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Autore: Diana cavalca    14/10/2016    1 recensioni
E se Sarada non fosse la vera figlia di Sakura?
Non arrabbiatevi e non traete conclusioni affrettate: non c'è nessuna Karin all'orizzonte e nessun vaneggiamento con cui Kishimoto ci ha ''deliziati'' durante il Gaiden.
Piuttosto, poniamo il caso che Sasuke sia lo zio di Sarada...uno zio impegnato che ha in custodia la piccola di cui non può prendersi cura a tempo pieno. E poniamo il caso che abbia bisogno di una baby-sitter. A chi potrebbe rivolgersi se non ad una ragazza dai capelli rosa?
Commedia romantica che del Gaiden riprende solo il messaggio finale: ciò che conta davvero sono i legami di amore a prescindere da qualsiasi nesso biologico.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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''Sono impressionato, le sue referenze sono davvero ottime!''

''Sì, mi trovavo davvero a mio agio in quello studio, l'avvocato Makeda era molto gentile e io ero entusiasta di fare bene il mio lavoro.''

''Non ne dubito, il signor Makeda si prodiga in elogi nei suoi confronti da quel che leggo.''

Ci siamo Sakura. Lo hai praticamente conquistato! Il posto di lavoro è tuo, hai fatto un'ottima figura! Shannaro!

''L'avvocato è stato molto buono con me. Lavorare per lui è stato un onore, mi è rincresciuto parecchio dovere lasciare quello studio a causa del suo pensionamento. Anche se ero soltanto una segretaria, cercavo in tutti i modi di alleggerire il carico del suo lavoro, di organizzare al meglio la sua agenda e di essere sempre in grado di colmare i vuoti della sua memoria, ricordandogli più volte i suoi impegni. Era molto anziano ed incline alle dimenticanze. Inoltre era uno stacanovista. Spesso per devozione nei suoi confronti, mi curavo che non saltasse i pasti quando non poteva staccare dal lavoro. Le mie premure sono sempre state apprezzate da lui.''

''Vedo, vedo...sono davvero colpito dai complimenti che le riserva. Il signor Makeda è un uomo molto stimato nel suo ambiente e non è una persona proclive alle lodi gratuite. Per cui, di certo, il suo giudizio ha un certo peso. Di lei scrive addirittura – La migliore segretaria avuta in quarant'anni di carriera: puntuale, efficiente, dedita al suo lavoro. Eccezionale.''

Ah signor Makeda grazie, grazie, grazie per le sue parole, mi commuovo al solo sentirle! Non ero io ad essere straordinaria, era lei che aveva un cuore grande...e adesso in virtù della sua santa intercessione otterrò un nuovo posto di lavoro. La ricorderò sempre come il nonno che avrei voluto avere per me ed il bisnonno che avrei desiderato per i miei figli!

''Oltretutto parla l'inglese e il francese piuttosto fluentemente, un vantaggio non di poco per noi che abbiamo a che fare con clientela internazionale.''

énchanté! che persona a modo che è questo avvocato...un vero signore!

''Come vede questo è uno studio di un certo livello. Necessitiamo di una valida segretaria, c'è una selezione piuttosto dura.''

...certo che questa sala è davvero elegante. Quei mobili in mogano scuro e quelle poltrone in velluto verde sono così austeri e solenni. Per non parlare dei quadri appesi alle pareti: sono antichi, saranno stati acquistati ad un'asta. Ah che meraviglia, qui tutto odora di soldi, che buon odore che hanno le cose costose! La parcella mensile deve essere alta!

''Tuttavia mi chiedo come possa una studentessa universitaria essere totalmente dedita al suo lavoro, quando ha degli esami impegnativi da sostenere...''

Devo essere all'altezza di questo contesto. Dal signor Makeda potevo recarmi in jeans e maglietta, ma qui la faccenda è diversa. Lunedì mi presenterò in tailleur e tacco undici! O anche otto...va bene otto!

''Qui si lavora a tempo pieno, non è una occupazione part-time...''

E quindi questo fine settimana shopping sfrenato! Devo andare all'outlet consigliatomi da Ino, pare che la merce sia venduta ad un prezzo stracciato!

''La ringrazio per la sua candidatura e per il tempo che mi ha concesso. Lei è una ragazza molto talentuosa e dotata. Le faremo sapere.''

Sempre dopo aver finito di studiare il capitolo del libro di Patologia generale. Ah per fortuna il pensiero dello shopping e delle scarpe tacco otto – cinque, meglio cinque! - che acquisterò renderà più leggero lo sforzo.

 

Aspetta un attimo.

 

Che ha detto?

 

Riavvolgi il nastro e ripeti mentalmente la frase Sakura:

 

''Lei è una ragazza molto talentuosa e dotata – ok questo va bene! - LE FAREMO SAPERE.''

 

No. No. No. Come sarebbe a dire ''le faremo sapere?''. Quello è il modo in codice per dire chiaramente ''non sei stata assunta'' mantenendo il velo elegante dell'ipocrisia. Un modo che ti costringe a salutare col sorriso e a mantenere gentili modi pur sapendo di essere stata impietosamente scartata!

 

''Porga i miei saluti all'avvocato Makeda e gli riferisca che è stata una gioia conoscere la sua segretaria.''

Brutto adulatore, sapevo che non dovevo farmi incantare dai tuoi modi ruffiani! Ce l'hai scritto in faccia che sei un cortigiano! I tuoi saluti non arriveranno di certo alle orecchie del signor Makeda e non solo perché è quasi totalmente sordo!

''Il piacere è stato mio avvocato.''

Basta devo uscire da questo ufficio, c'è puzza di cose costose!

 

Dopo aver dato una troppo vigorosa stretta di mano al mio non-futuro datore di lavoro, esco a passo deciso da quell'ufficio e mi ritrovo sulla prestigiosa strada di uno dei quartieri più ricchi di Tokyo. Il grigio asettico regna sovrano e mi dà quasi la nausea. Cerco il cellulare nella tasca del mio cappotto – in cento per cento acrilico, forse avrei dovuto optare per un altro indumento e darmi un'aria più raffinata.

 

''Dannazione, dove l'ho messo?''

Apro la borsetta – in cento per cento ecopelle, firmata Dolce&Gabbiana, che sia stata lei la responsabile del mio fallimento?- e lo individuo.

Mi ritrovo col mio Nokya 3310 nell'era degli android e con una borsa da bancarella nel quartiere della pelletteria Dolce&Gabbana (quella vera!). Devo essere sembrata una pezzente disperata in cerca di un lavoro per mantenermi agli studi.

Cioè devo essere apparsa quella che esattamente sono.

Digito convulsamente un numero di cellulare che conosco a memoria. Non fa nemmeno in tempo ad emettere uno squillo che veloce arriva la voce dall'altro capo del telefono.

''Allora fronte spaziosa, come è andata?''

''Le faremo sapere'', rispondo io con la voce strozzata.

''Oh. Non ti preoccupare ci saranno altre occasioni! Nel negozio vicino casa mia cercano una commessa carina ed in gamba, è proprio il lavoro per te!''

''Davvero? Perché non me ne hai parlato prima?'', rispondo con gli occhi che non hanno fatto in tempo ad inumidirsi per la recente delusione che già brillano per una nuova, inaspettata speranza - ok, non sarebbe stato remunerativo come lavorare in quello studio di avvocati, ma almeno la retta universitaria avrei, forse, potuto permettermela. E poi avrei potuto risparmiare sul riso, sicuramente.

''Che genere di negozio è Ino?'' - chiedo io pronta ad adeguarmi al contesto che potrei trovare. Se per caso si tratta di una boutique di lusso, non mi presentero' con la borsa Dolce&Gabbiana. Assolutamente no!

''Emm ecco, Sakura è...come dire, un negozio un po' eccentrico.''

''Eccentrico in che senso Ino?'' mi allarmo, sta per uscirsene con una idea folle delle sue ne sono certa.

''Non è che sia poi così eccentrico...diciamo che può esserlo solo per le menti di striminzite vedute. In fondo riguarda la natura delle cose...solo che ecco, mira a rendere ciò che è routinario un pelo più divertente.''

''E' il sexy shop che c'è sotto casa tua, vero?''. Rispondo io secca, appigliandomi ancora alla flebile speranza di sentire dall'altra parte una risposta negativa.

''Non è un sexy shop, stupida!''

Oh dei grazie, non potevate essere così crudeli da darmi nello stesso giorno due speranze di salvezza e da togliermele via proprio quando sentivo di poter tirare un sospiro di sollievo.

''...è un negozio di ''oggettistica erotica''! Quel nome volgare usato da te è sinonimo di una cervello chiuso e bigotto.''

''Eh?''. Faccio io incredula. Forse gli dei non hanno ancora avvertito la mia profonda riconoscenza.

''...come se utilizzare utensili del genere sia una cosa da maniaci! É bello dare sfogo a tutte le proprie fantasie, dovresti usare anche tu roba del genere per essere più rilassata...quella fronte spaziosa ha orizzonti così angusti! Devi solo presentarti a lavoro con un po' di scollatur...

''INO MAIALA!'' Urlo io in preda ad un attacco isterico e riaggancio il telefono.

Quella sciocca, quella pazza di una Yamanaka! Quando avrò tra le mani quei capelli di quella stupida chioma bionda glieli taglierò fino a che la sua testa non rifletterà la mia faccia compiaciuta. Li intreccerò per bene e mi ci farò un frustino per del buon sadomaso. Così le farò vedere quanto ''ristrette'' siano le vedute di questa fronte spaziosa!

 

Comincio a camminare senza una meta in preda alla rabbia che un passo dopo l'altro diventa nero sconforto. Dovrò trovare subito un lavoro, altrimenti mi giochero' la possibilità di mantenermi agli studi. Diventare medico è da sempre stato il mio sogno e non voglio rinunciarci a causa del fatto che posso permettermi al massimo una borsa Dolce&Gabbiana.

Mantenersi all'università più prestigiosa del Giappone con le mie risorse è sfiancante, ma non mi sono mai abbattuta dinanzi agli ostacoli. Ho sempre pensato che, anche se la vita fa di te una poveraccia, non ci si debba precludere la possibilità di inseguire i propri sogni. Piuttosto, ho cercato di rimboccarmi le maniche, senza troppo crucciarmi della fortuna altrui e delle sfortuna toccatami in sorte. Mi sono sempre detta che il fatto che l'esistenza per alcuni sia più facile, non debba giustificare in alcun modo una coscienza molle e pigra, che si lagna e si adagia sulle proprie disgrazie. Anzi, la mia è stata temprata proprio dalla necessità di arrivare a fine mese e se sono quella che sono in fondo lo devo proprio alle difficoltà che ho affrontato e che continuo a sostenere.

Con la coda dell'occhio intercetto qualcosa che rompe la monotonia del susseguirsi di edifici neutri. Mi volto di lato e mi beo della vista di una magnifica area verde. Un enorme, meraviglioso parco. Un ristoro per gli occhi assuefatti al grigiore della città, ai suoi maxi-schermi pubblicitari dai toni e dalle tinte artificiose. Posso scorgere delicati oleandri e querce dalle fronde ondeggianti. Odo il suono del vento che si insinua tra i rami, coinvolgendoli in una danza che, suadente, ammalia lo spettatore. Sembra invitarmi a banchettare col dio Pan. Una placida distesa d'acqua la cui superficie riflette i colori di quella isola surrealmente incastrata dentro Tokyo sostiene delle serafiche tartarughine, estranee a tutto quello che affligge il mondo al di là di quella terra aliena. Un posto i cui suoni si disperdono in una eco antica; un luogo a cui far ritorno quando la nostalgia di ciò che l'umanità ha perduto si fa troppo forte. Sento già che quello zampillio di acqua sta riscattandomi dai rumori del traffico.
Mi inoltro in quel luogo di sospensione dei ritmi frenetici della città e mi distendo su di una panchina di pietra , resa fresca dalla caritatevole ombra di un olmo. Respiro a pieni polmoni l'aria pregna dell'odore di erba, terra, corteccia, acqua: niente a che vedere con la puzza delle cose costose!
Presa da un impeto di pensieri da Sturm und Drang rifletto, senza far troppo sul serio, sull'evoluzione della civiltà; sull'iper-progresso tecnologico; sul nuovo volto metallico e sfrecciante del mondo. Immagini di una grande macchina sociale, frenetica e in continuo movimento, di cui mi sento un misero ingranaggio un po' arrugginito, che a volte si inceppa e che non riesce a sostenere il ritmo. Sempre più bisogni, scadenze e ansie per la paura di non riuscire a tenere il passo. Perché ci siamo separati dagli oleandri, dalle querce e dai ruscelli di acqua zampillante? Anche il mio vecchio Nokia 3310 è il frutto (ormai un po' andato a male) di un mondo in cui l'uomo si è totalmente separato dalla natura, diventata un fatto eccezionale, una parentesi verde nel grigiore di una metropoli che mai conosce posa.

Stare in quella posizione, all'ombra del buon albero è così rilassante che - mi viene da pensare - nessuna corsa per ottenere qualsiasi bene materiale vale quanto il soggiornare in quel mondo privi di qualunque peso da portare, in armonia col tutto, inebriandosi di odori che sanno di origine, di giusto, di madre.

 

Sbam

 

O forse non è poi così rilassante.

Qualcosa di tondo e rimbalzante mi sopraggiunge in testa, disturbando il mio idillio col dio Pan e l'orgia a cui mi aveva appena invitata. Apro gli occhi esasperata e mi alzo di scatto.
Ed ecco che mi si offre alla vista. Piccola, rubiconda, trotterellante. I bambini hanno quello strano modo di correre che fa percepire a chi li guarda tutta la fatica che fanno per alzare una gambetta ed alternarla con l'altra: un saltellino dopo l'altro per rincorrere una palla troppo veloce. Pare di assistere ad una buffa corsa ad ostacoli in cui la grande fonte di disequilibrio è data dal peso della grande testolina.

 

Patapum

 

Proprio quella grande testolina che è appena atterrata sull'erba, a causa di un sassolino che ha intralciato la barcollante galoppata verso l'agognata meta.

Mi slancio sulla piccola che ancora sta inginocchiata sulla terra, col sedere all'aria e la testa conficcata a mo' di struzzo sotto la sabbia. La sollevo e colgo la sua espressione in preda allo stupore per quell'evento imprevisto, mentre i suoi neri occhioni si riempiono di lacrime.

 

''È tutto apposto, non è successo nulla.''

 

Ovviamente lei non mi ascolta nemmeno e sbotta a piangere sonoramente. Non è stata una brutta caduta, è solo spaventata ed arrabbiata con quell'inopportuno sassolino, che l'ha colta di sorpresa e umiliata, facendole percepire di avere subito un torto, un tradimento improvviso dal suolo a cui si era ingenuamente affidata. Mi avvicino ad una fontanella che elargisce acqua potabile e comincio a lavarle il viso da tutto lo sporco, continuando a calmarla.

Prendo un fazzolettino dalla tasca e tento di asciugarle il viso dal bagnato delle lacrime e dell'acqua, poi lo passo con delicatezza sulle mani e sulle ginocchia umide di terra.

 

''Hai visto? Sei bella come prima!''

Lei smette di piangere e mi guarda per qualche secondo. Spalanca gli occhi.

''Non ti sei fatta alcun male, sei inciampata perché è passato un coniglietto dispettoso mentre correvi verso la palla.''

Le dico io, rispolverando alla meglio le argomentazioni di mia nonna quando episodi simili capitavano a me. L'idea dei coniglietti dispettosi mi piaceva, lo stesso non potevo dire dell'ironia discutibile di mia madre, per la quale ogni volta che cadevo, c'era speranza di ''trovare il petrolio'' data la mole – non proprio ridotta – che avevo da bambina.

La bimba dai capelli corvini continua a fissarmi meravigliata, senza emettere un fiato. Che le è accaduto? Che quella testata sul suolo non sia stata poi così lieve? Comincio a preoccuparmi...

 

''Be..i, be...i! Capei osa!''

 

E così dicendo tocca incredula i miei lunghi capelli rosa. Eh la bimba sì che ha gusto!

Ero sempre andata fiera della mia chioma. Era una rarità avere un colore del genere e non sapevo nemmeno da che geni di quale avo lo avessi ereditato, data l'ordinarietà delle capigliature dei miei genitori.

 

''Fata! Tu fata!''

 

Sorride beata e pone le mie ciocche sulla sua testa, a mo' di parrucca. La guardo con tenerezza.

A quale bambina non piace il rosa? Eterno connubio!

La poggio a terra e finisco di pulire i suoi vestitini: una gonnellina rossa ed una camicetta con un fiocco. Un look un po' troppo austero per una bimba così piccola. Prendo il mio fermaglio – rosa! - e glielo metto tra i capelli, per bloccare un lungo ciuffo che non vuole proprio saperne di stare dietro alle orecchie e che le limita la visione. Tiro fuori il mio specchietto da borsa e le mostro il risultato.

 

''Hai visto, anche tu hai il rosa in testa!'' Le dico simulando enorme entusiasmo.

 

Lei tocca il fermaglio e sorride ampiamente. Poi prende la gonna ai lati e comincia a girare su se stessa con fare civettuolo: forse non è abituata a genitori che gratificano la sua femminilità.

La prendo per mano e mi avvicino con lei verso la palla. Gliela lancio piano.

 

''Hoplà!'' Esclamo.

 

Lei la afferra e continua a guardarmi ammirata. Devo proprio sembrarle una fata.

 

 

''Sarada, Sarada dove sei?''

 

La piccola si gira improvvisamente e corre verso la voce maschile che la chiama. Non si premura di salutarmi. Si sa, i bambini non fanno molto caso alle buone norme di educazione. Hanno la fortuna di non averle ancora interiorizzate e di potersi prendere il lusso di agire con spontaneità e trasparenza senza far ingiustizia a nessuno.

Ma sono certa che, durante quel po' di tempo che io e ...Sarada? - che nome buffo!- abbiamo passato insieme, sono stata ai suoi occhi una vera fata.

 

   
 
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