Mur si diresse verso quell’ampio spazio erboso, illuminato da una luce
fioca; camminava lentamente, non aveva fretta, e quello era il luogo adatto per
restare soli coi propri pensieri, ripensando al passato.
Anche solo guardando si poteva percepire l’aura di tristezza che
traspariva da quel luogo; tante giovani vite stroncate nel fiore degli anni,
senza aver ancor capito appieno i propri desideri e il proprio scopo, senza
alcuna ragione…
Venivano chiamati paladini della giustizia, eroi, ma non c’era niente di
eroico in tutto questo, niente di eroico nell’uccidere i propri compagni, i
propri fratelli e Mur si chiedeva se le guerre
sarebbero finite sempre così, dove a vincere è sempre lei, la morte.
Era tormentato, notte e giorno, da questi cupi pensieri, che non gli davano pace, quegli stessi pensieri che molto tempo prima si erano insinuati nella mente del precedente cavaliere di Aries al termine della guerra santa.
Glielo aveva detto qualche giorno prima Dohko, il maestro
dei cinque picchi, e gli aveva anche detto che lui, da giovane cavaliere focoso
aveva risposto che nessuno è morto invano.
Ma sarà poi vero? Sarà vero che era davvero necessario
tutto ciò?
Depose i fiori che aveva portato sulle due tombe, quella
di Sion, suo maestro e Gran Sacerdote, e quella di Saga, il suo assassino.
Anche se in realtà era la sua parte malvagia che aveva
compiuto tutto ciò…
Si sedette e guardò le altre tombe, anche su quella di
Camus, vi erano dei fiori, sicuramente messi da Milo e da Hyoga; anche su
quella di Shura ve ne erano, posti quasi sicuramente da Sirio; su quella di
Micene aveva provveduto Ioria e su quelle di Cancer e Aphrodite ci aveva
pensato Athena, anche se erano dei traditori…
Una brezza leggera lo riscosse dai suoi pensieri,
nonostante avesse tutto il tempo che voleva a disposizione: Kiki era rimasto in
Jamir e Athena aveva concesso loro un mese di pausa.
Tornò a guardare la lapide di Saga e ben presto iniziò a
piangere e a singhiozzare: - Maledizione! Non saresti dovuto morire così! È
anche colpa mia, anzi è soltanto colpa mia! – gridò Mur colpendo con rabbia il
suolo.
E così, dolorosamente, si abbondò ai ricordi.
Aveva conosciuto Saga subito dopo essere diventato
cavaliere e i due avevano fatto subito amicizia: chiacchieravano insieme, si
allenavano.
La vita era quasi… monotona al Grande Tempio se non si
aveva qualcuno con cui passare il tempo al di fuori degli allenamenti.
Lui e il cavaliere di Gemini amavano sedersi sulle rovine
dell’Acropoli, al tramonto, e godersi qualche attimo di calma prima che uno dei
due scoppiasse inevitabilmente a ridere senza motivo, contagiando anche l’altro
e ridendo felici fino alle lacrime.
Attimi inutili forse, ma allo stesso tempo carichi di
significato.
Oppure già di mattina presto nell’arena ad allenarsi,
sotto lo sguardo dei più giovani che li osservavano affascinati per poi
rimanere stupiti, quando, dopo essersi attaccati con ogni mezzo ed essersi
gridati qualsiasi tipo d’insulto finivano a terra rotolandosi nella terra,
ridendo come matti.
Tutto sembrava andare per il meglio fino a quando Saga
seppe che era fra i candidati alla successione del Grande Sacerdote, Mur fu
molto contento per lui e lo sostenne nei momenti di crisi.
Dopo la notte degli inganni, però, nessuno sarebbe rimasto
lo stesso di un tempo…
Loro due non si erano visti dopo che Sion aveva chiamato i
due candidati e dopo che ebbe scelto il successore, ossia Micene e nessuno dei
due aveva lontanamente immaginato quello che sarebbe successo nelle ore
successive: la parte malvagia di Saga che prese il sopravvento, la morte di
Sion, quella di Micene considerato un traditore e la presa al potere sempre
della parte malvagia di Saga.
Ma solo lui, Mur, sapeva cos’era successo in realtà, gli
altri pensavano che Micene fosse davvero un traditore, che Sion avesse abdicato
in favore del fratello il quale sarebbe divenuto Gran Sacerdote, che in realtà
era sempre e solo Saga, la verità era stata celata per ben dodici anni, ed era
stata necessaria una sanguinosa guerra per riportare l’ordine ad Atene.
Lui in cuor suo sapeva che era successo qualcosa e che la
giustizia non regnava più ad Atene, ma non aveva dei contorni ben definiti di
quella notte; era stato lo stesso Saga, vestito normalmente, a dirglielo.
La parte buona di Saga tornò per un po’, permettendogli di
raccontare a Mur quel che era successo, Saga cercava un aiuto ma lui non glielo
diede.
Al contrario, si sentiva deluso e tradito, Saga, parte
malvagia che fosse, aveva ucciso il suo maestro Sion e aveva tradito Athena,
anzi, aveva cercato persino di ucciderla.
Mur sapeva che avrebbe dovuto confortarlo, dargli una
mano, ma non vi riuscì; in quel momento riuscì solo a scagliare tutta la sua
rabbia, a gridare il suo dolore addosso a Saga. Mur non riusciva a pensare che
Sion fosse morto, già lo sospettava, ma che fosse ucciso dal suo miglior
amico…, no, era inaccettabile.
Saga non sapeva come avrebbe reagito Mur, non sapeva cosa
aspettarsi, forse nonostante tutto quello che aveva fatto si aspettava un
minimo di comprensione, ma Mur gli disse soltanto che era comunque lui il
responsabile delle sue azioni, che se fosse stato davvero devoto ad Athena
avrebbe dovuto sopprimere la propria parte malvagia.
Fu come se una lama rovente fosse penetrata nel suo corpo,
ma fu lo sguardo che Mur gli rivolse che gli fece più male, carico di sfiducia,
rancore e odio.
E così nel momento in cui Saga aveva un assoluto bisogno
di lui, Mur lo abbandonò.
Saga accettò la reazione dell’amico e pensò che in fondo
aveva ragione, che fosse stata la parte buona o la cattiva, era sempre colpa
sua; così se ne andò mesto e solitario, rivolgendo un ultimo sguardo al
compagno di tante avventure.
Mur ne andò il giorno successivo verso il Jamir, piangendo
il suo maestro ma anche il perduto amico; Mur sapeva di aver sbagliato ma non
voleva ammetterlo, ne a lui, ne tanto meno a sé stesso.
Visse in Jamir allenando Kiki, quasi dimenticando ogni
cosa che era successa, quasi, ma non del tutto.
Fu un cavaliere di bronzo a richiamare alla sua mente
tutto ciò che ella aveva dimenticato, così il giorno della battaglia finale
tornò al Grande Tempio, riconoscendo la Dea.
Alla fine della scalata delle dodici case, Cancer, Camus,
Shura e Aphrodite erano morti, Shaka era appena tornato dall’al di là e Micene
si era sacrificato, ancora tredici anni fa, per salvare Athena allora in fasce.
Ma prima del tramonto sarebbe morta ancora una persona.
Davanti ai bronze saint e ai gold superstiti, Athena
combatté con Saga, ma fu lui stesso ad uccidersi. Cadde a terra sputando
sangue, sorretto da Athena, e guardando verso l’Ariete disse: - mi dispiace
Mur, perdonami… - e sorridendogli un’ultima volta se ne andò.
Mur crollò in ginocchio urlando tutta la sua rabbia e il
suo dolore, perché non gi aveva detto addio, perché non era riuscito a dirgli
che gli dispiaceva, che non avrebbe dovuto dirgli quelle cose, che era stato
uno stupido, che non era degno di essere suo amico, che lo aveva abbandonato…
Gli altri man a mano se ne andarono e Mur restò solo,
qualcuno gli mise una mano sulla spalla per fargli forza, ma questo non
cancellava il fatto che era anche colpa sua…
Avrebbe voluto suicidarsi, abbandonare quella vita che per
lui era diventata un peso, ma non poteva: Kiki non era ancora pronto per
succedergli e lui era considerato il più saggio tra i Gold Saint.
Saggio… Ma da quando…
- Di nuovo qui cavaliere di Ariete? – Mur si riscosse
improvvisamente, non aveva sentito i passi del – cavaliere di Scorpio, ma che
bella sorpresa, cosa sei venuto a fare qua? -
- Niente di preciso, passeggiavo e ti ho visto qua
seduto…, non mi hai risposto però… - evitando il tono tagliente dell’Ariete.
- Pensavo… -
- a Saga, vero? – poi senza attendere risposta continuò –
Mur, il tempo passa, non tornerà mai indietro, l’unica cosa che puoi almeno
fare è cercare di riscattarti, anche se secondo me non è colpa tua, in ogni
caso Saga, dal paradiso dei cavalieri, non gradirà di certo che tu te ne stia
qui a versar lacrime, proteggi la terra anche per lui, Mur -
Milo quando ci si metteva sapeva essere davvero bravo con
le parole, aggiungendo poi il sincero affetto e rispetto che nutriva nei suoi
confronti del cavaliere di Ariete.
Lo aiutò a rialzarsi e gli asciugò le lacrime – Grazie –
mormorò lui.
- Vieni, torniamo al Grande Tempio, ci sarà sicuramente
qualcosa da farti fare, visto che al momento mi sembri libero – disse con
vigore, mettendo una mano sulle spalle di Mur, mentre lui in una tacita
promessa affermava – Giuro che fin a quando sarò in vita proteggerò la terra al
posto tuo Saga! -
Mur osservò l’orizzonte, era l’alba.
E sorridendo a Milo si incamminò con lui verso il Grande
Tempio.
Un nuovo sole stava sorgendo.
Avrebbe portato nuove guerre, nuove morti, ma lui si sarebbe sempre battuto per la giustizia, perché l’aveva giurato a Saga e perché era un cavaliere.