Fumetti/Cartoni americani > Batman
Ricorda la storia  |      
Autore: Bad Devil    07/10/2016    3 recensioni
Aveva sempre avuto cura per quella maglietta. La sfilava con riguardo, la piegava o appendeva e, invece di appallottolarla e ammucchiarla insieme alle altre, cercava di fare del proprio meglio per sgualcirla il meno possibile.
Doveva aggiustarla.
[AU - Parte della raccolta "Riddler's Box of Memories"]
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Scarecrow
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Riddler's Box of Memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: “Holes”
Autore: Cadaveria Ragnarsson
Fandom: Batman
Personaggi: Jonathan "Scarecrow" Crane; Mary Keeny
Pairing: Nessuno
Genere: Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia non sono reali, né di mia proprietà. Inoltre sono maggiorenni. Non ho nessun diritto legale su di loro a differenza degli autori e, dalla pubblicazione di questo scritto, non vi ricavo un benché minimo centesimo.

Note: Questa storia fa parte della raccolta "Riddler's Box of Memories", concettualmente basata sull'idea di Edward e Jonathan cresciuti insieme, prima di diventare i villains di Gotham.



Holes


Jonathan non possedeva molte cose.

Aveva pochi indumenti, poco materiale scolastico, pochi libri e lo stretto necessario per la vita di tutti i giorni.

I suoi vestiti erano per lo più provenienti da banchi dell’usato e solitamente imprecisi nel vestirlo per la sua figura. Si trattava di abiti smessi di vecchi militari per la maggior parte, più qualcos’altro proveniente dalle soffitte di anziane signore che non vedevano l’ora di liberarsi dei vestiti inutilizzati dei figli o del marito. Raramente la bisnonna gli comprava qualcosa di nuovo, i due pantaloni neri che aveva ottenuto ultimamente erano stati una gigantesca eccezione, ma sebbene fossero un modello da donna e gli stessero leggermente larghi sui fianchi, erano della lunghezza adatta e sufficientemente aderenti da non cadergli.

La magrezza era sempre stata una caratteristica comune, nella famiglia Keeny, Mary stessa ne era un esempio con la sua figura esile e slanciata, ma sebbene non fosse noto di qualche parente basso di statura, nessuno era stato alto quanto Jonathan, per la sua età.

Al ragazzo, comunque, non importava indossare abiti smessi; la vanità non era da contare tra i suoi peccati e l’idea di portare addosso indumenti vissuti, in qualche modo, glieli faceva sentire più comodi addosso.

Tra tutti, però, il suo capo preferito era sicuramente la maglia a righe.
Lunga a sufficienza da vestirlo in modo adeguato, seppur un po’ troppo larga in alcuni punti. Tendeva sempre a scivolargli da un lato, lasciandogli una spalla quasi scoperta, ma questo era un piccolo prezzo da pagare per avere delle maniche che gli arrivassero a metà palmo.

Aveva sempre avuto cura per quella maglietta. La sfilava con riguardo, la piegava o appendeva e, invece di appallottolarla e ammucchiarla insieme alle altre, cercava di fare del proprio meglio per sgualcirla il meno possibile. L’incidente sulla terrazza della scuola, però, aveva causato danni visibili sulla sua stoffa, là dove la mano di Mark l’aveva afferrata per provare a fermarlo.
La manica sinistra aveva ceduto, scucendosi quasi del tutto, ma fortunatamente era stata la cucitura a rompersi e la stoffa non aveva riportato quasi nessun danno.

Se qui e là poteva ignorare i piccoli buchi dati dall’usura che la maglia presentava, una manica scucita era un dettaglio troppo evidente. Aveva un’aria già abbastanza trasandata senza dover andare in giro con gli abiti letteralmente a pezzi, per quel motivo quel pomeriggio dopo la scuola, Jonathan raggiunse la propria camera con il piccolo set da cucito della bisnonna tra le mani.

Doveva aggiustarla.

Doveva almeno provarci, perché sinceramente non aveva nessuna idea di come si facesse a cucire.

Con mano incerta provò più volte a infilare il sottile filo bianco all’interno della cruna dell’ago, fallendo più volte di quante si sarebbe aspettato.

Non è complicato, puoi farcela” si disse per motivarsi, provando e riprovando senza sosta.
Quando infine ebbe successo nel proprio intento, ingenuamente puntò la stoffa interessata, dando il primo stentato punto di sutura.

Il filo scivolò senza problemi tra le sottili fibre della maglia, fino allo sfilarsi del tutto, con la stessa semplicità con cui era entrato. Tentò e ritentò più volte, provando a non sfilarlo mai del tutto, ma anche così non sarebbe riuscito a fermare la manica nel modo desiderato.

Aveva visto più volte, durante gli anni, Mary intenta a cucire o rammendare qualcosa, ma mai si era messo ad osservarla da vicino e soprattutto mai aveva avuto occasione di vedere come preparasse il lavoro, prima di cominciare. Era così concentrato sui propri pensieri da non rendersi conto di non essere più solo nella propria stanza.
“Devi fare il nodo, Johnny.”

Il ragazzo trasalì, non aspettandosi di udire la voce della donna alle proprie spalle.

“Ah, bisnonna...” Per un istante fu tentato di nascondere i propri intenti dietro la schiena, ma sarebbe stato stupido.
Era troppo tardi, aveva già visto.

L’avrebbe presa male, ora? L’avrebbe punito ancora una volta su un’insensatezza come quella?

La donna non disse nulla, facendosi strada nella camera del nipote e sedendosi accanto a lui sul letto.

“Ti faccio vedere, guarda.”

La donna svolse un nuovo pezzo di filo dal rocchetto e, rigirandolo abilmente intorno alla punta dell’indice fece scivolare l’unghia del medio su di esso per sfilarlo e stringere un piccolo nodo.

“In questo modo il punto non scappa.”

Glielo mostrò ancora una volta, più lentamente, spiegandogli come fare e, sebbene il ragazzo fosse ancora scosso dall’idea di esser stato sorpreso a fare qualcosa del genere, non si tediò oltre, concentrandosi sull’apprendimento.

“Prova tu, ora.”

Jonathan fece scivolare il filo tra le dita come le aveva visto fare, provando ad emulare poi i suoi stessi movimenti. Riuscì nel tentativo, ma il nodo risultò più lontano di quanto avrebbe voluto dal capo del filo.

“Tieniti più stretto quando lo giri. Usa l’unghia per tirarlo.” Lo corresse lei ancora.
Dopo diversi tentativi il nodo divenne accettabile.

“Non puoi rammendare dal dritto.” Gli disse prendendo la maglia e rigirandola.
“Sempre al rovescio. Ricordatelo.”

Il ragazzo annuì, memorizzando anche quella nozione.

“In questo modo i punti non si vedranno.”

Ancora una volta Mary Keeny gli mostrò come fare, prendendo la manica e ricongiungendola con le dita all’attaccatura sulla spalla, dove si sarebbe trovata originariamente.

“Cerca di seguire la cucitura” gli disse, tirando via i pezzi di filo rotto a causa dello strappo.
“E non tenerti troppo a filo col bordo, altrimenti si scucirà subito.”

Il ragazzo annuì ancora una volta e registrò l’informazione, osservando poi come la donna infilò l’ago tra i due pezzi di stoffa dando qualche punto.

“Mai troppo distanti l’uno dall’altro...” Gli mostrò quindi quanto fatto “guarda.”

Ne diede altri, premurandosi di fargli capire la distanza ideale per rendere un rammendo efficace.

“Più stretti sono, meglio è.”

Quando gli restituì la maglia, questa aveva già una cucitura di cinque centimetri buoni.
“Hai capito?” Gli chiese infine, scrutandolo con i gelidi occhi azzurri.

Jonathan annuì, prendendo quindi l’indumento tra le mani e provando a emulare quanto visto.

Aveva capito, di per sé non era un concetto complesso, ma già dai primi momenti si rese conto quanto il suo lavoro mancasse della fluidità mostrata dalla donna.

“Così...? Più o meno...?”

La donna annuì.

“Più o meno.” Sul volto sembrò apparirle lo spettro di un sorriso.
“L’ago però non si tiene a quel modo.”

Senza prendergli la stoffa, la donna gli tolse l’ago dalle dita.

“Lo tieni tra pollice e indice,” e con un movimento soltanto trafisse i due lembi di stoffa “lo spingi col medio e lo riprendi come hai fatto prima. Servirebbe un ditale, ma non è indispensabile.”

Jonathan annuì ancora una volta, riprendendo l’ago e provando a fare quanto dettogli dalla bisnonna.

I primi istanti furono faticosi, ma ben presto il ragazzo si ritrovò a eseguire quei gesti con naturalezza.

“Ho capito.” Le confermò, sincero. “Grazie per avermi insegnato.”

La donna gli posò una mano sulla testa nel vago tentativo di una carezza che, tuttavia, non fu mai tale.
Si alzò in piedi e si diresse quindi verso la porta.

“La cena sarà pronta tra venti minuti” lo informò. “E per l’amor del cielo, metti un po’ in ordine.”

Per la prima volta, Jonathan, le sorrise.





End
Cadaveria†Ragnarsson

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: Bad Devil