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Autore: LadyLicionda    21/10/2016    0 recensioni
Eiko Wadsworth scopre improvvisamente di soffrire di Disturbo Dissociativo dell'Identità, ovvero personalità multipla. I suoi problemi iniziano quando realizza che ogni personalità è dotata di una volontà propria, di desideri propri e di ambizioni uniche. Come se non fosse abbastanza, ognuna di loro si scopre ben presto innamorata di una persona diversa. Riuscirà Eiko a mantenere il suo segreto e a destreggiarsi fra le attenzioni romantiche di sette irresistibili ragazzi senza soccombere ai capricci delle sue eccentriche personalità? NOTA BENE: Per questa versione è previsto un finale multiplo (uno per ognuno dei ragazzi di KNB). Il rating potrebbe cambiare con il progredire della storia. I personaggi di KNB appartengono all'autore originale Tadatoshi Fujimaki, tutti gli altri sono personaggi creati da me.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kiseki No Sedai, Nuovo personaggio, Taiga Kagami, Yukio Kasamatsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

“Sei tu Eiko Wadswoth?”

 

 

 

 

La mattina seguente, non essendo riuscita a dormire molto, mi alzo prima del solito. Nonostante manchino due ore all’inizio delle lezioni, decido di prepararmi e scendere in sala da pranzo per la colazione. Terminato il pasto, lascio la residenza con largo anticipo e mi dirigo a scuola. Arrivati a destinazione, Arthur mi scorta fino all’ingresso, studiando con attenzione i dintorni, infine, dopo avermi strappato la promessa di contattarlo immediatamente qualora dovesse succedermi qualcosa, si allontana per raggiungere la limousine, dove molto probabilmente mi attenderà fino al termine della giornata.

L’aria pungente di questa mattina primaverile accarezza la mia pelle risvegliandola dal torpore di una notte insonne, mentre con incedere stanco percorro il cortile. Le uniche persone a venirmi incontro per accogliere il mio arrivo sono i due guardiani della scuola. Sono sicura che anche questa loro giornata sia iniziata con il sorgere dell’alba. Saluto entrambi con molta cordialità mentre mi oltrepassano, armati di scope e sacchi dell’immondizia: con ogni probabilità trascorreranno la prossima ora a raccogliere i petali caduti dai ciliegi in fiore, che ricoprono ormai una buona parte del cortile frontale.

A quest’ora non ci sono studenti in giro, se non i membri dei club sportivi che si allenano regolarmente in vista dei prossimi campionati. Ovviamente anche i ragazzi della squadra di basket sono già in palestra. Visto che sono in anticipo, potrei fare un salto per vedere come se la cavano. Prima di incamminarmi verso il campo, però, voglio raggiungere l’edificio principale e assecondare questo angosciante sentimento che mi assilla da quando ho lasciato casa.

 

***

 

Ultimamente mi capita sempre più spesso di provare un po’ di invidia nei confronti di Akashi e degli altri membri della squadra. La perseveranza che li spinge ogni mattina ad arrivare a scuola prima degli altri studenti solo per sottoporsi ad un allenamento sfiancante è qualcosa che fino a poco tempo fa avrei ritenuto incomprensibile. Perché mai un ragazzo delle medie sceglierebbe spontaneamente di sacrificarsi in questo modo, spingendosi oltre i propri limiti? Per amore del basket? Per autocompiacimento? Per noia? Sacrificare preziose ore di riposo o di svago per passare il proprio tempo in una palestra, correndo per ore fino a sentire i polmoni soffocare, tirando una palla fino a sentire le braccia staccarsi dal corpo. Che cosa c’è di tanto straordinario nell’avere un obiettivo e nel ridursi allo stremo delle forze per raggiungerlo? Ogni volta che osservo questi ragazzi impegnarsi tanto e ambire alla vittoria a costo del sacrificio non posso fare a meno di interrogarmi sul reale motivo che li spinge a tanto. Eppure, nonostante la mia limitata capacità di comprendere fino in fondo la loro passione e la loro devozione verso questo sport, prima ancora di rendermene conto, sono diventata gelosa. Tuttavia non si tratta di un sentimento negativo. Forse sarebbe più corretto chiamarlo profonda ammirazione. Dopotutto, da emozioni come l’invidia e la gelosia, scaturisce il desiderio di possedere l’oggetto di quella stessa ammirazione, strappandolo così ad altri. E se non si riesce nell’intento, la frustrazione spinge ad ostacolare e danneggiare la persona invidiata, fino alla miseria. Benché la determinazione di Akashi e degli altri ragazzi susciti ogni volta la mia meraviglia, questo non vuol dire che anche io desideri ciò che al momento non possiedo. Questa gelosia che sento dentro non fa di me una persona avida, una persona desiderosa di possedere l’oggetto della sua brama ad ogni costo. La verità è che, pur invidiando segretamente coloro che hanno un obiettivo e che si impegnano per realizzarlo, non sono ancora disposta a sacrificarmi allo stesso modo: sarebbe un sacrificio inutile e sciocco. Parlando ottimisticamente, il mio potrebbe essere il comportamento di una ragazza estremamente razionale, che prende atto dei propri limiti e rimane con i piedi ben piantati a terra. D’altro canto, la mia potrebbe invece essere semplicemente codardia, paura di mettersi in gioco, di vedere le proprie speranze deluse, di accettare il confronto con persone eccezionali come Akashi solo per essere costretta a dichiarare pubblicamente la mia mediocrità. Qualunque sia la risposta, è indubbio che sono ancora lontana dal realizzare il mio proposito e diventare una persona migliore. Al contrario, il mio entusiasmo non ha fatto che diminuire da quando ho scoperto di essere entrata nel mirino di uno sconosciuto deciso a sbarazzarsi di me con ogni mezzo. Anche questa mattina, nonostante sia arrivata a scuola prima del solito, ho trovato una nuova lettera nel mio armadietto. Ho promesso ad Akashi che lo avrei immediatamente messo al corrente qualora il misterioso ricattatore mi avesse lasciato un nuovo messaggio, però oggi non sono sicura di volerlo informare, non dopo aver letto il contenuto del biglietto.

«Per questa mattina ci fermiamo qui», la voce di Akashi risuona all’interno della palestra, annunciando il termine degli allenamenti.

Senza farselo ripetere, la squadra si ritira negli spogliatoi, mentre Satsuki e Mayumi si apprestano a raccogliere i palloni sparpagliati per il campo. Osservo le mie amiche darsi da fare, standomene seduta sulla panchina. Sembrano così felici, soprattutto Mayumi. Mi ha confessato di essere diventata una manager solo per poter passare più tempo insieme a Kise, ma sono certa che ora prenda molto seriamente il suo ruolo ed è evidente che si sia affezionata anche agli altri membri della squadra. Si dà sempre un gran da fare per sostenere tutti quanti durante gli allenamenti, nonostante questo la costringa ad alzarsi presto ogni mattina e a sacrificare spesso i week-end. Eppure non si è mai lamentata una sola volta. Non potrei perdonarmi se a causa mia dovesse perdere tutto ciò per cui sta lavorando così duramente.

«E’ piuttosto insolito vederti assistere agli allenamenti così presto».

«Akashi», pronuncio con molta calma, nonostante il suo saluto improvviso mi abbia bruscamente risvegliata dai miei pensieri. «In effetti, non sono un tipo mattiniero», un lieve sorriso si distende sulle mie labbra mentre con estrema cautela allontano il mio sguardo da quello del capitano. È stata una reazione involontaria, ma sono sicura che abbia insospettito Akashi. Percepisco infatti i suoi occhi rubini che scrutano silenziosamente il mio volto. La sua vicinanza in questo momento è soffocante: se non mi allontano da lui mi forzerà a confessargli ciò che ho intenzione di tacergli.

«Penso che aiuterò Mayumi e Satsuki», mi alzo dalla panchina per raggiungere le mie amiche intente a raccattare i palloni. Forse sono stata troppo esplicita e a questo punto è impossibile che una persona acuta come Akashi non abbia capito. Entro la fine di questa giornata dovrò comunque affrontarlo, ma per ora ho bisogno di un po’ di tempo per riorganizzare i miei pensieri.

Mentre mi allontano da Akashi, la mia attenzione viene tuttavia attirata dalla figura in penombra sulla soglia della porta della palestra. Non l’avevo notata prima. Forse è uno dei ragazzi di ritorno dagli spogliatoi, anche se a giudicare dalla corporatura insolitamente esile probabilmente mi sbaglio. Per qualche secondo i miei occhi si posano sulla misteriosa ombra. Se ne sta immobile e ho come l’impressione che stia proprio guardando me. Stringo le palpebre cercando di mettere meglio a fuoco l’immagine. Un improvviso e gelido brivido percorre la mia schiena, provocando un tremito nel mio corpo. E’ la stessa sensazione che ho avvertito questa mattina appena arrivata a scuola. Che si tratti del mio persecutore? Possibile che mi abbia osservata per tutto questo tempo? Fino ad oggi non avevo idea di chi fosse, ma adesso, guardando con più attenzione, non ho più dubbi: si tratta davvero di una ragazza. Se la cogliessi di sorpresa correndo nella sua direzione potrei riuscire a vederla in faccia. No, è meglio di no, dopotutto non sono sola. Se adesso provassi a rincorrerla metterei in allerta anche Mayumi e Satsuki. Inoltre sono sicura che Akashi non resterebbe a guardare e si precipiterebbe all’inseguimento. Dopo la lettera che ho ricevuto questa mattina, non voglio assolutamente che Akashi entri in diretto contatto con una persona tanto pericolosa e imprevedibile. Credo sia più sicuro far finta di niente e raggiungere le mie amiche come avevo programmato.

«Eiko, che cosa fai lì imbambolata?», è la voce di Mayumi: meglio non insospettirla.

«Non è niente», ribatto portando le mie attenzioni su di lei con un sorriso forzato. «Volevo aiutarvi a raccogliere i palloni».

Mi affretto quindi verso il centro del campo di gioco, trascinando con me il carrello, ma prima decido di riportare velocemente le pupille sulla misteriosa figura nascosta nella penombra solo per rendermi conto che è sparita. Fino ad oggi non si era mai avvicinata così tanto a me. Probabilmente vuole farmi sentire sotto pressione facendomi sapere che, finché resterò in questa scuola, nessun posto sarà abbastanza sicuro per me. Se queste erano davvero le sue intenzioni, è riuscita a raggiungere lo scopo.

 

***

 

Il trillo dell’ultima campanella della giornata è accompagnato da un esasperato sospiro di liberazione. Sono esausta. Non credevo che mantenere la guardia alta per tutto il giorno fosse così stancante. Non è stato affatto semplice evitare di rimanere da sola con Akashi e tenermi allo stesso tempo lontano dai luoghi più isolati della scuola; dopotutto non volevo rischiare di incombere in un attacco a sorpresa da parte del mio perseguitatore. Finalmente capisco come si sentono i poveri animali della savana che devono costantemente guardarsi le spalle dai loro feroci predatori. La consapevolezza di avere una pericolosa sconosciuta alle calcagna pronta ad attentare alla mia vita ha innescato ancora una volta il meccanismo della paranoia nella mia testa. Ho dovuto impiegare ogni singola cellula del mio corpo per mascherare la mia inquietudine in presenza di Mayumi e di Satsuki. Quelle due sono incredibilmente acute e se mi avessero costretto a vuotare il sacco non sarei stata in grado di mantenere il sangue freddo, non questa volta.

«Ehi, Eiko, ti vogliono».

Mayumi conquista la mia attenzione indicando la ragazza in attesa sulla porta della classe. Non credo di conoscerla, ma non appena i nostri sguardi si incrociano mi invita ad avvicinarmi chiamandomi a sé con la mano. Ha un viso dolce, rotondo e incredibilmente grazioso. I capelli neri e liscissimi le ricadono sulle spalle incorniciando le guance rosee.

«Sei tu Eiko Wadsworth?», mi domanda con voce sottile e lievemente acuta. Annuisco. «Takeda-sensei vuole vederti. Dovresti raggiungerlo in sala professori».

«Ti ringrazio, vado subito», le assicuro, senza mostrare eccessivo entusiasmo, intuendo il motivo dell’improvvisa convocazione.

Il professore Takeda insegna arte e ha un’ossessione per il talento artistico di Seiichi. Sono sicura che vorrà di nuovo chiedermi di convincerlo a prendere parte a qualche mostra. Non importa quante volte mio cugino lo respinga: quell’uomo non sa proprio quando arrendersi. Dopo essermi data appuntamento con Mayumi e Kise al cancello principale, mi separo da loro per dirigermi in sala professori. Le mie gambe si muovono più per dovere che per un mio reale desiderio e una volta giunta a destinazione il tocco delle mie nocche sulla porta è accompagnato da un profondo respiro di rassegnazione.

«Professore, posso entrare?».

«Eiko, vieni, ti stavo aspettando», la voce di Takeda-sensei è ovattata dalla parete che ci separa, ma non abbastanza da camuffarne l’entusiasmo in essa racchiuso. Mi preparo dunque ad affrontare l’euforico insegnante, sapendo di non potermi sottrarre all’estenuante sessione di richieste che mi attende, e compio il primo passo all’interno della stanza.

 

***

 

Il sole è già tramontato quando Takeda-sensei si decide a lasciarmi andare. Seppure contro la mia approvazione, è riuscito a strapparmi la promessa di convincere Seiichi ad esporre almeno una delle sue opere alla mostra che sarà allestita la prossima settimana per presentare i giovani talenti artistici della città. Sono pronta a scommettere fin da adesso che, qualsiasi cosa dirò per persuadere mio cugino, si risolverà nel mio fallimento, costringendomi, per l’ennesima volta, a deludere le speranze del professore Takeda. Lo so che questa sua ostinazione è semplicemente la prova del suo desiderio di vedere mio cugino debuttare ufficialmente in società, ma preferirei non essere coinvolta in questo duello, del quale dubito vedrò mai una lieta conclusione.

Mi affretto giù per le scale ed esco fuori. Costeggio l’edificio per raggiungere il cancello principale, dove Arthur mi sta aspettando. La scuola è silenziosa come un cimitero notturno e improvvisamente il mio animo è colto dall’inquietudine. Affretto la marcia mentre passo sotto le finestre del corridoio dell’ala nord. So che a quest’ora non ci sono più studenti a scuola, eppure ho la sensazione di essere osservata. Nonostante sia l’unica persona nei paraggi, non posso fare a meno di guardarmi intorno con il cuore in gola. Credo di essere paranoica ma, dopo aver letto l’ultimo biglietto lasciatomi dal mio persecutore e dopo lo strano incontro di questa mattina in palestra, mi sembra di percepire una presenza invisibile e ostile spiarmi nell’ombra. Forse avrei dovuto accettare l’offerta di Akashi e lasciare che mi aspettasse, ma non me la sono sentita di costringerlo a rimanere a scuola fino a tardi. In questi ultimi giorni mi sono abituata così tanto alla sua presenza protettiva che adesso mi sento completamente vulnerabile senza di lui al mio fianco. E’ inutile piangere sul latte versato. Se ho il tempo di pentirmi della mia decisione, è meglio che mi sbrighi a raggiungere Arthur.

Forse è perché questa notte non sono riuscita a chiudere occhio, ma il mio corpo è diventato incredibilmente pesante e la stanchezza che sono riuscita ad ignorare fino adesso si sta ora imponendo sui miei piedi, rallentando il mio passo. A giocare da complice, è anche lo stress che ho accumulato giorno per giorno da quando ho scoperto di essere diventata la preda di un insano cacciatore senza nome e senza volto.

Scuoto la testa per scacciare via la sonnolenza che si aggrappa alle mie palpebre: non è stata una mossa intelligente, ma non ho il tempo di pentirmene. Il brusco movimento altera momentaneamente il mio senso dell’equilibrio, facendomi barcollare. Non potendo fare affidamento sulla vista, anch’essa manomessa e instabile, cerco con la mano qualcosa a cui appigliarmi per non precipitare sull’asfalto del cortile. Ma più cerco di dominare lo stordimento, più sento di perdere il controllo sul mio corpo. Come in uno di quegli specchi che si trovano nei parchi a tema, la realtà intorno è me è ora completamente distorta a tal punto che non posso distinguere l’alto dal basso, la destra dalla sinistra. Mi sembra di fluttuare in una dimensione intermedia, al di fuori dello spazio terrestre. Conosco questa sensazione fin troppo bene: è il preludio a un episodio di svenimento. Le mie gambe si piegano con uno scatto, come due rami spezzati, e mi trascinano in basso. Sollevo gli occhi al cielo e scorgo una figura, lontana, sbiadita. Istintivamente porto in alto un braccio e cerco di toccarla ma è troppo in alto perché possa raggiungerla. Un dolore acuto si diffonde dalla mia nuca e il mondo sparisce momentaneamente davanti ai miei occhi, come per l’effetto di un improvviso blackout. Percepisco il ruvido asfalto sfregare contro la mia schiena mentre cerco di muovermi. Quando riapro le palpebre, l’indecifrabile figura è ancora lì, sopra la mia testa. La vedo sporgersi da una delle finestre e alzare entrambe le braccia. Le sue mani sembrano stringere qualcosa di rotondo, ma sono troppo debole e assonnata per chiedere aiuto. L’ultimo ricordo impresso nella mia coscienza è il suono di una voce familiare che grida il mio nome.

 

 

Nota D’Autrice: Salve, Ragazzi! ^^

Finalmente, dopo la lunga pausa estiva, il nuovo capitolo è pronto. Vi chiedo di perdonarmi per l’interminabile attesa ma ho dovuto dedicare l’estate agli esami. L

Ma oggi ho ripreso di nuovo a scrivere e conto di portarvi nuovamente nuovi capitoli con più o meno regolarità.

Vi esorto sempre a condividere con me i vostri pensieri e vi abbraccio tutti.

Buon Week-end!!!! >_<

   
 
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