la cena andava avanti, più la cosa lo divertiva incredibilmente. A Parigi aveva conosciuto tante donne e ragazze con cui poi era andato a letto, ma nessuna di quelle giocava con tanto ardore con sguardi, parole e gesti come faceva lei in quel momento.
La cena durò a lungo, Etienne trovava sempre una buon pretesto per far sì che essa venisse prolungata e che gli ospiti rimanessero incollati a tavola.
Una volta che Donna riuscì a convincerlo a lasciar andare i commensali ostaggi, tutti poterono alzarsi, chi per ritirarsi in camera sua e chi per completare i propri doveri di padroni di casa, come Isabeau e Ian.
Michel si avvicinò a Marc << Accompagnamo madame Cassandra e madame Sèlene nella loro stanza? >> gli propose.
<< D'accordo >> asserì l'altro alzandosi dalla sedia.
Entrambi quindi si avvicinarono alle giovani che nel mentre erano state avvicinate da una Noelle su di giri. Non appena però quest'ultima vide arrivare i giovani Ponthieu prese congedo con un'elegante riverenza, sentiva che poteva nascere dell'interesse tra i quattro e, nonostante fremesse dalla curiosità, decise di lasciar spazio ai ragazzi imponendo a Nicolas di accompagnarla nella sua camera.
Gli occhi di Sèlene si animarono all'istante, sfoderò il suo sorriso migliore, si sistemò il corsetto e andò incontro ai due falchi con andamento sinuoso << Non ci hanno ancora presentati ufficialmente- disse lei rivolte a Marc- Se mi avessero detto per tempo che avremmo condiviso lo stesso tetto non mi sarei rintanata in camera >> concluse alzando e abbassando il sopracciglio sinistro con malizia.
Cassandra mortificata le andò dietro e rivolse a Michel delle scuse silenziose.
Lui comprese il suo disagio e le sorrise per rassicurarla. Come non poteva? Quella ragazza era così sfacciata e tutto in lei faceva pensare ad una volgare popolana piuttosto che ad una dama per bene. Lei e Cassandra erano davvero il giorno e la notte.
Marc sorrise divertito porgendole il braccio << Madame, il mio nome è Marc de Ponthieu e lui è mio fratello minore Michel >>
<< Si ho già avuto il piacere di conoscere vostro fratellino, ora però vorrei avere il piacere di conoscere voi- rispose lei accostandosi al suo braccio- Perciò vi propongo una cosa, vi andrebbe di mostrarmi i vostri giardini? La notte è giovane, noi lo siamo e io ho bevuto così tanto vino da sentirmi particolarmente accaldata >> continuò guardandolo.
Cassandra sospirò irritata << Sappi che io andrò a letto adesso, fuori fa freddo quindi vedi di copriti come si deve per piacere e non tardare troppo perché altrimenti ti chiuderò fuori e dovrai dormire per terra come i cani >> disse lei, “Ma non credo sarà un problema per te vero?” pensò subito dopo rivolgendo alla sorella un sorriso che andava al di là del macabro e che la fece rabbrividire, approfittandosene si attaccò ulteriormente al braccio del bel conte.
Marc annuí senza darle troppa corda davanti agli altri.
<< Vi siete trovata a vostro agio, madame? >> domandò Michel a Cassandra, mentre lei teneva la mano poggiata sul braccio che lui le porgeva conducendola verso la scala che avrebbe permesso loro di raggiungere la stanza della giovane.
<< Mi sono trovata davvero molto bene, ammetto di aver passato un bel po' di tempo in preda all'ansia e con lo stomaco sottosopra ma dopo il primo bicchiere di vino è stato decisamente tutto più semplice >> rispose lei prima di voltarsi a guardarlo, desiderava con ardore incrociare quegli occhi e cogliere anche solo per un misero istante l’occasione di potersi abbandonare alla sensazione di vuoto che le attanagliava il ventre ogni volta che li fissava, fremeva d'emozione al solo contatto con la stoffa che copriva il muscolo del braccio forte e prestante del giovane.
<< Almeno non avete perso il controllo delle vostre inibizioni come vostra sorella, con tutto il rispetto >> rispose in seguito il ragazzo con un mezzo sorriso.
<< Vi sembrerà strano ma lei è così anche quando non beve- ridacchiò portandosi leggermente una mano davanti alla bocca- spero però non offenda o manchi di rispetto vostro fratello >> rispose la ragazza rivolgendogli uno sguardo preoccupato.
Con immenso dispiacere per Cassandra giunsero presto nel lungo corridoio.
<< Quando inizierete con mia sorella? >> domandò lui curioso.
<< Dovremmo iniziare domani mattina! Ho già preparato tutto il necessario e seguendo lo schema che ho pianificato dovrebbe svolgersi tutto senza problemi >> concluse lei orgogliosa, alzando il mento con fierezza.
"Nonostante le sia stato affidato il pesante fardello del suo aspetto sin dalla nascita, ha un viso davvero molto bello" pensò lui intento ad osservarla mentre l’illuminazione a intermittenza delle torce appese alle pareti scorreva sulle loro figure e l’ambiente circostante. << Dovete essere davvero due brave insegnanti, mio padre esige sempre il meglio per noi >> rispose Michel continuando a camminare con passo sicuro.
<< Speriamo solo di essere all'altezza delle aspettative, non vorremmo ritrovarci cacciate dal castello o messe alla gogna per un errore grammaticale di vostra sorella >> disse lei ridendo di gusto. Una risata cristallina e gioiosa capace di contagiare anche l’uomo più burbero.
Lui sorrise di rimando e così continuarono a scambiarsi qualche parola fino a giungere alla stanza.
<< Dunque ci vedremo domattina per la prima messa >> le disse lui aprendole cavallerescamente la porta.
Cassandra ricambiò il suo sorriso superandolo di poco stando sulla soglia << Sarò felice di vedervi anche domani e tutti gli altri giorni della settimana, fino a quando potremmo restare >> lo guardò con il cuore carico di emozione, rimanendo così per un tempo che le sembrò infinito.
Il passaggio di una serva dietro la schiena del giovane la fece tornare sulla terra, arrossì, credendo di essere stata sconveniente << Bene io...ecco, adesso devo andare. Vi...vi auguro una buona notte Monsieur >> si affrettò a dire lei mettendo una mano sulla porta per chiuderla il prima possibile, conscia in quel momento, di essere diventata un pomodoro.
Michel si congedò con un elegante inchino augurandole a sua volta la buona notte e deciso, si diresse verso la sua stanza.
"Deve aver sofferto tanto" si disse. Il pensiero che persone crudeli e ignoranti avessero potuto maltrattarle e denigrarle in malo modo lo caricò di rabbia. "Come può la gente trattare in questo modo barbaro due ragazze così sfortunate?! Come possono aver trattato così una ragazza come Cassandra?- pensò ancora- È così dolce e genuina, è così bella che non le si potrebbe dir nulla!". Come a voler richiamare a se dei momenti precisi, pensò ai sorrisi che lei gli dedicava, era stata bene con loro e con lui soprattutto, ciò gli scaldò il cuore. Ma il ricordo Célèste De Grandprè gli si parò vivido e forte nella mente e non poté fare a meno di pentirsi subito, quei pensieri gli parvero d’un tratto sbagliati ed irrispettosi, lui amava lei e la sua testa non doveva nemmeno avvicinarsi all'idea di un'altra donna.
Entrò nella sua camera e vi trovò già pronti alcuni paggi intenti a preparargli tutto l'occorrente per la notte.

Marc e Sèlene camminavano tra i giardini innevati del castello, indisturbati.
<< Ebbene, per quale motivo non volevate uscire, mia signora? >> disse il giovane Falco girando la testa nella direzione della ragazza.
Lei sorrise guardando davanti a se, si passò una mano tra i capelli cercando di controllarli dal vento << Noi non siamo arrivate qui sotto l’auspicio di una buona stella Monsieur, siamo in terra straniera e dobbiamo guardarci le spalle a vicenda- si sistemò il mantello sulle spalle- Scherzi e provocazioni a parte, io sono restia nei confronti di tutti voi, non mi piacciono le persone e difficilmente mi fido di qualcuno, non mi fido nemmeno della mia ombra, con i tempi che corrono non posso permettermelo e sinceramente devo ancora abituarmi al fatto di dover stare qui per badare ad una bambina. E’ stato uno shock dopo la convalescenza apprendere questa lieta notizia >> concluse con una nota sarcastica e si voltò a sua volta verso di lui. Tuttavia, stranamente seria, riacquistò l’immancabile e caratteristico sguardo tagliente e penetrante, il suo cambio d'umore fu drastico e spiazzante.
Il ragazzo decisamente sorpreso le rispose << Ma come può essere? Mio padre e mia madre, addirittura dama De Sancerre, hanno detto che siete giunte sin qui dall'Irlanda per occuparvi di mia sorella. Cosa intendete con le vostre parole? >>.
"Porca miseria ladra! Mi sono dimenticata di quella storia! Che asina!" si disse chiudendo gli occhi, annuì e raccogliendo la sua lucidità si affrettò a correggersi << Intendo dire che la traversata non è stata semplice mio signore. Le rivolte, le conquiste e le guerre civili imperversano nella nostra terra. Abbiamo rischiato non poco, tanto che vostro padre per paura di far giungere insieme a noi anche altri problemi di natura più incisiva, che si sarebbero poi insediati dentro il cuore della vostra perfetta cittadina, si stava rifiutando di accettarci. Dobbiamo a vostra madre il nostro soggiorno >> mentì lei con naturalezza e annuendo con vigore per darsi manforte “Dannato vino”.
<< Dunque dovrete seguire mia sorella per ricambiare l'ospitalità- rispose pensieroso- o il motivo è un altro? >>.
<< Siamo le dame di compagnia di vostra sorella per ripagare il gentile e misericordioso buon cuore di Madame De Montmayeur, che altri motivi dovrebbero esserci? >> la ragazza gli rivolse un falso sguardo interrogativo. Pian piano però i suoi occhi vagarono sopra tutta la figura del giovane, soffermandosi in alcuni punti particolarmente allettanti come per esempio le sue labbra, le sue braccia, il suo petto e senza però farsi notare, gettò fugacemente uno sguardo anche sotto la cintura.
Marc non proseguì oltre, non sapeva il motivo per il quale il padre e la madre avessero taciuto a lui e Michel quella losca faccenda. Non volle turbarla in alcun modo quindi decise di cambiare discorso. << Dunque d'ora in poi potremo godere della vostra presenza durante tutti i pasti della giornata e magari anche durante la prima messa >> chiese scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
Quella ragazza era bella e interessante, lei sembrava volere qualcosa in particolare da lui e niente più di quello e a lui questo divertiva ed eccitava.
<< Oh non abbiate dubbi, potrete godere della mia persona in ogni momento della giornata >> disse lei maliziosa, prima di accennare una risata sincera e divertita. Si sorprese lei stessa di quello che aveva appena fatto, non rideva così da molto tempo. Scrollò le spalle come per riacquistare il controllo di se. << Ditemi di voi, Conte >> lo guardò sfiorando nel contempo i rami di un albero e facendo ricadere la neve sul camminamento.
<< Sono diventato cavaliere due anni fa e da allora ho vissuto a Parigi, alla corte del Re per completare l'apprendistato e risolvere con lui e altri nobili alcuni screzi politici, son tornato qui pochi giorni dopo il Santo Natale. Questa è stata la parte più interessante della mia vita, il resto sono anni passati da scudiero e sotto le punizioni di mio padre a causa dei miei atteggiamenti e comportamenti da ragazzino scellerato- rispose sorridendo- Mi spiace non potervi raccontare alcuna avventura >>. "Già, a parte una" pensò, ricordando quella passata con Alexandra. Evitò di aprire quell'argomento, troppe ferite ancora sanguinanti solcavano il suo cuore.
<< Magari quando saremo più, come dire, intimi, mi racconterete della vostra avventura segreta >> disse lei, come se avesse intuito i suoi pensieri, avvicinandosi e puntandogli un dito sul cuore penetrandolo fin nel profondo con i suoi occhi pallidi e un mezzo sorriso spavaldo che le incorniciava le labbra ancora rosse per il troppo vino.
Passarono insieme una buona parte della notte a parlare fuori nei giardini o sopra i bastioni.
A lei lui piaceva, fisicamente era il suo uomo ideale. Ma l'esperienza l'aveva marchiata a fuoco sulla pelle e rimproverandosi tornò a controllare le sue emozioni. "Non si ripeterà un'altra volta," si disse stizzita e dopo averlo salutato si congedò nella sua camera trovandola...chiusa a chiave!
La ragazza rimase allibita davanti alla serratura perfettamente sigillata. "Piccola bastarda l'ha fatto davvero" pensò, maledicendo Cassandra con tutte le formule e lingue che conosceva. "Tu e quel tuo faccino tenero! Sei la figlia del demonio!". Irritata si guardò intorno, si tolse il mantello riponendolo su una spalla e si diresse a grandi passi verso uno dei salotti situati nel suo piano. Si addormentò nel divano, furiosa.

   
 
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