Fanfic su artisti musicali > The GazettE
Segui la storia  |       
Autore: EmilyW14A    11/10/2016    4 recensioni
Succede spesso di convincerci che le persone ci guardano e critichino ogni singola cosa che facciamo, ma non è così. La verità è che gli esseri umani sono tutti perfettamente egoisti e non hanno tempo da dedicare agli altri, anche se si tratta di uno sconosciuto seduto nel sedile davanti sul treno. Noi ci convinciamo che gli altri passino il loro tempo a commentare i nostri abiti, i nostri capelli, i piercings, i tatuaggi, i nostri lineamenti, il nostro fisico; in realtà nessuno si sofferma veramente a giudicare cosa fanno gli altri. Nonostante ciò, in questo momento non riesco a togliermi di dosso la sensazione che tutti i passeggeri della metropolitana si siano accorti di quello che ho appena fatto e mi stiano fissando con sguardo indagatore. Cerco di darmi velocemente un contegno, sistemo la camicia e la giacca, e proseguo nel mio cammino. Controllo l'orologio e mi accorgo che tra meno di due ore devo iniziare il turno a lavoro. Decido di fermarmi qualche fermata prima per pranzare in un posto tranquillo. Ho bisogno di riflettere da solo su tutto quello che è appena successo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IX.


















Alzo la testa dallo smartphone guardando distrattamente fuori dal finestrino. Mi accorgo che il treno è fermo. Leggo il nome della stazione scritto a caratteri cubitali sul grosso cartello all'entrata: HIYOSHI STATION. Mancano ancora un paio di fermate prima di arrivare a destinazione. Ho deciso di prendere la Fukutoshin Line dalla stazione di Ikebukuro così da arrivare il prima possibile, anche se ammetto di essermi annoiato un bel po' durante questi quaranta minuti di viaggio. Ho comprato alla stazione una piccola rivista con dei quiz e dei giochi di logica per ingannare il tempo, ma dopo qualche pagina mi sono annoiato ed ho cacciato tutto in borsa. Era da un bel po' di tempo che non salivo su un treno per fare un viaggio così lungo, considerando che spesso mi sposto a piedi o in moto. Non amo molto spostarmi perchè mi irrita trovarmi in un posto che non conosco. Per fortuna conosco molto bene il luogo dove sto per andare. Guardo l'orario sul display del telefono: sono le 15.40. Ancora venti minuti di viaggio e finalmente posso sgranchirmi un po' le gambe e magari concedermi una sigaretta. Sento il telefono vibrare tra le mie mani.
È un messaggio di Kouyou:


Non prendere troppi libri oggi eh ;)
Buona fortuna!


Trasalisco leggermente dopo aver letto. È come se il messaggio del mio migliore amico mi abbia tirato uno schiaffo alla coscienza risvegliandomi dal sonno in cui ero caduto nelle ultime ore. Non è che mi sono dimenticato dove stia andando e perchè, ma ho cercato di accantonare la questione fino a che non mi sarei ritrovato a toccare il suolo di Yokohama. Perchè sono così irritato dal messaggio di Kouyou e perchè mi sento così male all'idea di incontrare uno sconosciuto? Dopo mesi di ricerche ho tutto ciò che mi serve e quindi dovrei avere tutto sotto controllo. Invece sento che qualcosa mi sta sfuggendo di mano e non posso fare nulla per rimediare; come sabbia che scivola dalle mani. Mi sento improvvisamente perso: persino il sedile davanti al mio, rimasto vuoto per gli scorsi quaranta minuti, mi appare estraneo e spaventoso. Perchè mi sono allontanato dal mio quartiere? Perchè non sono rinchiuso nel mio territorio protettivo? Perchè non sono in palestra ora, in questo preciso istante? Mi do mentalmente dello stupido e cerco di riprendere il controllo di me stesso e delle mie emozioni. Ho con me tutto quello che mi serve: una foto di riconoscimento, l'indirizzo e il nome della biblioteca. Non posso né perdermi né sbagliare luogo o persona. È tutto sotto controllo. Me lo ripeto mentalmente come un mantra. Approfitto dell'assenza di persone nel mio vagone e tiro fuori la foto stampata per me da Yoshinori. La fototessera che possedevo si è finalmente trasformata in un viso dai lineamenti nitidi e definiti. Osservo con cura quel viso. È un volto qualunque: due occhi a mandorla, un naso forse un po' troppo ingombrante, l'ovale tondo del viso, le labbra carnose e i capelli lunghi fino alle spalle. È un uomo qualunque che forse dimostra meno anni di quelli effettivi, ma in fondo la foto deve essere stata scattata molto tempo fa e probabilmente è molto cambiato. Chissà se lo riconoscerò. Vedo passare, con passo svelto ma felpato, un controllore che mi guarda con aria di rimprovero come se volesse brontolarmi per avermi colto impreparato. Tiro fuori il biglietto e aspetto che me lo timbri. Ripongo tutto nella mia borsa con cura, foto compresa. Forse è meglio se non la tiro fuori in un luogo pubblico. In effetti non si vede tutti i giorni un uomo che passeggia con una fototessera stampata in un foglio A4 di una persona tra le mani. Decido di impiegare gli ultimi minuti di viaggio a cancellare le e-mail di spam dalla mia casella di posta elettronica. Quando rialzo gli occhi per guardare fuori dal finestrino mi rendo conto che il treno è fermo e che sono finalmente arrivato a Yokohama.
Mi alzo avendo cura di aver recuperato tutti i miei effetti personali. Quando sono soddisfatto scendo dal treno e cerco subito una caffetteria. Entro e ordino un latte macchiato da asporto. La commessa è molto cordiale e mi augura buona giornata porgendomi il grosso bicchiere di carta coperto da un piccolo coperchio di plastica. Quando mi sorride noto che ha un piercing sulla lingua che risplende timidamente sotto la luce del neon posto sopra il bancone di marmo e legno. Ringrazio con un piccolo inchino. Recupero lo scontrino e il resto e esco dal locale infilando tutto nelle tasche della giacca in pelle. Scorgo un grosso cartellone appeso davanti all'uscita della stazione in cui è raffigurata la mappa di tutto il capoluogo. Osservo l'indirizzo che mi interessa, dopo averlo trovato  mi dirigo verso l'uscita più vicina. Mi avvio verso la direzione sorseggiando il mio latte. Ripenso mentalmente a tutto quello che devo fare e dire. Sento una vocina iniziare a parlare dentro di me.

'Stai andando a disturbare la quotidianità di un completo sconosciuto.
Lui non sa nemmeno c
he esisti.
Non dovresti essere qui.'


Scaccio immediatamente via questa voce anche se...mentirei se dicessi che non mi sento trafitto da quelle parole. Solo ora che sono così vicino alla mia meta e che mi basta tendere la mano per raggiungere il mio obbiettivo mi rendo conto di aver sbagliato tutto. Per qualche motivo ho iniziato a cercare una persona che non ha niente a che fare con la mia vita? Io non so nulla di lui, né lui di me. Lui mi ha salvato la vita e nessuno avrebbe dovuto saperlo. E con quale diritto ho deciso di dover avere a tutti i costi informazioni su di lui e sulla sua esistenza? Sono un bastardo.
'E non so nemmeno che cazzo sono venuto a fare in questo posto di merda' dico tra me e me.
Ormai sono qui e non posso aver buttato un'ora della mia vita in un viaggio che non ha scopo. Tanto sarà una cosa semplice. Entrerò in quella dannata libreria, chiederò di lui, lo ringrazierò e stop. Al massimo gli stringerò la mano con fare deciso e amichevole e poi me ne andrò e non ci vedremo mai più. Non comprerò nemmeno una scatola di biscotti o di cioccolatini. Voglio che sia una cosa abbastanza formale e non voglio perdermi troppo in chiacchiere. In fondo voglio solo ringraziarlo. Magari è pure stronzo e antipatico e non penso che potremo mai essere amici.
Continuo a camminare per un lungo viale pieno di persone. Noto un sacco di ragazze e ragazzi liceali che corrono per i marciapiedi ridendo e scherzando. Qualche persona stringe tra le mani un  cono gelato mentre passeggia tra i negozi delle vie centrali. In effetti sta iniziando a fare caldo e la primavera tra meno di un mese finirà e inizierà il caldo infernale dell'estate. Odio l'estate con tutto me stesso perchè fa troppo caldo e in qualunque negozio entro, trovo l'aria condizionata ad una temperatura così alta da farmi gelare il sangue nelle vene. Preferisco di gran lunga l'autunno con il suo clima mite e accogliente. Adoro il colore delle foglie secche che gentilmente si posano a terra e scricchiolano sotto i miei piedi. Adoro i colori e i profumi autunnali. Adoro mangiare l'okonomiyaki seduto al bancone di un bar mentre faccio qualche gioco stupido sul mio iPhone. Ma ora non è decisamente il clima adattato per mangiare certe prelibatezze. Mi rassegno all'idea di dover aspettare ancora un bel po' di mesi prima di tornare ad apprezzare il mondo intorno a me.
Dopo quasi mezz'ora di camminata mi rendo conto che sono quasi arrivato a destinazione. Butto in un cestino il mio latte macchiato ormai diventato una brodaglia tiepida e insapore. Mi accendo lentamente una sigaretta aspirando profondamente e godendomi quei piccoli attimi in cui la nicotina  scorre nelle mie vie respiratorie e entra nei polmoni. Il dottore mi ha raccomandato di non fumare ma non credo che una sigaretta ogni tanto possa uccidermi. Ho iniziato ad adorare il sapore del tabacco dopo essermi operato. Sentivo di essere sempre nervoso e di star bevendo troppi caffè. Chiesi una sigaretta ad un tizio un po' scorbutico che stava aspettando insieme a me l'autobus e me la fumai più tardi sul retro della pasticceria senza farmi vedere da nessuno. Fu la sigaretta più lunga della mia vita.
Ho letto sulla mappa della città di Yokohama che la biblioteca centrale si trova vicino ad un famoso centro commerciale ed entrambi i luoghi sono molto frequentati da studenti e anziani. Vedendo uscire così tanta gente da una grossa entrata a specchio capisco di trovarmi vicino al centro commerciale. Cammino per altri cinquecento metri imboccando un viale alberato e dopo un paio di minuti scorgo il palazzo color rosa chiaro che spicca tra gli alberi di fronte a me. Gruppi di studenti sono seduti nelle panchine laterali alla struttura stringendo tra le mani pesanti manuali di ingegneria, matematica e scienza. Mi sento un pesce fuor d'acqua in quel momento. Io che non ho mai amato così tanto lo studio e i libri scolastici. Non nego di esser stato un bravo studente quando ero al liceo, tuttavia non ho mai avuto una vera passione per nessuna materia in particolare. Adoravo storia e geografia ma a pensarci bene anche quelle materie erano per me troppo impegnative e così quando finii la scuola decisi di intraprendere la carriera culinaria. Adoro cucinare dolci e penso che sia l'unica cosa che so fare nella vita. Però ammetto di sentirmi fuori luogo in un posto del genere. Adoro leggere e praticamente mi dedico alla lettura tutti i giorni, tuttavia non ho una cultura accademica e conosco pochissimo i classici occidentali, la poesia e la saggistica. Vedere tutti questi ragazzi stringere tra le braccia quei pesanti volumi mi fa sentire vecchio, malinconico e pure ignorante. È proprio vero che superati i trent'anni cambia completamente il modo di vedere il mondo. Ha ragione Kouyou quando dice che ormai sono un vecchio che passa la maggior parte del tempo a lamentarsi.
Decido di farmi forza e mi dirigo verso l'enorme ingresso. La facciata è decorata con un numero cospicuo di finestre a specchio che riflettono la luce del sole pomeridiano. Da fuori sembra un ambiente tranquillo e lontano dal traffico metropolitano, come un oasi di palme e acqua pulita nel mezzo del deserto. Questo posto è l'oasi e il paradiso di tantissimi studenti e appassionati lettori che vengono qui giornalmente per studiare serenamente senza essere disturbati. Passo davanti ad un cartello colorato che indica l'orario di apertura e di chiusura della biblioteca. La struttura ha cinque piani tra cui una sezione dedicata solo agli universitari e una riservata ai bambini. Entro nel grande atrio dopo essermi guardato intorno un paio di volte. C'è una grande reception nel centro dell'ingresso; una ragazza al di là del tavolo batte violentemente le dita sui tasti del computer interrompendo continuamente l'accogliente silenzio in cui si è avvolti appena superata l'entrata. Decido di non fermarmi a chiedere nulla e di proseguire fino alle scale. Leggo attentamente le indicazioni riguardo le sezioni in cui sono suddivisi i piani e lancio uno sguardo veloce alla mappa della biblioteca. Al piano terra si trova la zona per bambini e all'ultimo piano si accede nell'aula studio per universitari. Fuori due. Mi restano solo tre piani da controllare. Mentre appoggio il piede sul primo scalino qualcosa mi colpisce dentro come un fulmine a ciel sereno. Sento salire immediatamente un forte senso di nausea e le vertigini mi obbligano ad appoggiarmi alla parete bianca. Il pavimento è bianco, il muro è bianco, le scale sono bianche. Persino la camicia dell'impiegata al bancone è di un bianco fin troppo sgargiante. Tutto quel bianco, quel pulito maniacale improvvisamente mi dà la nausea. Osservo le persone passarmi accanto senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Mi sento ancora dentro quella sensazione. Quella dannata sensazione di trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Cosa cazzo ci faccio qui? Dovrei essere a casa in questo momento a pulire la gabbietta dei miei pappagalli o a farmi un bagno rilassante. Ho sbagliato tutto fin dall'inizio, non avrei mai dovuto iniziare questa ricerca che mi ha condotto in questo posto tremendamente bianco e ordinato. Mi guardo intorno e decido di uscire fuori nell'ampio cortile. Mi accendo frettolosamente una sigaretta e aspiro forte. Non capisco perchè sono così nervoso. Non sono mai stato un ragazzo e un uomo estroverso, ho sempre preferito rimanere in silenzio e farmi gli affari miei. Ma allora perchè ho speso tre mesi e mezzo della mia vita a farmi gli affari personali di uno sconosciuto? Non so nemmeno se quel Matsumoto lavori ancora qui; magari oggi è il suo giorno libero oppure ha già staccato il suo turno e il mio viaggio è stato totalmente inutile. Come diavolo mi è saltato in mente di venire fino a Yokohama senza nessuno straccio di prove che quell'uomo si trovi ancora qui. Magari si è trasferito momentaneamente all'estero e quindi dovrò rinunciare per sempre al desiderio di ringraziarlo.
Finisco la mia sigaretta indugiando ancora sul da farsi. Mi siedo e bevo un po' di acqua dalla mia borraccia. Osservo le persone entrare e uscire continuamente nel grandissimo edificio rosa.
Ripenso alle parole di Kouyou: “è una cosa così semplice”.
Più facile a dirsi che a farsi. Non è così confortevole sapere di trovarsi faccia a faccia con uno sconosciuto. Non so nemmeno come potrò presentarmi e introdurre la questione. Forse dovrei aspettare che concluda il suo turno e dirgli in fretta e furia che sono qui a Yokohama di passaggio e che volevo ringraziarlo e poi tanti saluti. Scuoto la testa allontanando ogni tipo di pensiero. Voglio avere la mente vuota da tutto. Mi alzo dalla panchina e alla fine mi decido ad entrare. Tutto sommato questa biblioteca è bellissima e rinomata; potrei trovare qualche libro interessante da portarmi a casa e leggere con calma.
'Guarda il lato positivo Akira. Sei davanti all'ingresso di una delle più grandi biblioteche del Giappone. E tu hai bisogno di qualche nuovo libro da leggere'.
Mi ripeto queste parole come un mantra mentre attraverso nuovamente l'ingresso e mi dirigo verso gli ascensori. Percepisco ancora le vertigini e vorrei evitare di svenire qui davanti a tutti. Schiaccio il tasto 2 sul display e attendo la chiusura delle porte. Arrivo al secondo piano e appena poso il piede sulla moquette soffice grigio scuro mi sento come accolto da un'atmosfera dolce e amorevole. L'ambiente è così tranquillo che persino le mie vertigini si affievoliscono. Mi ricorda una casa con il caminetto acceso in una notte fredda di dicembre. Appena metto piede nella grande sala lettura sento un forte odore di carta e inchiostro inebriarmi le narici. Deve essere davvero un ottimo anti-stress lavorare qui. Faccio qualche passo guardandomi intorno e lasciando la mia mente vuota da ogni tipo di pensiero. Ormai sono qua dentro e non posso scappare. Basta comportarmi normalmente, no? Entro in un corridoio, sfoglio un libro, lo prendo in prestito. Non è così difficile. Osservo alcune ragazze e ragazzi del personale. Alcuni di loro sono molto giovani. Indossano tutti una camicia color grigio chiaro con una piccola targhetta appesa al taschino sinistro su cui è stampato in alfabeto romano il proprio nome accompagnato da una tessera di riconoscimento. Mi guardo intorno e noto un lungo tavolo alla mia destra su cui sono seduti alcuni studenti e alcuni adulti intenti a leggere e scrivere appunti sul loro notebook. Sono un po' spaesato e forse sto dando troppo nell'occhio così cammino con passo deciso verso il bancone di legno chiaro in cui trovo ad attendermi tre impiegate con un sorriso di cortesia stampato in faccia.
“Buongiorno come possiamo aiutarla?” chiede con tono gentile la più robusta delle tre.
“Salve, s-senta io...stavo cercando dei libri gialli o thriller....insomma sì” dico cercando di nascondere l'imbarazzo nella voce.
“Mi spiace signore ma su questo piano si trovano solo testi di saggistica e attualità. Per i romanzi deve salire al terzo piano. Lì troverà altri impiegati a sua completa disposizione”
Benissimo. Ho già fatto una figura di merda e sono all'interno dell'edificio da soli dieci minuti. Ringrazio e mi allontano dal banco informazioni. Proprio vicino agli scaffali leggo un grosso cartello: SAGGISTICA. Forse conviene che mi guardi intorno più attentamente. Ripercorro il cammino a ritroso, camminando sulla moquette che scricchiola lievemente sotto il mio passaggio. Mi dispiace abbandonare quell'atmosfera silenziosa e serena. Esco dal lungo corridoio e rientro nell'ascensore. Non sono da solo. C'è un impiegato accanto a me che mi sorride cordiale e mi chiede a che piano devo andare. Schiaccia il numero 3 per entrambi e appena le porte si chiudono un imbarazzante silenzio cala tra di noi. Arriviamo a destinazione e quando le porte si aprono vengo ancora accolto da quell'odore inconfondibile di libri e di carta. Sento il rumore di una fotocopiatrice che lavora instancabile in qualche angolo della sala. L'impiegato mi saluta e cammina sicuro di sé verso il lungo corridoio sparendo tra gli scaffali dei libri. Mi guardo ancora intorno, ma prima di tutto mi assicuro di trovarmi nella sezione appropriata. Trovo finalmente il cartello che mi informa di essere nel posto giusto. L'arredamento di questo piano è lo stesso del piano inferiore. Stessa moquette grigia, stesso tavolo con forma rettangolare, stesso bancone di legno e compensato. Entro in un corridoio su cui trovo una targhetta nera appesa in alto ma abbastanza visibile: SEZIONE N. 5 – HORROR E THRILLER. Percorro quel piccolo corridoio e inizio a leggere qualche titolo di alcuni romanzi. I libri horror non mi sono mai piaciuti granchè perchè li trovo noiosi e ridondanti; tranne quelli di Stephen King che ammiro per stile di scrittura e per la sua enorme originalità. Recupero uno dei suoi libri e lo sfoglio veloce. Si intitola 'Misery' e dal piccolo riassunto stampato sul retro sembra molto interessante. Ripongo il libro al suo posto e proseguo nella mia ricerca. Mentre leggo qua e là qualche titolo, mi guardo intorno cercando di scorgere dei lineamenti o altri segni distintivi dell'uomo della fototessera. La sala lettura sembra completamente vuota ad eccezione di qualche signora seduta sulle piccole poltrone sparse per ogni scaffale. Mi sposto nel piccolo corridoio affianco e mi accorgo di aver totalmente cambiato genere. Riconosco qualche autore fantasy e qualche titolo di alcune saghe famose come Harry Potter. L'odore di carta e inchiostro è così forte che sembra volermi soffocare da un momento all'altro, eppure è pericolosamente piacevole. Come una carezza sulla fronte. Sul lato opposto della sezione trovo dei libri di fantascienza che sono palesemente più vicini ai miei gusti personali. Prendo in mano un libro di Asimov e lo sfoglio curioso. Non ho mai letto niente di questo scrittore ma mi hanno sempre affascinato i titoli dei suoi romanzi. Ho sempre amato i paesaggi nei film di fantascienza: lo spazio, le navicelle, i pianeti extraterrestri. C'è qualcosa di infantile nei miei gusti personali e ne sono consapevole; eppure so che il giovane Akira che vive dentro di me sta ancora sognando di partire per un avventura alla scoperta dei confini dell'universo. Continuo a sfogliare il romanzo e lanciando qualche piccola occhiata ai capoversi di ogni capitolo.
“Buon pomeriggio signore. Ha bisogno di aiuto?” chiede una voce maschile dietro di me.
Mi volto immediatamente come se avessi sentito una bomba scoppiare alle mie spalle. “Mi dispiace non volevo spaventarla. Tuttavia...è vietato sfogliare o leggere i libri in piedi davanti agli scaffali. Può prendere tutti i libri che vuole, ma le consiglio di sedersi se vuole leggere. Se ha bisogno di cercare qualche titolo specifico può chiedere a me”
Mi volto e trovo davanti ai miei occhi un impiegato della biblioteca con indosso la divisa grigia composta di pantaloni neri molto stretti e una camicia perfettamente stirata. I capelli corvini sono raccolti in una coda leggermente disordinata; occhi color nocciola che mi scrutano con un aria di rimprovero. L'uomo davanti a me è in contro luce e non riesco a percepire perfettamente i suoi lineamenti così mi concentro su altri piccoli dettagli. È più basso di me e ha una corporatura minuta. Indossa un orologio casual al polso sinistro con un cinturino nero molto fine. Al suo collo è appeso un lungo portachiavi da cui pende una tessera rivestita da della plastica protettiva e un piccolo mazzo di chiavi. Le mani sono incrociate sul ventre e le braccia sono distese sul suo petto come se aspettasse di porgermi qualcosa da un momento all'altro.
“M-Mi scuso non conosco le regole della vostra biblioteca. Sono un po' sbadato”
Le parole escono da sole senza che io abbia il controllo su di esse. Solo dopo averle pronunciate mi accorgo di quanto suono ridicolo. Sono proprio un fallimento. Tossisco cercando di nascondere la vergogna.
“Capisco. Sta cercando un titolo in particolare?” chiede il commesso dai capelli neri.
“S-Sì....io stavo guardando, cioè sto cercando...Lolita di Nabokov” Complimenti Akira. Sei una testa di cazzo. Non so da dove diavolo abbia tirato fuori quel titolo e quell'autore ma ormai il danno è fatto. Non conosco minimamente quel libro né lo scrittore; è possibile che lo abbia sentito nominare da qualche collega in pasticceria ma sinceramente non ha mai catturato la mia attenzione.
“Ah, ma lei si trova nella sezione completamente sbagliata. Glielo faccio avere subito. Mi segua” dice lui sorridendo.
Capisco di aver fatto una figura di merda ancora più grossa di quella avvenuta al piano inferiore. Mi rassegno all'idea di essere apparso come un totale idiota davanti agli occhi dello staff di questo palazzo. Sta andando a monte tutto quello che mi ero prefissato. Mentre il commesso si sposta, in pochi attimi riesco a leggere il nome scritto sul tesserino attaccato con una clip alla tasca della camicia. Il sole illumina le lettere e leggo chiaramente:  MATSUMOTO T. Seguo il ragazzo dai capelli corvini che attraversa veloce il corridoio, entra in uno scaffale e lo percorre a metà, si ferma su una mensola e dopo pochi secondi estrae un libro dalla copertina rosa e leggermente consumata.
Si volta verso di me e finalmente posso osservare il suo viso illuminato dalle luci a neon della sala. Stessi occhi, stesso naso, stesse labbra. I capelli sono corvini, rispetto alla foto in cui la capigliatura è di un color castano chiaro, ma direi che questo è totalmente superficiale. Non ho più nessun dubbio. È lui.
“Ecco a lei. Ottima scelta. Adoro la letteratura russa. Vuole prenderlo in prestito?” mi chiede gentilmente. Mi soffermo ad osservarlo, osservo i suoi movimenti sicuri con cui sistema un gruppo di libri che si era accasciato in diagonale. Li spinge in posizione eretta con un piccolo slancio e poi torna a fissare la mia persona.
“In prestito? Ah beh...sì!” mi offendo mentalmente appena pronuncio la frase. Sta andando sempre peggio. Non so nulla di letteratura russa e sicuramente mi avrà scambiato per un appassionato di classici europei. Cerco di nascondere la mia faccia impacciata guardando altrove.
“Mi segua fino al banco prestiti” dice lui con tono sicuro. La tonalità della sua voce mi accarezza le orecchie e il cervello. È una voce maschile e bassa, ma è delicata ed avvolgente. Se dovessi associarla a qualcosa la assocerei ad un cubetto di cioccolata fondente all'arancia. Proprio così. La voce di quel giovane uomo è intensa e amara come il cacao, ma ha qualcosa di fresco e tenero come il profumo degli agrumi. Lo seguo fino allo sportello prestiti e continuo ad osservarlo. Ancora non ci credo di averlo incontrato e di averlo davanti a me a pochi centimetri di distanza. Potrei chiedergli tutto quello che voglio ed esprimergli tutta la mia gratitudine. Ho così tante cose da dirgli e allo stesso tempo vorrei solo pronunciare un profondo e sentito 'grazie'. Ma i miei pensieri vengono ancora interrotti da quella voce bassa e dolce.
“Mi scusi...per il prestito ho bisogno dei suoi dati personali e di un documento” dice lui fissando lo schermo del pc. Tiro fuori dalla borsa tutto l'occorrente.
“Akira Suzuki, sono nato il 27 maggio dell' anno 1979 e vivo a Tokyo. Devo fornire altro?”
“No basta così...copierò il suo codice fiscale e l'indirizzo dalla carta d'identità.”
Lo vedo intento a scrivere attentamente i miei dati sul pc senza staccare gli occhi dallo schermo nemmeno un secondo. Osservo la sua figura minuta e cerco di pensare in pochi attimi a come iniziare la conversazione. Non posso farmi sfuggire questa occasione. La sala è quasi vuota e non sembra esserci molto lavoro per il personale. Posso concedermi di fare lo strafottente e distogliere un commesso dal suo lavoro. Mentre lui scrive io penso ad una cosa intelligente da dire.
Alza lo sguardo su di me senza lasciarmi il tempo di pensare.
“Ecco a lei.” afferma porgendomi il libro dalla copertina rosa.
Non posso andarmene a mani vuote così. Devo almeno provarci.
“Senta, vorrei chiederle una cosa” sussurro a denti stretti.
Spero che non mi abbia sentito. Ma purtroppo oggi la fortuna non è dalla mia parte.
“Sì?”
“Ho una cosa importante da dirle...io....no, non io....lei, cioè io” mi interrompo sentendo la lingua fatta di cemento e la gola arida come un deserto. Sto facendo una figura terribile. Che cazzo mi sta succedendo?
“.....è una bellissima biblioteca questa” continuo arrendendomi.
“Concordo. È un edificio bellissimo. Ma cosa voleva chiedermi?”
Cazzo.
“Ehm...entro quando devo restituire questo libro?”
“Ha trenta giorni di tempo per leggerlo, ma ovviamente può riportarlo anche prima” risponde sorridendo cortesemente.
Lo ringrazio senza degnarlo di uno sguardo, consapevole della brutta figura appena fatta. Lo saluto e mi dirigo verso l'ascensore con aria afflitta. Schiaccio il pulsante 'zero' senza guardarmi intorno. Osservo la copertina del libro rosa consunto sulla cui copertina è stampata una foto in bianco e nero tratta da un film anni '60, probabilmente uno dei tanti film ispirati a questo famosissimo romanzo.
Arrivo al piano terra ed esco di fretta dalla biblioteca buttandomi nel chiasso pomeridiano del cortile di quel quartiere di Yokohama. Mi ritrovo con un libro tra le mani per cui non ho il minimo interesse, ho appena incontrato la persona che mi ha salvato la vita e tutto quello che ho saputo dirle è stata solo una terribile cazzata per cui ho fatto la figura di un idiota ritardato. Persino un pazzo direbbe che oggi non è proprio la mia giornata. Mi avvio verso la stazione pensando di non voler più tornare in un posto del genere.
















Buongiorno fanciulli e fanciulle! Sono tornata più velocemente del previsto u.u ero troppo ansiosa di postare questo capitolo che come avrete capito è il  capitolo più importante della storia. Finalmente è successo qualcosa. Tuttavia non sembra essere finita bene per il nostro protagonista. D'altronde la cosa è molto delicata e lui purtroppo non è stato abbastanza coraggioso. Secondo voi Akira tornerà in quella biblioteca? 
A proposito di biblioteca. L'edificio che ho descrito esiste davvero -> 
http://www.city.yokohama.lg.jp/kyoiku/library/foreign/e-index.html  e se cercate le foto su google capirete subito che mi sono ispirata totalmente a quella reale. Io la trovo bellissima *_* Akira non è della mia stessa idea visto che ha avuto un attacco di panico appena ci ha messo piede. Poverino ;__; si è sentito in colpa per tutto quello che ha fatto. D'altronde non si può negare la verità. Akira ha stalkerato un perfetto sconosciuto e si è presentato in un posto in cui non sarebbe mai dovuto andare.
Ma parliamo del nostro Rukino <: non è bellissimo? *_* i capelli corvini ;___; proprio come nel pv di Ugly. Infatti mi sono ispirata proprio a quel look per il Takanori di questa storia. Secondo me Ruki sta divinamente con i capelli corvini ;; sembra una geisha o una principessa delle tenebre ;; 

aspetto i vostri commenti perchè so che ci saranno u.u  
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The GazettE / Vai alla pagina dell'autore: EmilyW14A