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Autore: Erina91    15/10/2016    4 recensioni
-Yukihira.. che facciamo davanti alla porta del tuo appartamento?- chiese lei con la voce impastata a causa della sbronza.
-non lo so Nakiri. Sei tu che mi hai tirato per la maglietta e mi hai chiesto di accompagnarti a casa.- biascicò lui, brillo quanto lei.
-e perché sono davanti casa tua e non al mio appartamento di lusso?- bofonchiò singhiozzando. Le guance rosse per colpa dell'alcol. Si sorreggevano a vicenda dato che barcollavano in modo imbarazzante e Soma stava cercando di tirare fuori dalla tasca dei pataloni le chiavi del suo appartamento, riscontrando diverse difficoltà.
-il tuo appartamento è troppo distante per accompagnarti, accontentati del mio Nakiri.- farfugliò lui, sghignazzando senza motivo. Sempre colpa dell'alcol.
-immagino di non avere altra scelta, allora.- accosentì lei, -ho un mal di testa assurdo.- si portò una mano sulla fronte.
Soma la fissò quando furono entrati nell'appartamento preso in affitto..
Pairing: SomaxErina e altre..
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erina Nakiri, Nuovo personaggio, Souma Yukihira, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Megumi quel giorno non lavorava, per cui aveva deciso di scendere in città per fare alcune compere che altrimenti nel suo piccolo paesino non avrebbe potuto fare. Quando non era impegnata a lavoro aveva bisogno di distrarsi o sennò veniva assalita da preoccupazioni a causa della lontananza da Soma. Inoltre, non era finita qui, aveva scoperto da poco attraverso il suo vecchio padre che gli incassi al ristorante ultimamente non stavano andando e se le “entrate” economiche avessero continuato ad essere basse, lei e la sua famiglia sarebbero stati costretti a chiudere il locale e perdere così il lavoro.
Tutte queste preoccupazioni, gravi problemi, non la stavano aiutando ad affrontare la lontananza da Soma e avrebbe voluto che fosse lì per sostenerla e dirle che sarebbe andato tutto bene, fornendole un'ondata di ottimismo, com'era solito fare in questi casi. Tuttavia, si sentivano poco per telefono e anche il fuso orario era talmente scoordinato che era difficile raccogliere un momento per chiamarsi, soprattutto quando nessuno dei due era impegnato con i propri affari lavorativi od era fuori. Era partito da due giorni, ma a lei sembravano molti di più e non era un buon inizio dato che ne mancavano ancora otto prima del suo ritorno. Voleva sentirlo e sfogarsi con lui sulla gravosa situazione finanziaria in cui si trovava adesso la sua famiglia, anche per chiedergli consiglio su come uscire dalla “crisi” visto che lui stesso, fino a qualche mese fa, gestiva un ristorante e sicuramente era in grado di trovare una soluzione o aiutarla con la sua mente geniale ed impulsiva.
Si chiedeva perché proprio mentre lui era assente doveva scoprire che il ristorante dei suoi genitori, il posto dove pure lei aveva un impiego fisso, non stava andando come avrebbe dovuto. E neanche voleva stressarlo troppo con quella situazione, dato che stava lavorando anche lui. Le veniva da piangere, ma doveva farsi coraggio e non abbattersi: questo era quello che Soma le aveva insegnato da quando si conoscevano. Si domandava anche come stessero andando le giornate a Parigi e più se lo chiedeva, più aveva ipocritamente paura che Soma non le restasse fedele.
Non voleva veramente crederlo, voleva fidarsi di lui, ma non ci riusciva: era più forte di lei e stava male per questo.
Non voleva partire prevenuta, anche perché questo l'avrebbe solo fatta soffrire di più, ma il fatto che avesse perso la fiducia in lui non poteva cambiare con un semplice schiocco di dita: non dipendeva da lei, bensì dagli avvenimenti dell'ultimo periodo. Aveva perdonato Soma per non averle detto la verità su Nakiri, ma la “ferita” rimaneva aperta.
Il “pallino” mentale nel quale si chiedeva quali fossero i sentimenti di Soma per Nakiri, nonostante tutte le ripetute smentite di quest'ultimo, restava immutato e ricolmo di incertezze. Oltretutto, con i problemi che aveva adesso, faticava davvero a combattere ogni disgrazia che gli era capitata lucidamente. Soprattutto la situazione del ristorante.
Intanto che si pettinava i capelli, i suoi occhi calarono sulla lucina blu che stava brillando sul pulsante centrale del cellulare: aveva un messaggio e sapeva essere di Soma. Era sicuramente uno dei suoi ultimi messaggi, così lo lesse:

 
Tutto bene, Megumi? Sono andato a Disneyland come prima giornata a Parigi.
I figli delle cugine Nakiri volevano andarci XD.
Mi sono divertito. Ti saresti divertita anche tu, ne sono sicuro.”

Involontariamente le scappò un sorriso leggendo quel simpatico messaggio.
Guardò l'ora, vi erano sei ore di differenza tra Parigi e Tokyo ed adesso erano le 15.00 del pomeriggio a Tokyo e a Parigi erano all'incirca le 9.00 di mattina: Soma si era sicuramente svegliato da poco, così, d'istinto, lo chiamò.
Aveva bisogno di sentire la sua voce e forse era il momento giusto.
Infatti, pochi secondi dopo, rispose alla chiamata. -Megumi!-
-buongiorno Soma-kun.- sorrise sollevata di sentirlo parlare di nuovo.
-come stai?- chiese subito, lui. -hai letto il mio messaggio di ieri?-
-sì, l'ho letto adesso.- confermò. -quindi hai visto Disneyland!-
-già, quando sono partito non pensavo ci sarei mai andato.-
Lo sentì ridacchiare dall'altra parte della linea. -ti saresti divertita!-
-immagino di sì, lo sai che mi piacciono i cartoni disney.-
-lo dico proprio per questo.- continuò:
-hai fatto bene a chiamarmi in questo momento, perché presto sarei sceso a colazione. Come va, per il resto?-
Megumi, davanti a quella domanda, era indecisa se metterlo al corrente del ristorante della sua famiglia perché non voleva tenerlo troppo a telefono, però alla fine optò per farlo: aveva bisogno di parlarne e sentire cosa lui pensava.
-in realtà le cose non vanno bene al ristorante dei miei genitori, Soma-kun: l'ho scoperto proprio ieri sera a lavoro. Non ero sicura se dirtelo proprio per telefono, ma sono molto preoccupata per il futuro della mia famiglia e del nostro ristorante: se saremo costretti a chiudere, perderò anche il lavoro e poi dobbiamo anche pagare l'affitto della casa alla proprietaria.
Come faremo? Non ho dormito stanotte per questo.- raccontò amareggiata.
Calò il silenzio tra i due, per qualche secondo, poi Soma le rispose:
-mi dispiace molto, Megumi. Davvero non riesco a crederci! Fino a poche settimane fa andava tutto bene, come può esserci stato un calo dell'entrate tanto improvviso? Avete fatto per caso degli acquisti troppo dispendiosi?-
-non ne ho idea. Sono i miei genitori che si occupano di trattare con i fornitori, quindi ci può stare che mio padre abbia esagerato con gli acquisti. Però è anche vero che sono tanti anni che gestisce il ristorante e mi sembra strano un errore tanto elementare. Penso si tratti più di un calo di clientela.-
-ma perché un calo di clientela così netto?-
Megumi si fece riflessiva e suppose:
-mh.. forse si tratta della concorrenza: hanno aperto un ristorante di pesce nella nostra zona e vicino al nostro locale.
Ci sta facendo perdere i clienti. Come sai il mio paese è molto piccolo e ce ne sono davvero pochi di ristoranti, il nostro era uno di quei pochi e si trovava anche tra i più buoni. Proprio per questo i clienti venivano a mangiare da noi.
Ora, con questo nuovo ristorante e la voglia di novità, la gente vuole altro.
Penso che dipenda da questo, Soma-kun, non da qualche errore dei miei genitori.-
-allora, se si tratta di questo, si può risolvere!- disse lui, tranquillo.
-cosa proponi, dunque?-
-un rinnovo del menù, delle ricette. Magari anche della pubblicità sulle nuove ricette. L'essenza del ristorante della tua famiglia, però, deve restare la stessa o sennò rischiate di fare peggio. Quello che forse dovete cambiare è la scelta dei piatti. Sono sicuro che diventerete un'ottima concorrenza, in questo modo, per l'altro ristorante. Provate Megumi!- le suggerì.
-mi starai accanto nel frattempo, Soma-kun?- domandò timidamente.
Vi fu una pausa nella conversazione: Soma non gli fornì una risposta immediata e questo la lasciò abbastanza perplessa. -sì, lo farò.- in seguito acconsentì, in tono distratto. Megumi, di conseguenza, davanti alla risposta di Soma, fu assalita da una sorta di inquietudine: la voce del suo ragazzo si era fatta più cupa, quasi contenuta nel rispondergli, e non gli piacque.
Cercò di scacciare quella sensazione decidendo di farla passare solo per un'impressione o si sarebbe solo ferita ulteriormente. -grazie dei consigli, glieli dirò anche ai miei genitori.-
-d'accordo!- il suo tono era tornato squillante, ma i dubbi permanevano.
-mi ha fatto piacere sentirti, Megumi!- aggiunse, -ci sentiamo più tardi.-
-certo, Soma-kun. Buona giornata!- gli augurò.
-buona giornata anche a te, Megumi, e stai tranquilla: tutto si risolve!-
-grazie del sostegno, Soma-kun.-
-lo sai che ci sono quando hai bisogno.-
Le strappò un sorriso: alla fine era sempre premuroso con lei e questo non era cambiato da quando era partito.
Nonostante questo pensiero, però, lo strano comportamento di Soma, che aveva interpretato attraverso la chiamata, non la lasciava tranquilla. Che fosse successo qualcosa tra lui e Nakiri? Che avesse capito qualcosa in quei due giorni?
Sentì l'angoscia farsi pungente, deglutì tesa, cercò di scappare un'altra volta dalla brutta sensazione che non le lasciava respiro. Doveva farcela a controllarsi. Doveva pensare ad altro.
In suo aiuto venne l'immagine sorridente del volto di Takumi e la frase che le aveva detto a telefono prima che Soma partisse:

Semmai dovessi sentirti sola quando Soma non c'è, puoi sempre chiamarmi o venire direttamente al mio ristorante. Sarai sempre la benvenuta.”

Con in testa quelle parole, stava per chiamarlo, ma abbassò la mano prima di farlo: non voleva parlare con Takumi di Soma, poiché non ci faceva nemmeno bella figura e poteva sembrare che lo chiamasse solo quando le faceva comodo, così evitò. Si sorprese quando, un'ora dopo, fu proprio Takumi a chiamarla. -Takumi-kun!-
-ciao Megumi! Come stai?-
-tutto bene, te? È successo qualcosa?-
-no, tranquilla. Sto bene, comunque.- la rassicurò. -che fai tra poco?-
-sono andata a fare compere tutta la mattina, ma adesso ho finito. Perché?-
-sono le 16.00 e tra un'oretta devo rientrare a lavoro per il servizio della cena al ristorante.
Che ne dici se ci prendiamo un caffè veloce insieme, prima?-
Megumi era meravigliata e si stupì nel sentirsi emozionata per l'invito.
-volentieri!- difatti accettò di buongrado. Almeno si sarebbe distratta.
-perfetto! Allora fissiamo alla caffetteria di fianco al mio ristorante?-
-certo. Allora a tra poco, Takumi-kun.-
-a tra poco.-

Per fortuna la caffetteria non era molto distante da dove si trovava, dunque arrivò abbastanza veloce all'appuntamento con Takumi. Lui era già lì e fu strano vederlo in abiti quotidiani e non con la solita divisa da chef dopo tanto tempo.
Rimase affascinata: i capelli biondi erano allungati e non coperti dalla cuffia da chef e alcuni ciuffi ribelli coprivano la sua fronte spaziosa, donandogli un'aria più virile del solito, non rovinando comunque i suoi lineamenti fini e delicati.
Gli occhi azzurri erano grandi, luminosi, sembravano felici e furono capaci di rasserenarla subito.
I jeans scuri calzavano perfetti sulle gambe toniche e il golfino largo, a righe bianche e nere, scendeva sportivo e con stile risaltando la costituzione fisica massiccia e scolpita. Era anche migliorato molto esteriormente: il volto dai contorni femminili e aggraziato era rimasto tale, ma si era fatto in qualche modo più maturo e mascolino. Forse perché aveva un aspetto più allenato rispetto al passato. Era bello. Sembrava un modello da come era perfetto, modi di fare compresi.
Non lo aveva mai guardato in quella maniera e ora che ci pensava era anche la prima volta che uscivano da soli al di fuori del ristorante Aldini e senza Soma fra loro. Non erano più un “trio” ma un “duo”. La loro uscita poteva essere scambiata per un appuntamento agli occhi di sconosciuti e il fatto che in quel momento avesse guardato Takumi sotto un altro punto di vista_meno confidenziale e amichevole_ritenendolo addirittura un uomo attraente, di certo non la incoraggiava a vedere quell'incontro come un'uscita tra amici ma come un vero appuntamento tra un uomo e una donna. Arrossì di botto.
Cosa stava pensando? Era fuori di testa?
Si trattava solo di Takumi, non di un estraneo, perché stava immaginando qualcosa di tanto imbarazzante?
Lei amava Soma, no?
La risposta era ovvia: sì, lo amava, altrimenti adesso non sarebbe stata così male mentre era a Parigi.
Allora perché stava guardando Takumi per l'uomo affascinante che era?
Da quando aveva iniziato a vederlo come un uomo e non come un semplice amico?

Era innamorata di Soma, indubbiamente, però sembrava essersi accorta proprio in quel momento che Takumi era un essere maschile proprio come il suo compagno attuale. Quell'uscita, dunque, visti gli apprezzamenti mentali e i pensieri che stava avendo, doveva vederla come un appuntamento? Non lo sapeva e neanche voleva pensarci.
Non voleva succedesse niente, dato che stava con Soma, ma non riusciva proprio a non sentirsi a disagio all'idea di uscire da sola con Takumi. Cosa significava? Forse che un po' Takumi le piaceva?
In ogni caso, non doveva pensarci.
Probabilmente era stato solo l'impatto con Takumi vestito in abiti quotidiani che l'aveva confusa. Niente di più.
Raccolse un respiro profondo, cercando di controllare l'agitazione causata dai pensieri che l'avevano appena invasa, e gli andò in contro. -sempre puntuale, Takumi-kun.- gli sorrise, graziosa.
-anche tu Megumi.- notò lui.

Entrarono nella caffetteria che si presentò come un locale molto accogliente e raccolto, in qualche modo romantico. Avvampò a quel pensiero. Perché continuava a fare certi pensieri?
Concluso il momento di imbarazzo, si accomodarono ed iniziarono a parlare del più e del meno, in attesa del cameriere.
Ad un tratto lui si soffermò a guardarla e all'improvviso le chiese:
-sei davvero sicura di stare bene, Megumi?-
-certo Takumi-kun, non preoccuparti. Perché me lo chiedi?-
Non era la verità, ma non voleva farlo preoccupare più del dovuto.
-sembri tranquilla, però anche tormentata. Forse è solo un'impressione.-
-penso tu abbia ragione a sostenere che sono tormentata, ma credimi se ti dico che preferisco divertimenti oggi.
Non mi va di pensare, quindi parliamo tranquillamente, come prima..- accennò un sorriso -..d'accordo, Takumi-kun?-
Lui annuì comprensivo. -come preferisci!- accettò. -allora cercherò di farti divertire il più possibile!-
Le strizzò l'occhiolino e lei stranamente si sentì imbarazzata.
-grazie. Ti sono davvero grata.-


 

****


Finalmente il cameriere portò loro i due caffè ordinati.
Takumi aveva ascoltato Megumi mentre parlava, ma aveva anche notato che non sembrava tranquilla come gli faceva credere. Gli era venuto spontaneo chiederle se andasse davvero tutto bene e dalla risposta di Megumi aveva compreso non essere così. Tuttavia, lei gli aveva chiesto esplicitamente di non parlarne e alla fine aveva deciso di non insistere e di rispettare la sua richiesta, poiché sembrava essere quello che voleva. Si sentiva un po' in colpa verso Soma per aver chiesto a Megumi di uscire e inizialmente aveva seriamente considerato quell'incontro come un'uscita tra amici: non c'erano state cattive intenzioni dietro al suo invito a Megumi e neanche doppi fini, visto che era la ragazza del suo migliore amico; però, quando l'aveva vista comparire davanti a lui, quell'invito si era trasformato in un vero e proprio appuntamento.
Un'altra volta aveva guardato Megumi per quello che era: una donna e anche graziosa in tutta la sua semplicità.
A quel punto, sentendosi irrimediabilmente attratto da lei come donna, era stato travolto dai sensi di colpa perché ciò voleva dire che a lui sembrava di avere un appuntamento con la ragazza del suo migliore amico e non era piacevole sentirsi tanto meschino. Comunque, si era convinto che avrebbe ignorato gli ambigui sentimenti provati per Megumi e così aveva celato i suoi veri pensieri parlando del più e del meno, evitando di entrare in discorsi imbarazzanti e cercando di non esporsi con le parole. Controllare frasi complimentose fu arduo, perché ogni secondo moriva dalla voglia di dirle “sei davvero carina” e questo non era positivo. Ed era ingiusto anche nei confronti di Soma e neanche era corretto approfittarsi delle debolezze di Megumi negli ultimi giorni per insinuarsi nella sua testa o ricrearsi un piccolo spazio nel suo cuore solamente perché provava un certo interesse per lei. Interesse che doveva proprio fingere di non avere in maniera da non commettere errori e soprattutto per non rovinare il suo rapporto di amicizia con Soma e Megumi.
I suoi vaneggiamenti furono interrotti da una domanda di quest'ultima:
-Takumi-kun, dov'è Isami-kun oggi?-
Lui sorrise compiaciuto e vide Megumi farsi confusa alla sua reazione:
-è fuori con Mito Nikumi.- annunciò, poi.
A quella risposta, le si illuminò il viso per lo stupore misto a felicità:
-davvero? Allora si sono messi insieme?-
-proprio così.- confermò solare. -da qualche giorno.-
-sono davvero felice per Isami-kun e Mito-san.-
-anch'io lo sono per loro, soprattutto per mio fratello.-

Nel frattempo che parlavano un cliente passò troppo vicino a Takumi e, dato lo spazio ristretto della caffetteria, per sbaglio gli diede una gomitata proprio quando aveva in mano la tazzina di caffè e il liquido scuro si versò leggermente sulla suo golf a righe bianche e nere. -oh cavolo!- imprecò infatti, sobbalzando sulla sedia.
-oddio Takumi-kun! Ti sei bruciato?- chiese apprensiva lei, alzandosi di scatto dalla sedia a sua volta.
Takumi sbuffò un po' e il giovane ragazzo che l'aveva colpito si scusò quasi intimorito_anche se era davvero dispiaciuto_.
-no, tranquilla Megumi. Era già meno caldo di prima.- in seguito le rispose.
Lei corse subito ai ripari rovistando nella sua borsetta e tirò fuori un porta salviette, di quelle profumate.
-va pulito subito.- affermò. Dunque, accuratamente, si alzò dalla sedia, guardò Takumi e si specchiò nelle sue iridi azzurre, bloccando per un attimo i movimenti_o almeno a lui era sembrato così_che stava facendo.
Vi fu uno scambio di sguardi intenso, complice, intimo. Tale scambio fu purtroppo interrotto dalle parole di lei:
-Takumi-kun.. girati verso di me.- lo invitò timidamente, cercando di sfuggire ai suoi occhi. Lui fece come gli era stato detto e lei cercò di ripulirgli la macchia di caffè dal golf come meglio poteva. Takumi si sentì a disagio a quella vicinanza, soprattutto ripensando a come si erano guardati prima. Trovò addirittura adorabile la premura e la gentilezza di Megumi da quando gli si era versato il caffè addosso. Non riuscì a controllare i suoi occhi che andarono verso la scollatura della maglietta che indossava, lasciando intravedere la divisione tra i suoi rotondi seni.
“Scusa Soma” fu il suo unico pensiero, visto che stava guardando con desiderio la sua ragazza.
Era chiaro che fosse attratto da Megumi e anche se continuava a negarlo era sempre più difficile fingere che non fosse così.
Sapeva che doveva subito fermare quello che sentiva, per cui disse:
-basta così, Megumi, è abbastanza pulito adesso.- la allontanò per le spalle e le sorrise con tenerezza, cercando di mascherare le sensazioni che avvertiva ad averla tanto vicino. -mi sei stata di grande aiuto.-
-sicuro che sei apposto, Takumi-kun?-
-sicuro.- ripeté lui fiducioso. Calò un vergognoso silenzio tra i due, ricco di tensione magnetica ed attrattiva.
D'istinto osservò Megumi: la trovava davvero carina con quella maglietta verde smeraldo con un leggero scollo al petto, lunga, sopra ad un paio di leggis neri che calzavano perfetti alla sua vita e sulle snelle gambe, risaltate da un paio di stivaletti neri con una piccola zeppa. Le lisce ciocche, sciolte, scendevano aggraziate e ben acconciate incorniciandole il volto delicato e lievemente truccato, quello che bastava a spiccare la naturale bellezza di Megumi.
Fu proprio dopo averla guardata in quel modo, che non riuscì a trattenersi dal dirle quello che non avrebbe dovuto:
-sei davvero carina oggi, Megumi.-
Guardò altrove, si portò le mani sopra agli occhi a mo di imbarazzo e si sentì un po' arrossire.
Si maledì per aver parlato davvero.
Anche lei distolse lo sguardo impacciata e farfugliò non sapendo cosa dire:
-grazie Takumi-kun, è la prima volta che te lo sento dire.-
Lui cercò di rimediare a quello che aveva detto senza creare disguidi:
-non farti problemi per quello che ti ho detto, ok, Megumi? Il mio era solo un semplice complimento.
L'ho pensato e l'ho detto, non c'è niente dietro.-
Da una parte era la verità, dall'altra sapeva che l'aveva detto perché era da tempo che dentro di lui pensava che Megumi fosse carina e aveva sempre cercato di scacciare il pensiero. Però, vista l'atmosfera che si era creata tra loro quel pomeriggio, non era riuscito a controllarsi come al solito. Era stato più forte di lui.
Mentre rifletteva, guardò l'orologio al polso e si accorse che era già passata un'ora e presto sarebbe entrato a lavoro.
Colse quell'opportunità per cambiare discorso e sciogliere l'imbarazzo:
-adesso devo proprio entrare a lavoro. È già passata un'ora.-
Non negò che gli dispiacesse interrompere quell'uscita perché si era accorto di stare bene in compagnia di Megumi, oltre a trovarla carina. Continuava ad essere sbagliato sentirsi così con lei, ma non poteva farci nulla.
-oh! Hai ragione Takumi-kun!- esclamò lei, stupita -è passata veloce un'ora.-
Lui la guardò e sorrise: era felice di sentire che anche per lei quell'ora era passata veloce: era positivo, perché voleva dire che stavano bene insieme. Ignorò subito quel pensiero, non poteva permetterselo.
-già, è passata veloce. Mi ha fatto piacere vederti!-
Alla fine voleva essere sincero con lei. Era giusto dirglielo.
-anche a me.- ricambiò il sorriso lei. -grazie della compagnia.-
-di niente. Lo sai, quando vuoi.-
Era un po' emozionato nel dire quelle parole, però non poteva fare a meno di essere felice che Megumi si trovasse bene  con lui. -certo, volentieri.- rispose lei, radiosa.

Detto questo, andati alla cassa per i caffè, pagò lui per tutte e due.
-grazie di avermi offerto il caffè.- disse lei, timida, usciti dal locale.
-è stato un piacere.- le sorrise lui.
Infine si salutarono. Erano meravigliati entrambi per come si era rivelata quella breve uscita.
Erano stati bene, anche se si era trattato solo di un'oretta scarsa.



 
****


Intanto, a Parigi, lei, Soma e Marika erano finiti nuovamente a visitare la città da soli. Questa volta, però, non era stata l'insistenza di Marika a convincerla ad invitare Soma, ma la scaltrezza di sua cugina a farlo.
La mattina erano tutti partiti con l'idea di visitare Parigi in gruppo, tranne Hayama che preferiva stare per conto suo, ma Alice aveva cambiato idea all'improvviso e proprio poco prima di uscire dall'hotel, decidendo di fare lo stesso tour con Hayama e portarsi dietro anche Hisako. Aveva provato a dire che pure loro si univano, ma Alice aveva sviato la sua intenzione dicendo che erano esauriti i biglietti. Ecco spiegato perché lei, Soma e Marika si trovavano in quella situazione. Sua cugina era veramente tremenda quando ci si metteva.

Comunque, era già passata l'ora di pranzo e nel corso della mattinata avevano visitato il famoso museo del Louvre, anche se non tutto perché i reparti erano moltissimi e per Marika sarebbe stato troppo noioso e stancante.
Poi, fatta la pausa pranzo, erano ripartiti con la visita di altri panorama artistici di Parigi.
Adesso stavano solo camminando tra le strade, che erano molto affollate.
Allontanarsi sarebbe stato pericoloso, specialmente per Marika che era piccola; quindi, le stringeva stretta stretta la mano e allo stesso tempo camminava affianco di Soma. Quel giorno, però, Marika sembrava avere la giornata storta_a volte le capitava_e girare fermandosi poco era stato anche faticoso per lei.
Lo stato d'animo di sua figlia iniziò a degenerare quando passarono accanto alla sala giochi:
-mamma! Vorrei entrare lì dentro!-
Soma fissò la sala giochi e guardò Erina, che cercò di rispondere a Marika:
-tesoro.. ci sono posti migliori da vedere anche per te, invece che la sala giochi.- sapeva che, rispondendole in quel modo, avrebbe iniziato a lamentarsi proprio perché appariva più irrequieta del normale.
-voglio andarci lo stesso! Mi accompagni Soma oniichan?-
Andò verso l'uomo e lo trascinò per la mano, Soma prima guardò la bambina e sapendo di non potersi intromettere nelle sue scelte restò in silenzio, guardò anche Erina come a chiedergli cosa doveva risponderle.
-no, Marika. Niente sala giochi! Andiamo in un parco, vuoi?- insisté la donna.
-quale parco?- Marika mise un broncio contrariato.
-un parco qui vicino, ce ne sono tanti.-
Allora anche Soma cercò di andare in suo soccorso, visto che la bambina non appariva lo stesso convinta:
-Marika.. sono sicura che i parchi sono più divertenti e spaziosi della sala giochi, non credi? Se vuoi ti spingo sull'altalena.-
Marika allora si fece entusiasta e si aprì in un sorriso smagliante.
-mi spingerai davvero sull'altalena, Soma oniichan?-
-è una promessa piccola!- alzò il pollice e le strizzò l'occhiolino.
Erina si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, pensando che Marika si fosse pienamente convinta; peccato che, dopo un'altra mezz'ora di cammino verso il parco consigliato e riportato sulla cartina di Parigi, la bambina iniziò a fare nuovamente i capricci davanti ad una vetrina di un negozio della Disney rimanendo incantata da una Minny enorme seduta su un cubo rosso a pallini bianchi, proprio come il classico abito della topolina più famosa della Disney.
-mamma.. possiamo comprarla?-
Erina strinse la mano di Marika e fu costretta a risponderle:
-no tesoro, è troppo grande e non possiamo comprarlo.-
Non che le mancassero i soldi per comprarlo visto che apparteneva ad una delle famiglie più ricche di Tokyo e non solo, ma non voleva viziare Marika con degli acquisti troppo eccessivi e, se voleva tanto Minny, glie l'avrebbe regalata per il compleanno. Voleva insegnarle che era più bello comprare alcuni oggetti quando lo si faceva soprattutto grazie ai nostri sforzi. Questo non voleva dire che non comprava mai niente a sua figlia, tutt'altro, ma per pupazzi tanto grossi e anche ingombranti (soprattutto perché avrebbero dovuto portarli indietro con l'aereo e causa delle grosse dimensioni rischiava di non entrare nemmeno nelle valigie da stiva) non voleva spendere e in particolare non voleva inculcarle in testa l'idea che, siccome erano di famiglia ricca, tutte le era dovuto. Marika, tuttavia, la risposta di “rifiuto” non la prese benissimo.
-perché no? Minny è bellissima! Dai mamma! Per favore!-
-ti ho detto di no, Marika! Non farmelo ripetere!-
La trascinò più distante dal negozio della disney, mentre la bambina cercava di ritirarla indietro iniziando quasi a fare le bizze. Yukihira non sembrava sapere cosa dire e dunque optò per il silenzio.
Lei si sentì in imbarazzo davanti a lui, a farlo assistere ad una discussione simile:
-mi dispiace Yukihira.- poté solo dire. -di solito è molto tranquilla ed educata, ma ci sono dei giorni in cui è più stanca e si impunta sulle cose o su degli oggetti. Un po' come tutti i bambini.-
Marika continuava ad essere arrabbiata e lei tentò nuovamente di calmarla:
-Marika! Per favore! Ti ho detto che non possiamo. Non insistere!-
Furono proprio quelle parole a distruggere completamente la quiete e far del tutto esplodere Marika:
-cattiva mamma!- gridò con le lacrime agli occhi, il paffuto volto arrossato e gli occhietti lucidi.
Era la prima volta che si sentiva dire “cattiva” da sua figlia e questo la ferì moltissimo, sentendosi invasa dai sensi di colpa e dalla paura di essere stata troppo dura. In un gesto involontario, difatti, le aveva lasciato la mano e prima di riuscire a fermarla, la vide correre via e sparire tra la folla. -Marika!!- le grida disperate che la richiamarono partirono sia da Yukihira che da lei. Il primo sgranò gli occhi e nemmeno lui era riuscita a bloccarla in tempo. Il richiamo gli era uscito spontaneo. Anche lei aveva provato a rincorrerla, ma i passanti le avevano tagliato la strada e l'aveva persa di vista in un secondo: fu assalita da un panico che non aveva mai provato. Era una sensazione orribile, talmente tanto che le veniva di rigettare per le dolorose fitte allo stomaco causate dalla preoccupazione di averla persa di vista e solo perché sconsideratamente le aveva lasciato la mano. Iniziò a ripetere meccanicamente, in sussurro, il nome di sua figlia.
-Marika..- e ancora. -Marika..- e di nuovo piena d'angoscia:
-Marika dove sei!?!- Provò a chiamarla ad alta voce, ripetutamente, nella vana speranza che non si fosse allontanata troppo e potesse sentire la sua voce. Sentì delle lacrime di paura scenderle dagli occhi e Yukihira, vedendola tanto agitata come non l'aveva mai vista, d'impulso la abbracciò e le iniziò ad accarezzare i capelli con cura come se fosse una bambina in preda allo spavento. -non chiamarla più, Nakiri, l'hai già fatto più di dieci volte. Non ti sente.- iniziò col il dirle -stai tranquilla, non sarà andata lontano. La troveremo sicuramente! La troverò sicuramente!- affermò con decisione.
Lei non riuscì a trattenersi, rispose all'abbraccio di Yukihira perché ne sentiva veramente il bisogno. La sua voce fiduciosa e rassicurante fu capace di tranquillizzarla un po' e quell'abbraccio era sincero, così come le parole dell'uomo.
Inoltre, se lo conosceva bene, Yukihira quando diceva qualcosa non si tirava indietro e finché non otteneva ciò che voleva non si sarebbe arreso. Sapere di avere una persona come lui accanto, in quel momento, ottimista, la stava aiutando moltissimo_anche se la forte preoccupazione per Marika non spariva_.
Parigi era immensa, era lontano mille miglia da Tokyo e sua figlia aveva solo sei anni.
Non sapeva niente di quella città, per lei era sconosciuta. Il traffico stradale era mortalmente pericoloso.
E se le fosse successo qualcosa?
A quel pensiero le veniva quasi da svenire da quanto faticava a reggersi in piedi. Sentiva la stabilità delle gambe farsi molle, lo stomaco bruciarle dal terrore e dai sensi di colpa. Dov'era? Solo l'abbraccio confortante di Yukihira a tenerla in piedi, ad impedirle di crollare dallo spavento e per il senso di vuoto totale che stava provando, mentre il sorriso solare e innocente di Marika lentamente si faceva sfuocato nella sua testa. Le lacrime ormai sgorgavano imperterrite dai suoi occhi lilla.
Yukihira proseguiva ad accarezzarle la testa, a stringerle la mano con forza per trasmetterle coraggio e continuava a dirle frasi rassicuranti nel tentavo di calmare quella crisi per farla tornare lucida e iniziare cercare Marika.
-Nakiri! Riprenditi! Se ti riduci così non si va da nessuna parte.
Dobbiamo pensare a come trovarla e decidere da che parte cominciare a cercarla.- esordì ancora lui. -non buttarti giù!-
Dopo quelle parole Erina sembrò riprendersi un po' e annuì, tirando su con il naso per poi allontanarsi dalle sue braccia forti. -hai ragione, Yukihira.- provò a dire, in tono strozzato.
Yukihira prese in mano la situazione e cercò di ragionare con lei:
-Nakiri.. per caso dentro lo zainetto a fiori di Marika hai lasciato qualcosa che ci potesse aiutare a trovarla?
Tipo un numero di cellulare?-
Erina ci rifletté attentamente e ricordò di aver messo dentro ad una delle tasche dello zainetto il suo numero di cellulare. L'aveva sempre fatto per precauzione, perché questo la rassicurava.
-ora che mi ci fai pensare, dovrebbe esserci un foglietto con il mio numero dentro ad una tasca.-
-perfetto!- sorrise soddisfatto. -questo è un buon inizio, almeno se qualche affidabile adulto si accorge che Marika è sola potrebbe chiamarti per dirti dove si trova e a quel punto sarebbe più facile trovarla.-
-dobbiamo comunque iniziare a cercarla!- precisò lei.
-ovvio!- concordò lui. -forse è meglio dividerci per cercarla, che ne dici?-
-sì, penso sia la cosa migliore!-
Si guardarono ancora una volta e lei si allontanò per prima.
Lui la fermò per il polso e le sorrise sereno:
-la troveremo, Nakiri. Stai tranquilla!-
Erina lo ringraziò mentalmente, si asciugò le lacrime e iniziarono a cercarla separatamente.
In due zone diverse, ma comunque intorno.



 
****


Soma, separato da Nakiri, rifletté su dove potesse essere andata la bambina.
Anche lui si sentiva molto preoccupato ed angosciato. Non era sua figlia, era solo la bambina della donna che amava, eppure si sentiva tutti i muscoli tesi a causa del terrore che avvertiva. Era riuscito a malapena a rassicurare Nakiri e a scrollarla un po' da quello stato passivo e disperato, cercando di nasconderle la sua preoccupazione, ma nonostante questo non pensava ad altro: voleva trovare a tutti i costi Marika. Se le fosse successo qualcosa?
Si sentiva devastato e si stupiva sempre di più di come si era attaccato a quella bambina. Come desiderasse rivederla sorridere. Si era rattristato molto a vederla piangere, era anche la prima volta che lo faceva di fronte a lui perché solitamente era una bimba solare e spensierata. Anche veder discutere Nakiri e Marika non era stato piacevole. Loro che erano sempre insieme, che condividevano a suo dire un rapporto meraviglioso: Nakiri stravedeva per Marika e avrebbe fatto di tutto per lei_come normalmente una madre farebbe per la figlia_ e non solo.. era diversa con Marika, si addolciva in maniera adorabile, e Marika la seguiva a ruota: si vedeva come adorava sua madre e lo dimostrava in tanti modi, soprattutto quando le regalava quei sorrisi meravigliosi, il cui destinatario spesso e volentieri era pure lui.
Adorava vedere Marika sorridere e per tale motivo sentiva il cuore scoppiargli nel petto dall'ansia. Voleva trovarla subito.
Doveva pensare con più precisione dove potesse essere andata.
Parigi era immensa, Marika era così piccola in confronto e anche il traffico stradale lo preoccupava seriamente.
Da quando era scomparsa Marika, tutto ciò che lo rendeva nervoso prima che succedesse, dopo la conversazione con Megumi, era stato sovrastato dal desiderio folle di trovare la bambina. Appena l'avrebbe trovata si sarebbe concentrato sulla decisione presa dopo la conversazione con Megumi. Ora era fondamentale trovare Marika.
Così pensò ancora a dove potesse essere, quando finalmente gli venne in mente che Marika voleva tanto comprare quel pupazzo di Minny enorme. Con tale illuminazione, fece retromarcia decidendo di passare dal negozio della disney nella speranza di trovarla lì dentro. Appena trovò il negozio, si fiondò subito dentro guardando in qualsiasi angolo, dal più invisibile al più grande, girando freneticamente la testa: purtroppo non c'era traccia di Marika.
Dov'era allora? Il solito groppo d'ansia si formò nuovamente in gola.
L'unica era provare a chiedere alla commessa se avesse visto una bambina con la stessa fisionomia di Marika.
Alzò gli occhi al cielo, nel tentativo di controllare il terrore che sentiva e si avvicinò alla giovane donna:
-mi scusi signorina..- la donna si fece attenta e gli sorrise gentilmente:
-chieda pure signore!-
-..per caso ha visto nel negozio una bambina bionda, riccioluta e con gli occhi del mio stesso colore?
Me lo dica per favore! È importante!-
La donna lo guardò dritto negli occhi e si fece pensierosa, per poi dire:
-mi dispiace signore, la sua descrizione è un po' generale.
Essendo in un negozio disney ne vedo tanti di bambini con le caratteristiche che ha detto.-
-la prego! faccia mente locale più che può. Non troviamo più questa bambina ed è già quasi mezz'ora che la cerchiamo.- Sentiva l'inquietudine salirgli sempre di più, ma almeno lui doveva mantenere se voleva aiutare Nakiri a ritrovare Marika. La donna si fece più concentrata e ad un tratto sembrò ricordare qualcosa di importante:
-ora ci penso, ho visto una bambina simile non tanto tempo fa: sembrava un po' spaesata, in effetti, e sul punto di scoppiare a piangere. Non ho visto adulti accanto a lei..- lui sgranò gli occhi per il sollievo.
Poteva essere un indizio e infatti non la lasciò continuare, intervenendo:
-..ha per caso visto dov'è andata?? la prego me lo dica!-
-mh.. ho visto che una donna si è avvicinata a lei, aveva un altro bambino che teneva per mano e non sembrava pericolosa, gli ha chiesto qualcosa che non ho sentito e poi sono uscite.- descrisse.
-dove sono andate??- chiese ancora, cercando di captare informazioni più precise:
-ha visto all'uscita in che direzione sono andate?-
La donna ci pensò ancora. La stava tempestando e lo sapeva, ma non poteva fare altrimenti.
La sentì proseguire:
-non vorrei sbagliarmi, però mi è parso che attraversassero la strada e prendessero la destra.
Non ci faccia troppo affidamento, però.-
-quanti minuti fa più o meno, tutto questo, se lo ricorda?-
-no, mi dispiace. Ma non tanto tempo fa.-
-grazie signorina! Mi è stata di grande aiuto!-
Uscì rapidamente dal negozio della Disney, attraversò la strada e corse velocemente nella direzione che la commessa gli aveva detto. Se era una donna intelligente, la persona che l'aveva trovata, non si sarebbe allontanata molto da dove l'aveva raccolta. Confidava in questo.

Qualche passo più là, dopo una faticosa corsa, ecco che si trovò davanti ad un parco e portò gli occhi su diverse panchine nella speranza di vederle. Finalmente, dopo aver guardato in ogni punto, notò una donna con accanto un bambino più piccolo di Marika e Marika stessa: poteva riconoscerla tra mille, quei riccioli lunghi e biondi non ce l'aveva nessuno. ù
La donna teneva le mano della bambina e con delle carezze sulla testa cercava di consolarla perché sembrava lacrimare un po'. Vide la donna anche cercare qualcosa nello zainetto di Marika.
Non riusciva a crederci, l'aveva davvero trovata. Sorrise radioso. Tutta la tensione che aveva accumulato nel cercarla e per la paura di non trovarla, si alleggerì in un secondo; dunque, le raggiunse.
Prima che potesse chiamare la bambina, però, fu proprio quest'ultima ad accorgersi di lui:
-Soma oniichan!!- lo chiamò correndo da lui, gli occhi umidi per colpa dei pianti e il viso arrossato perché rigato di lacrime.
D'istinto l'abbracciò stretta, più che poteva, mentre la bambina cercava di calmarsi.
-ho avuto tanta paura, Soma oniichan.- disse tra i singulti.
Sentiva le mani della bambina stringerlo forte, a sua volta, segno che si era presa uno bello spavento.
Lui cercò di rassicurarla con gesti affettuosi e carezze sulla zazzera bionda.
-ero preoccupato anch'io piccola.- ammise sinceramente. Si rilassò.
-sono felice di averti trovata! Sono così felice! Adesso va tutto bene, ci sono io, e ti riporto subito dalla mamma.-
La bambina sembrò calmarsi un po', si staccò da lui e alzò gli occhietti ambra verso quelli suoi. Lui fu travolto da una sensazione di tenerezza, vedendo gli occhi lucidi e anche di sollievo quando vide che si stava calmando.
-mi dispiace tanto, Soma oniichan, per essere scappata via dalla mamma.-
-la mamma era molto preoccupata per te, sai? Dovremmo avvertirla subito che ti abbiamo trovato.
Non ce l'hai più con lei, vero?-
La bambina scosse la testa con convinzione:
-voglio solo tornare dalla mamma.- tirò su con il naso e si asciugò gli occhi con le mani.
Lui gli sorrise con dolcezza. -allora andiamo subito da lei.-

La donna che aveva trovato Marika si portò davanti a loro e gli sorrise:
-è il padre della bambina?-
Soma sussultò nuovamente, di fronte a quella domanda che già gli avevano fatto.
Ormai era chiaro che agli occhi degli altri sembrava davvero il padre.
Era bello sentirsi paragonato al padre di Marika e nello stesso tempo era triste perché così non era.
-no, purtroppo. Sono un amico della madre. Eravamo insieme prima che Marika si perdesse.-
-allora mi posso fidare a lasciarla nelle sue mani, visto che la bambina sembra molto vicina a lei. Sembra tranquilla.-
-sì, grazie davvero per averla trovata. Se non vi avesse incontrata non so come avremmo fatto. Le sono davvero grato! Se c'è qualcosa che posso fare per lei, per ricambiarla, me lo dica senza problemi.- le rivolse un sorriso.
-no, non desidero niente in cambio.
Sono una madre anch'io e capisco quanto possa essere dolorosa e devastante l'ansia per un figlio.-
-allora la ringrazio molto!- ripeté lui.
-mi potrebbe guardare un attimo Marika? Faccio una chiamata alla madre, che la starà ancora cercando.-
L'aveva già chiamato più volte per sapere se l'aveva trovata, con tanto di messaggi ripetitivi con la stessa domanda.
Doveva avvertirla che andava tutto bene o Nakiri sarebbe finita nuovamente in crisi.
La donna davanti a lui annuì e iniziò ad intrattenere Marika.

Lui si portò da parte e cercò nella rubrica il numero di Nakiri.
Lei rispose subito alla chiamata e chiese subito, inquieta:
-l'hai trovata?! Ti prego, Yukihira, dimmi che l'hai trovata!
È un'ora che la cerco. Sono fuori di testa!-
-l'ho trovata.- rispose svelto lui. -va tutto bene, Nakiri.-
La sentì sospirare dalla parta opposta della linea e poteva immaginarsi benissimo la reazione di alleviamento che la accompagnò. -dov'era? Dove sei?- poi iniziarono le domande.
-era in un parco con una donna e un altro bambino, è stata lei che l'ha trovata. Il parco è vicino alla torre Eiffel.
Non importa che vieni qui, ci troviamo davanti alla torre, d'accordo? Volevamo andarci al tramonto, no?-
-d'accordo! Però sbrigati Yukihira!-
Lui sorrise. -certo! Arrivo subito e ti porto Marika.-
Con questo, riattaccò la conversazione.
Ringraziò ancora la signora, salutò il bambino e prese la manina di Marika.
-raggiungiamo la mamma, piccola?-
La bambina sorrise radiosa.
-non vedo l'ora di abbracciare la mamma!-



 
****


Erina li vide arrivare. Soma stringeva la mano di Marika e la bambina, appena la notò, lasciò la mano di quest'ultimo e corse da lei.  -mamma!!-
Lei aprì le braccia per accoglierla e si abbassò all'altezza della bimba per avvolgerla meglio: tutto questo sotto il sorriso solare di Yukihira. -grazie al cielo stai bene, tesoro. Ero preoccupata per te. moltissimo.- confessò, non smettendolo di abbracciarla. -sono così felice che sei qui!-
-mi piace un sacco sentirti dire certe tenerezze, Nakiri.- la stuzzicò lui.
Lei, ancora stringendo Marika, le riversò un'occhiataccia:
-non è il momento di scherzare, Yukihira.-
La bambina si intromise nel loro battibecco e agitata chiese:
-mamma.. sei ancora arrabbiata con me?-
-no piccola, non lo sono più. Quello che mi importa è che tu sia qui.-
La bambina ricambiò il sorriso della madre e tornò tra le sue braccia:
-mi dispiace essere scappata da te. Non lo farò più.- disse tra i singhiozzi.
Marika le aveva sorriso, ma dalla felicità per essere di nuovo con lei era anche scoppiata a piangere.
-non farmi più preoccupare così, Marika.-
La bambina scosse la testa, tirò su con il naso. -non scappo più.-
-brava!- le disse lei, accarezzandole i ciuffi i biondi.
Portò gli occhi su Yukihira, lo fissò intensamente, lasciò il corpicino di Marika con tenerezza e andò verso di lui. Spontaneamente lo abbracciò, lasciandolo spiazzato perché ci mise un po' prima di ricambiare il suo gesto, portò la bazza sulla sua spaziosa spalla e constatò in un sussurro:
-l'hai trovata, Yukihira.-
-già.- asserì lui, sorridendo. Avvolse la braccia attorno al suo corpo esile ricambiando la stretta con passione, inebriato dal suo profumo, dal suo contatto, soprattutto dall'attrazione forte per lei e da quello che sentimentalmente provava.
Per entrambi fu dura staccarsi. Lei fu la prima a farlo e, impacciata, volse lo sguardo altrove borbottando:
-scusami.-



 
****


Lui ridacchiò alla sua reazione. Sfiorarla e stringerla come lei gli aveva lasciato fare non l'aveva lasciato come al solito indifferente, anzi.. sentiva di volerla ancora più vicina. Era la prima volta che sembrava essergli davvero grata, a parte forse quando si era sfogata con lui dopo la discussione con Suzuki. Aveva scelto di lasciare Megumi e di provare a conquistare nuovamente Nakiri, ma era da quella mattina_dopo la chiamata della sua ragazza_che era stato costretto a rimettere in discussione i suoi piani e a mettere da parte la sua decisione per cercare Marika e pensare solo a lei.
Megumi gli aveva detto che il suo ristorante, quello della sua famiglia, era in una situazione finanziaria critica, in calo, e gli aveva chiesto esplicitamente di restargli accanto perché aveva bisogno di tutto il sostegno possibile in quel momento e quando sarebbe tornato a Parigi. Anche se non amava Megumi, le voleva bene ed era una persona molto importante per lui. La conosceva e si era accorto, attraverso quella chiamata, che era disperata per ciò che stava accadendo e non si era più sentito di rispettare l'idea di lasciarla al ritorno. Non poteva farlo subito, l'avrebbe distrutta solamente di più.
Quindi, proprio perché aveva deciso di rimanerle accanto finché non avesse risolto con il lavoro, aveva cercato di controllare il desiderio di avere contatti fisici con Nakiri, anche se piccoli, per tutto il giorno. Di gestire i sentimenti per lei che si stavano espandendo come un fiume in piena, in particolar modo ora che aveva ammesso di amarla; però, dopo che lei lo aveva abbracciato ringraziandolo con tanta sincerità, avrebbe voluto stringerla ancora.
Ora come ora, appunto, voleva godersi quel momento con lei:
-Nakiri.. perché ti stai scusando per avermi abbracciato?-
-perché non avrei dovuto farlo, idiota.- sbottò lei, arrossendo.
-io invece sono felice che tu abbia fatto quello che volevi.- la punzecchiò.
Intanto, Marika, se le rideva come al solito a vederli battibeccare e Soma sorrise alla bimba vedendola più tranquilla.
Guardò ancora Nakiri, si soffermò sulle sue labbra, sentendosi fortemente attratto da esse. Scese verso i suoi fianchi longilinei, voleva dannatamente accarezzarla. Sentire il corpo di Nakiri contro il suo. Però, prima che potesse fare alcuna mossa, fu proprio lei ad avvicinarsi nuovamente.
Quest'ultima si schiarì la voce in un gesto leggermente imbarazzato, iniziando:
-comunque Yukihira..- fece una pausa in cui portò gli occhi di lato per nascondere il rossore delle guance, poi d'istinto la vide alzare la mano verso il suo volto e posarla delicatamente al lato destro della sua guancia, cosa che lo portò a sgranare gli occhi per l'inaspettato gesto, e infine a lasciargli una carezza nella quale ci mise tutta la dolcezza possibile_o almeno a lui così sembrò_. Sostenne il suo sguardo, ignorando la vergogna, e terminò:
-..grazie per averla trovata.-
Lui, in tutto questo, era rimasto talmente incantato dai suoi teneri movimenti che ricevette la frase di ringraziamento a “scoppio ritardato” e solo dopo posò la mano sul dorso di quello di Nakiri. -di niente Nakiri.- fiatò sorridendo.
Rimasero in quella posizione per qualche secondo e anche lui tornò alla realtà unicamente quando anche lei sembrò farlo, vedendola scivolare bruscamente dal suo volto quasi scottata da quello che aveva fatto.
Un'altra volta era stata guidata dall'impulso. Lui, infatti, giocò ancora su questo:
-l'hai fatto di nuovo, Nakiri.- ghignò soddisfatto:
-hai fatto ciò che volevi senza pensarci troppo.  Dovresti farlo più spesso, sarebbe tutto più facile.-
-evita di commentare, Yukihira.- tuonò paonazza.
Lui scoppiò a ridere divertito, guardò Marika e cambiò discorso:
-il sole sta tramontando, andiamo sulla torre Eiffel?-
Erina gli sembrò grata per averlo fatto. -sì, andiamo. Vuoi Marika?-
Sorrise alla bambina e quest'ultima annuì felice.
-voglio vederla!- esultò, con gli occhi luccicanti per l'emozione.
Marika afferrò la mano di Nakiri e si frappose tra lui e lei, trasmettendo loro una sensazione di “pace” e “normalità”.


 
****


Arrivati in cima alla torre, ormai il tramonto era già in corso e anche le temperature si erano lentamente abbassate.
Erina era pensierosa. Stava ripensando a tutto quello che era successo con Yukihira, quel giorno, sempre più colpita dalla sintonia e l'empatia tra lui e Marika: era riuscito a trovarla e glie l'aveva riportata. Odiava ammetterlo e ringraziarlo non sarebbe mai stato abbastanza. Non sapeva nemmeno di essere il vero padre della bambina, eppure aveva preso a cuore la sua ricerca, l'aveva sentito sinceramente ansioso per Marika e aveva fatto di tutto per trovarla. In ogni cosa ci metteva il massimo ed era una delle sue tante caratteristiche che, anche se non glielo diceva apertamente, ammirava moltissimo.
Non erano tanti giorni che erano a Parigi, però tutto quello che si era imposta di non fare con lui prima di partire stava andando a farsi friggere. In un modo o nell'altro si trovavano sempre da soli, o con Marika, e rispettare le distanze da lui diventava sempre più difficile. Nonostante Rokuro la tempestasse di messaggi e chiamate quando si incastravano con il fuso orario, tutte le volte che si trovava con Yukihira quasi si dimenticava di essere fidanzata con Rokuro e finiva per commettere gesti fraintendibili con Yukihira. Proprio come prima. Non riusciva a controllare l'istinto ed era per questo che era pericoloso stare accanto a lui. Stava troppo bene ed era sbagliato sentirsi così. In tal modo non lo allontanava, anzi.. aumentava solo le sue aspettative, soprattutto visto che lo faceva anche dopo che lui le aveva indirettamente detto di “aver scelto lei”, decidendo di lasciare Todokoro. Anche ora, sulla torre, davanti alla bellezza arancina del tramonto e alla meravigliosa visuale di tutta Parigi dall'alto, le sue iridi si posavano rapide sulla forma delle dita delle mani di Yukihira.
La mano calata di lato, aperta e rilassata, la spingeva a volerla stringere, a voler unire le loro mani in una salda presa e godersi il tramonto insieme, a contatto. Subito. Scosse la testa: non doveva fare certi viaggi mentali; più li faceva, più veniva guidata dall'irrazionalità. Tuttavia, non ci riusciva.
La sua insaziabile mente fu bloccata da Yukihira, che guardò Marika:
-le si stanno chiudendo gli occhi. Ho paura caschi in terra dal sonno.-
Effettivamente, da quando erano arrivati in cima alla torre Marika sembrava essersi zittita all'improvviso.
Era stata travolta dal sonno tutta insieme. -è stata una giornata lunga e stressante per lei, si è presa un bello spavento e adesso che è più rilassata la stanchezza ha preso il sopravvento.-
-lo penso anch'io.- Yukihira rivolse un sorriso affettuoso a Marika.
-senti.. che ne dici se la prendessi in spalla?- si propose, in seguito.
Inizialmente non sappe cosa rispondere. Se l'avesse presa in spalla avrebbe comportato un ulteriore avvicinamento affettivo tra loro, però alla fine non ci sarebbe stato niente di male nel farlo. Dunque, guardò ancora Marika, e rispose cercando di non incrociare i suoi occhi:
-se non ti scoccia.-
-nessun problema!- le strizzò l'occhiolino di rimando, contento.
Detto questo, guardò la bambina.
-vuoi salire sulle mie spalle?-
Marika sembrava entusiasta di farlo e con le sue ultime forze, prima di crollare definitivamente, si fece aiutare da Yukihira e salì dietro le sue spalle. -grazie Soma oniichan..- farfugliò assonnata. -sei comodo..-
Erina non riuscì a fermare un sorriso di tenerezza davanti a quella scena.
Pochi attimi dopo, Marika, con la testa riccioluta e il mento adagiato sopra la spalla di Yukihira, si addormentò profondamente e loro si trovarono da soli. -si è addormentata.- decretò ridacchiando, Yukihira.
-già. A quanto pare sei davvero comodo.- lo provocò ironizzando.
-vorresti provare anche tu, Nakiri? L'altra spalla è vuota. È tutta tua.-
Avvampò di colpo di fronte a tale allusione.
-figurati.- boccheggiò timida.
-scherzavo. Piuttosto preferisco vederti prendere l'iniziativa, come hai fatto prima. In qualche modo lo trovo più naturale.- ammise con aria nostalgica. Erina osservò il volto di Yukihira impegnato a guardare verso l'orizzonte e a godersi il panorama dalla torre, in un silenzio quasi riflessivo. Il riflesso dei colori del tramonto illuminava i suoi ciuffi rossi, donando una bellissima luce ai contorni del suo viso e al colore dei capelli.
Gli occhi ambra erano più esplicativi del solito e trasmettevano una sensazione di felicità mista a malinconia: sapeva di farlo stare male con la sua indecisione_anche se lui sapeva nascondere bene le emozioni quando voleva e cercava di non mostrarle i suoi punti deboli, in quel caso i suoi sentimenti per lei o la paura della sua scelta_.
I suoi occhi parlavano per lui. Spontaneamente spostò le sue osservazioni dal suo volto prima verso Marika, che si reggeva a lui con le braccia avvolte attorno al suo collo e lui la sosteneva con un braccio solo, e a seguito indugiò in direzione del suo braccio molle e rilassato_libero dalla presa di Marika e calato lungo la vita_si bloccò a guardargli le dita, ancora una volta indecisa e vogliosa di stringerle. Non gli piaceva vederlo malinconico, con suo disappunto, in special modo se pensava di essere lei a farlo sentire tale e fu proprio grazie a quel pensiero che si fece coraggio e portò cautamente la mano verso la sua e sfiorò le dita di Yukihira con le sue. Lui, al contatto, sussultò e portò lo sguardo stupito su di lei.
-ti pentirai anche di avermi preso la mano?- sorrise sbarazzino.
-non ti riesce proprio startene zitto per una buona volta?- esplose lei, stizzita.
-no, lo sai che non sono il tipo. Quindi? Ti tirerai indietro ancora?-
-se ti ho preso la mano è perché lo volevo davvero, questa volta, stupido.-
Arrossì vergognosa, distogliendo gli occhi da lui.
-però non pensare chissà cosa, chiaro? Non ho dimenticato che sto con Rokuro.- aggiunse.
-..e io non ho dimenticato quello che ti ho detto a Disneyland.- ribadì lui.
-dovrai accettarlo prima o poi, come stanno veramente le cose.-
-per ora non voglio accettarlo e neanche voglio lasciare questo mano.-
-sei insistente. Anche se ci teniamo per mano non vuol dire nulla, lo faccio anche con Hisako qualche volta.-
-in effetti, in fondo ci teniamo solo per mano e abbiamo fatto ben altro.-
-Yukihira!!- gridò imbarazzata, staccandosi da lui subito:
-non riesci proprio a non dire certe frasi, eh? Sei ingestibile!-
Lui riprese la sua mano, ridendo divertito, e lei non riuscì ad evitarlo.
-non è un tradimento questo, Nakiri.- iniziò pacato:
-ora voglio stare così e sei stata tu la prima a cercare un contatto, quindi non tirarti indietro.-
-non va bene lo stesso che tu dica certe frasi.- lo riproverò nuovamente.
-solo per oggi, potresti essere meno rigida?- le suggerì lui. -te l'ho detto, Nakiri, ascoltare l'istinto a volte non fa male e tantomeno non pentirsi di averlo voluto seguire. Anzi.. credo sia giusto fare così, all'occorrenza.-
-non ho bisogno delle tue lezioni di vita, Yukihira.- ribatté lei, poi sussurrò:
-ma solo per oggi..- sospirò imbarazzata e assecondò quello che desiderava fare, legando completamente la sua mano con quella di Yukihira. Ci fu un attimo di silenzio, nel quale continuarono a godersi lo spettacolo dalla torre Eiffel e a tenersi per mano, in una cornice familiare ed intima dalle capacità fotogeniche e romantiche.
Dopo lei parlò di nuovo:
-grazie ancora per aver trovato Marika.-
Era la terza volta che lo ringraziava, ma non sapeva davvero come ripagarlo.
-ero preoccupato anch'io, Nakiri. Molto.- confessò sincero.
-lo so..- bisbigliò consapevole -..l'ho visto.-
Lo so eccome, Yukihira, è anche tua figlia” pensò fra sé e sé con una fitta al petto, perché sapeva di non poterglielo dire e altrettanto di sentirsi in colpa.

Quel tardo pomeriggio trascorse così, fintantoché non rientrarono in hotel.
Anche gli altri li stavano aspettando: era già tutti tornati.



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angolo autrice: salve! ecco il nuovo cap. Cosa ne pensate? questa settimana era il turno di Takumi e Megumi, cosa ne pensate della loro scena? finalmente iniziano a guardarsi come un uomo e una donna eh! :P anche il prossimo cap avrà una piccola scena tra loro, ma sarà meno ricca di questa. Spero non vi dispiaccia che dia spazio anche a loro.
Delle scene Sorina, Soma/Marika, Marika/Erina/Soma e Erina/Marika cosa pensate? spero di non essere andata troppo OOC con i personaggi ç___ç. Mi auguro di non avervi deluso >.< adesso sapete anche perché Soma non potrà lasciare subito Megumi quando torna. Lo so! sono sadica! XD  ma aspetto le vostre opinioni^^.
Ringrazio tantissimo chi ha lasciato le recensioni e chi ha messo la mia fanfic a seguite/preferite.
Spero a presto! *-*

Un bacione a tutti! <3 Erina91

 
  
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