Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: romantico, fluff, slice of life
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.367 (Fidipù)
Note: Penso sia ufficiale: a me le storie solamente romantiche non vengono bene e questo ne è un chiaro esempio! Che poi ogni volta mi dicevo: "Ma non ci metto un combattimento o un...ah no, aspetta. Qui non c'è niente di tutto questo!".
Or bene, eccoci qua con un nuovo appuntamento di 'Vuoi scommettere?' e...beh, devo dire che penso che ormai siamo sulla via della fine per questa storia, sapete? Ancora pochi capitoli e poi diremo addio all'Adrien amante delle scommesse. E, dato che ci sono, vi annuncio che 'Vuoi scommettere?' salterà un turno, poiché il weekend di turno sarà quello che coinciderà con il Lucca Comics ed essendo io a Lucca...beh, sarà un po' difficile per me postare. Quindi con 'Vuoi scommettere?' ci rivedremo nel weekend del 5-6 novembre.
Fra l'altro, se qualcuno di voi è a Lucca, fatemelo sapere! Adoro incontrare gente nuova!
Detto questo, passo ai soliti ringraziamenti: grazie a tutti voi che leggete, commentate e/o inserite questa storia in una delle vostre liste. Grazie per tutto il supporto che mi date e...
Beh, al prossimo capitolo!
Adrien osservò Testa di pomodoro
andarsene: la testa cremisi china, le spalle gobbe, la classica postura
dello sconfitto.
Un po’ gli faceva pena, anche se la sua sconfitta significa vittoria per
lui: Marinette aveva scelto, più o meno: «Allora…» iniziò, venendo
immediatamente zittito dall’occhiata glaciale della mora.
«Non dire niente.»
«Perché?»
«Sono certa che vuoi sicuramente commentare quello che è appena successo
con qualche battuta.» decretò Marinette, iniziando a impilare i libri che
aveva preso dagli scaffali, alzandosi e stringendo i tomi al seno: «Voglio
solo…»
«Veramente volevo riprendere il discorso che avevamo in corso.» spiegò
Adrien, spostando la sedia e imitando la ragazza: «Quello che Testa di
pomodoro ha interrotto. Sai, quando io dicevo…»
«Non dire niente.» strillò Marinette, guardandosi attorno e ringraziando
il cielo che in quel momento non ci fosse nessuno; scosse il capo,
voltandosi e dirigendosi verso il carrello ove posare i libri consultati.
«Ma perché?» le domandò nuovamente Adrien, tallonandola: «Non capisco.
Davvero, non capisco cosa ti passa per la mente.» dichiarò, vedendola
tenere le mani strette attorno ai volumi e la testa incassata nelle
spalle.
Come poteva capirla, quando nemmeno lei sapeva cosa stava passando per la
sua testa.
Era successo tutto troppo in fretta e lei stava facendo una faticaccia ad
adattarsi, a capire qualcosa.
«Marinette?»
«Io…Io…»
«Cosa? Spiegamelo, così posso capire!» sbottò Adrien, mettendosi
dall’altra parte del carrello e posando le mani su quella della ragazza:
«Cosa c’è che non va? Io ti piaccio e tu…»
«E’-è su-successo tr-troppo in fretta…» mormorò la ragazza, alzando lo
sguardo celeste e incontrando quello verde e serio del ragazzo: «Tu sei
tornato e…e…»
«Troppo in fretta?» domandò Adrien, sorridendo e scuotendo il capo:
«Marinette, io sono innamorato di te da quando ti ho vista la prima volta
da piccolo.» dichiarò, stringendo la presa sulle mani della ragazza: «Sei
sempre stata l’unica che ho voluto, l’unica e sola. Ti ricordi quando ho
scommesso che, se fossi diventato più alto di te, ti avrei sposata? Ecco,
ero maledettamente serio! Io voglio te e solo.»
La mora rimase immobile, lo sguardo fisso sul volto di Adrien, che si
stava tingendo di rosso; aprì la bocca, richiudendola e scuotendo il capo:
«Stai arrossendo.» mormorò, dopo un po’, liberando una mano dalla stretta
e allungandola verso l’alto, fino a sfiorare con la punta delle dita la
guancia calda e rossa di Adrien.
«Non è che sia poi così sfacciato come sembro.» mormorò il biondo,
abbozzando un sorriso e chinando lo sguardo: «Te l’ho detto, imito…»
«I personaggi dei cartoni animati. Sì, l’hai detto poco fa.» sentenziò
Marinette, osservandolo mentre rialzava lo sguardo e le regalava un timido
sorriso: «Adrien, io…»
«Oh! Eri qua!» esclamò Alya, comparendo alle spalle dell’amica e
abbracciandola da dietro: «Il professor Plagg ti sta cercando e ha
dichiarato di farmi mangiare camembert se non ti avessi trovata.» sbuffò
la nuova arrivata, poggiando il mento contro Marinette e notando solo in
quel momento le mani congiunte dei due: «Ho interrotto qualcosa?»
Marinette si lasciò cadere sul letto, osservando il cielo chiaro
attraverso la botola e sospirando, mentre il suo cuore continuava a
battere furioso: non aveva mai smesso da quando aveva lasciato la
biblioteca.
Anche quando aveva parlato con il professor Plagg.
Anche quando aveva ascoltato la lezione della professoressa Bustier e la
sua attenzione veniva distolta, ogni tre per due, dalla figura di spalle
di Adrien.
Anche quando Alya l’aveva tormentata per sapere cosa era successo.
Anche quando aveva raccontato tutto all’amica.
Anche quando era tornata a casa.
Il suo cuore batteva all’impazzata.
Forte. Furioso.
E più ripensava ad Adrien, più accelerava.
Alya l’aveva esortata a dire al ragazzo cosa provava: l’aveva capito
ormai, cosa altro stava aspettando?
Ma aveva il coraggio per accettare ciò che avrebbe comportato? I
cambiamenti che ci sarebbero stati nella sua vita?
Marinette si rigirò nel letto, carezzando il braccialetto che teneva al
polso: quando era piccola, quando teneva al polso un monile simile, aveva
sempre ricevuto da quello la forza per affrontare tutto ciò che le si
parava contro.
Poi il monile era andato perso e lei…
Lei era diventata quella patetica ragazza che era adesso.
«Oh! Basta!» sbuffò, scivolando giù dal letto e scendendo le scale,
fermandosi davanti l’enorme specchio: «Piantala, Marinette!» dichiarò al
suo riflesso, guardandolo male: «Vuoi continuare a vivere così? Vuoi
continuare davvero a essere senza spina dorsale? Ti piace, Adrien? Sì,
anzi hai preso una bella cotta per lui, fin dalla prima volta che l’hai
visto. Colpo di fulmine! Anzi no! Ne eri innamorata fin da piccola! Bene,
quindi ora vai e prenditelo!» sentenziò, sorridendo poco dopo e scuotendo
il capo: «Sto parlando con lo specchio…»
Si guardò attorno e afferrò la borsetta, scendendo poi velocemente le
scale che portavano alla sua camera, e quasi andò addosso a sua madre:
«Dove stai andando?» le domandò Sabine, inclinando la testa e osservando
la figlia con fare stranito.
«Ah. Mh…esco, torno fra poco.» sentenziò Marinette, baciandole la guancia
e uscendo velocemente dall’appartamento: sarebbe andata da lui e avrebbe
approfittato di quel moto di coraggio che era sorto.
Ora o mai più.
Adrien sbuffò, posando il capo contro il palmo della mano e osservando i
libri della scuola: erano rimasti solo i compiti di matematica.
I mefistofelici, puzzolenti, compiti di matematica.
Sì, non puzzavano veramente ma a furia di leggere esercizi che
riguardavano quel maleodorante formaggio…
Beh, ne sentiva il tanfo.
Con un sospiro, degno di un condannato al patibolo, allungò la mano verso
il quaderno ove aveva copiato gli esercizi di quel giorno e, quasi fosse
stato graziato da una qualche divinità, il suo cellulare prese a vibrare
sulla scrivania; Adrien prese l’apparecchio, accettando immediatamente la
chiamata non appena vide chi lo stava cercando: «Marinette?»
«Ehm. Una piccola domanda.»
«Dimmi?»
«Per caso vivi ancora alla villa?»
«Cosa? Ah…mh sì, sto lì.»
«Oh. Perfetto!» esclamò la ragazza dall’altro capo del telefono: «Ehm…sono
davanti il cancello, ma non sapevo se suonare o meno. Sempre se trovo il
campanello.»
«Cosa? Sei davanti…»
«Il cancello, sì.»
«Scendo subito.» sentenziò Adrien, alzandosi dalla sedia e, velocemente,
raggiungendo la porta di camera sua: quasi volò le scale e si fiondò nella
stanza da cui Nathalie controllava l’intera casa; premette il pulsante
d’apertura del pesante cancello di ferro e poi raggiunse velocemente il
grande portone, aprendolo e osservando Marinette attraversare speditamente
il giardino: «Che fai qua?» le domandò, una volta che fu giunta fino a
lui.
«Ecco…io…» Marinette si portò indietro una ciocca di capelli scuri e
inspirò profondamente: «Tu sei stato il mio primo amore.»
«Cosa?»
«Fammi dire tutto, ti prego. O non penso di riuscirci…»
«Ok. Scusa.»
Un sorriso tenue si dipinse sul volto della ragazza, mentre si tormentava
le mani e abbassava lo sguardo: «Tu sei stato il mio primo amore: ogni
volta che venivi al negozio con tua madre, io…beh, sentivo il cuore
battere velocemente ed ero contenta quando ti voltavi verso di me e mi
chiedevi di giocare. Sei diventato il mio migliore e preziosissimo amico,
una persona importantissima nella mia vita…» si fermò, inclinando
lievemente la testa: «Ma poi sei dovuto andare via ed io ho dovuto fare i
conti con la tua assenza, piano piano sei diventato un ricordo –
bellissimo e doloroso al tempo stesso –, ma poi…poi sei tornato e tutto è
tornato di nuovo a galla ed io…»
«E tu?»
Marinette chinò la testa, nascondendosi allo sguardo del giovane: «Ed io
mi sono di nuovo innamorata di te.» sentenziò, alzando lo sguardo e
tenendolo in quello verde di Adrien: «Sei sempre stato l’unico che ho
voluto, l’unico e solo.»
«Questo l’ho detto io, stamattina.»
«E’ una bella frase ad effetto.»
Adrien ridacchiò, chinando lo sguardo e massaggiandosi impacciato la nuca:
«Ok. Lo faccio a modo.» dichiarò, annuendo alle sue stesse parole e,
prendendo le mani della ragazza, la tirò lievemente verso di sé mentre le
guance iniziavano a sembrargli di fuoco: «Marinette, vuoi essere la mia
ragazza?»
«Avevo pensato che avresti detto qualcosa del tipo “Vuoi scommettere
che…”»
«Perché non balbetti o ti ammutolisci quando c’è bisogno?» sbuffò Adrien,
alzando gli occhi al cielo: «Rispondi, forza.»
La ragazza sorrise, le guance rosse dall’imbarazzo e lo sguardo celeste
luminoso completamente concentrato in quello del ragazzo: «Sì. Sì, voglio
essere la tua ragazza.»