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Autore: Yuki Delleran    19/10/2016    1 recensioni
"La tranquillità e la pace, si sa, non avevano mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto,[...] eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile."
(Fantasy AU ispirata al film Disney "Maleficent" con un pizzico di HQ Quest)
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 7

 

Dopo aver abbandonato la radura con il laghetto, Kuroo, Bokuto e Oikawa si erano divisi: i primi due si erano finalmente dedicati alla tanto attesa caccia agli gnomi, passatempo utile soprattutto a scaricare i nervi, mentre il re dei demoni si era ritirato nella propria dimora personale. Non si trattava di una casa vera e propria, bensì di un angolo appartato di bosco, riparato da una parete di fitte fronde che lo separavano dell'ambiente circostante. Lì Oikawa riposava e si rifugiava quando aveva bisogno di passare del tempo in solitudine.
Da quando erano rientrati dopo lo scontro con gli avventurieri, non aveva ancora avuto modo di riflettere con calma su quanto accaduto: Kuroo e Bokuto erano sempre con lui ed era loro grato per questo, al punto da non vergognarsi nemmeno troppo di mostrare le sue lacrime, ma ora sentiva di dover passare un po' di tempo per conto proprio.
Rivedere Iwaizumi in quel modo, senza nessun preavviso, era stato uno shock. Quel giorno di cinque anni prima si era convinto che non l'avrebbe incontrato mai più e aveva rinchiuso nella parte più profonda del proprio cuore ogni genere di sentimento diverso dall'odio che provava nei suoi confronti. Non era pronto a quello che avrebbe visto, a trovarselo di fronte mentre lo guardava in quel modo, lo chiamava, chiedeva spiegazioni con domande che non era suo diritto fare. Oikawa aveva perso del tutto la testa. E aveva anche rischiato grosso per questo.
Ora che si trovava da solo a riflettere e che il suo cuore si era calmato, mille domande si affacciavano alla sua mente. Per quale motivo Iwaizumi era tornato? Davvero faceva parte di un gruppo di presupposti eroi partiti con l'intento di sconfiggere il fantomatico “re dei demoni”? E se così fosse stato, com'era possibile che l'avesse riconosciuto solo nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati?
Oikawa era più o meno consapevole delle conseguenze della perdita di controllo del suo potere di quella notte di cinque anni prima. Le ripercussioni sul territorio della Brughiera erano state lampanti fin da subito ma ben presto era venuto a sapere anche ciò che era successo a chi abitava i terreni tutto attorno. Sembrava che chiunque avesse perso memoria di come fossero il bosco e i suoi abitanti prima della mutazione, nessuno rammentava il periodo in cui non vi erano conflitti e la terra era fertile e rigogliosa. Per qualche motivo però Oikawa stesso si era convinto che Iwaizumi fosse stato immune a questo effetto, forse perché lo immaginava già lontano, forse, semplicemente, perché non poteva accettare che l'altro potesse scordare così facilmente tutto quello che c'era stato tra loro.
Tutti quei ragionamenti lo portavano a farsi una sola domanda, che per tutti quegli anni aveva tentato di ignorare: cosa ne aveva fatto delle sue ali? Oikawa avrebbe voluto chiederglielo, ma la sola idea di affrontare quel discorso con lui gli provocava una violenta ondata di nausea.
Non voleva parlare con quel maledetto umano, voleva ucciderlo! Per aver distrutto la sua vita ed essersi preso gioco dei suoi sentimenti non meritava altro che la morte!
E allora perché? Perché, si chiese in un impeto di frustrazione, quando pensava a lui sentiva la gola chiudersi e gli occhi inumidirsi?
« Grande Re! Grande Re, rispondimi! »
Una voce squillante interruppe il flusso dei suoi pensieri costringendolo a tornare con i piedi per terra.
« Ho una sfida da proporti! Vieni fuori, Tooru! »
Al sentirsi chiamare per nome da quello scricciolo impertinente, Oikawa scattò irritato e scostò bruscamente la cortina di fronde che fino a quel momento gli aveva garantito una certa riservatezza. Quasi subito si trovò di fronte Hinata con un'espressione battagliera e un bastone tra le mani. Non ebbe nemmeno il tempo di far presente il suo disappunto per l'appellativo utilizzato per chiamarlo, che quello gli sventolò sotto il naso la propria arma improvvisata.
« Ti sfido, Grande Re! Se vincerò io dovrai lasciarmi andare! »
Solo in quel momento Oikawa si rese effettivamente conto di cosa si trattasse: un ramo spezzato di fresco. I suoi occhi si spalancarono e, senza minimamente badare alla parole del ragazzo, spazzarono la radura circostante per fermarsi alcuni istanti dopo sull'albero offeso.
Senza dire una parola, gli strappò di mano il bastone e lo superò ignorando la sua espressione stupefatta. Raggiunse l'albero e rimise il ramo nella posizione originaria, coprendo la giuntura con entrambe le mani. Una debole luce dorata filtrò attraverso le sue dita e un attimo dopo il legno era di nuovo intatto.
« Mi dispiace. » mormorò sfiorando con la punta delle dita la corteccia ruvida, prima di volarsi con espressione tempestosa verso il proprio avversario. « Fai di nuovo una cosa del genere e il prossimo ad essere spezzato con tanta facilità sarà un tuo braccio. »
Non alzò la voce, era sufficiente il tono gelido ad incutere il giusto timore.
Hinata impallidì ed indietreggiò di mezzo passo, ma non se ne andò.
« Mi sembrava di essere stato chiaro quando ti ho detto di non chiamarmi in quel modo e di non andartene in giro. Quella fata della luce non sa svolgere nemmeno un compito così semplice come tenerti d'occhio? »
Oikawa era infastidito dalla presenza di quell'insulso umano, gli ricordava costantemente l'esistenza di Iwaizumi nelle vicinanze, con la quale non era ancora riuscito a venire a patti.
« Non è colpa di Yachi! » esclamò Hinata riprendendo coraggio. « Sono venuto qui di mia iniziativa per sfidarti! »
Era così fastidioso! Kuroo non poteva rapire qualcuno di meno petulante?
Oikawa gli lanciò un'occhiata insofferente.
« Sfidarmi. Con un ramo strappato ad uno dei miei amici. Ottima idea, davvero. Non è che sei un aspirante suicida? »
Questa volta le guance di Hinata persero il precedente pallore tingendosi di un rosa acceso, come se il giovane spadaccino fosse imbarazzato per aver ipotizzato una soluzione così semplicistica. Era davvero un libro aperto, ogni emozione gli si poteva leggere in faccia e questo era un altro dei motivi per cui Oikawa non poteva apprezzarlo: troppo spontaneo, troppo diverso da lui.
« Io... Io non mi arrendo! » esclamò comunque. « Devo sconfiggerti e tornare dai miei compagni! Ci sono delle cose importanti che devo sapere da loro!»
Era davvero irritante, tanto che Oikawa sospirò spazientito.
« Se accetterò la tua sfida, mi lascerai in pace? » si ritrovò a chiedere.
« Se vincerò dovrai lasciarmi andare! » ribadì Hinata con convinzione.
Il demone affilò lo sguardo.
« E se perderai banchetterò con le tue carni cotte a fuoco lento. » concluse solo per il gusto di vederlo sbiancare e sentire il singhiozzo di paura della piccola fata che li osservava atterrita da dietro un cespuglio.
Non l'avrebbe mai fatto – e poi dubitava che la carne umana potesse avere un sapore anche lontanamente gradevole – ma vedere la paura riflessa negli occhi dei suoi avversari gli dava una certa soddisfazione.
Tuttavia una sfida alla pari preveda almeno l'uso di un'arma, visto che il piccoletto non poteva certo utilizzare la magia, quindi Oikawa tornò verso il proprio giaciglio e recuperò da un angolo occultato dalle fronde due spade di legno. A volte le utilizzava con Kuroo o Bokuto per tenersi in esercizio, era stato Hajime, anni prima, ad insegnare loro come costruirle e utilizzarle. Ll'ennesimo ricordo che affiorò nella sua mente, innervosì ulteriormente Oikawa, che ne lanciò una al rossino e si preparò a ricevere l'attacco.
Hinata tentennò solo qualche istante, stupito dal fatto che gli fosse stata messa davvero un'arma tra le mani, ma subito dopo si mise in posizione e si lanciò all'attacco.
Lo scontro durò solamente pochi minuti: nonostante l'entusiasmo Hinata era impulsivo e ad un occhio esperto i suoi movimenti risultavano fin troppo prevedibili. Il demone non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere alla magia per parare i suoi assalti e ben presto il ragazzo si ritrovò seduto per terra, con il fiato corto e la lama di legno del suo avversario puntata alla gola.
« Molto bene, questa sera arrosto di spadaccino incapace. » ghignò Oikawa.
Vide il piccoletto rabbrividire e ritirò la spada con un gesto spazientito.
« Sparisci, non voglio più vederti da queste parti. Yachi, vedi di tenerlo a bada come si deve. »
« Non pensare che finisca così! » esclamò invece Hinata, testardo. « Tornerò domani e tutti i giorni a venire, finché non ti avrò sconfitto e non mi lascerai andare! »
Tanta cocciutaggine irritava Oikawa più che mai, e l'istinto di farla finita con quell'insetto fastidioso era decisamente forte, ma non poteva: era la sua merce di scambio, la chiave per avere finalmente la sua vendetta, doveva solo portare pazienza.
Quella decisione si rivelò piuttosto ardua da mantenere nei giorni successivi, in cui Hinata si presentò effettivamente con l'intento di riproporre la propria sfida. Oikawa ne era palesemente scocciato all'inizio, ma con il passare del tempo finì per provare una certo gusto nel prendere in giro quel piccoletto.
« Una mezza calzetta come te non ha nessuna speranza. » gli disse il terzo giorno, consapevole di Yachi che li fissava da lontano come sempre. « Anche senza magia potrei batterti con una mano dietro la schiena. Chi era quel poveraccio che ti allenava? »
Hinata tentennò un attimo e faticò a parare il fendente successivo.
« Non era un poveraccio! » protestò indignato. « Kageyama è l'arciere più forte che abbia mai conosciuto! »
Oikawa ricordava chiaramente la persona di cui il ragazzo parlava, era lo stesso che lo aveva minacciato quando aveva immobilizzato Iwaizumi, un tipo fastidioso. Soprattutto, la convinzione di Hinata nell'elogiarlo gli faceva venire ancora più voglia di dire cattiverie.
« Sarà, ma non ti ha insegnato granché. Probabilmente è un egoista che preferisce tenere per sé le mosse migliori. »
« Smettila di parlare male di Kageyama! Non lo conosci! É vero, non ha molta pazienza, ma è una persona leale e sincera! Mi fido totalmente di lui. »
Approfittano di una minima distrazione, il demone compì un movimento brusco e disarmò l'avversario.
Fiducia...
La fiducia era un sentimento orribile e controproducente, che portava solo sofferenza, come l'amore. Quello sguardo luminoso e puro gli dava la nausea.
« Sono sicuro che lui e gli altri sono ancora qui vicino e stanno studiando un piano per venirmi a prendere! » continuò Hinata, raccogliendo la spada di legno, questa volta per nulla turbato dalla sconfitta. « Per questo devo impegnarmi per vincere la sfida, così potrò andarmene senza che vi scontriate.»
Oikawa era completamente senza parole: non era possibile che parlasse sul serio, non poteva esistere qualcuno davvero convinto che quel conflitto potesse risolversi senza spargimenti di sangue e in un tripudio di buoni sentimenti.
« Senti un po'! » esclamò portandosi una mano sul fianco e fissandolo con sufficienza. « Non posso credere che tu sia così ingenuo da pensare che il tuo caro Kageyama sia ancora qui ad aspettarti o stia cercando un modo per salvarti. Per quanto possa sostenere che siate legati, non esiste un sentimento che porti a fare cose simili.»
Hinata, di fronte a lui, ora lo stava osservando con gli occhi sgranati per la sorpresa: ogni traccia di esaltazione sembrava scomparsa da lui per lasciare spazio alla perplessità. Piantò nel terreno la spada di legno e vi si appoggiò, sempre scrutandolo.
« Come sarebbe? É ovvio, no? Ne sono sicuro perché lo amo, e lui ama me. Quando si vuole bene ad una persona funziona così, bisogna avere fiducia in lei. Non è stato così anche per te, con quel ragazzo umano? »
Lo disse con una semplicità tale che Oikawa restò spiazzato, non credendo alle proprie orecchie. Come osava quella creatura piccola e debole parlargli in quel modo, come se fosse a conoscenza della verità assoluta? Come si permetteva di nominare il suo passato, che nemmeno le creature della  Brughiera avevano il coraggio di rievocare, e soprattutto di farlo come se niente fosse? La rabbia che sentì montare dentro di sé spazzò via ogni voglia di scherzare e tollerare quella presenza inopportuna.
« Che ne sai, tu, di quello che ha significato per me?! » si ritrovò a gridargli contro. « Stai qui a cianciare d'amore e ad atteggiarti a paladino che salverà tutti, ma non è così che funziona! Voi, voi, miserabili umani, siete solo capaci di agire per il vostro tornaconto! Non ve ne importa niente di quelli che tradite!»
« Tooru... » tentò di interromperlo Hinata, con il solo risultato di farlo infuriare ancora di più.
« Ti ho detto di non chiamarmi in quel modo! »
Bastò un solo gesto della mano e la forza del suo potere scaraventò il piccolo spadaccino nel cespuglio dietro il quale si trovava Yachi, che lanciò uno strillo spaventato.
« Sparisci, non voglio vederti! Sparite tutti e due! »
Con quell'esclamazione irata, Oikawa girò sui tacchi e ritornò verso la propria dimora. Con la coda dell'occhio vide la fata della luce aiutare il ragazzo ad alzarsi e sollecitarlo ad allontanarsi velocemente. Che se ne andassero, sì. Che sparissero dalla sua vista. Altro che scambio, avrebbe fatto meglio a far fuori subito quell'insulso umano, si sarebbe risparmiato un sacco di grattacapi! Fu con quel pensiero che fece riabbassare la cortina di fronde in modo da separarsi del tutto dal mondo esterno: per quel giorno ne aveva avuto decisamente abbastanza.

Il giorno successivo Hinata non si fece vedere, ma Oikawa non vi badò, ancora seccato dalla conversazione precedente. Accettò invece l'invito di Bokuto che aveva insistito per andare a dare fuoco a qualche campo perché “è davvero troppo tempo che non lo facciamo, Tooru, rischiamo di perderci la mano!”. Sentire gli umani che strillavano di paura alla sua vista e incendiare un intero raccolto con un solo schiocco di dita lo faceva sentire meglio: era così che doveva andare, lui che mostrava la propria forza e superiorità e gli stupidi umani che lo temevano, era il giusto ordine delle cose. Altro che amore, fiducia ed altre stupidaggini. Chi ama è debole, chi è forte vince. Era estremamente semplice.
Anche il quinto giorno Hinata non andò a proporre la sua sfida e Oikawa passò il pomeriggio ad allenarsi con Kuroo. Il demone gatto si mostrò piuttosto tranquillo e condiscendente, nonostante la proposta di utilizzare spade di legno al posto della magia fosse piuttosto anomala.
« Ti manca il passatempo che avevi trovato con il piccoletto? » lo punzecchiò ad un certo punto, ma Oikawa si limitò ad alzare le spalle.
« Che sciocchezze, ho di meglio da fare, io. » fu la risposta, pronunciata mentre si metteva in posizione per parare l'attacco del compagno.
Kuroo ghignò tra sé, alzò gli occhi e fece quello che gli veniva chiesto.
Fu più o meno al calar del sole, quando il gatto si apprestava ad andare a caccia di qualcosa di commestibile dopo aver riassunto la sua forma originaria, che il giovane re si azzardò a tornare sull'argomento ostentando però sempre una certa indifferenza.
« Eeeee... a proposito di cena, qualcuno si è preoccupato di procurare del cibo per quel ragazzetto che non provenisse dalla Brughiera? Non che m'importi di avvelenarlo, ma se si tratta di merce di scambio è bene che sia integro. »
Notò subito il mezzo sorrisetto di Kuroo, ma il gatto rispose con la consueta efficienza.
« Ho incaricato Yachi di occuparsene personalmente. I territori attorno alla Brughiera non sono ricchi, ma c'è sempre qualche umano che lascia il suo campo incustodito. »
Oikawa annuì, ma sospettò che fosse Kuroo stesso a prendersene cura. Quella fatina non avrebbe mai avuto il coraggio di sottrarre cibo dai campi degli umani. Anche se, dopotutto, a lui la cosa non importava minimamente.
Il sesto giorno successivo allo scontro, Oikawa ne ebbe decisamente abbastanza e decise di andare a vedere cosa diavolo stava combinando quello scarto di spadaccino. Si avvicinò non visto al luogo che gli aveva imposto come dimora e sbirciò quello che stava accadendo restandosene però a debita distanza. Al centro della radura, Hinata agitava la spada di legno in una sorta di bizzarra sequenza di mosse che probabilmente dal suo punto di vista avrebbero dovuto rappresentare un allenamento. Yachi, con aria preoccupata, era seduta su una delle rocce che circondavano il laghetto.
« Non credo che abbia molto senso esercitarti da solo. » obiettò ad un certo punto, seguendo con lo sguardo la punta di legno che fendeva l'aria ma non raggiungeva nessun obiettivo.
« Non posso andare dal Grande Re perché l'ultima volta si è offeso e ora ce l'ha con me, e non posso usare un albero come bersaglio o si arrabbierà ancora di più. » commentò Hinata prendendo fiato e preparandosi all'affondo successivo. « Quindi non mi resta altro che fare da solo, a meno che non voglia darmi una mano tu, Yachi. »
« Cosa? Io?! Nonono!!! Non ne sarei mai in grado! » esclamò la fatina agitando le mani davanti a sé.
Oikawa sghignazzò tra sé, tutto sommato grato che il ragazzo avesse imparato la lezione e non si fosse messo a menare fendenti contro la corteccia di qualche arbusto innocente. Rimase ad osservare per qualche minuto in silenzio, appuntandosi ogni errore, ogni sbavatura nel movimento, ogni pericolosa imprecisione, finché non ne poté davvero più.
« Hai sempre la guardia troppo bassa! » esclamò spazientito, uscendo dal proprio nascondiglio.
Hinata sobbalzò, sorpreso, e Yachi si coprì la bocca con le mani, appiattendosi contro la roccia in mancanza di un cespuglio dove nascondersi nelle vicinanze.
Il demone ignorò entrambe le reazioni e si diresse a passo sicuro verso il piccolo spadaccino.
« Alza quei gomiti! Dritta la schiena! Piega le gambe! »
In pochi gesti lo mise nella posizione corretta senza che l'altro opponesse la minima resistenza, troppo stupito anche solo per commentare.
« E ora prova ad attaccarmi! » concluse piazzandoglisi di fronte con la propria arma spianata.
Questa volta il risultato di attacco e difesa successiva fu molto più efficace del solito e se ne accorsero entrambi con una certa soddisfazione.
Yachi, dal canto suo, si ritrovò a battere le mani entusiasta, mentre Kuroo in forma di gatto sbucava da un cespuglio e le zampettava incontro.
« Va tutto bene? » miagolò saltandole in grembo e acciambellandosi sulle sue ginocchia.
« Sembrerebbe che il Grande Re abbia perdonato Hinata. » rispose la fatina con un sorriso, accarezzandone il pelo scuro in reazione alle sue fusa.
Un attimo dopo anche Bokuto planò sulla radura, posandosi però su una roccia accanto a lei, per non rischiare di ferirla con gli artigli. Osservò la scena e tubò soddisfatto: tutto era meglio che vedere Tooru macerarsi nel tormento.
L'esercitazione di quel giorno si concluse senza problemi e Hinata stesso ne fu entusiasta, tanto che mentre si rinfrescavano nel laghetto si lasciò andare a ringraziamenti e commenti ammirati.
« Certo che per essere uno che non usa armi, sei davvero in gamba! E sei gentile a mostrarmi certi trucchi, non li avrei mai immaginati! Ti ringrazio, Tooru! »
Quando si rese conto di aver di nuovo chiamato il re dei demoni con il suo nome proprio, Shoyou sbarrò gli occhi e si coprì la bocca con una mano, evidentemente pronto ad assistere ad un nuovo scatto di nervi. Oikawa però si limitò a sospirare rassegnato.
« Fa nulla, lascia perdere. Anche se ti dico di non chiamarmi in quel modo, sembra che tu non abbia intenzione di ascoltarmi, quindi è tanto inutile che continui a ripetertelo. Fai come ti pare, un nome è solo un nome. » fu il commento pronunciato fin troppo tranquillamente.
Con la coda dell'occhio vide Hinata rilassarsi e si stupì di quella reazione: dopotutto era pur sempre in compagnia del su acerrimo nemico e teoricamente anche quella di quel giorno avrebbe dovuto essere una sfida. Eppure sembrava che il piccoletto se ne fosse dimenticato, preso com'era dall'imparare nuove mosse.
Si sedettero entrambi all'ombra di un cespuglio a riprendere fiato e Oikawa si meravigliò di non avvertire nessuna tensione, nessuna ostilità provenire dal rossino. Anzi, come se nulla fosse, stava controllando che la lama di legno della spada non avesse subito danni. O forse stava solo fingendo di farlo ma in realtà qualcosa gli frullava in testa.
« Senti, Tooru... Mi dispiace per l'altro giorno. »
Appunto.
Il demone lo sbirciò di sottecchi, per nulla disposto a trasformare quella conversazione nell'ennesimo scontro. Era stanco, e non si trattava puramente di stanchezza fisica, non aveva voglia di sentirsi di nuovo attaccato e di rispondere di conseguenza. In quel momento voleva solo riposarsi in pace all'ombra.
« Sono stato indelicato a parlare di quella storia. » continuò Hinata, chiaramente ignaro del suo stato d'animo. « Però, anche se ti è successo quel brutto episodio... »
Non aveva voglia di attaccarlo, non aveva voglia di spingerlo a terra e piantare la spada ad un centimetro dal suo collo per fargli capire che avrebbe potuto ucciderlo in qualsiasi momento, non ne aveva minimamente voglia.
« Non si è trattato di un brutto episodio, come lo chiami tu. » sospirò stancamente. « Hai visto la mia schiena, no? Non credo sia qualcosa che si possa cancellare con un “però”. »
Hinata al suo fianco arrossì e abbassò gli occhi, a disagio.
« L'amore non esiste, è solo brama di possesso. »
Però, se davvero era così, che senso avevano i giorni felici trascorsi insieme prima di quella fatidica notte? Anche un bambino, seppure umano, poteva possedere quella malizia che portava alla distruzione di qualunque sentimento che non fosse l'odio? Tooru non lo sapeva più e si sentiva incredibilmente esausto.

Il giorno seguente trascorse all'incirca allo stesso modo, se non fosse che a cercare il suo avversario fu di nuovo Hinata. Raggiunse Oikawa con grande entusiasmo mentre questi era ancora mezzo addormentato.
Il demone riemerse dal suo giaciglio strofinandosi gli occhi e buttandosi alla buona il mantello sulle spalle. Che fine aveva fatto il timore che avrebbe dovuto suscitare in quel ragazzino? Era seccante vedere con quanta tranquillità gli girava attorno e quanto fosse solare il sorriso che gli rivolgeva.
« Mi spiace averti disturbato, ma Kuroo mi ha portato la colazione, ero sveglio, e quindi... » si giustificò Hinata confermando i suoi sospetti sul fatto che fosse il demone gatto a procurargli il cibo. « Facciamo un po' di allenamento mattutino? Prima della sfida? »
Lo stava fissando con certi occhioni brillanti, praticamente saltellando sul posto, che Oikawa non trovò la forza – doveva essere il sonno, sì, non c'era altra spiegazione – di rifiutare.
Fu al termine di una mattinata intensa in cui Hinata perse tre scontri di fila ma giunse molto vicino ad aggiudicarsi il quarto, che ricominciarono le domande e gli argomenti di conversazione scomodi.
« Da chi hai imparato a tirare di spada così bene? »
Non era certo qualcosa di cui Oikawa avrebbe parlato con piacere, anzi sentiva una fitta al cuore all'idea, eppure le parole uscirono da sole, sebbene borbottate con fastidio.
« Da Iwa-chan. »
Si sentì lo sguardo di Hinata addosso, lo fissava con intensità, chiaramente in attesa di un'aggiunta o una spiegazione che non sarebbe arrivata.
« Iwa... chan...? Iwa... » lo sentì mormorare tra sé. « Sir Iwaizumi! Ti ha insegnato sir Iwaizumi?! » quasi gridò dopo un istante.
Oikawa si slacciò il mantello e lo appoggiò ad un ramo basso. Raccolse le spade e le ripose, sempre ostentando indifferenza. Hinata non smetteva di guardarlo in attesa, trepidando per una risposta, finché il demone capitolò.
« Per un periodo ci siamo esercitati insieme, tutto qui. » sbottò, sperando di soddisfare così quella curiosità molesta. « Ora perché non vai a mangiare qualcosa? É quasi ora di pranzo. »
Se fosse stato chiunque altro come minimo sarebbe stato incenerito sul posto solo per aver nominato Iwaizumi o aver vagamente fatto accenno al passato. Oikawa davvero non si spiegava il motivo di tanta tolleranza, forse era più stanco di quanto credesse.
Vide l'altro tentennare per un attimo, come indeciso se insistere o meno, e sperò che non avesse nulla da aggiungere.
Una speranza decisamente vana visto che Hinata si lasciò cadere a gambe incrociate sul prato, come se avesse trovato qualcosa di più interessante del pranzo.
« Secondo me tu e sir Iwaizumi dovreste parlare. » disse.
Fu come ricevere una pugnalata, come se tutto il dolore che aveva tentato di sopprimere finora gli fosse stato scaricato addosso tutto in una volta. Oikawa non avrebbe davvero saputo dire cosa lo trattenne dal trapassare da parte a parte il piccoletto con una delle sue saette.
« Come...? » mormorò senza nemmeno azzardarsi ad alzare gli occhi per timore di perdere quel poco di autocontrollo che ancora riusciva a mantenere.
« Beh, è chiaro come il sole che c'è qualcosa che non va. E non parlo dell'incidente in sé, no, no. » continuò Hinata imperterrito. « Lui tiene ancora a te, non sarebbe rimasto così sconvolto vedendoti altrimenti. E tu dici che l'amore non esiste, ma la faccia che fai quando viene nominato sir Iwaizumi racconta tutta un'altra storia. Tooru, davvero, quello che è successo è assurdo, dovreste... »
« Hinata! »
Il piccolo spadaccino sobbalzò per il tono di voce improvvisamente rabbioso.
« Ora basta. Vai a mangiare. »
Non avrebbe potuto tollerare oltre quel discorso. Non voleva sentire ipotesi su come Iwaizumi avrebbe potuto essere innocente e quindi quanto avvenuto fosse una sorta di fatalità senza spiegazione. Ne aveva costruite fin troppe nella sua mente in tutti quegli anni e non avevano portato da nessuna parte se non ad altro dolore.
Sospirò per tentare di mantenere la calma: avrebbe avuto la sua vendetta, ora sapeva di poterla avere, quello doveva essere il suo unico pensiero.
Hinata doveva aver capito che non fosse il caso di insistere su quel punto, infatti si alzò di nuovo ed accennò ad avviarsi.
« Chissà perché Kuroo insiste a portarmi cibo rubato dai campi quando qui si potrebbero recuperare tranquillamente diversi tipi di frutti? » si chiese quasi tra sé.
« Perché il corpo degli esseri umani non è fatto per entrare in contatto con la magia. » spiegò Tooru con noncuranza, sollevato che potessero cambiare argomento. « La Brughiera è intrisa di magia in ogni sua parte, terra, acqua, aria e di conseguenza piante e frutti. Il fisico umano però non può sopportarne il contatto, è troppo da reggere più di una volta e finisce per esserne avvelenato. Quindi se mangi qualcosa di cresciuto qui o ti ferisci con... »
La frase gli morì in gola e Oikawa si zittì sentendosi gelare non appena realizzò l'esatta entità di quello che stava dicendo, di quello che era successo. Le sue mani iniziarono a tremare senza che riuscisse a impedirlo, mentre le portava lentamente al volto. No, non era possibile. Non era così che sarebbe dovuta andare...
Perplesso da quella reazione insensata, Hinata si avvicinò per chiedere spiegazioni, ma ogni tentativo fu interrotto da un richiamo improvviso che venne avvertito in tutta la Brughiera.
« OOOOIII! STUPIKAWA!! FATTI VEDERE! »

 

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