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Autore: Red S i n n e r    09/05/2009    3 recensioni
Poichè Zero bramava il silenzio ma, più di tutto,
Qualcuno con cui condividerlo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Silence



...

Cos’era diventato?
Se lo chiedeva spesso. Sempre più spesso, e mai una volta riusciva a trovare una risposta soddisfacente.
In verità, non v’era risposta , o forse, una troppo terribile per essere anche solo pensata.
Un brivido lo scosse nel profondo, rimestando in lui i sentimenti e i ricordi più terribili della sua vita.


I suoi genitori in un lago di sangue ,denso e vischioso come una ragnatela. La ragnatela di sofferenza di cui egli stesso era finito col diventare preda.
Suo fratello – il suo piccolo fratellino Ichiru così debole ed indifeso – era stato soggiogato da un vampiro ed ora era il suo servo più fedele.



Come in un incubo risentì la sensazione del sangue che, lentamente ed inesorabilmente, fluiva dal suo corpo.
Risentì il sangue scorrere sulla sua pelle e si sentì come quella volta. Come in quella maledetta notte si sentì vuoto e privo di emozioni, privo di ogni cosa e di ogni sentimento e ,senza accorgersene, si sentì privato a poco a poco da ogni briciolo d’umanità.

Anche quella era stata risucchiata, in quella maledetta notte, insieme al sangue, anche quella era sparita lasciando ,in lui, quel terribile vuoto, quel terribile senso di nulla che lo coglieva impreparato ogni qual volta rimaneva in silenzio.
Si rifugiava nel silenzio e in quell’oscurità ricca di sottointesi , non solo per fuggire dal chiasso degli studenti ,dalle loro schiocche risate o dalle loro frasi prive di senso, ma, soprattutto, voleva fuggire da se stesso.
Da quell’Io che a stento riconosceva.
Si formava nel suo essere. Lento ed inesorabile come il sangue che fluì da lui in quella maledetta notte, quel nuovo essere così alieno ma così simile a lui fuggiva dal sole e ricercava prede.
Cercava fine a quel tormento così struggente. Quel dolore così intenso che lo faceva barcollare che rendeva piccola e insignificante la sua tenacia, la sua forte tempra e soprattutto il suo autocontrollo.
Tutto diventava piccolo e insignificante se paragonato alla sofferenza vischiosa che strisciava lenta nel suo animo ormai corrotto e indiscindibilmente spaccato.


Tutto rimpiccioliva davanti alla fame.


Ed il fatto che ancora avesse dalla sua parte la ragione rendeva tutto ancora più difficile ancora più tormentato e ancora più ridicolmente divertente.
C’era una sorta di macabra ironia una sorta di orribile divertimento nel dover arrendersi alla fame. Arrendersi a quella terribile bestia che lo consumava come fuoco dannato e ardente.
E poi?
Poi tornava la ragione, poi tornava lo Zero di sempre e tutto cadeva su di lui come un macigno minacciando di affogarlo, minacciando di schiacciarlo dal suo stesso senso di colpa per ogni stilla di sangue sottratta per ogni oncia di dolore che le faceva patire.
Cadeva sempre più in basso in un dolore e in un senso di colpa talmente forti e onnipresenti che lo facevano barcollare più della struggente sofferenza che solo la fame sapeva istigare.
Cadeva a terra strisciando nell’oscurità come il mostro che era diventato e che odiava con tutto se stesso. Si rifugiava in luoghi oscuri e silenziosi per punirsi, per auto infliggersi quella pena e quel dolore che ora non provava più perché la fame era stata già saziata ma che avrebbe dovuto provare, perché non avrebbe mai dovuto cedere

Mai,

Mai,

Mai,

Mai con lei.

Soffriva e si dannava perché era giusto perché sentiva di meritarsi tutto quel dolore che colmava il vuoto nel suo animo incrinato.
Vedeva il mondo puro e incontaminato attraverso la cortina di capelli argentei che quasi rinchiudevano i suoi cupi e malinconici occhi viola.
Vedeva il mondo e sapeva che non sarebbe rimasto così a lungo per godersi una vera vita . Per lui non c’era scampo e non c’era nessun dio che potesse perdonare il suo essere terribile. Nessuno poteva perdonare i suoi peccati ,nessun’anima era abbastanza forte da caricarsi i fardelli , suoi, e del suo mostro personale.

Nessuno,

Nessuno,

Nessuno,

Nessuno a parte lei.

Lei che l’aiutava, lei che sorrideva per entrambi.
Lei che l’abbracciava, lei che gli permetteva di bere il suo sangue.


Facciamo insieme la cosa più imperdonabile


L’aveva dannata. Aveva dannato anche lei.
Le aveva concesso libero accesso alla sua anima fatta di nulla e dolore. Le aveva permesso di avvicinarsi a lui come mai nessuno aveva fatto.
Ma qual’era il prezzo?
Era un prezzo troppo alto. Troppo alto.
Le faceva del male lui, proprio lui, che più di tutti voleva proteggerla; la uccideva pian piano con i suoi denti ,con i suoi occhi vermigli ,con la sua scostanza, col suo essere così freddo così vuoto dentro…
Eppure qualcosa era nato tra i rovi del suo essere.
Un sentimento.
Qualcosa di così distante da ciò che ,tra breve ,sarebbe diventato da suonare ridicolo e privo di un qualsiasi senso.
Era un mostro. Non poteva permettersi di provare qualcosa. Non doveva, non poteva ma forse nemmeno lui sapeva quanto in realtà volesse.


Questo dolce sorriso…Queste mani… Li desidero.
Anche se so … che non devo.



Ed era una passione struggente che lo logorava e lo infiammava ,che lo faceva impazzire e ,che lo cullava, nelle infinite notti di calvario, che lo dannava ancor di più e che lo faceva avvicinare ad una ,quanto mai improbabile, redenzione.
Quante volte le aveva chiesto scusa?
Non se lo ricordava. Non lo ricordava più glielo aveva sussurrato tante di quelle volte…
Ma non era importante, non era rilevante il numero delle volte in cui le aveva implorato dal più profondo dei baratri di perdonarlo.
Rimaneva comunque un mostro un essere che non sapeva trattenere i propri istinti che non guardava in faccia nessuno -nemmeno lei- pur di dar tregua anche solo per un giorno a quel dolore straziante che minacciava di sopraffarlo ogni giorno di più.
Nulla l’avrebbe fermato né il suo autocontrollo -che ,come una drammatica parodia, rimaneva fermo, e non si incrinava nemmeno di fronte all’ondata ,impetuosa e selvaggia, della fame- né lei .

A breve nulla l’avrebbe fermato dal diventare ciò che più aborriva; ciò a cui fin da piccolo aveva imparato a disprezzare ed a cacciare.
Un vampiro di livello E.


Bestie in forma umana


Come a proteggersi dall’opprimente verità del suo essere si rannicchiò ancor di più contro il muro freddo.
Sapeva ciò che doveva essere fatto. Ogni fibra del suo essere lo supplicava a gran voce.
Doveva prendere la Bloody rose e con un solo colpo preciso ed efficace avrebbe detto basta al suo dolore ed alla sua sofferenza ,senza fine e senza fondo, così grande da essere paragonata all’intensità melanconica dei suoi occhi viola.
Ma non poteva.
Doveva ma non voleva.
Lei glielo impediva, gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato che non l’avrebbe lasciato morire che avrebbe fatto di tutto per averlo di nuovo al suo fianco come prima, come se nulla fosse successo.
Perché lo faceva?
Affetto? O puro egoismo?
A lui non importava; nel suo dolore ,l’unica cosa che gli dava la forza ,per aprire gli occhi, dopo una notte costellata di incubi o di rialzarsi ,dopo essere stato soprafatto dalla cieca fame, era lei.
L’unica luce , seppur fievole, della sua solitaria esistenza era la consapevolezza che lei volesse che lui vivesse ancora, che lui non si arrendesse, che non rinunciasse e che, finalmente, imparasse a sorridere.
A sorridere veramente coma mai aveva fatto e come lei, ancora adesso, aveva il coraggio di fare.
Quindi poco importava il dolore ed il supplizio eterno a cui lei l’aveva costretto. L’importante era che lei lo volesse ancora . anche dopo tutto quel che aveva fatto che le aveva fatto.
Aveva dato un’unica condizione però. Se non fosse stato più in grado di andare avanti, se fosse diventata quella bestia sanguinaria, priva d’intelletto che tanto lo disgustava, lei e solo lei avrebbe dovuto ucciderlo.

E sarebbe stato come vedere uno spicchio di cielo ed eternità, morire, per mano sua. Sarebbe stato un eterno conforto ,sapere, che proprio le sue fragili mani gli avevano regalato la pace che da tempo ,ormai immemore, agognava.
Ma in attesa di quel momento che – aveva la certezza - sarebbe presto arrivato, lui si costringeva a vivere. A vivere al suo fianco osservando il suo eterno sorriso e la freschezza del suo viso che mai faceva trapelare le sofferenze del suo animo spezzato.


Era forte. Forse anche più di lui.


E si costringeva a vivere tra peccato e rimpianto. Aspettando con ansia il giorno in cui ,tutto si sarebbe concluso , il giorno in cui i suoi occhi avrebbero potuto riempirsi della dolce immagine di lei che ,con le sue piccole e calde mani, segnava la fine del suo incubo personale e l’arrivo della pace che ,bramava, più di ogni singolo, rantoloso, respiro ottenuto ,proprio, dal sangue di lei.


Tra peccato e rimpianto…


Si costringeva a vivere.



Un rumore di passi gli fece alzare l’imperscrutabile sguardo viola.



“Yuuki…”

La ragazza lo osservò e ,con quel suo dolce sorriso e, quella luce brillante negli occhi scuri, gli si avvicinò cauta ,ma senza paura, e ,inginocchiandosi davanti a lui, gli sistemò ed abbottonò la camicia candida, borbottando rimproveri con la sua voce gentile.

“Resta.”


E lei sorrise di nuovo sedendosi accanto a lui e dividendo il suo calore.

Poiché Zero bramava il silenzio
Ma ,più di tutto,
Qualcuno con cui condividerlo.



...





Note della Red: Ahem... questa è la prima fanfiction di VK che ho scritto, non è molto recente, ma ancora mi piace [stranamente O_o]
Spero tanto che piaccia anche a voi!
Credo che tornerò a scrivere su Zero, personaggio che realmente adoro *O*,  e forse anche su Yuuki.
Ovviamente sono una grande fan della coppia. *annuisce*
Fan Zeki, sono dalla vostra parte! XD
Red
   
 
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