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Autore: SlytherinPrincess    08/05/2009    2 recensioni
Strinse Ether a sé appoggiando una mano sulla fronte della sorella e tirandole indietro la testa di scatto, lei urlò, le aveva fatto male e a Victoria piaceva sentirla supplicare di risparmiarla, calde lacrime scesero sul suo volto abbronzato, la madre urlò e il padre la pregò di lasciare andare la figlia prediletta ma lei non sentì ragioni. Appoggiò le sue labbra rosee sul collo della sorella lì dove la vena pulsava a ritmo irregolare e spaventato, affondò i denti aguzzi nella sua carne tenera e
E' la mia versione della trasformazione di Victoria, sulle note di Victoria's Secret dei Sonata Artica, spero vi piaccia,^_^
Introduzione modificata per uso di doppio tag br.
Charlie_2702, assistente admin
Genere: Dark, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, James, Victoria
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Victoria

Victoria’s Secret

-Sonata Artica-

 

 

The Light escapes her room tonight, every little moment tells her, now
it’s time Opening a new scar, closing the wounds with a knife, no more
crying in the lanterns light…

 

La luce dell’alba filtrava attraverso le piccole finestre di una casa logora, fatta di pietre di fiume, con il tetto di legno ammuffito, una ragazza gemette piano girandosi nel letto improvvisato di paglia secca con sopra un sacco che fungeva da coperta per la giovane. Era tutta un dolore, anche la sera prima la madre l’aveva picchiata, senza motivo ma con una rabbia nascosta per anni, lei per la donna era solo una seccatura, una vergogna. I suoi lunghi capelli rosso fuoco e gli occhi color dell’acciaio erano la sua sciagura, la dolce e orgogliosa Victoria aveva solo quel difetto, difetto che le era costato l’amore dei genitori. Quando era piccola si domandava il perché, ma con il tempo se ne era fatta una ragione. Si girò su un fianco trattenendo un urlo di dolore, non avrebbe mai dato soddisfazione ai suoi genitori, mai. Per quante ferite le infliggessero, e non solo ferite visibili, ferite nell’anima, lei si alzava tutte le mattine e andava avanti senza piagnucolare, perché lei sapeva che un giorno se ne sarebbe andata e loro l’avrebbero rimpianta.

 

La porta cigolante del buco che era la sua stanza si aprì di scatto e vi apparve sua sorella maggiore, Ether. Era così diversa da lei, aveva lunghi capelli grano e gli occhi azzurro cielo così freddi e così pieni d’odio, così simili a quelli della madre.

 

“Alzati, devi portare pascolare il gregge” sibilò la bionda tirandole in malo modo un pezzo di pane rinsecchito e ammuffito.

 

Victoria alzò lo sguardo e sotto gli occhi della sorella maggiore gettò il pezzo di pane in un angolo della stanza sudicia.

 

“Non avrai nient’altro per pranzo” disse Ether guardandola con aria di sfida, ma la rossa si girò e prese i suoi abiti, si sciacquò il volto e senza degnarla di uno sguardo, fiera e bellissima, uscì dalla stanza in rigoroso silenzio.

 

Pochi minuti e uscì da quella casa infernale, la brezza mattutina, leggera e fresca le accarezzò il volto come a sostenerla, scese verso la stalla e liberò le pecore, almeno loro non la guardavano come un mostro. Il candido manto delle pecore era soffice al tatto e Victoria amava quel piccolo contatto con gli unici esseri che non la evitavano come la peste. Alzò lo sguardo verso il cielo il sole stava facendo capolino dietro le montagne scozzesi che sembravano andare a fuoco, sorrise, sarebbe stata un’intera giornata senza vedere la sua famiglia e si sentiva bene, senza loro si sentiva sempre bene.

 

Leave with the first light, go when you still see the moon
Run for the sunlight, gate is now open for you

 

Correndo per le stradine tortuose della montagna Victoria si sentiva libera come non lo era mai stata, libera di essere sé stessa: Victoria solo questo. Le prime luci dell’alba stavano lasciando il posto al sole mattutino leggero eppure caldo e rassicurante. Da dove si trovava poteva vedere le casette del piccolo villaggio dove viveva, smise di correre, a chi la voleva darla a bere? A lei importava cosa diceva la gente e soprattutto le importava dei suoi genitori e della sorella i quali la disprezzavano solo perché era diversa. La diversità spaventa gli stolti, la diversità fa paura perché non la si conosce. Il vento soffiò di nuovo fresco e sinuoso facendo ondeggiare i rami degli alberi con leggiadria. Victoria si scosse dai suoi mesti pensieri e ricominciò a camminare verso la vetta della montagna dove fare pascolare le sue pecore.

 

Dancing on the path and singing, now you got away
You can reach the goals that you have set from now on, every day
There is no way you would go back now, oh no, those days are past
Life is waiting for the one who loves to live, and it is not a secret

 

Canticchiando una vecchia canzone che sentiva quando sua madre abbracciava la sorella ballava sinuosa e perfetta fra quelle bestie pacate che pascolavano in silenzio, era quasi ora di pranzo e lei aveva fame, ma cercava di non pensarci, che senso aveva? Tanto non avrebbe comunque potuto mangiare visto che aveva gettato via il pane che le era destinato, quel tanto che le doveva bastare per andare avanti una giornata. Assetata si diresse verso il ruscello che si trovava vicino a una grotta, circondato da cespugli e rovi. Si chinò e immerse le mani affusolate e pallide nell’acqua fresca di montagna, vi appoggiò le labbra rosee e sorseggiò l’acqua che le scorse giù per la gola rinfrescandola e appagando, almeno in parte la sua fame.

 

Uno scricchiolio la fece scuotere preoccupata. Dietro a sé un ragazzo dalla pelle candida e profonde occhiaie sotto gli occhi la fissava con aria quasi famelica.

 

“Salve” le disse, la sua voce era così dolce e delicata, non si doveva fidare, lo sapeva, eppure si trovò a sorridere al giovane sconosciuto.

 

“Salve” le rispose con voce quasi gracchiante dal troppo silenzio.

 

Lui ghignò e le si avvicinò, forse troppo in fretta, la sua pelle risplendeva come diamanti sotto la luce del sole di mezzogiorno. Victoria spalancò gli occhi e la bocca spaventata ma era come inchiodata al suo posto seduta fra quei rovi e cespugli sull’erba bagnata della sponda del ruscello.

 

Il giovane la spinse con violenza e lei ricadde inerte sul suolo con lui al di sopra, gli occhi del giovane erano color vinaccia intensi e pericolosi, le bloccò i polsi sull’erba bagnata e lei non provò neppure a dimenarsi, la sua fine era vicina ma non ne aveva paura, l’aveva tante volte desiderata incosciamente, ma l’aveva fatto, meglio morire che soffrire l’odio dei genitori.

 

“Non ti preoccupare, non voglio ucciderti” sussurrò il ragazzo, aveva lunghi capelli color del grano così belli e così simili a quelli di Ether, lo odiò per quello.

 

“Mi chiamo James” le sussurrò all’orecchio appoggiandovi le labbra gelide per poi scendere sul collo puro della giovane.

 

Gli occhi di Victoria si spalancarono ancor più di prima e senza rendersene conto il suo respiro si era fatto irregolare e il suo cuore prese a battere sempre più fino a che un dolore lancinante non le perforò la pelle immacolata del collo, urlò e poi il buio.

 

The Shades of darkness filled her life, In every single corner you can
not turn right. Night could pass for a day, in her lack of faith,
she let it all fade away.
Once more, a cry in the lanterns light…

 

Sentiva caldo, si sentiva ardere. Dolore solo questo, il cuore minacciava di scoppiarle, voleva urlare pregare il giovane di ucciderla, voleva che tutto finisse ma non un lamento uscì dalle sue labbra carnose, il buio era incredibilmente scuro, sentiva in lontananza delle voci, riconobbe la voce di suo padre che la malediceva per aver fatto scappare le pecore e poi di nuovo il silenzio, susseguito da parole di rassicurazione dalla voce soave di James e poi ancora un turbinio di voci lontane, voci che la perseguitavano da quando era piccola, sua madre che la umiliava nel mezzo del paese, suo padre che diceva che era una vergogna e la sorella che le dava tutte le colpe, al caldo si susseguì il freddo un freddo insopportabile come se mille lame ghiacciate le attraversassero il corpo e poi di nuovo il buio, il freddo però era passato così come era arrivato e lo stesso aveva fatto il calore. Provò a aprire gli occhi, la luna era alta nel cielo pallida e meravigliosa, voltò la testa e si spaventò, riusciva a vedere le cose molto più chiaramente e la notte non sembrava poi così buia. Da dietro un albero il giovane le sorrise.

 

“Ben svegliata” le disse avvicinandosi, la quale lo guardò con aria interrogativa, ma lui si limitò a indicarle il ruscello ove lei si specchiò. Quella che vide non era lei, non era la Victoria di sempre, la pelle era più pallida, le lentiggini erano sparite il suo volto era perfetto e gli occhi erano vinaccia esattamente come quelli di James.

 

“Cosa è successo?” domandò con voce melodiosa che lei non riconobbe come la sua. In poche parole il giovane le spiegò quel che era diventata e lei sgranò gli occhi, adesso era davvero un mostro.

 

Lost in the sunlight, leave, you will not see the moon
Walk for the first time, no one has waited for you…[…]

 

Corse, corse lontano dal giovane diretta verso casa sua, voleva la sua mamma voleva sentirsi dire che non era successo niente e che era solo un brutto sogno, si esatto era solo un brutto sogno. Non riusciva a piangere e questo la frustrava molto più che il sapere quel che era diventata, corse e si fermò solo quando arrivò dinnanzi alla vecchia casa logora dove era nata. Si affacciò, sapeva che i suoi genitori l’avrebbero cercata, infondo è quel che farebbero tutti, pensò ma invece di vedere la madre frustrata per la perdita della figlia vide la sua famiglia ridere felice mangiando e bevendo come se lei non fosse mai esistita, sentì un moto di rabbia percorrerle l’anima. Li odiava, e ora sapeva che poteva vendicarsi e l’avrebbe fatto…

 

[…]...Life’s there for the ones who love to live and take it all, for it is free...

 

La porta della casa si aprì di scatto rivelando Victoria bellissima e pericolosa, gli abiti logori e strappati in più punti. Il padre si alzò di scatto fulminandola con lo sguardo, ma indietreggiò spaventato nell’incontrare gli occhi della figlia minore.

 

“Vattene da qui, non sei più la benvenuta” sibilò mentre la madre e Ether si nascondevano dietro l’uomo spaventate da Victoria.

 

La giovane ghignò cattiva.

 

“Quando mai lo sono stata?” sussurrò lei con voce soave e pacata prendendo il coltello affilato e piantandolo nel centro del tavolo da pranzo.

 

Madre e figlia sobbalzarono.

 

“Victoria vattene” sibilò la madre stringendo a sé la figlia maggiore.

 

“No” rispose cattiva correndo verso la sorella e con facilità sovrumana la strappò dalle braccia calde della madre.

 

Strinse Ether a sé appoggiando una mano sulla fronte della sorella e tirandole indietro la testa di scatto, lei urlò, le aveva fatto male e a Victoria piaceva sentirla supplicare di risparmiarla, calde lacrime scesero sul suo volto abbronzato, la madre urlò e il padre la pregò di lasciare andare la figlia prediletta ma lei non sentì ragioni. Appoggiò le sue labbra rosee sul collo della sorella lì dove la vena pulsava a ritmo irregolare e spaventato, affondò i denti aguzzi nella sua carne tenera e sentì i genitori urlare sempre più e la madre piangere e supplicare, mentre la sorella si dimenava nella sua stretta ferrea e gelida. Victoria chiuse gli occhi e sentì il sangue caldo della sorella scenderle nella gola rinfrescandola e saziandola. Ether smise di muoversi nel momento esatto che Victoria si sentì completamente sazia. La gettò in un angolo sudicio della stanza mentre si ripuliva la bocca dal sangue cremisi della sorella. Vide la madre gettarsi a terra urlando e il padre passarle un braccio sulle spalle cercando di tirarla su per portarla lontano dal mostro che Victoria era diventa. Lei ghignò e prese un pezzo di legno infuocato dal camino, e ridendo uscì dalla casa sbattendo la porta, bloccandola con la scopa che si trovava vicino a essa e gettò il legno sul pagliericcio che una volta era il suo letto. Si allontanò dalla casa quel che bastava per godersi lo spettacolo. Si sedette su una pietra liscia dove James la stava attendendo. Le sorrise e le mise una mano sulla spalla mentre guardavano la casa prendere fuoco e udivano le urla disperate dei genitori di lei.

 

Dancing on the path and singing, now you got away
You can reach the goals that you have set from now on, every day
There is no way you would go back now, oh no, those days are past
Life is waiting for the one who loves to live, and it is not a secret…

 

Mano nella mano James e Victoria si allontanarono nella notte profonda e fredda di fine autunno. La giovane si voltò a guardare la casa incendiata ormai ridotta a un cumulo di cenere ardente e alzando gli occhi verso la luna sorrise iniziando a canticchiare la canzone di sua madre, allegra e spensierata improvvisando una danza per il suo nuovo compagno, da quel momento avrebbe potuto fare tutto quel che voleva, e non poteva tornare indietro perché non vi era niente, la vita l’aveva attesa per tanto tempo e i giorni sarebbero passati e lei non se ne sarebbe mai andata, sarebbe rimasta lì su quella terra ingrata che l’aveva generata, uccisa e l’aveva fatta rinascere più forte e perfetta nella sua mostruosità, adesso nessuno l’avrebbe fermata aveva ucciso il passato, adesso l’aspettava solo il futuro con lui al suo fianco per l’eternità, adesso che aveva ucciso chi le aveva tolto tutte le opportunità.

 

 

  
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