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Autore: Yuki Delleran    12/10/2016    1 recensioni
"La tranquillità e la pace, si sa, non avevano mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto,[...] eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile."
(Fantasy AU ispirata al film Disney "Maleficent" con un pizzico di HQ Quest)
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 6

 

Quando Hinata si svegliò impiegò alcuni istanti a capire dove si trovasse: non era il letto di una locanda e nemmeno il giaciglio confortevole che si creava arrotolando il mantello quando si accampavano all'aperto. Sembrava semplicemente una piccola zona erbosa accanto ad alcuni alberi e riparata da una barriera di cespugli. Tra le fronde filtrava una luce tenue e opaca, proveniente da un cielo cupo che gli impediva di capire se fosse giorno o sera.
Mentre si alzava lentamente a sedere, sgranchendosi gambe e braccia indolenzite, fece mente locale su quanto successo. Ricordava lo scontro con i demoni della Brughiera e che il re aveva preso di mira Iwaizumi come se lo conoscesse. Rammentava Kageyama che correva in aiuto del cavaliere e il demone vestito di rosso che afferrava lui stesso per farsene scudo durante la ritirata. L'ultima cosa che aveva udito era Kageyama che urlava il suo nome, dopodiché doveva aver perso i sensi visto che tutto si faceva nero e confuso.
Quindi era stato preso in ostaggio dai demoni, si disse tentando di mantenere la calma. Se avesse seguito l'istinto sarebbe scappato fuori da quei cespugli urlando, ma non era certo che quella fosse la soluzione più appropriata. Sicuramente Kageyama lo avrebbe sgridato dicendo che ragionava con la spada invece che con il cervello. A proposito di spada, non la vedeva da nessuna parte. Era comprensibile che i demoni l'avessero disarmato, ma gli sarebbe dispiaciuto perderla. In ogni caso, continuò seguendo un filo di pensieri tutto suo, ora che si trovava lì avrebbe potuto studiare i movimenti degli avversari come un infiltrato e approfittarne poi per riferire le loro debolezze ai compagni. Ammesso che fosse riuscito a scappare, ovviamente, ma di questo non dubitava.
Stava per scostare i cespugli per controllare la situazione quando una voce bloccò preventivamente ogni suo gesto.
« Tooru! Insomma, si può sapere cosa ti è saltato in mente? »
Era la voce del demone rosso, ma leggermente più miagolante di prima.
« Quelli avevano delle armi di ferro, sarebbe potuta finire male se una freccia ti avesse colpito! »
« Lo so, Kuroo-chan, lo so! »
Quello era inequivocabilmente il re dei demoni e Hinata si avvicinò di più al cespuglio per sentire meglio.
« Se lo sai allora avresti dovuto darmi ascolto invece che farti portare via di peso da Bokuto! »
Hinata era stupito che una creatura così potente e spaventosa si lasciasse rimproverare in quel modo, l'impressione generale era quella di un padre o di un fratello maggiore che sgridava un bambino.
« Comunque non mi sarei mai aspettato di vedere Hajime, ha avuto un bel coraggio a tornare qui. » commentò una terza voce, quella del demone grigio. « Sono rimasto stupito io, figuriamoci Tooru! »
« Smettila, Bokuto, non scusarlo! »
Ne seguì un silenzio prolungato, interrotto solo da uno strano frusciare di stoffa e da uno sciacquio. Hinata si sporse appena oltre il cespuglio e intravide l'angolo di un laghetto dalle acque limpide. Su una roccia lì accanto era appollaiato un gufo grigio, mentre un gatto nero zampettava nervosamente sull'erba. Il piccolo spadaccino non impiegò molto a capire che quella doveva essere un'altra forma dei sottoposti del re dei demoni, anche se non poteva sporgersi maggiormente per individuare quest'ultimo senza essere scoperto. Nessuno sembrava badare a lui, se avesse aspettato che se ne andassero magari avrebbe potuto scappare e tornare dai suoi amici. Anche se non aveva raccolto informazioni non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione, per questo si appoggiò con la schiena al tronco dell'albero, impaziente.
Dopo alcuni minuti un suono inatteso attirò la sua attenzione. Sembrava un singhiozzo, ma era talmente assurda come idea che Hinata pensò di essersi sbagliato.
« Tooru... » mormorò il gufo, Bokuto, in tono triste.
« Ma... stai piangendo? » gli fece eco Kuroo, il gatto. « Andiamo, Tooru... »
« Non sto affatto piangendo! » scattò il re dei demoni, nervosamente, ma la sua voce era incrinata. «Piuttosto, andate a cercare qualcuno che si occupi di quello scarto di spadaccino che vi siete portati dietro! Non ho la minima intenzione di stargli alle calcagna tutto il giorno e non possiamo permetterci che se ne vada a zonzo per conto suo! »
Hinata avrebbe dovuto prendersela per la definizione poco lusinghiera che gli era appena stata affibbiata, ma era troppo concentrato su tutto il resto per farci davvero caso. Il re dei demoni, che da anni terrorizzava quelle terre e che gli era apparso come il più feroce dei mostri, parlava come un ragazzo qualunque e, cosa che lo aveva spiazzato completamente, piangeva pensando a Iwaizumi. Era talmente assurda e contraddittoria come immagine che stentava a crederci. Solo poco prima aveva tentato di strangolare il cavaliere eppure ora...
Dietro quella storia doveva esserci molto più di quello che Iwaizumi aveva spiegato loro.
Quando vide il gatto e il gufo allontanarsi e sparire tra i cespugli dalla parte opposta della piccola radura, Hinata osò tornare a sbirciare il laghetto. Quello che vide era del tutto diverso da ciò che si aspettava e lo lasciò senza parole: il re dei demoni gli dava le spalle ed era immerso nello stagno fino alla vita, la pelle candida resa lucida dall'acqua e i capelli umidi che si arricciavano sul collo e attorno alle corna. Teneva una mano sugli occhi e le sue spalle sussultavano leggermente, solo dopo alcuni istanti l'allontanò, alzò il viso e prese un paio di respiri profondi, come per calmarsi. Quello che però colpì maggiormente Hinata, al punto fargli dimenticare la posizione precaria in cui si trovava, furono le due grosse cicatrici che il demone aveva sulla schiena, all'altezza delle scapole. Ricordava fin troppo bene la domanda stupita di Iwaizumi riguardo delle ali e quella visione gli presentò un'immagine del re dei demoni che mai si sarebbe sognato di prendere in considerazione: quei segni erano il chiaro indizio che a sua volta aveva subito una violenza e che forse, dietro il mostro che seminava terrore, c'era ben altro.
Si sporse ancora un po' in avanti, per vedere meglio, quasi rapito da quello che si presentava ai suoi occhi, ma fu in quel momento che il ramo a cui era appoggiato si spezzò, facendolo precipitare a terra con il naso nell'erba.
Il re dei demoni si voltò di scatto, un'aria tempestosa sul volto e una saetta verde acido già materializzata tra le dita.
« Chi è là? »
Hinata si raddrizzò ed indietreggiò di alcuni passi, impallidendo di fronte alla versione nuovamente spaventosa della creatura.
« Ah... Sono io... Mi dispiace, non volevo spaventarti. »
Per quale motivo si stesse scusando e per quale motivo avrebbe dovuto essere lui ad intimorire l'altro, non sapeva spiegarselo. Forse solamente perché aveva interrotto un momento intimo che di certo nessuno avrebbe voluto condividere con un estraneo.
L'espressione sul suo volto però passò subito da allarmata a sarcastica, come se avesse pronta una maschera per celare le emozioni di poco prima.
« Come se potessi farlo. Ora siediti lì e non muoverti se non vuoi passare un gran brutto quarto d'ora. » furono le sue parole.
Hinata temette per un attimo che gli scagliasse contro quelle saette, ma il demone si limitò a muovere una mano e a far avvolgere attorno ad una sua caviglia alcuni rami. Non erano rovi, notò lo spadaccino, ma semplici rampicati. Poteva essere che non ve ne fossero nelle vicinanze, ma era anche possibile che non avesse intenzione di ferirlo.
Fingendo indifferenza, il giovane tornò a rinfrescarsi nell'acqua del laghetto premurandosi però, notò Hinata, di non dargli mai le spalle. Anche quello poteva essere semplicemente per tenerlo d'occhio, o forse per non mostrargli quelle cicatrici. No, probabilmente stava lavorando troppo di fantasia, si trattava pur sempre del re dei demoni.
Quando uscì dall'acqua lo vide prima di tutto avvolgersi nel mantello nero che lo copriva completamente e allora non ebbe più dubbi: stava volutamente celando quei segni.
« Tooru... »
Il demone si voltò di scatto, sgranando gli occhi carmini.
« Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così? » sbottò incredulo.
« Beh, è il tuo nome, no? L'ho sentito da... » Forse non era il caso di fargli sapere che aveva origliato la conversazione di poco prima. « Da sir Iwaizumi. Oikawa Tooru. É scomodo chiamarti sempre re dei demoni. »
Probabilmente non era stata una grande pensata quella di nominare Iwaizumi, perché vide l'altro irrigidirsi e lanciargli un'occhiata che avrebbe incenerito un sasso.
« A maggior ragione ti proibisco di usare il mio nome! » esclamò irritato.
Hinata avrebbe voluto ribattere, ma quell'atteggiamento improvvisamente aggressivo lo convinse a desistere. In tutta sincerità gli sarebbe anche piaciuto discutere con il demone per capire che cosa lo avesse portato a comportarsi così: non si era mai considerato particolarmente bravo con la parole, ma persino lui capiva che c'erano troppe cose non dette in quella storia e che il modo in cui si era diffusa era troppo semplicistico. Tuttavia quello non sembrava il momento adatto visto che aveva di nuovo fatto innervosire il suo nemico e quello stato d'animo lo rendeva pericoloso.
In quel mentre, inoltre, il ritorno dei due spiriti animali, questa volta nella loro forma umana, lo costrinse ad accantonare del tutto l'idea.
« Siamo tornati! » esclamò Bokuto, entusiasta. « E abbiamo trovato proprio chi fa al caso nostro! »
Kuroo si fece avanti portandosi appresso quella che a prima vista sembrava una ragazzina, ma che sulla schiena aveva un paio di ali semitrasparenti e luccicanti. I suoi abiti sembravano fatti di foglie intessute e piccoli fiori bianchi simili a margherite, che le adornavano anche i capelli biondi. Era pallidissima e tremava come una foglia, tanto che Hinata desiderò poterla rassicurare.
Oikawa invece la squadrò da capo a piedi e si rivolse ai due compagni con aria scettica.
« Una fata della luce? Pensavo se ne fossero andate tutte. Pensate che sarà all'altezza del compito? »
Per tutta risposta la ragazza si gettò ai suoi piedi, disperata.
« Grande Re, vi prego, non mangiatemi! Non uccidetemi! Farò qualunque cosa vogliate, ma abbiate pietà! » implorò a testa bassa.
I tre si scambiarono occhiate perplesse finché Oikawa non riprese la parola.
« Nessuno ha intenzione di mangiarti, ti sembro forse uno che si nutrirebbe di un suo simile? »
Hinata avrebbe potuto rispondere di sì senza problemi, ma era più interessato a vedere dove sarebbe andato a parare quel discorso.
« In ogni caso voglio che tu ti occupi del prigioniero che abbiamo catturato nello scorso scontro con gli umani, visto che non posso permettermi di stargli dietro tutto il giorno e gli alberi non hanno voglia di tenerlo legato con i loro rami tutto il tempo. Dovrai tenerlo d'occhio, fare sì che non se ne vada a zonzo da solo e che non scappi, potrebbe servirmi per uno scambio in futuro. »
La ragazza, la fata, sembrava atterrita all'idea e iniziò a balbettare frasi senza senso sul fatto che un umano l'avrebbe sicuramente catturata e vivisezionata per studiarla e poi fatta a pezzi per succhiarne il potere e altre atrocità di vario genere, finché Kuroo non le posò una mano su una spalla e le indicò Hinata.
« Un tipo del genere non può farti nulla di male, non ne sarebbe in grado. Devi solo tenerlo d'occhio finché Tooru non decide cosa farne. Sono certo che tu sia perfettamente all'altezza del compito. »
A quelle parole, la fatina sembrò rassicurata e tutto il suo corpo emise una tenue luce dorata, come a manifestare la gioia che le avevano dato. Persino Hinata si ritrovò a sorridere guardandola: non aveva certo l'aria di qualcuno che avrebbe potuto fargli del male, né tanto meno lui ne avrebbe fatto a lei, anzi avrebbe potuto essere un'occasione per saperne di più sulle creature fatate.
Quando il terzetto di demoni se ne andò, sostenendo di avere da fare altrove, Hinata si avvicinò a lei senza che la liana gli stringesse ancora la caviglia e le tese la mano.
« Mi chiamo Hinata Shoyou, piacere di conoscerti. Sono felice che non mi abbiano messo di guardia qualche demone spaventoso! »
La ragazza lo fissò di sottecchi, a qualche passo di distanza, ancora timorosa, ma il giovane spadaccino non si diede per vinto e alla fine lei ricambiò la stretta.
« A-anch'io sono felice che tu non sia un umano orribile, di quelli che uccidono le creature fatate. » mormorò tentennando ancora per un attimo. « Io sono Yachi. »
A quelle parole il sorriso di Hinata s'incrinò per un attimo: in effetti lui era proprio quello che, fino a poco tempo prima – Quanto? Quanto tempo era passato dalla sua cattura? Non lo sapeva. – andava dicendo che avrebbe sconfitto il re e tutti i demoni che gli sarebbero capitati a tiro per dimostrare di essere un degno eroe. Ora però la situazione era diversa e non si sarebbe mosso finché non fosse stata più chiara.
Non sapendo bene come muoversi e quanta distanza tenere tra sé e la fatina per non farla sentire a disagio, Hinata tornò a sedersi sull'erba. Voleva farle mille domande ma non sapeva da che parte cominciare per evitare che scappasse via spaventata da tanto interesse.
« Senti, ehm... Yachi... ci sono delle cose che vorrei chiederti. » esordì tentando di mantenere la calma e di ragionare, cosa che non era particolarmente abituato a fare. Era Kenma il diplomatico in fondo, lui era più portato ad agitare la spada sotto il naso dei nemici. « Questo posto è strano, il vostro re è strano. Per tutto il regno è diffusa la storia del demone crudele che attacca senza motivo gli esseri umani e anch'io ero convinto che fosse così, fino a poco fa. Ma poi l'ho sentito parlare con i suoi sottoposti e... non lo so, mi ha fatto un'impressione così... umana. Se è un demone perché piangeva? Tu sai spiegarmelo? »
Alla menzione delle lacrime del re, l'espressione della ragazza si fece triste, mentre i suoi occhi si abbassavano e stringeva il labbro inferiore tra i denti. Sembrava quasi che si stesse tormentando sulla possibilità o meno di dare una risposta a quelle curiosità.
« Non userò queste informazioni per fare del male, te lo prometto! » esclamò quindi Hinata, per rassicurarla. « Uno dei miei compagni probabilmente conosceva il vostro re e ha una questione in sospeso con lui. Se questo può fermare le scorribande dei demoni, vorrei solo che si chiarissero. »
Yachi sembrò tranquillizzata da quelle parole e si sedette a sua volta sull'erba, a debita distanza.
« Il Grande Re non è sempre stato così. » esordì. « Anni fa non era nemmeno un demone, ma un semplice spirito dei boschi. Era amico delle fate della luce, come me, al punto che è capitato che partecipasse a nostri rituali di fusione con la magia della terra. Ora però tutto è cambiato, quasi tutte le fate della luce hanno lasciato la Brughiera dopo l'incidente di cinque anni fa e il Grande Re è diventato quello che è oggi. »
Il tono della ragazza era talmente triste che Hinata si ritrovò di nuovo a chiedere spiegazioni e fu così che venne a conoscenza dei fatti accaduti cinque anni prima e che avevano portato alla nascita di quello che sarebbe diventato il flagello delle terre circostanti.
Oikawa allora era completamente diverso, era uno spirito curioso e pieno di vita, perennemente allegro e con una gran voglia di scoprire il mondo. Passava le sue giornate con Kuroo e Bokuto scorrazzando per la Brughiera come un normale ragazzino e tutte le fate lo adoravano. L'unico particolare che lo rendeva diverso dagli altri spiriti era che aveva un amico umano, un ragazzo di un villaggio vicino che era cresciuto con lui e che aveva portato con sé nei boschi. Nei primi tempi della loro conoscenza le fate si erano preoccupate all'idea che un cucciolo d'uomo bazzicasse le loro terre ma con il tempo si erano rese conto che la sua influenza su Oikawa era positiva e che quell'amicizia avrebbe potuto aprire la strada ad una futura convivenza più pacifica delle due razze. Tuttavia l'incidente di cinque anni prima aveva mandato all'aria ogni possibile idea di equilibrio distruggendo contemporaneamente la vita della Brughiera e del suo spirito più potente.
« Un incidente? » chiese Hinata stupito. « Significa che non è stata colpa di qualcuno, giusto? »
Yachi scosse la testa, desolata.
« Incidente è solo un modo delicato per chiamarlo, il termine esatto sarebbe aggressione. Il Grande Re e il suo compagno hanno partecipato al nostro ultimo cerchio ed è stata un'esperienza meravigliosa, ma purtroppo, dopo... »
Un'espressione di dolore si dipinse sul volto della ragazza, che si portò le mani al petto come se soffrisse al solo raccontare i fatti accaduti.
« Qualcuno è stato aggredito? » incalzò Hinata, ora decisamente allarmato.
« Il giovane umano ha aggredito il Grande Re nel sonno, strappandogli le ali e fuggendo abbandonandolo. Le ali di una fata sono parte del suo potere e quel gesto ha dimostrato solamente che l'amicizia e l'amore tra esseri umani e creature fatate non è possibile, perché gli umani mettono il loro egoismo e la loro sete di potere sopra ogni sentimento. »
Hinata rimase a fissarla con gli occhi sgranati: ora capiva a cosa fosse dovuto tutto quel rancore da parte del demone, tutta quella rabbia che aveva scagliato contro di loro e Iwaizumi in particolare. Il cavaliere stesso aveva menzionato delle ali e gli bastò un istante per capire che era proprio lui il fantomatico amico umano.
« Immagina la persona di cui più ti fidi al mondo, » continuò Yachi. « quella che più ami in assoluto, che ti tradisce nel modo più brutale tagliandoti un arto e impedendoti di vivere una vita normale. »
Il solo pensiero era agghiacciante e l'immagine che si formò spontaneamente nella mente di Hinata fu quella di Kageyama che, spada alla mano, si avvicinava furtivamente di notte per colpirlo ad un braccio o ad una gamba.
Rabbrividì. Non riusciva a pensare a come avrebbe potuto reagire ad una situazione del genere e non poteva nemmeno immaginare come si fosse potuto sentire Oikawa in quel momento. Era davvero tremendo che Iwaizumi avesse potuto... Ehi, un momento!
« Sir Iwaizumi non avrebbe mai fatto una cosa del genere! » esclamò d'impulso, avvicinandosi a Yachi e afferrandola nella foga. « É un cavaliere leale e onorevole. Dev'esserci un'altra spiegazione!»
La fatina strillò spaventata e ritrasse il braccio ma Hinata non si diede per vinto: c'era qualcosa che non andava in tutto quel racconto, la persona descritta da Yachi si comportava in modo troppo strano. Se avesse voluto fare del male a Oikawa avrebbe avuto mille occasioni e mille modi piuttosto che durante il rituale, inoltre aveva agito in modo davvero troppo crudele per essere l'Iwaizumi che conosceva.
« Devo chiederglielo! » esclamò ad un tratto. « Devo chiedere a sir Iwaizumi com'è andata! Lasciami tornare dai miei compagni! »
A quelle parole improvvise, Yachi balzò in piedi atterrita, aprendo le braccia nel tentativo piuttosto goffo di bloccargli il passaggio.
« Non puoi farlo! Il Grande Re mi ucciderà e banchetterà con il mio cadavere! »
« Allora andrò direttamente da lui e gli proporrò una sfida, se vincerò dovrà lasciarmi andare. Non mi sarà difficile batterlo, dopotutto sono un eroe! »
Così dicendo si avviò con passo sicuro nella direzione in cui i tre demoni erano spariti, ignorando le preghiere accorate di Yachi che lo scongiurava di non andare a farsi ammazzare senza motivo.

Poco distante da lì, la villaggio di Seijou, la situazione era tutt'altro che tranquilla: era passato solo un giorno dallo scontro con i demoni, quindi per Iwaizumi valeva ancora il divieto assoluto di alzarsi dal letto, ma nonostante questo gli era impossibile riposare. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva le immagini della battaglia, le espressioni che si erano susseguite sul volto di Oikawa, l'orrore nel suo sguardo e la rabbia folle nei suoi gesti. Per quanto ci avesse pensato e ripensato fino a farsi venire un tremendo mal di testa, il cavaliere non riusciva davvero a capire cosa potesse aver fatto per scatenare tanto rancore. Ancora di più lo preoccupava la mancanza delle sue bellissime ali e si chiedeva con angoscia cosa potesse essere successo.
A rendere ancora più opprimente la permanenza in quella piccola locanda vi era il fatto che Kageyama, alloggiato nella stanza accanto alla sua, non sapeva darsi pace e da quella mattina era un continuo susseguirsi di discussioni. Anche in quel momento poteva sentire la sua voce attraverso i muri sottili della camera.
« Non possiamo restare qui con le mani in mano! Hinata è in balia di quei mostri, dobbiamo salvarlo! Mentre noi siamo qui a perdere tempo potrebbero avergli fatto di tutto! Potrebbe essere già morto! »
Il tono di risposta di Kenma era decisamente più contenuto, Iwaizumi non riusciva a distinguerne le parole, ma poteva tranquillamente immaginarle: non dovevano agire d'impulso, era meglio aspettare una mossa dei demoni, la sua ferita non era ancora guarita etc... Il giovane mago l'aveva ripetuto un'infinità di volte, ottenendo puntualmente risposte secche ed insofferenti da parte dell'arciere.
Hajime lo capiva fin troppo bene, lui stesso avrebbe voluto lasciare quel letto in barba a qualunque malessere o ferita e correre da Oikawa per chiarire la situazione. Voleva parlargli, capire e... e, dannazione, quanto desiderava stringerlo tra le braccia e baciarlo fino a non avere più fiato! Essere bloccato lì era così frustrante che gli sembrava d'impazzire.
La porta che si apriva e si chiudeva con un rumore fin troppo improvviso lo fece sobbalzare e voltare di scatto verso di essa, provocandogli una fitta alla spalla.
« Kageyama... » mormorò stupito, vedendo il ragazzo in piedi sulla soglia.
Il giovane arciere teneva lo sguardo basso ma aveva ancora le guance arrossate per la discussione di poco prima. Era chiaro che fosse agitato, probabilmente cercava uno sfogo o una parola di conforto.
« Vedrai che Hinata sta bene. » tentò Iwaizumi. « Quei tre sembrano dei mostri ma posso assicurarti che non lo sono, nonostante tutte le voci che si sono diffuse su di loro. »
Kageyama però non sembrava affatto convinto e continuava a rimanere in piedi rigido di fronte a lui e con i pungi stretti. Hajime poteva capirne perfettamente lo stato d'animo, ma non era per nulla certo di essere in grado di rassicurarlo.
Poi, improvvisamente, Tobio, s'inchinò di fronte a lui, spiazzandolo.
« Mi dispiace. Siete rimasto ferito per colpa mia. Non avrei mai immaginato di essere un incapace di tale livello. Eppure, nonostante questo, persisto nel lamentarmi e nel chiedere a tutti voi di assecondare le mie richieste. Non posso accettare il fatto che io... »
Iwaizumi avrebbe voluto interrompere in qualche modo quelle parole ingiuste, la colpa di tutto non era affatto di Kageyama, ma reputò che fosse meglio lasciarlo sfogare. Il giovane infatti prese a percorrere a grandi passi la stanza.
« Non solo non sono stato in grado di impedire che una delle mie frecce vi ferisse, ma addirittura non ho saputo proteggere la persona per me più importante! Ho lasciato che lo portassero via davanti ai miei occhi e questo non posso perdonarmelo in nessun modo. Non avrò pace finché non l'avrò di nuovo al mio fianco sano e salvo! »
La determinazione che brillava nei suoi occhi blu provocò una punta di invidia in Iwaizumi: anche lui aveva permesso che accadesse qualcosa di terribile alla persona che più amava al mondo, anzi probabilmente ne era anche stato la causa ma, nonostante questo, le sue certezze iniziavano a vacillare. Era possibile che Oikawa lo odiasse al punto che il loro rapporto non fosse recuperabile, se così fosse stato il rimorso lo avrebbe perseguitato per tutta la vita e neanche scoprire di cosa effettivamente avesse responsabilità sarebbe stato d'aiuto.
Allungò una mano dal letto dov'era sdraiato e sfiorò il braccio dell'arciere, in piedi lì accanto.
« Non angustiarti, non è stata colpa tua. » disse, nonostante fosse consapevole della scarsa utilità di quelle parole. « Hai la mia parola che troverò il modo di riportare indietro Hinata al più presto. »
Se solo la spalla non gli avesse fatto così male. Se solo il dolore non si fosse esteso al braccio e pulsasse anche nelle piccole ferite lasciate dalle spine dei rovi...

 

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