Film > Zootropolis
Segui la storia  |       
Autore: Rorschach D Wolfwood    19/10/2016    2 recensioni
La città dei sogni di qualunque animale, la bellezza, la maschera dietro la quale si cela la verità: un letamaio che non aveva conosciuto nè pietà nè bontà.
Ispirato dal fumetto Blacksad, la storia di una giovane volpe solitaria dal carattere chiuso e senza alcuna speranza in un futuro migliore, un incontro inaspettato, uno spiraglio di luce in una spirale di eventi oscuri.
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7- Protezione
 
"Insomma, che cos'avete intenzione di fare?"
"Che ne sarà di noi se questi omicidi continuano?"
"Avete almeno qualche indizio? Chi è questo assassino?"
Domande incessanti, voci che ruotavano nella stanza come un tornado scatenato, flash accecanti come fulmini che squarciano un cielo in tempesta.
Mille domande, nessuna risposta.
Il sindaco era davanti a tutti, il muso solcato da righe di sudore e nervosismo, le zampe tremanti posate sul tavolo - immaginavo, con estremo gaudio, le sue ginocchia che faticavano a tenerlo in piedi, ahahah-, e al suo fianco il Capitano Bogo, il bufalo più integerrimo della città. Ma nemmeno lui era estraneo al nervoso e la rabbia, lo si poteva leggere perfettamente nonostante l'immutabile espressione su quel brutto muso. Ovviamente non fecero che ripetere le stesse cose, ovvero che tutte le forze di polizia di Zootropolis erano sparse in tutta la città per cercare quel tipo, ogni forza possibile immaginabile per proteggere i predatori di Zootropolis. 
La notizia della morte di Manches sembrò una goccia che rischiava di far traboccare il vaso. L'ennesimo morto, e ancora nessun nome. Un fantasma nero con alle spalle 16 anime massacrate.
- "I predatori di Zootropolis"... Inutile dire che, sicuro come il parrucchino di Lionheart, non si riferiva di certo a quelli come me-
Un vero peccato che quel tizio non fosse sbucato fuori dal nulla per fargli la pelle. Lì in piedi, al centro della piazza principale, sarebbe stato un bel colpo. Ok, sarebbe stato freddato dai poliziotti, o peggio ancora, calpestato dagli zoccoli del "bufalo violento della legge", ma almeno ci saremmo liberati di quel gattone ipocrita. 
Ma non accadde. Io, seduto da solo sulla terrazza di un ristorante che affacciava sulla piazza, osservavo in silenzio, commentando tra me e me e sorseggiando un frullato di mirtilli. C'era una sola cosa che speravo di vedere tra i presenti: un paio di lunghe orecchie coperte da pelo grigio, ritte su di una testolina rotonda. Ma vidi solo sconosciuti. Orde di sconosciuti che reclamavano un muso e un nome, magari per poterlo linciare. 
Erano passati quasi due mesi da quando avevo incontrato Judy Hopps in quel parco, nel tentativo di rubarle qualcosa. Ci ripensavo spesso, negli ultimi giorni. Ancora un po' e sarebbe arrivato Natale. 
- Cosa devo fare? Devo regalarle qualcosa? Ma, perchè mai? Sembrerebbe solo strano se lo facessi... -
Cercai, cercai e cercai, ma non vidi nulla. Solo un bufalo sovrappeso, un pomposo micione e la sua assistente, una pecorella cicciottella, con un paio di grandi occhiali sul naso e un enorme boccolo dondolante che le dominava la testa, forse quella con la peggior forma di tremarella tra i presenti. Probabilmente era di pattuglia. -Forse con un altro!- 
Scossi la testa, distolsi lo sguardo e finii di bere, poi mi alzai e me ne andai. Senza pagare.
Mi infilai tra la folla che si stava ormai disperdendo, essendo finita la conferenza, tra spintoni e borbottii, finchè non urtai la pecorella assistente del sindaco.
"Oddio" Esclamò raccogliendo il mucchio di fogli che le erano caduti a terra "Mi- mi dispiace tantissimo, signore, non l'ho proprio v-vista. S-sa, con tutta questa gente.."
"Si, si come vuoi" Non le diedi nemmeno il tempo di finire di parlare che la interruppi. Già il suo balbettare mi aveva dato l'idea della classica tipa insicura che sembrava relegata ad un lavoro che schiacciava ogni parte di se stessa. Credo anche di aver sentito sussurrare un debole "Oh.. Mi-mi scusi". Non ero interessato a fare amicizia, per cui feci per proseguire per la mia strada, che mi avrebbe portato a bighellonare senza una meta precisa, se non avessi sentito una voce familiare chiamare un nome. E no, non chiamò il mio, ma quello di Bellweather, ovvero la pecorella.
Era lei. 
Mi feci largo a fatica, tra chissà quanti spintoni (perchè, furbo, mi ero allontanato molto) in quel mucchio di bestie, quando finalmente riuscii a vederla, mentre aiutava la pecora a raccogliere i fogli. Si salutarono con un energico abbraccio, dovevano conoscersi da anni, per poi proseguire con i soliti "come stai? Io tutto bene, e tu?" ecc. Soliti saluti femminili.
Per un momento pensai di ritirarmi; Judy sembrava reduce da una ronda, e di certo la attendeva qualche incarico, non avrebbe potuto perdere tempo con me. 
"Ah, ehi Niiick!" 
Un tamburo prese il posto del mio cuore nel petto. - Perchè? -
 
Tum-tum. Tum-tum. Tum-tum. Tum-tum
 
"Ah, ehm ciao C-carotina!" Riuscii a fare un misero cenno con la zampa per salutarla, e temo.. Di essere arrossito un po'. Cominciava a fare freddo, ma la camicia nera che indossavo, unita al giubbino verde che indossavo, si attaccarono al pelo del mio petto fino a soffocarmi. Sentii il colletto della camicia stringersi attorno alla gola, malgrado la camicia fosse sbottonata, e ridurre il mio esofago una sottile linea piatta impossibile da toccare. La situazione non migliorò molto quando la vidi avvicinarsi a me, con quella rosea bocca spalancata in un sorriso radioso e gli occhi illuminati dalla luce del sole. Dio, quanto era bella.
Come poteva una splendida creatura come lei filarsi uno come me?
"Che ci fai di bello qui?" Mi chiese "Hai assistito alla conferenza? Ah, questa è Bellweather, Dwan Bellweather" 
Naturalmente poco mi importava di lei, ma per non apparire maleducato, o stronzo, strinsi lo zoccolo tremolante di Bellweather. 
"B-beh ci siamo incontrati poco fa, Judy, ci-ci siamo scontrai per via d-della troppa g-gente"
Ammetto che il suo balbettare era parecchio fastidioso, quasi quanto la sua insicurezza, gliela si leggeva ad un miglio di distanza. 
"Beh si, Carotina, diciamo che ho sentito qualcosa - ma ero troppo distratto per cercare te- 
Certi pensieri cominciavano a farsi sempre più largo nel mio cervello, e non capivo perchè. 
"Allora sai tutto, no?" 
"Tutto di cosa?" Chiesi io distrattamente. 
"Del nipote del sindaco, Leocas, lui ha.."
"Ha-ha ricevuto mi-minacce di morte!" - Bellweather, la guastafeste! Non poteva lasciar finire di parlare Judy?-
Detto da lei poco mi importò, ma finsi un'espressione di stupore, che, sono sicuro, Judy smascherò immediatamente, ma non disse nulla.*
"Minacce di morte? Davvero?"
"Ebbene si" Proseguì Judy.
"Oh, oh cielo, Judy, ti-ti ho interrotta, mi dispiace tanto!" La pecorella agitò le zampe così freneticamente da far cadere di nuovo tutti i fogli che aveva tra le zampe. Tra mille scuse interminabili, li raccolse di nuovo. 
"No no, tranquilla, non fa niente" Replicò Carotina. Non capivo come facesse a trovarla simpatica. Poi mi decisi a riprendere il discorso. 
"Comunque, cosa dicevi a proposito del nipote del sindaco, Carotina?" Le chiesi - sperando che la pecora non interrompesse di nuovo-
"Ah, si, dicevo, da qualche giorno il nipote del sindaco ha ricevuto delle lettere minatorie, secondo le quali lui sarà la prossima vittima del killer!"
Già, "il Cacciapredatori", così l'avevano soprannominato i media. Nome un po' banale, privo di fantasia. Io ne avrei scelto uno migliore.
"Secondo le lettere" Proseguì Judy "Leocas dovrebbe... Ecco... Essere ucciso tra due giorni. Il sindaco è molto preoccupato, pensa che ha chiesto la protezione da parte dell'intero corpo di polizia della città!"
Possibile che una sola creatura riesca a creare tutto questo putiferio? Non credo nemmeno che Judy, all'epoca, fosse al corrente del fatto che molti cittadini si stavano organizzando in piccoli gruppi per pattugliare le strade durante la notte. Le voci cominciarono a girare, fino a diventare certezze. 
Ma come avrebbero potuto evitare i piedipiatti, ora che la sorveglianza notturna era aumentata? Non che fosse particolarmente difficile, dato che molti poliziotti battevano la fiacca durante la notte, ma comunque...
Stavo per informare Carotina, quando la vidi allontanarsi insieme a Bellweather, salutandomi con una mano mentre urlava "Scusami, Nick, ma devo andare ad una riunione! Tornerò dopo!" 
Scossi la testa come se mi fossi appena ripreso da una specie di tranche, o qualcosa del genere, e istintivamente le risposi "Va bene! Ti-ti aspetterò qui!" . Non ricordo nemmeno di aver pensato minimamente prima di urlarle quelle parole, ricevendo anche un "va bene!" da parte sua. Ricordo una cosa, però: tanti occhi puntati su di me e bocche coperte da zampe che tentavano di nascondere delle risatine. Nonostante, e sono sicuro, il mio muso completamente rosso, ricambiai guardando tutti storto, ringhiai, misi le zampe in tasca e me ne andai - momentaneamente-.
 
Rimasi lì fuori ad aspettare per non so quanto tempo. Forse un paio d'ore, o qualcosa di più. Persi persino il conto di quante volte girai intondo il quartiere, tanto per tenermi occupato, e non so quante volte vidi gli stessi musi. Qualcuno, vedendomi vagare così senza apparente motivo, avrà magari immaginato chissà quale losco intento in me. 
Non mi sarei stupito, d'altronde le volpi sono sempre state famose per avere sempre qualcosa di losco in testa, no?
Pomeriggio inoltrato. Finalmente vidi le porte della centrale spalancarsi; branchi interminabili di poliziotti e giornalisti uscirono e si dileguarono. I poliziotti salirono in macchina e partirono a sirene spiegate. Lapalissiano, la pattuglia notturna in azione.
Ma cavolo, tutti energumeni, tutti animali enormi che si muovevano freneticamente in gruppo. Dopo un po' pensai di rinunciare, che forse era salita in macchina con qualche collega, e ora in giro chissà dove per la città.
"Nick!" 
Drizzai automaticamente le orecchie. Tum- tum. Tum. tum. Di nuovo quel suono si fece strada nel mio petto. Mi voltai.
"Oh, buonasera" Nonostante, sono sicuro, voi immaginiate come potessi sentirmi, tentai comunque di mantenere un atteggiamento calmo e sarcastico. "Pensavo.. Fossi già partita a perlustrare le strade buie della nostra giungla di cemento" Continuai io.
"Buie? Sono ancora le sei del pomeriggio!" Disse ridacchiando.
"Beh" Replicai io, controllando l'ora al cellulare "Il sole non splende comunque al centro del cielo. E comunque... Sono le sei e mezza, per la precisione! Il sole sta scomparendo dietro i palazzi da un bel po'" 
Lei fece roteare gli occhi ridacchiando e sottolineando, scherzosamente, quanto fossi pignolo. Poi si volse verso il sole, che lentamente stava per nascondersi di nuovo dietro i palazzi, salutando un altro giorno che, ormai, stava finendo, mentre le ombre iniziarono a coprire il suolo di cemento che le nostre zampe calpestavano. La luce ci avrebbe fatto compagnia ancora per poco, ma questo non m'interessava, in fondo ero abituato all'assenza della luce. 
La luce la colpì in pieno muso, tanto che fu costretta ad alzare un braccio e coprirsi gli occhi nella speranza di vedere meglio. In quel momento avrei voluto dirle "no, non ti coprire"; quasi come se mi avessero letto nel pensiero, Carotina abbassò il braccio, e il suo sguardo si posò su di me. Il suo pelo risplendeva come fosse incorniciato da miriadi di stelle, i suoi occhi viola... Non stavo più osservando due occhi, ma i diamanti più belli e abbaglianti di tutto il pianeta. Se il sole fosse stato alto nel cielo, in quel momento, la luce emanata non sarebbe stata nulla in confronto al radioso e dolcissimo sorriso con cui continuava a fissarmi.
- Judy...- 
Tutto tacque. I passi degli abitanti, i clacson, le auto, niente. Nessun suono. 
Il cielo rosso, ardente come il fuoco, le nuvole dorate, i mille colori proiettati dai vetri dei grattacieli più alti. E lei. Quante volte avrò visto quello scenario in vita mia? Ma perchè me ne stavo accorgendo solo in quel momento? 
Perchè prima non c'era lei
 
"E'-è bellissimo, vero, Nick?"
"... Si... Bellissimo.."
 
 
 
Nottata in bianco, abbandonato sul letto come fossi un sacco di spazzatura buttato in una discarica, con lo sguardo perso nel vuoto. Tutta la notte passata a fissare il vuoto, o, forse, a cercare qualcosa che non c'era. Un rumore nel petto, scatenato e assordante come una carica di tori che calpestano il terreno correndo all'impazzata. 
Non mi accorsi nemmeno quando la luce illuminò la mia stanza filtrando dalla finestra. D'istinto posai una zampa sulla pancia; sentii qualcosa sotto la zampa, la presi e vidi una foto di me sul letto nello stato catatonico di cui vi ho parlato. 
"Ma che dia.. Finnick!"
E lui, prontamente, apparve.
"Dimmi, Nick?"
"Cosa significa questa?" Chiesi seccato, alludendo alla foto.
"Significa che, stanotte, eri così. Era una scena divertente, e, dato che ad un certo punto mi sono alzato e ti ho visto, ho pensato bene di immortalarla" Spiegò lui  " Non ti sei accorto proprio di niente, mio caro."
Sospirai. Che imbarazzo. 
"Dimmi" Riprese il piccolo stronzo, ridacchiando "Quante parolacce ti stanno venendo in mente, in questo momento?"
"Troppe" Risposi alzandomi "Troppe perchè tu le possa contare!" 
Mi diressi verso il bagno, sentivo il bisogno di sciacquarmi il muso. Poi mi guardai allo specchio; occhiaie, pelo spettinato, faccia da coglione, insomma nulla di nuovo, la stessa immagine che vedevo ogni giorno. Lo stesso muso che mi accompagnava da anni. Il muso di Nicholas Wilde.
Allora, perchè quella mattina, mi sentivo più stanco del solito? Non era certo la prima notte in bianco della mia vita.
La voce fastidiosa e rauca del mio piccolo coinquilino (bastardo) ruppe il silenzio.
"Ti ha fregato alla grande, vero?"
Spalancai gli occhi. "C-cosa? Di chi stai parlando?"
"Su, non fare l'idiota" Disse lui, contornando la sua frase con uno schiaffo sul mio sedere. "La coniglietta... Non mi dire che ti sei fatto incastrare da uno sbirro con un bel musetto!" 
"Ah, non ho tempo per le tue sciocchezze!" Gli risposi acidamente, sgattaiolando via dal bagno. "E non osare più prendermi a schiaffi sul sedere!" 
"Ooh, quante storie!"
 
Indossai una camicia nuova, stavolta verde, un giubbino nero ed uscii di casa. Ormai le possibilità di girare a camicia sbottonata e giubbino aperto stavano diventando poche. L'aria cominciava a farsi più fredda. Si sentiva che l'estate era finita. Dopo pochi passi mi arrivò un messaggio sul cellulare. Lo presi di tutta fretta (non c'è bisogno di dirvi perchè) ma rimasi ben deluso quando lessi il messaggio:
 
"Inganna pure gli altri, ma non te stesso! ;) "
 
Sbuffai. -Maledetto piccolo fenneck- 
Non avevo tempo per queste cose. Dovevo raggiungere Judy in municipio. Le era stato affidato il compito di proteggere Leocas Lionheart per i prossimi due giorni, essendo la nuova possibile vittima del killer. Perchè scelse proprio me, che non ero un poliziotto? Beh, non fu molto chiara su questo, disse qualcosa sul fatto che era rimasta l'unica di tutto il dipartimento senza un partner, sul fatto che io conoscessi bene la città, e tutti i luoghi più sicuri dove nascondere qualcuno, o forse perchè il "Grande Bufalo" le aveva affidato l'incarico dopo che lei, gran testona, aveva asserito di non aver bisogno di partner per proteggere il nipote del sindaco. Ora come ora non me lo ricordo, scusatemi.
Lungo un viale alberato, tempestato di bar, ristoranti, bar più grandi, bar più piccoli, intravidi delle boutique, e accanto, la gioielleria gestita da Madame Gigi, una vecchia gatta francese il cui vanto era quello di avere il pelo più bello di tutta Zootropolis, splendido quanto i gioielli che vendeva. Ovviamente questo da giovane. Ormai aveva almeno 70 anni, e il suo pelo cominciava a risentire dello scorrere del tempo. 
Mi avvicinai alla vetrina, vidi anelli, collane, braccialetti di ogni forma e colore (e costo!). Erano belli, senza dubbio, ma troppo... Raffinati. Troppo elaborati, troppo "eccentrici", troppo adatti a qualche riccone da strapazzo. Al sindaco sarebbero piaciuti. Lei non era certo il tipo da indossare cose così lussuose.
Tutti superavano i mille dollari. Stavo per arrendermi, quando scorsi, tra le tante, un braccialetto, semplice, eppure mi colpì più di tutto proprio per la sua semplicità; una catenina nera con un cuoricino stilizzato, colorato in modo da farlo sembrare dorato, con al centro un piccolo diadema a forma di J ma con uno stile che ricordava una carotina, dai colori sgargianti e luminosi.
Le sarebbe piaciuto? O non le sarebbe piaciuto? Rimasi lì a fissarlo almeno un quarto d'ora prima di decidermi. E lo comprai!
Pensai "beh, male che va, non ho nulla da perdere se ci provo". 
Arrivai all'appuntamento con un quarto d'ora di ritardo. Judy era in cima alla scalinata dell'ingresso, poggiata contro il muretto e con la zampa destra che picchiava freneticamente contro il pavimento e lo sguardo che noi predatori definiremo "inferocito", se non fosse che tale termine, su una coniglietta, non risulta affatto credibile.
"Se dovessi tirare a indovinare" Mi introdussi con un sorrisetto beffardo e grattandomi il mento "Direi che sei irritata perchè ho fatto un po' tardi!"
Judy alzò un sopracciglio senza rompere di neanche una virgola la propria espressione irritata. La sua bocca era una linea piatta orizzontale e immobile, come una porta d'acciaio chiusa e che non lasciava uscire una sola parola. 
"E va bene, va bene, ho fatto tardi, però avevo un buon motivo" - Genio!- "Che, però.. Non posso dirti" - Doppio genio!-
"Oh!" Finalmente rispose "Spero almeno che fosse qualcosa di serio, e non, che so, qualche soldo preso impropriamente a qualcuno"
"No, no affatto. Era un motivo molto serio" 
Judy sospirò, mi sorrise e io la raggiunsi sulla scalinata. Ci scambiammo entrambi un sorriso silenzioso, prima di varcare l'entrata del municipio; n salone ampio e dal soffitto altissimo, circondato da pareti asettiche, completamente bianche che davano la sensazione di trovarsi in ospedale, con appesi quadri vari, ritratti del sindaco, incontri e strette di zampe con altri politici, ecc., un pavimento lastricato di mattonelle dello stesso colore delle pareti calpestate da un irrefrenabile movimento di animali vari, tutti con in mano qualche documento o alle prese con pc, portatili e non, e le orecchie tappate da cellulari e cuffie. Ci dirigemmo verso il fondo della stanza, entrammo nell'ascensore e salimmo fino all'ultimo piano, 53 in tutto. 
La musichetta d'attesa fu l'unica cosa che le quattro mura mobili in cui eravamo rinchiusi potevano sentire. Qualche fugace e rapido sguardo tra me e lei, e nulla più. In quel momento, almeno. 
Stavo per aprire bocca e provare a dire qualcosa, tenendo la zampa destra in tasca, saldamente ancorata alla scatoletta che conteneva il braccialetto, stringendolo con forza, tanto che avrei rischiato di romperla, quando giungemmo a destinazione, e indovinate chi ci accolse?
Esatto, l'irritante pecora col boccolo in testa. 
Vi risparmio i suoi altrettanto irritanti balbettii, proseguo dicendo che ci accompagnò nell'ufficio del sindaco; per la prima volta mi ritrovai davanti quel parruccone falso ed egocentrico di un gatto troppo cresciuto, sempre impeccabilmente vestito, seduto dietro una scrivania con le zampe tra la criniera, intento a parlare affannosamente con il nipote, il quale gli era seduto di fronte. Alla loro sinistra, in pieni e nella solita posa fiera e immobile come il protagonista di un dipinto (il più brutto che io avessi mai visto), il Capitano Bogo. 
Leodore si alzò e ci venne incontro asciugandosi il sudore, poi strinse la zampa a Judy, non prima, però, di aver buttato gli occhi su di me con fare sospettoso. 
"Sarebbe lui il tizio di cui mi ha parlato, agente Hopps?" Quanto mi infastidì quella nota di diffidenza che circondava quella sua domanda!
Tanto da farmi quasi digrignare i denti, ma un colpetto col gomito sul fianco da parte di Judy mi fece rimanere buono.
"Esatto, signor sindaco. Le presento Nick Wilde"
"Certo, certo. Dunque..." Disse tornando alla scrivania dandomi le spalle in un quarto di secondo. " Non abbiamo un minuto da perdere, signori: questo è mio nipote, Leocas"
Leocas, la famosa prossima vittima, un pittore di scarsa fama, qui a Zootropolis, forse più conosciuto all'estero, un giovane leone di almeno 23 anni, dalla criniera liscia e tirata indietro con chissà quanti strati di gelatina, i peli del mento a mo di pizzetto a punta e 3 orecchini all'orecchio destro.  Ma nonostante tutto... dovetti riconoscere che era un tipo affascinante, colpa soprattutto di due profondi occhi azzurri, e un fisico robusto grazie alla sua natura di leone -il mio fisico da volpe, in confronto, non era nulla. 
"Dunque..." Così si presentò il "piccolo principe" amore dello zio  "Un coniglio e una volpe dovrebbero proteggermi da un serial killer che caccia i predatori? Una volpe?"
"Mi dispiace, i militari non erano disponibili, al momento!" Gli risposi non riuscendo più a trattenere il fastidio. 
E il mio fianco subì nuovamente l'ira del gomito di Judy (stavolta, però, più forte di prima!).
"Eheh, potete scusarci un attimo?" 
 
"Ma che cosa ti è preso, Nick? Ti rendi conto di cosa potevi combinare? Lionheart avrebbe potuto..."
"Non potevo più sopportarlo, Carotina! Insomma, hai visto come mi guardavano? E il modo in cui quel moccioso ha detto "volpe"? " 
Judy abbassò lo sguardo dispiaciuta, placando per un attimo il rimprovero. Con la zampetta destra si grattò la nuca, come se cercasse un modo per non farmi dire ciò che realmente si nascondeva dietro quegli sguardi e quelle parole.
"Loro non si fidano, Judy. Nessuno si fida di una volpe!"  Infuriato, feci per andarmene, dando le spalle a Judy e a quella porta, dirigendomi verso l'ascensore, ma qualcosa mi bloccò: due braccia si avvolsero intorno alla mia vita e mi strinsero a più non posso. Sentii una morbida guancia posata contro la mia schiena, e una flebile voce che accompagnava quelle strette. 
"Io mi fido di te..."
Deglutii e sospirai. Persi almeno un anno di vita in un attimo che sembrò interminabile. Chissà se solo per me, o... Per entrambi.
Non potei rifiutare. Rientrammo in ufficio e ci facemmo spiegare tutto dal sindaco. Il nostro compito era prendere in custodia Leocas e proteggerlo per almeno due giorni, il limite secondo il quale il killer avrebbe dovuto ucciderlo. L'idea di Judy era di nasconderlo in un posto che il killer non avrebbe saputo trovare, e dato che io conoscevo la città e i dintorni come le mie tasche, il compito di trovare un buon nascondiglio per il "cocco dello zio". Esclusi fin da subito casa mia (come avrei fatto con Finnick? Io stesso avevo già rischiato molto, Finnick avrebbe potuto peggiorare le cose) e casa di Judy. 
Ci assortimmo tutti nei nostri pensieri, cercando una soluzione, mentre il piede di Leocas martellava il povero pavimento con fare sempre più nervoso. Scommetto che se avesse potuto, il pavimento l'avrebbe risucchiato!
Mi avvicinai alla mappa della città e dintorni, posta sulla parete dietro la scrivania del sindaco; quasi automaticamente cercai i punti in cui il killer aveva colpito precedentemente (la sera precedente, prima di passare la notte in bianco, avevo cercato qualche informazione); la maggior parte degli omicidi erano concentrati nella zona tra Zootropolis ovest e Distretto Foresta Pluviale. Un killer, di solito, non si allontana troppo dal proprio rifugio. 
"Avete concentrato le squadre in questo punto?" 
"Per quale motivo vuole saperlo?" Esordì Lionheart con un tono che non nascondeva affatto un "cosa cazzo c'entra questo, adesso?".
"Semplicemente perchè..."
Non ebbi il tempo di spiegarmi che subito Bogo mi interruppe, dicendo che non gli interessavano le mie "teorie da cucciolo che vorrebbe fare il poliziotto". Fui costretto a ingoiare l'ennesimo rospo, ma solo per non fare un'altra scenata, e sulla mappa indicai un vecchio loft abbandonato alla periferia sud di Zootropolis. Come immagino molti di voi che mi state seguendo, anche loro storsero il naso. 
Perchè quel loft? E perchè proprio una periferia? Semplice: quella zona era disabitata da anni, ormai, credo che qualcuno si fosse persino dimenticato della sua esistenza. E in più, conoscevo quel loft molto bene... La mia vecchia casa.
La casa dove sono cresciuto, fino alla fatidica giornataccia.
Nonostante il loro scetticismo, riuscii a convincerli che la zona era sicura, del tutto abbandonata e ben lontana dal luogo dov'erano maggiormente concentrate le aggressioni, e in più c'erano piedipiatti sguinzagliati dappertutto, quindi non avremmo potuto correre rischi.
Quello stesso pomeriggio ci recammo nel nuovo nascondiglio; per passare inosservati, raggiungemmo la mia vecchia casa con il vecchio furgone di Finnick, invece che con una macchina della polizia. Inutile dire che le lagne di Leocas ci fecero compagnia per tutto il viaggio!
Mezz'ora di viaggio passata a desiderare di essere sordo per non sentirlo ripetere che "uno come me non può permettersi di passare due giorni in un posto abbandonato e ammuffito!" . O ancora "Io, il pittore più importante di tutto il regno animale, ridotto a nascondermi come un topo nella tana di una volpe!"   - Dio, che difficoltà trattenersi dallo schiantarsi contro un camion e mettere fine a tutto questo!-
Superata una pattuglia, entrammo nella zona periferica, un paio di isolati, la via principale ed arrivammo a destinazione. La zona non era diversa da come la ricordavo, un ammasso di palazzi e strade definitivamente divorate dal degrado e la sporcizia. Non c'era, letteralmente, un'anima in giro. L'unico suono che si udiva era il vento che sollevava ogni tanto qualche cartaccia dalla strada, o si tuffava tra l'erba del parco giochi. Un parco giochi talmente vecchio e scalcinato che, probabilmente, solo i fantasmi, di cui mi sembrava di udire le risate, avrebbero potuto divertircisi. 
Mille ricordi si alternarono nella mia mente, dai pomeriggi passati spensieratamente a giocare con gli altri cuccioli alla figura di mio padre seduto sulla poltrona, una volta aperta la porta ed entrati nel nuovo rifugio; la poltrona era proprio dove la ricordavo, di fronte all'ingresso, ma al posto di mio padre, c'era solo un telo che una volta doveva essere bianco, coperto di polvere, così come ogni altro telo che copriva il resto dei mobili. O quel che ne rimaneva. 
- Cos'è successo quando me ne sono andato, mamma ?- 
Avrei potuto rimanere impalato a fissare quelle mura ammuffite tutto il tempo, attaccato da mille ricordi, se non fosse stato per una zampa gentile che si posò sulla mia, accarezzandola dolcemente, mentre un filo di voce mi chiese "Ehi, tutto bene?"
Scossi la testa, prima di risponderle di non preoccuparsi. La mia risposta non fu nulla in confronto alla sua: semplicemente... Il suo sorriso.
- Meglio non dirvi di come le lagne di Leocas rovinarono tutto, altrimenti mi viene un tale nervoso...-
 
 
La sera non tardò ad arrivare. 
Con la tv e qualunque altro svago assente, come si poteva passare il tempo e nello stesso momento annoiarsi a morte? Facile: guardando Leocas dipingere!
Seduto di spalle sullo sgabello, al centro della sala, con davanti quel cavolo di cavalletto mentre agitava il pennello senza sosta. Che palle!
Sbuffavo, sbadigliavo, picchiettavo le unghie contro il tavolo mentre con l'altra zampa mi tenevo la testa che rischiava di cadere per la noia e il sonno. Al mio fianco, Judy sembrava muoversi all'unisono con me. I miei stessi sbadigli, la mia stessa posizione.
All'ennesimo sbadiglio, Leocas si volse di scatto verso di me con quello che lui avrebbe definito "impeto di rabbia", ma che a me risultò solo la smorfia di un muso sul quale avrei volentieri posato il mio pugno. 
"Insomma!" Esordì "Sto cercando di concentrarmi, Wilde! E non e facile, per il pittore più famoso di questa lurida città, se continui ad assordarmi con questo casino!"
- Il pittore più famoso della città? Avevo più l'impressione di assistere ad una checca in preda ad attacchi di isterismo-
Judy si avvicinò al mio orecchio sussurrandomi "Ma se, in realtà, non lo conosce nessuno a Zootropolis!"
Scoppiare a ridere come due idioti e ritrovarsi con il miglior mal di pancia della storia sarebbe stato impagabile, per entrambi, ma non potendo, per ovvi motivi, dovemmo entrambi coprirci la bocca e trattenere tutto, sotto lo sguardo vigile e irritato di Leocas (che nel frattempo era tornato a dipingere).
Ma la tentazione di sfotterlo era troppo ghiotta per essere ignorata!
"Ma siamo sicuri.." Sussurrai a Judy  "Che li faccia lui quei quadri?"
"Io credo che se li faccia fare da un altro!" 
Di nuovo, tutto il fiato presente nei nostri corpi avrebbe voluto esplodere tutto in una volta in un'altra chiassosa risata, ma fummo costretti a trattenerci (o almeno, facemmo il possibile per trattenerci!). 
E un'altra occhiataccia da parte del principino tentò di fulminarci. Judy tentò di riprendere la compostezza e la serietà degna di un poliziotto, nonostante degli abiti comuni al posto della solita divisa; una camicetta rosa a quadretti e un paio di jeans scuri. Era la prima volta, dal giorno del nostro incontro, che la vedevo con abiti diversi. Le donavano molto più della divisa. 
In modo particolare la camicetta; non so perchè, ma sembrava ammantarla di un'aura di dolcezza che prima di allora non ero riuscito a scorgere in lei. Inoltre, la camicetta non era larga, ma aderiva perfettamente al suo corpo, quasi a disegnarlo come un pennello mosso da un pittore particolarmente ispirato. A fare da contorno, i suoi occhi, sempre luminosi, sempre splendidi, ancora di più, colpiti dalla luce della luna che filtrava dalla finestra.
Tempo fa avrei distolto lo sguardo e mostrato indifferenza verso una femmina un pochino abbondante sui fianchi, ma con lei non succedeva. Tutto di lei cominciava ad attrarmi, ogni particolare, ogni dettaglio, anche quello che avrebbe potuto essere, comunemente, considerato un difetto. Non ne vedevo su di lei. Ma dopo un po' notai i suoi occhi spalancati con fare interrogativo e i muso rivolto al mio.
"Ehm.. Tutto bene, Nick?" 
"Come? Oh, si, si tutto bene, sta tranquilla!" -La risposta/fuga evasiva non poteva essere credibile per sempre-
Dopo qualche imbarazzante minuto di silenzio mi alzai, poichè... "la natura chiamava" (non pensate male, però!). 
 
Mi liberai. Fu un sollievo. Uscii dal bagno, ma non tornai subito in sala. Mi aggirai per l'ampio corridoio, diedi una lunga occhiata ad ogni stanza sulla quale il mio sguardo si posava. La mia mente elaborò foschia e pensieri come un proiettore per un film.
La mia camera da letto; quante notti passate a giocare con mia madre sul letto, io che facevo i soliti capricci per non dormire se non mi leggeva la storia del Cavaliere Lupo Nero, un cavaliere che vagava per le foreste salvando principesse e poveracci. La classica storia che si racconta ai cuccioli, insomma, oppure le storie dei pirati, i cui giocattoli e pupazzi riempivano il pavimento della mia stanza tanto da farlo sembrare un campo minato. 
Ora, invece, il letto era ridotto ad un materasso grigio e vecchio posto su una fredda rete di metallo, e la poltrona sulla quale mia madre si sedeva non c'era più. L'armadio era vuoto, le tende della finestra tirate. I muri coperti da chiazze di muffa maleodorante. Quante volte avevo visto mia madre seduta davanti a me mentre leggeva tutte quelle storie?
Quante volte l'avrò vista sorridere nel vedermi eccitato imitando il Cavaliere Lupo?
Quante volte avrò avvertito la sua protezione? E il suo amore?
E quante volte l'avrò fatta piangere con il mio nuovo comportamento ?
Sentivo sempre più quel peso; il peso di quella maledetta maschera che fui costretto ad indossare, quella che mi fece allontanare dalla sua protezione per gettarmi nella gelida realtà nella quale vivevo. Tutto per colpa di...
"Zampe in alto!" 
Drizzai istintivamente le orecchie e spalancai gli occhi. 
"Ahah, ehi ti sei spaventato?" 
"Mh, direi di no, Carotina" -Altra risposta evasiva- 
"Assorto nei ricordi?" Mi chiese lei, mentre mi avvicinavo. Poi entrambi, fianco a fianco, camminammo lungo il corridoio per tornare in sala.
"Ricordi non molto piacevoli..."  Risposi io  "Tu invece? Dov'è il nostro principino?"
Judy si coprì leggermente la bocca con una zampetta, cercando di nascondere un risolino. "Il principino ha deciso che per oggi bastava così e si è messo a dormire" Spiegò lei
"Non si sentiva particolarmente ispirato, per usare le sue parole"
"Ma lo è mai stato?" Replicai io sarcasticamente  "Davvero non lo conosce nessuno?"
"Credo sia più conosciuto per essere il nipote del sindaco di Zootropolis che per i suoi quadri"
"Beh, io lo conosco molto poco" Continuò lei  "So che un paio di volte è venuto a Bunnyburrow, il mio paese natale. Probabilmente per ritrarre la campagna"
Tornammo nello stesso punto, dove prima Leocas stava dipingendo. Lei era in piedi davanti alla finestra, la quale dava sul cortile interno del palazzo, mentre io seduto, poggiato contro il muro.
Il cortile era un quadrato d'erba marcia di 20 metri, con i resti di mattonelle che una volta formavano un piccolo spiazzo sul quale i cuccioli, una volta, giocavano. Tutto era illuminato dalla luna piena. Ma io continuavo ad osservare solo un musetto grigio con due ipnotici occhi color ametista...
Improvvisamente misi una zampa in una tasca, e sentii qualcosa, qualcosa di cui mi ero completamente dimenticato: il regalo!
Il mio cuore si trasformò in una banda di tamburi incessanti. 
"Ti.. Ti manca?" -Non riuscivo a credere di stare per chiederglielo-  "Voglio dire, vorresti tornare a Bunnyburrow?" 
Judy sobbalzò come se le avessi fatto la domanda più imbarazzante del mondo.
Riconosco che forse era fuori luogo, in quel momento, ma qualcosa, dentro di me, chiedeva a gran voce di saperlo. Nonostante... Avessi paura.
Lei abbassò il capo, sorridendo, per poi guardarmi con quegli occhi socchiusi per i quali stavo seriamente rischiando di impazzire. 
"Beh, ne sento nostalgia, qualche volta, ovvio. In fondo, lì ho la mia famiglia: i miei genitori, i miei fratellini, vecchi amici... Ma se me ne andassi da qui non potrei realizzare il mio sogno"
"E... Quale sarebbe il tuo sogno?"
"Beh.. Mi sento un po' in imbarazzo a dirlo proprio a te" Sussurrò lei coprendosi il musetto con le zampe. "Rideresti!"
"No, non riderò" Risposi io
"All'inizio dite tutti così, ma due secondi dopo..."
"Su, Carotina, te lo prometto, non riderò. Hai detto che ti fidi di me, no?"
Lentamente, le sue zampette scivolarono lungo il musetto, scoprendolo. Sembravo averla convinta. Beh, dopotutto non mentivo, non avrei riso di lei. 
"Va bene, te lo dico..." Prese fiato  "Il mio sogno... E'.." 
Qualcosa la interruppe. Sembrava paralizzata, tremante e con il sudore che le solcava il pelo.
"N-Nick..." Sussurrava
Mi alzai prontamente e posai le zampe sulle sue spalle cercando di tranquillizzarla, ma l'unica cosa che vidi furono i suoi occhi spegnersi e riempirsi di terrore.
Ma cosa poteva averlo provocato? 
Mi voltai verso la finestra e guardai dritto verso il cortile.... E lo vidi anche io: in piedi dritto verso la nostra finestra, con quell'inquietante travestimento nero che lo copriva. 
Ci aveva trovato!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Zootropolis / Vai alla pagina dell'autore: Rorschach D Wolfwood