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Autore: crimsontriforce    08/05/2009    1 recensioni
Di orgoglio, agonismo o mancanza degli stessi; di complicità muta; della necessità di una salda preparazione teorica anche quando non si crede che ne esista una; di gran giri per tornare invariabilmente al punto di partenza; soprattutto, di una gita fuori porta in un giorno di sole. Atrus, 1820 circa. Fluff scacchistico.
Genere: Generale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atrus, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '1. Gente che viaggia nei libri'
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Per il primo round di Fluffathlon di Fanfic_Italia, “fluff generico”. E io genericamente fluffo, su un tema che mi ronza in testa da un anno esatto. =]
Giusto per non creare buffe aspettative: il titolo ha una sua ragion d'essere, ma siamo come sempre in New Mexico e non in Sicilia, 'k?


Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima.







Lezioni siciliane









Era raro che Atrus scorgesse i tetti di casa spiccare fra le rocce frastagliate del deserto, abituato com'era a poche soluzioni intermedie fra il trovarsi sotto gli stessi o a un universo di distanza.
Imboccò la discesa, grato per l'inaspettato scorcio. Presto i canyon si sarebbero richiusi alle sue spalle, precludendo la vista delle cupole color antracite ai suoi occhi come a quelli di visitatori inopportuni.
Inspirò a fondo. Era una bella giornata.

Metri e metri più in basso, la terra quasi scompariva sotto un intrico di vita ostinata – arbusti, sterpi, piante grasse ricoprivano il suolo fino all'orizzonte, mentre il sole del mattino donava loro una consistenza di luci ed ombre.

Con pochi ultimi passi incerti, Atrus giunse in piano e continuò di buona lena a costeggiare le formazioni rocciose alla sua destra.
Approfittò di una pausa per controllare un foglio che pescò da una tracolla troppo grande, ma vi trovò solo conferme: la sua amica era stata rigorosa nel dare direzioni e alla terza rientranza della montagna vide infine un sentiero nascere dal nulla e dipanarsi verso est.

L'avrebbe portato, secondo la fidata informatrice, ad incrociare una rotta commerciale minore, sul cui percorso stava sostando un variopinto gruppo di viaggiatori, nuovi arrivati dal Vecchio Mondo scortati da dei commercianti loro compatrioti.
Ascoltandola parlare, Atrus era tornato con la memoria ai giorni più preziosi di quand'era bambino, quando si acquattava al riparo della Fenditura per ammirare la carovana con cui sua nonna contrattava la loro sopravvivenza e i pochi lussi che riusciva a concedergli.
“È il tuo sogno, Atrus”, gli aveva ricordato Catherine con una punta di nostalgia. “Quanto tempo hai passato fra le stelle solo per poter tornare qui?”
Non se l'era fatto ripetere.

Non aveva dollari per poter comprare un regalo 'alle sue signore', né sapeva rendere bello e utile tutto quello cui metteva mano, com'era stato per Anna, per poterlo barattare. Ma l'oro si era affacciato a volte nelle sue Ere, non richiesto, e quel giorno il fondo della sua sacca tintinnava allo scontrarsi di tre minuscole pepite: abbastanza, a detta della sua amica, da potersi permettere qualsiasi piccolo lusso.


***



Cosa vedi, Atrus?
Vedo che questo mondo è cambiato, Nanna. Che cambierà ancora.

Fuori dal carro erano appesi utensili, pentolame, stoffe, corda, pelli, sementi, bottiglie. Un'insegna marrone invitava ad entrare nella tenda a fianco per i pezzi migliori: sobria in confronto all'anarchia delle merci esposte, insignificante fuorché per un palese errore di ortografia.
L'interno, quando si fu abituato al cambio di luce, gli consegnò un'atmosfera più raccolta, lontana dal vociare misto del campo che ancora si poteva sentire al di fuori, attutito.
Ninnoli di nessun valore facevano mostra di sé su una serie di ripiani, riflettendo il sole che filtrava dalle aperture. E in mezzo a tutto una scacchiera aveva catturato la sua attenzione e il resto svaniva il un brillare indistinto. Aveva trovato il suo regalo – anche se, ammise a se stesso, 'suo' in quel caso avrebbe finito per indicare il destinatario non meno che l'acquirente.

C'era già una scacchiera a Tomahna ed era un oggetto più raffinato, se non di molto, del semplice lavoro d'intaglio che aveva sotto gli occhi. Ma era, appunto, una: la stessa su cui Sirrus aveva affinato la sua prima logica, la stessa che Achenar aveva rischiato di privare di tre pedoni grazie ad un utilizzo men che proprio. La stessa con cui Anna aveva tramandato ai suoi amori i rudimenti del gioco, la stessa su cui lei per prima si era esercitata, in gioventù, sotto la guida di quel bisnonno che Atrus avrebbe sempre desiderato conoscere.
Con Yeesha in giro, temeva per i cavalli.

Un rumore lo fece trasalire. Il proprietario era apparso alle sue spalle e lo stava salutando in una lingua che ad Atrus ricordava i suoni armoniosi dell'infanzia, ma di cui non comprendeva una parola.
“Non ti capisco”, rispose spiaciuto scandendo bene le sillabe.
L'altro annuì e rispose con qualcosa che poteva essere “Inglese?” in quell'altro idioma dolce, ma gli accenti erano tutti diversi. “Ma femme”, aggiunse mimando tratti femminili, e di nuovo lo strano “Inglese” agitando una mano davanti alla bocca. Sua moglie era quella che parlava inglese.
Va bene così, cercò di farsi intendere Atrus con i gesti e l'espressione. Va bene così. Posso usare questa per pagare la scacchiera?

Dallo sguardo che ricevette in risposta, era anche troppo. Ma non era stato solo l'oro ad aver fatto brillare gli occhi all'uomo, un robusto vecchio i cui tratti aquilini spiccavano a stento fra le gote abbondanti e una massa di capelli bianchi incolti. La scelta dell'oggetto, in quella terra remota, era più importante.
Il mercante rovesciò sulla scacchiera i pezzi contenuti nel sacchetto di iuta che la accompagnava e con gesti svelti dispose nelle loro case iniziali la fila di pedoni bianchi. Atrus giocherellava con una torre e seguendo il suo esempio la posizionò nell'angolo più vicino, seguita da cavallo e alfiere. L'altro sorrise, soddisfatto. Fece un cenno d'invito e, mantenendo i pezzi in precario equilibrio, spostò la scacchiera su di uno sgabello in un angolo, usando quello a mo' di tavolo e due casse come sedie.
Sistemarono frettolosamente i pezzi rimanenti e Atrus fu onorato dal vedersi offrire, senza possibilità di appello, il vantaggio del bianco. Aprì col pedone di re e si accomodò sulla sua cassa, aspettando la mossa dell'avversario.

La risposta giunse veloce quanto sorprendente: due case col pedone di alfiere di donna. Era la sua apertura, quella che aveva giocato una volta quasi per scherzo, un modo burlesco per prendere il centro che aveva poi mantenuto come un vezzo, una variazione che, giocata ogni volta come ispirazione suggeriva, gli aveva dato non meno grattacapi che soddisfazioni. Eppure eccola lì. Si sviluppò a sua volta. Pedone, pedone. Cavallo, cavallo opposto. Inaspettato. Poche mosse e il centro della scacchiera sembrava del tutto bloccato, fieramente conteso dal nero. E il suo avversario ribatteva con sicurezza mossa dopo mossa, aspettando a stento che Atrus finisse di posare il pezzo: forse rifletteva anche nel turno del bianco, ma il più delle volte sembrava che non gli servisse, che sapesse già a cosa avrebbe portato ogni scelta.
Atrus si sistemò gli occhiali, mesmerizzato. Avrebbe voluto serbare memoria di ogni posizione per poterne poi studiare ogni intenzione e variante; più ancora, in seguito, per comprendere quale fosse stata la causa della lunghissima serie di scambi forzati che, come un gioco di prestigio, l'aveva lasciato in svantaggio di qualità e impossibilitato all'arrocco. Qualche schermaglia a distanza sulle colonne ormai aperte; un cavallo indeciso. L'ultima torre a lasciare il gioco portò con sé un pedone di troppo.
L'eleganza del finale lo lasciò ammirato e non aveva proprio importanza che fosse lui quello con le spalle al muro quando aveva potuto vedere e imparare così tanto. Messo di fronte all'ineluttabilità di un pedone nero passato abbandonò la partita, ma solo perché il sole aveva passato da molto il meriggio e non lo avrebbe atteso per tutta la durata del ritorno.

Strinse la mano al mercante straniero, che ricambiò con un sorriso sdentato.
“Grazie”, disse.
“De rien.”


















...e se fossi attiva su Facebook... e se avessi una faccia di bronzo di una certa entità... la farei betare dal mio adorato maestro di scacchi delle elementari. Osvaldo, questa è per te, con affetto.
Così stando le cose, invece*, mi affido al buon cuore degli scacchisti all'ascolto (balle di sterpi rotolano nel deserto; in lontananza, un vulcano). Vi sarei grata, come sempre, se mi aiutaste a correggere errori di qualunque tipo, via recensione o form Contatta. :)

*cioè schivando Facebook come la morte, tranne pensieri peregrini di chiedere amicizia a Rengin Altay e/o Jeff Zandi e poi nascondendomi come una fangirl preadolescente, e con una faccia di bronzo appena sufficiente a scrivere della famiglia di Yeesha.



Nerdaggine & credits:


@ ambiente nei pressi di Tomahna: this. Coadiuvato da un robusto uso di Google Immagini.
@ amicA: ooooo insomma, stavolta sì, è la mia Maria Susanna preferita, perché il racconto vuol esser placido e tal preziosa placidità abbisogna d'uno Straniero men che generico a vegliarla come un cane da guardia.
E anche perché veramente non sapevo come girare la frase. Ma è secondario.
@ scacchiera originale: ...beh, è vero che è andata così, a spanne, no? Sarei curiosa di vederla... e no, quella di Revelation al massimo sarà il regalo di una Grower spiritosa, è un grasso anacronismo se mai ne ho visto uno. =/ Troppo, troppo moderna. Ci manca solo l'orologio da torneo a fianco, deh.
@ apertura: quella adottata dal nero è la difesa siciliana, onde il titolo. Atrus è un cervello fino (e fin qui...) e un ottimo giocatore (Reve dixit), ma ho i miei dubbi che i più moderni ritrovati della teoria scacchistica avessero attraversato l'Atlantico col padre di Anna... immagino che giocassero tutto a ingegno e poco sugli studi altrui.
Tutto il resto è Google e Book of Atrus... quest'ultimo qualche ma proprio qualche meridiano più a ovest.
   
 
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