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Autore: forever young    22/10/2016    1 recensioni
Perché doveva capitarmi questo?
Non che l'amore fosse un errore o una punizione ma ... LUI lo era per me.
Continuava a rivolgermi uno sguardo, le rare volte che lo faceva, di indifferenza senza rendersi conto di cosa i miei occhi gli comunicassero.
Ero patetica, lo sapevo. Ma non potevo farci niente.
Potevo dare la colpa a mio padre per avermi trascinata là anche se con la mia piena volontà.
Mi chiedevo solo come poteva essere andata se papà non si fosse innamorato della madre di LUI: Sarei stata felice? Avrei condotto la mia solita vita monotona ma assolutamente normale? Non avrei dovuto combattere ogni mattina per arrivare per prima al bagno?
Ma l'unica risposta che il mio cuore mi dava, ignorando bellamente il cervello ormai partito, era che non avrei mai vissuto dei momenti così significativi in tutta la mia vita. Il mio cuore non avrebbe mai potuto battere così forte per una persona. Non mi sarebbe mai piaciuto nessun altro come mi piaceva LUI.
Peccato solo che era un bastardo ... e io ...
... io lo amavo!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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13. A Summer Day...
 
 
 
                          
"...no, non puoi farmi questo... "
Alzai lo sguardo dal libro e tesi le orecchie. Era da un po' che sentivo i bisbigli, oltre la porta chiusa, farsi sempre più alti.
Non erano affari miei, per cui ritornai  alla mia lettura.
" Va bene, allora, manda pure il tuo avvocato. Ma se pensi che... "
Ormai era impossibile cercare di non origliare la conversazione, la voce di Arlene si era alzata più di un’ottava, a causa della sua rabbia e frustrazione.
Avvocato? Perché stava parlando di avvocati? Non presagiva niente di buono.
Capii che era a telefono con qualcuno perché in casa c'eravamo solo noi due; papà era a lavoro, Joshua mi aveva invitata ad andare al parco a leggere un libro con lui, ma avevo rifiutato e quindi se n'era andato da solo e Dan era uscito di casa senza dare spiegazioni.
" Bene, allora va' pure al diavolo! " gridò e sentii quello che doveva essere il suo cellulare scagliarsi sul tavolo del salone.
Ne seguì un silenzio opprimente e mi domandai se sarei dovuta andare da lei e chiederle se c'era qualcosa che non andava o se avesse bisogno di aiuto.
Ma avevo il dubbio che mi prendesse per un impicciona.
Presi a mangiucchiarmi le unghie nervosa. In fondo Arlene mi aveva aiutata molte volte, c'era sempre stata quando avevo bisogno di una mano, non potevo far finta di niente.
Mi alzai, decisa, e andai ad aprire la porta della mia cameretta, ma proprio sulla soglia mi irrigidii alla vista di una Arlene piegata sulla sedia che stringeva i bordi del tavolo in preda ad emozioni contrastanti. Sul suo volto si affacciava la rabbia, la paura, la frustrazione e la rassegnazione.
Ma non fu tutto questo a fermarmi, fu quella lacrima solitaria in un angolo dell'occhio.
Beh, vedete, io ho un problema con le persone che piangono. Appena vedo occhi lucidi, il mio cervello va in panne, e penso solamente che io non so consolare la gente, non so dare consigli e, soprattutto, ho il terrore di essere una persona non desiderata in un momento di crisi. Per questo, ogni volta che accade, io... scappo.
Dalla mia bocca uscirono parole che non avevo pensato di dire, parole che non erano consolatorie.
" Arlene, io sto uscendo. Non torno per pranzo. " dissi meccanica, rientrando a prendere la mia borsa e il cellulare e poi fuggii via. Non sentii risposta, probabilmente non mi aveva nemmeno ascoltata.
Una volta fuori mi maledissi. Che razza di ingrata che ero. Ingrata e codarda.
Mi sedetti sul gradino del marciapiede, fregandomene se era sporco.
E ora dove sarei andata? Mi chiesi sconsolata.
Chiamare Annie era inutile, era con la sua nuova conquista: il Dj della mia festa di compleanno, di cui non rammentavo il nome. E Dan... sicuramente anche lui era in dolce compagnia. Guardai il bellissimo bracciale che tenevo al polso, il suo regalo, e provai un'ondata di tristezza mista alla rabbia e al risentimento.
Avrei dovuto accettare di andare con Josh, perché non l’avevo fatto?
Controllai la borsa e mi accorsi con frustrazione di aver dimenticato il portafoglio.
Emisi un gemito rassegnato e nascosi il viso sulle ginocchia.
La nonna! Scattai in piedi per la rivelazione. Potevo andare da lei e restare per pranzo, forse potevo anche restare per la notte.
Che coniglio che sei, Cassidy!
Mi spolverai i jeans e mi diressi verso la fermata del bus.
Ero così assorta nei miei pensieri riguardanti Arlene, che mi accorsi solo in un secondo momento che una moto mi stava affiancando da un po'.
Il mio cuore ebbe un sobbalzo quando pensai che potesse essere Daniel, ma poi guardando meglio la moto mi accorsi che non apparteneva a lui. E poi, d'altro canto, il mio fratellastro non possedeva nemmeno il casco.
Così proseguii, dandomi della stupida perché ero troppo influenzata da lui.
" Hey! " sentii esclamare il motociclista.
Lo osservai, era difficile capire con chi ce l'aveva se indossava quel casco. Mi guardai attorno, ma c'ero solo io su questo isolato.
Mi fermai corrugando le sopracciglia ed indicandomi incerta.
Anche lui si fermò e si sfilò il casco.
" Ah, sei tu... ehm... " compresi io, ma non ricordai qual era il suo nome. Riconobbi che era un amico di Dan, era venuto alla mia festa.
Lui si toccò il petto fintamente offeso.
" Ma come, non ti ricordi come mi chiamo? Io però ricordo il tuo, Cassidy! " mi disse ridacchiando in un modo che mi ricordò Paul.
Mi grattai il capo imbarazzata. " Scusami, è che non ricordo mai i nomi... " farfugliai.
" Non preoccuparti, sono Joe comunque. " fece un gesto con la mano come per scacciare una mosca. " Dove sei diretta? "
La domanda mi irritò un poco, erano affari miei e comunque non c'eravamo scambiati che un saluto. Ma poi mi sentii in colpa, voleva solo essere cortese, non  voleva fare l'impiccione.
" Non so di preciso, forse da mia nonna. " gli risposi infine.
" Capisco. " disse per poi tornare pensieroso. " Che ne dici di venire con me? Sto per raggiungere i ragazzi. "
Feci per pensare alla sua proposta, ma non ero sicura.
" C'è anche Daniel, ovviamente. " aggiunse dopo aver visto la mia titubanza, come se fosse un’offerta che non avrei potuto rifiutare.
Oddio, forse era così ovvio che Dan mi piaceva? No, impossibile, litigavamo troppo come cane e gatto quando eravamo insieme.
Anche se, effettivamente, negli ultimi giorni qualcosa è cambiato tra noi. Più precisamente, dal giorno della mia festa di compleanno.
Era sempre uno stronzo e temo che per questo non c'è rimedio, ma sembrava che tra noi si fosse instaurata una specie di tregua. Quanto sarebbe durata non lo sapevo, ma sembrava avermi accettata. Continuava ad infastidirmi con le sue battutacce, ma mi accorsi che non usava più la perfidia, l'aveva sostituita con malizia e divertimento. E questo non mi dispiaceva, neanche un po'
" D'accordo, allora, so a chi scroccare il pranzo oggi. " acconsentii infine.
Lui rise e mi passò il suo casco. Che gentiluomo!
Me lo infilai in testa ma trovai difficoltà con il cinturino, così si avvicinò per aiutarmi. Mi accorsi con ansia che eravamo troppo vicini ed arrossii. Notai che anche lui se ne era accorto ma fece finta di niente, forse per non mettermi in imbarazzo.
" Ecco fatto! " esclamò con voce stranamente roca, poi mi invitò a salire in sella alla sua moto.
Sapevo che era abituato ad andare più veloce di così, ma apprezzai tantissimo lo sforzo che fece di andare piano per me.
Arrivammo al bar in cui i ragazzi si riunivano di solito e vidi che sostavano tutti all'entrata e notai con imbarazzo alcune facce curiose, e altre indifferenti come se fosse normale che Joe portasse una ragazza con sé, e poi molto sorprese appena mi tolsi il casco e riconobbero chi si nascondeva sotto.
L'unica faccia indignata era quella di Christine, che sbuffo' sonoramente senza nascondere la sua intolleranza verso di me.
I miei occhi furono, istintivamente, attratti da quelli di Dan, neanche fossero una calamita. Era appoggiato al muro del locale dove a pochi metri erano raccolti i suoi amici intenti a prendere boccate di fumo dalle sigarette. Mi fissava inebetito, sicuramente non si aspettava la mia presenza e di sicuro non a bordo della moto del suo amico.
Il silenzio che stava diventando opprimente, fu interrotto grazie a Paul che mi venne incontro e mi abbracciò sollevandomi di peso come faceva di solito.
" Che bello vederti, dolcezza! " esclamò sinceramente ed io ricambiai il sorriso.
" Come mai qui? " chiese poi, ma non riuscii a rispondergli perché fu messo da parte da una mano enorme, che quasi lo buttò a terra.
" Davon... " feci per salutarlo e poi vidi che si chinò verso il mio viso e mi irrigidii. Solo quando voltò leggermente il capo a destra, porgendomi una guancia capii. Purtroppo Davon era di poche parole e si doveva sempre interpretare i suoi gesti.
Mi alzai sulle punte dei piedi e gli schioccai un bacio sulla pelle.
Come avevo previsto, gli altri sghignazzarono facendo commenti stupidi. Ma né io né Davon ci vergognammo, non eravamo bambini. Ebbi la sensazione che sarebbe diventata presto un’abitudine.
" L'ho incontrata per strada e l'ho rapita " rispose Joe ironico alla domanda dell’amico.
" Hai fatto bene " commentò soddisfatto quest'ultimo, ignorando Christine che fece un risolino di disprezzo. " Ma potevi far venire anche Annie. "
" Beh... lei era abbastanza impegnata con un ragazzo. " gli dissi.
" Ah, capisco... "
Sbaglio o avevo sentito una punta di delusione?
" Che peccato che siate venuti solo adesso " la voce falsamente dispiaciuta di Christine mi sorprese, sembrava proprio che si stesse rivolgendo a me. " Purtroppo abbiamo già fatto colazione e stavamo per andarcene, quindi... " concluse ravvivando i suoi capelli con altezzosità e mi guardò dall'alto in basso. Mi stava scacciando, era evidente a tutti e la risatina dell' amica, Samantha, mi irritò non poco.
Mi imposi di non arrossire, ma non riuscii a non pentirmi di aver accettato di venire qui.
" Abbiamo deciso di andare in spiaggia, vieni anche tu Cassidy, vero? " fece Joe al mio fianco mettendomi una mano sulla spalla.
" Non mi sembra vestita adeguatamente. " replicò Christine incenerendolo con lo sguardo, forse per essersi intromesso.
Mi lanciai un'occhiata ai vestiti, non mi sembrava che fossero 'inadeguati': portavo un paio di pinocchietti ed una canottiera bianca. Poi guardai lei, che portava una minigonna inguinale e un top che le lasciava la pancia scoperta.
Per fortuna, Paul aveva deciso di essere il mio cavaliere senza macchia e senza paura e le fece sotto il naso il gesto di scacciare una mosca.
" Che sciocchezza, ci divertiremo " mi strizzò l'occhio.
Con la coda dell'occhio vidi Dan ridestarsi dal suo stato catatonico. Gettò la cicca a terra, senza curarsi di spegnerla, e venne verso di me con uno sguardo indecifrabile. Deglutii nervosa, pensando che probabilmente mi avrebbe detto o fatto qualcosa che mi avrebbe offeso. Tipico di lui!
Ma, invece, si limitò a scrollare via la mano di Joe, che neanche mi ero accorta fosse ancora sulla mia spalla, per posare il suo braccio e prendere il suo posto.
Questo gesto, oltre a procurarmi un mezzo infarto, mi sorprese e non fui la sola. Christine ci guardava boccheggiante e ribollente di rabbia.
" Si, perché no. Vieni anche tu! " decretò, come se l'ultima parola spettasse sempre a lui.
Poi mi spinse verso delle moto parcheggiate e si fermò davanti alla sua, recuperò il casco che doveva appartenere a qualcun altro dei suoi amici e me lo porse.
Me lo infilai come un automa e seguii i suoi movimenti mentre saliva sul mezzo.
Era una sensazione strana, tornare vicini dopo quello che era successo alla festa, anche se non c'era stato nessun bacio, sentivo che qualcosa era cambiato. Nei suoi modi di fare e come mi si rivolgeva.
Strinsi la sua maglia, anche se avrei voluto avvolgergli la vita con le braccia ed annusare il suo odore, ma mi trattenni.
Una moto ci fiancheggiò e non l'avrei riconosciuta se pochi minuti fa non ci fossi salita sopra.
" Che vuole? " sentii mormorare Dan in direzione dell'amico. Non potei esserne certa, ma sembrava che Joe ci stesse guardando attraverso il suo casco.
Fece rombare il suo motore e poi lo vidi sgommare in avanti.
Dan scoccò la lingua e decise di prenderla , per mia sfortuna, come una sfida.
Fu per miracolo che, con riflessi pronti che non credevo di avere, mi aggrappai ai suoi fianchi più forte che potei. L'improvviso aumento di velocità del nostro mezzo mi avrebbe sbalzata fuori e sarei rotolata per diversi metri e poco avrebbe fatto il mio casco per salvarmi.
Il vento mi sferzava il viso senza tregua, ma non ci pensai neanche di sollevare una mano per abbassare la visiera.
" Rallenta, ti prego " la mia voce era un tremolio sussurrante che a malapena sentii. I miei occhi si riempirono di lacrime: avevo paura!
Poi, dopo istanti interminabili, capii che la moto stava rallentando fin quando non si fermò del tutto.
" Siamo arrivati, puoi lasciarmi. " disse divertito Dan. Quanto avrei voluto tirargli un pugno nei denti...
Liberai il tessuto della sua maglietta dalle mie dita, ma fu piuttosto faticoso, sembravano serrate con la colla.
Lui scese e scambiò qualche parolina con gli altri ragazzi e non si accorse di me, delle mie gambe che tremavano leggermente. Arrossii e sperai che nessuno mi notasse. Poi, cautamente, scesi anch'io e sentii la risatina di Christine. Non mi voltai, sapevo che era per me.
" Stai bene, Cassidy? Non hai una bella cera. " mi chiese gentile Joe avvicinandosi. Gli sorrisi, ma sicuramente mi uscì una smorfia.
Stavo per rassicurarlo, che in fin dei conti ero a posto, a parte lo spavento. Ma vidi Daniel voltarsi verso di noi con un’aria quasi scioccata, per cui non potei fare a meno di rispondere cinica.
" Sarei stata meglio, se qualcuno non avesse corso in quel modo attentando alla mia vita! ".
" Ma che cazzo dici? " esplose incazzato Dan, facendomi trasalire. Ma non era con me che ce l'aveva. " Tu mi hai praticamente fatto intendere che volevi fare una gara. "
" Ma di che parli? Non ti ho detto proprio niente. " fece Joe con un tono innocente che non convinse nessuno, nemmeno me. Ma cosa aveva in mente?
" Sei proprio un... " esplose Dan ma fu interrotto da Paul, che decise di intervenire.
" Basta ragazzi, siamo venuti qui per divertirci e non per scannarci a vicenda. Quindi relax! "
Dopo che si fu assicurato che non sarebbero volate altre parole pesanti o, peggio, ceffoni venne verso di me e mi prese a braccetto ignorando i due litiganti che si guardavano in cagnesco.
" Non preoccuparti, dolcezza, fanno sempre così. Vedrai che tra poco ritorneranno a rivolgersi la parola. " mi rassicurò il biondo, forse dopo aver notato la mia faccia un po' sconvolta.
" Litigano spesso? " gli chiesi. Se non andavano d'accordo perché continuavano ad uscire nello stesso gruppo?
" Beh, Danny litiga con tutti. In effetti, qui, non c'è nessuno che non abbia almeno una volta litigato con lui. A parte me, ovviamente. " mi spiegò. Poi vedendo la mia faccia interrogativa continuò. " Io sono l'unico con cui va d'accordo. Non fraintendermi, ci ha provato molte volte ad offendermi, ma io lo conosco e so che è troppo orgoglioso per chiedermi scusa. Cosi non me la prendo mai. Sarà forse che siamo amici dalle medie, siamo una specie di compagni di merenda. " concluse sghignazzando. Sorrisi anch'io, un po' intenerita.
Sospirò, forse perso in qualche ricordo, ed uscì dalla tasca un pacchetto con l'intenzione di fumare. Me ne offrì una ma rifiutai, era un vizio che ero contenta di non prendere.
Quando l'accese e fece per mettersela in bocca, una mano sbucò dalle sue spalle e gliela rubò. Sussultammo entrambi per la sorpresa ed io lo feci una seconda volta quando vidi a chi apparteneva quella mano.
Dan fece il giro e si sedette alla mia sinistra, incrociando le gambe.
Ah, stupido cuore, perché devi battere più forte ogni volta che c'è lui?
Mi guardai attorno, in cerca degli altri, e vidi che erano a poca distanza, alle nostre spalle ed erano divisi in piccoli gruppetti. Le ragazze da una parte e i ragazzi dall'altra.
Incrociai lo sguardo di Joe, che sedeva insieme a Davon e Tom, e gli sorrisi. Ma non era l'unico che mi stava guardando in quel momento, intercettai lo sguardo furente della civetta bionda. Lo sostenni per un po', a mo' di sfida, ma al mio fianco qualcuno attirò la mia attenzione.
" Che stai guardando? La tua testa sembra che stia per girarsi a 360 gradi" ironizzò Dan.
Lo guardai male e sbuffai un 'niente'. Ero ancora arrabbiata con lui per il giro in moto e sembrò accorgersene. Tenne la bocca chiusa, perché qualsiasi giustificazione non sarebbe valsa e mi avrebbe solo fatta infuriare, e fece bene.
Un oggetto non identificato - spero non un UFO - si scaraventò a pochi centimetri di distanza dai nostri piedi sollevando un sacco di sabbia. Chiusi gli occhi ormai irritati dai granelli che mi si erano infilati agli angoli.
" Hey, è una palla! " esclamò Paul osservandola.
Che occhio! Pensai, ma poi mi rimproverai: io avevo creduto che fosse un alieno, quindi zitta.
Dan si alzò con agilità e la recuperò.
" M-mi scusi signore, me la può rilanciare? " gli gridò una vocina a qualche metro di distanza. Un bambino, dall'aria intimidita, si sbracciava verso di noi per riavere il suo gioco.
Daniel si rigirava l'oggetto tra le sue dita ed ignorò bellamente il povero bambino che non si azzardava ad avvicinarsi.
" Ragazzi, facciamo una partita? " esclamò infine rivolto ai suoi amici.
I ragazzi balzarono su, tipici maschi con la passione del calcio, e ci raggiunsero allegri. Le ragazze, invece, brontolarono e ritornarono nella loro fitta discussione.
" Che fai, ora ti metti anche a derubare un bambino del suo giocattolo? " lo rimproverai. Era davvero un bullo.
Lui mi fece l'occhiolino e tornò con l'attenzione sui ragazzi.
Guardai il povero bimbo che con occhi lucidi ci fissava sconsolato ma non si azzardava ad avvicinarsi. Mi dispiacque per lui.
Dan si autoproclamò capitano della sua squadra mentre Joe scattò in avanti per proporsi come capitano della squadra avversaria. Se la giocarono, a pari e dispari, per chi dovesse iniziare a scegliere i propri giocatori.
" Paul! " chiamò Dan, poi fu la volta di Joe di scegliere.
" Tom. "
" Davon. "
Joe guardò le ragazze speranzoso dato che a quanto pareva i maschietti erano finiti.
" Chris? " domandò, la ragazza lo degnò solo un'occhiata sprezzante e non gli rispose.
" Sam? " chiese Tom alla sua ragazza.
" No! " disse seccamente lei ma senza il disprezzo e la superficialità che ci aveva messo l'oca.
Paul e Daniel se la risero e li sentii borbottare un ' così sarà un gioco da ragazzi batterli. '
Poi il viso disperato di Joe si rivolse a me ed io prontamente scossi la testa.
" Non so giocare, negli sport faccio schifo, ti farei perdere. " lo avvertii, ricordandomi della straziante ora di educazione fisica alle medie in cui i miei compagni, divisi a squadre, mi sceglievano sempre per ultima e con sofferenza. E non potevo certo biasimarli.
" Non importa, Tom sta in porta ed io faccio l'attaccante. Tu devi solo passarmi la palla se ti capita fra i piedi e ostacolare Dan o Paul quando si avvicinano troppo alla porta. " mi rassicurò dandomi una mano a rialzarmi.
Beh, io l'avevo avvisato...
Dan e Paul si guardarono sghignazzanti, blaterando qualcosa tipo che avevano la vittoria assicurata.
Tom chiese quale sarebbe stata la posta in palio. Scommisero 5 pacchetti di sigarette in tutto, poi si misero a tracciare le aree di porta.
Joe mi si avvicinò e mi spiegò la sua tattica di gioco. " Loro sono stronzi, tu sei piccola e non sei esperta nel gioco e sicuramente ti prenderanno di mira... "
" Mi spiace di essere l'anello debole " lo interruppi sinceramente dispiaciuta.
Lui scrollò le spalle e continuò a spiegarmi.
La squadra avversaria iniziò ad innervosirsi e a lanciare frecciatine.
" Se avete smesso di spettegolare, potremo iniziare a giocare. "
" Allora, capito? " fece Joe in direzione di Tom e soprattutto mia. Noi annuimmo e ci mettemmo ai nostri posti facendo cenno a Paul, Dan e Davon che eravamo pronti.
" Alla buon'ora... " borbotto' il mio simpatico fratellastro. " Scommettiamo tutte le sigarette che possediamo? " disse poi e gli altri accettarono sfilandosi il premio dalle tasche e poggiandolo sulla sabbia, formando una piccola montagna.
Per la prima mezz'ora nessuna delle due squadre segnò, non avvicinandosi nemmeno alla porta. Joe era molto agile e riusciva a tener testa a Dan, ma la presenza di Paul lo metteva in difficoltà, anche se di certo non era una gran minaccia. Paul era molto goffo nei movimenti, all'inizio credetti fosse colpa della sabbia o del fatto che fosse robusto, ma poi capii che non era molto equilibrato e di sicuro non era in grado di fare sport con agilità. Un po' come me.
Iniziai ad annoiarmi, non che prima fossi entusiasta di giocare, incrociai le braccia al petto e chiusi gli occhi. Solo per un momento. Era piacevole il calore sulla mia faccia e prendere un po' di colorito non mi dispiaceva per niente.
Sentii qualcosa cadere ai miei piedi e ci misi un po' a capire che era una palla e che avrei dovuto calciarla. Un secondo dopo vidi tre ragazzi, correndo peggio di una mandria di bufali, arrivare verso di me e rischiando di travolgermi se non mi fossi mossa.
Inciampai nei miei stessi piedi ma riuscii a ritrovare l' equilibrio.
" Dai Cassidy, ce la puoi fare! " mi incitò Tom alle mie spalle. Lo ringraziati nei miei pensieri e poi mi buttai su loro.
La tattica di Joe era semplice ma non facile. Tutto quello che avrei dovuto fare era tenere Dan impegnato mentre passavo la palla a Joe, dopodiché sarebbe stato un gioco da ragazzi per lui battere Paul e segnare. Anche se Davon riempiva più di metà porta.
Mi assicurai che non mi rompessero le caviglie tentando di togliermi l'oggetto tra i piedi passandolo all'ultimo secondo a Joe e saltando, letteralmente, addosso a Daniel.
L'impatto mozzò il fiato ad entrambi, non solo per sorpresa o perchè avevo decisamente usato troppa forza, ma inaspettatamente ci ritrovammo nella sabbia con le gambe aggrovigliate tra loro ed i visi a pochi centimetri di distanza.
Dio, com'era bello...
Sentire il suo respiro sulla mia faccia ed i suoi occhi di ghiaccio che indugiavano su di me, dapprima perplessi poi languidi.
L'avrei baciato lì, davanti a tutti, se non fosse stato per le grida di sdegno dell'oca e le altrettanto grida di vittoria di Joe.
Mi resi conto della situazione imbarazzante e umiliante a cui mi stavo sottoponendo. Gli avrei dato la sensazione che morivo per un suo bacio e no, non gliel'avrei data quella soddisfazione. Mi alzai veloce, prima che potesse trattermi lì a deridermi, ed andai verso Joe che aveva segnato. Lui mi vide e corse verso di me sollevandomi euforico. E vabbe', hai fatto un goal non c'era bisogno di scaldarsi tanto.
Mi azzardai a lanciare un'occhiata dove avevo lasciato un Daniel attonito, che molto probabilmente credeva che fossi matta, e lo vidi mentre si alzava scrollandosi pensieroso la sabbia di dosso. Christine gli saltellava intorno berciando chissà cosa e maledicendomi in tutte le lingue, ma il riccio sembrava non sentirla nemmeno.
" Hai segnato solo una volta, te ne mancano altre quattro genio " gli fece Paul ironico.
Joe fece spallucce e mi diede il cinque.
" Ottimo lavoro. "
Il gesto non passò inosservato a Daniel che mi lanciò un'occhiata risentita e poi una di sfida.
Mentre prendevo di nuovo la mia posizione seppi che non avrei più potuto prenderlo per i fondelli un'altra volta.
Appena si fu ripreso il gioco spintonò Joe buttandolo a terra e poi corse verso la nostra porta.
Mi trafisse con lo sguardo intimandomi di non muovermi e come una stupida mi bloccai e lo guardai mentre segnava un punto.
" Ehi, questo non era valido. Mi hai fatto un fallo. " si lamentò Joe rimettendosi in piedi.
" Anche quello che avevate architettato tu e la Barbie era un fallo, mi sono mica lamentato? Non abbiamo un arbitro, se non mi sbaglio. " gli abbaiò contro Dan.
Barbie? Certo, che mi aspettavo, che improvvisamente cominciasse a chiamarmi col mio nome? Che cosa stupida!
Joe borbotto' qualcosa in risposta ma nessuno lo capì e così ripresero a giocare, ma questa volta non sarei stata ferma, l'avrei ostacolato in ogni modo. Mi aveva ferita quando aveva pronunciato quel nomignolo, mi aveva ricordato che io ne ero innamorata e che in me lui vedeva solo un giocattolo da prendere in giro o baciare quando ne aveva voglia. Ero arrabbiata!
Gli andai incontro ignorando i richiami di Tom che non capiva cosa stavo facendo. Nessuno si accorse di me, erano troppo indaffarati ad accaparrarsi la palla, in una frenetica lotta di gambe che si intrecciavano le une con le altre.
Ed ecco il momento! La palla sfuggì al controllo ed uscì sfrecciando verso sinistra, scattai immediatamente e ne presi possesso. Sorrisi per le occhiate sorprese dei ragazzi e mi diressi verso la porta di Davon.
Sentii Dan avvertire Paul di intralciarmi ma con una spinta gli feci perdere l'equilibrio e proseguii. Mi sembrò di potercela fare, mancava solo l'ultimo ostacolo: quel colosso di Davon che riempiva più di metà porta.
Mi venne all'istante un'idea in mente e sperai che Dav non se la prendesse troppo.
Sapevo che lui aveva una cotta per me e fu per questo che me ne approfittai, a fin di bene ovviamente.
" Davon ti sposteresti, per favore? " gli chiesi semplicemente, ma non fui sicura che l'avrebbe fatto veramente. Gli feci tanto di occhi dolci ed iniziai a rallentare in sua prossimità, non volevo mica andargli addosso. E se non si fosse mosso...
Vidi gli angoli della sua bocca alzarsi in una imitazione grottesca di un sorriso, poi annuì e si spostò.
Wow, ha funzionato davvero? Quasi non ci credetti poi le urla di Daniel che intimava Davon di tornare al proprio posto mi svegliò e calciai la palla pregando che andasse a segno. Anche se ero ad un metro e mezzo di distanza le probabilità che facessi cilecca erano alte. Ma le mie aspettative vennero esaudite e feci goal.
Esultai saltellando sul posto e mi volsi a guardare l'espressione instupidita dei ragazzi, non se l'aspettavano di certo o forse quello che più li aveva sorpresi era il fatto che il loro amico si era spostato per permettermi di segnare.
La cosa mi divertì un sacco. Mi girai verso l'omone per capire il suo umore, se fosse arrabbiato o ferito ma lo trovai confuso dalle bestemmie che gli rivolgevano i suoi compagni di squadra. Probabilmente nemmeno lui si era reso conto di cosa aveva fatto.
Due braccia mi avvolsero da dietro facendomi spaventare e battere il cuore freneticamente credendo che appartenessero a Dan. Mi sbagliai, era Joe.
Ma che stava facendo? Perché improvvisamente mi rivolgeva queste attenzioni?
Ridacchia un po' istericamente e gli diedi dei colpetti sul braccio tentando di liberarmi dalla stretta. Sentii le orecchie andare in fiamme per l'imbarazzo della situazione." Ahi! " sentii esclamare Joe lasciandomi. Mi voltai ad osservare la sua smorfia di dolore sul viso e la sua mano che si massaggiava la nuca.
" Ma che... " stavo per chiedere che cosa gli prendeva quando, in un attimo, si girò e si fiondò con tutta la rabbia che aveva in corpo su qualcuno.
Non ci misi molto a collegare i pezzi. Il pallone abbandonato lì a terra era stato scaraventato sulla testa di Joe e dall'improvviso scatto di rabbia di quest'ultimo verso Dan spiegò chi era stato l'autore di quel gesto.
Si rotolarono nella sabbia e non si riusciva a capire se si stavano affrontando o scambiando effusioni. Ma diversamente da prima questa volta la loro lotta era peggiore.
Sentii le ragazze urlare allarmate da qualche parte e Paul e Tom cercare di separarli, ma a giudicare dai loro volti non sapevano nemmeno dove mettere le mani, talmente si dimenavano.
Io ero impietrita, orripilata. Non avevo mai assistito ad una rissa e non sapevo bene come reagire.
Poi Davon si mise in mezzo e prese per la collottola i due allontandoli l'uno dall'altro.
Continuarono a scambiarsi occhiate omicide e grugniti, ma almeno smisero di volersi scannare a vicenda.
Entrambi presentavano lievi escoriazioni. Joe aveva una guancia gonfia e rossa, una piccola ferita all'angolo della bocca e la manica della maglietta mezza strappata, mentre Dan aveva un sopracciglio escoriato, i capelli completamente stravolti che, insieme ai suoi occhi brucianti, lo facevano sembrare un pazzo evaso dal manicomio.
Ben presto si raccolse una piccola folla attorno ai tre. Paul sospirò e scosse la testa prendendo in mano la situazione.
" Tu! " esclamò puntando il dito su Dan " È meglio se ti butti a mare. Non sto scherzando, un po' di acqua fredda ti raffredderà i bollenti spiriti. E tu! " disse questa volta rivolto a Joe. " Sarebbe meglio se ti facessi un giro, il più lontano possibile da qui. "
Joe lo fissò più irritato che sorpreso.
" Che c’entro io? Ha cominciato lui, l'hai visto che mi ha buttato di proposito la palla addosso, e anche abbastanza forte. "
" E tu sai benissimo che Danny è una testa calda ed è meglio non provocarlo "
Joe boccheggiò incredulo.
" Ma non ho fatto niente! " urlò.
Paul gli rivolse un'occhiata strana che non riuscii a cogliere, poi vidi l'altro distogliere lo sguardo sbuffando.
Mi chiesi in effetti per quale motivo Dan l'avesse fatto, ma non riuscii a trovare una risposta.
Paul fece un cenno a Davon e quest'ultimo lasciò i due.
" Allora, mi avete sentito? " fece Paul alzando di un’ottava la sua voce, che fino a poco prima era stata calma e ragionevole. La parte che più invidiavo di lui era proprio questa: è un buffone e ne spara di scemenze, ma quando la situazione lo necessita riesce ad essere sorprendentemente saggio e maturo e, soprattutto, riesce a far in modo che anche un tipo come Dan gli obbedisca senza fare neanche un obiezione.
I due litiganti smisero di volersi incenerire con lo sguardo e presero entrambi due direzioni diverse. Vidi Joe spazzolarsi i capelli inondati di sabbia mentre si allontanava senza guardare nessuno e Daniel che si toglieva le scarpe facendone fuoriuscire i granelli. La sua bionda fidanzata gli si avvicinò aggrappandosi al suo braccio e con espressione esageratamente sconvolta iniziare a starnazzare su quanto Joe fosse impazzito per aver osato anche solo sfiorare il viso del suo adorato.
Bleah, sto per vomitare...
" E lasciami in pace, scocciatrice! " gli intimò Dan con un’occhiata che avrebbe fatto raggelare Hitler in persona. L'oca se ne tornò al suo posto, credendo che sarebbe stato meglio per la sua incolumità.
Mi trattenni dal ridere sotto i baffi. Poi la vista mi ricadde sul pallone.
Mi avvicinai e lo raccolsi, immaginando che ormai la partita si fosse conclusa. Qualsiasi fosse stato l'esito. Decisi, allora, di riportare l'oggetto al suo proprietario.
Il bambino se ne stava sotto un ombrellone, seduto sul suo asciugamano e con il broncio. Doveva aver pianto, aveva le guance e gli occhi rossi.
Non era solo, notai, c'era una ragazza affianco a lui che se ne stava sdraiata a pancia in giù. Non poteva di certo essere la madre, sembrava troppo giovane, forse era la sua babysitter.
" Ciao piccolo. " gli feci piegandomi sulle ginocchia.
Lui sussultò, non si era accorto che mi ero avvicinata.
Un lampo di paura lo attraversò, dopo avermi riconosciuta come 'la ragazza che stava assieme a quel gruppo strano'.
Gli sorrisi cercando di rassicurarlo e gli passai la sua palla che prese con uno scatto e portandola poi dietro di sé, quasi a volerla proteggere.
" Scusa se quelle persone un po' maleducate te l'hanno tolta. " dissi indicando col pollice i ragazzi alle mie spalle.
Il bambino continuava a guardarmi con sospetto e a non spiaccicare parola, così gli porsi la mia mano.
" Io sono Cassidy, piacere. "
Lui lanciò occhiate esitanti tra il mio viso e la mano e decise comunque di non porgermi la sua.
" S-simon. " sussurrò dopo un po' arrossendo.
Sorrisi maggiormente trovandolo molto carino. Avevo sempre desiderato un fratellino e ora... beh, ne ho ben due ma più grandi di me e di certo non erano socievoli. Joshua era la timidezza fatta a persona, mentre Dan era un tale stronz...
" Che fai, ora inizi a molestare bambini? " mi derise una voce alle mie spalle.
Sobbalzai e vidi anche il piccolo farlo allontanandosi.
" Dan! Ma che diavolo dici? " lo rimproverai con lo sguardo.
Lui ghignò divertito sedendosi sui propri talloni.
 " Non sapevo che avessi certi gusti. " Insinuò.
Gli diedi una spinta e lo feci cadere sulla sabbia, facendone sollevare un po'.
Lui rise e mi guardò. Non mi piacque per niente la luce nei suoi occhi, stava decisamente architettando una vendetta.
" Ma che... chi siete voi! " ci urlò la ragazza, che stava riposando fino ad un momento prima, accanto a Simon. Si allarmò vedendoci così vicini al piccolo e non potei biasimarla se avesse pensato che fossimo dei rapitori o peggio.
" Oh no, signora, ci scusi. Stavamo solo riportando la palla al bambino. Ora ce ne andiamo " la rassicurai balzando in piedi e trascinandomi dietro un Daniel abbastanza divertito.
Mi sentii terribilmente in colpa quando ascoltai i rimproveri della ragazza verso Simon, sul fatto che non avrebbe dovuto rivolgere la parola a degli sconosciuti.
Diedi comunque metà della colpa a Dan. Ciò mi fece sentire meglio, più o meno.
Il protagonista delle mie vicissitudini mi strattonò il braccio per farmi arrestare sul posto. Lo guardai con sguardo assassino ed interrogativo.
" Che diav... " la mia domanda fu interrotta bruscamente da due braccia che mi avvolsero le ginocchia e mi issarono sulla sua schiena.
" Ma che fai? Lasciami immediatamente! " urlai isterica agitando braccia e gambe.
Per tutta risposta lui mi diede delle pacche sul sedere e disse: " Mi sto solo vendicando del tuo gioco scorretto in campo. "
Mi irrigidii sconvolta, poi mi ripresi e mi agitai ancora di più rischiando di far cadere entrambi sulla sabbia.
" Brutto troglodita che non sei altro, non provare mai più a toccarmi! " gli intimai. Non poteva mica farmi venire un infarto.
" Toccarti in questo modo dici? " mi canzonò tenendo la mano sulla mia natica destra. Ma a quel punto mi stavo già muovendo come un anguilla e se non voleva che gli scappassi via avrebbe dovuto tenermi le gambe con entrambe le mani, e così fece, ma di malavoglia.
" Dove mi stai portando? " gli chiesi una volta che l'ondeggiare dei suoi passi mi stava facendo venir voglia di vomitare ( non sarebbe stata una brutta idea farlo addosso a lui), oltre che farmi andare il sangue alla testa.
" Lo scoprirai presto " disse ghignando malefico.
Alzai la testa, per quanto la posizione mi permetteva di farlo, e cercai di chiedere a qualcuno. Ma Joe non c'era e dall'espressione che aveva Paul si capiva che era più divertito che allarmato. Stronzo, non mi avrebbe aiutato.
I miei occhi incrociarono quelli freddi e gelosi di Christine prima di sentire il vuoto sotto i miei piedi.
Credetti di sfracellarmi al suolo, ma il contatto con l'acqua del mare mi mozzò il respiro. Beh, l'acqua non era proprio fredda ma non me l'aspettavo.
Riemersi qualche secondo dopo, sputacchiando e agitando le braccia ed i piedi per ritrovare l'equilibrio. E intanto l'idiota se la rideva.
Bene, gliel'avrei fatta pagare!
Mi diedi una spinta sulle gambe e gli balzai addosso, facendolo capitolare nell'acqua fino alla punta dei suoi perfetti riccioli.
Era talmente intento a sganasciarsi dalle risate che quando tornò in superficie iniziò a tossire convulsamente, cercando di sputare tutta l'acqua bevuta.
Questa volta fu il mio turno di ridere.
" Non... è... divertente, Barbie! " raspò tra un attacco e l'altro di tosse.
" Certo che lo è, e molto anche! " gli risposi soddisfatta. " E non chiamarmi più Barbie! " esclamai più acida.
Lui fece per ribattere, ma stranamente tenne la bocca chiusa e guardò altrove passandosi una mano tra i capelli.
" Ci voleva proprio una rinfrescata con questo calore. " commentò invece. Avevo la sensazione che stesse cambiando argomento, ma lasciai stare, forse era stufo di battibeccare per l'ennesima volta.
" Arrivoooo! " gridò Paul. Lo vedemmo falciare con le gambe la sabbia e poi buttarsi di peso in mare spruzzando una miriade di gocce da tutte le parti.
Risi divertita dalla scena.
" Paul, sei il solito pagliaccio! " lo rimbrottò Dan, ma vidi un angolo della sua bocca sollevarsi.
" Hai praticamente sollevato metà acqua del mare. " disse ironico Tom che nel frattempo ci aveva raggiunto insieme agli altri.
Paul rise, per niente offeso. Andò ad immergersi più in lontananza, dove l'acqua era più profonda.
Una mano mi spostò una ciocca di capelli che mi si era appiccicata in fronte. Sollevai lo sguardo su Dan, ma non riuscii a capire a cosa stava pensando in quel momento. Ero combattuta sul chiederglielo o no, non volevo che smettesse in ogni caso di toccarmi i capelli. Mi faceva venire i brividi, e non solo per via delle sue dita ma dei suoi occhi su di me. Erano bellissimi, mi piacevano tanto, erano così... enigmatici. Delle pozze azzurre che graffiavano di indifferenza e superiorità, ma che sapevano regalarti calore allo stesso tempo. Anche se molto di rado.
" Amore, ma che fai? " si fece annunciare prepotentemente una voce squillante.
" Christine! " sputò Daniel infastidito chiudendo per un attimo gli occhi e ritornando il freddo idiota di sempre.
Ed ecco che l'incantesimo si è spezzato.
La bionda gli gettò le braccia al collo e mi diede una spallata per mettere le distanze fra me e il ragazzo.
La gelosia è una brutta bestia.
Mi massaggiai la spalla, pronta a dirgliene quattro, e per poco non mi cadde la mascella a terra. Il "cagnolino" aveva incollato le sue labbra a quelle di Daniel.
La vista avrebbe dovuto disgustarmi o farmi arrabbiare, ma... stupidamente mi sentii delusa e triste. E quasi senza accorgersi mi allontanai, lasciando che si divertissero pure.
Andai a sedermi a riva per asciugarmi sotto il sole fattosi cocente. Mi tolsi anche le scarpe, fradice e le lasciai lì accanto.
Non guardai nella loro direzione, nemmeno per sbaglio, cercando di concentrarmi su Paul e gli altri che si divertivano in acqua come bambini, ma la loro vista purtroppo non mi risollevò il morale nemmeno un po'.
Notai Joe tornare indietro, puntando nella mia direzione. Mi trattenni dallo sbuffare, non volevo che mi venisse a parlare o si sarebbe accorto che qualcosa non andava.
Sperai che all'ultimo deviasse, speranza vana.
" Hey, che fai qui sola? " fece sedendosi accanto a me.
 " Prendo il sole e cerco di asciugare i vestiti " mi sforzai di sorridergli.
" Bella partita comunque... " aggiunse dopo un po' " Hai giocato bene. "
" Ma chi ha vinto alla fine? " chiesi io.
Lui si strinse nelle spalle. " Nessuno, a quanto pare. "
Mi appoggiai con i gomiti sulla sabbia e chiusi gli occhi, rilassandomi al calore del sole dietro le palpebre.
" Hey, Cassidy? "
Ah, pace finita.
" Mmh? " mormorai.
" Tu... e Dan... ? " lasciò  in sospeso.
Quel 'io e Dan' mi mise un po’ in allarme. Aprii gli occhi e lo guardai non capendo, o meglio, sperando di non capire.
" Sì, insomma, tu... hai una cotta per lui, vero? " disse infine ciò  che temevo. Cavolo, si nota troppo, devo stare più attenta.
Risi istericamente. " Cosa? No! "
Quasi mi andò  la saliva di traverso, ma cercai di mantenere più calma possibile.
Lui mi guardò, forse cercando di leggermi dentro. Non distolsi lo sguardo o avrebbe capito che mentivo.
Dopo secondi interminabili sembrò accontentarmi e si rivolse verso il mare.
Trattenni un sospiro di sollievo. Sollievo che durò  circa un paio di minuti perché ricominciò con questa storia.
" Sai, pensavo, che voi due foste affiatati. "
Arrossii. " E da cosa l'avresti dedotto? Da come mi ha buttato in acqua? " feci ironica.
Lui non rise. " Penso che tu gli piaccia. "
Questa volta risi per davvero, mi sembrava una sciocchezza enorme e dolorosamente illusoria.
" Macchè, mi sopporta a malapena. " E sperai che il discorso morisse lì.
Lui rimuginò per po’ sulle mie parole poi mi sorrise.
" Allora posso invitarti a cena. " concluse come se niente fosse.
Boccheggiai per diversi minuti fino a quando il mio diavolo personale non venne a salvarmi.
Squadrò il mio vicino di posto in malo modo e poi lo ignorò rivolgendosi a me.
" Vieni con me, ho fame! " annunciò facendomi segno di alzarmi.
Alzai un sopracciglio. E io che potevo farci se lui aveva fame?
Vedendomi ancora piantata sulla sabbia sbuffò e mi afferrò  il braccio per mettermi in piedi.
" Dan, ma non lo vedi che non vuole venire con te? Perché non la lasci in pace... " si innervosì Joe alzandosi anche lui.
" Tu fatti gli affaracci tuoi! " gli rispose Dan continuando a tenere lo sguardo su di me.
Sospirai,  non volevo che si  prendessero di nuovo per capelli perciò recuperai le mie scarpe e decisi di andare con Dan, anche se dietro l'angolo si nascondeva un mostro dagli occhi verdi: la gelosia.
" Non potevi andarci con Christine? Eravate parecchio indaffarati prima... " mi morsi il labbro non appena fuoriuscirono le parole. Strizzai gli occhi e guardai altrove preparandomi alla sua derisione.
" Sei gelosa. " disse dopo un po'. Non era una domanda ma una constatazione. La cosa che però mi lasciò  più perplessa fu il suo tono... soddisfatto? No, devo essermelo immaginato.
" Ecco il chiosco. " indicò davanti a noi, interrompendo le mie elucubrazioni.
C'era parecchia folla attorno ma Dan riuscì in qualche modo ad eludere la fila e ad avvicinarsi all'uomo che lavorava oltre il bancone.
Stavo per fargli la ramanzina sul fatto che avrebbe dovuto rispettare la fila, quando mi prese per il polso e mi fece barcollare nella sua direzione.
Le mie proteste mi si fermarono in gola quando sentii la mia schiena che sfiorava il suo petto.
Sbuffai, come potevo ogni volta essere soggiogata dalle emozioni?
Odiavo queste sensazioni, non le avevo provate neanche con il mio precedente ragazzo, con il quale aveva avuto il mio primo rapporto intimo. Ok, forse all'inizio della nostra storia ero piena di formicolii allo stomaco dovuti all'attrazione che provavo ma... non durò poi molto, nel giro di qualche mese mi passò, così come la passione.
Ricordai con dolore che fu proprio quella la ragione della rottura.
La voce di Dan che chiedeva due panini mi riscosse dai miei lugubri pensieri e gliene fui segretamente grata.
Una volta che il paninaro gli diede l’ordinazione chiese otto dollari. Daniel si rivolse a me ed io scossi la testa.
" Ho lasciato la mia borsa in spiaggia. " gli dissi. Poi perché dovevo pagare io, non lo capivo.
Lui sbuffò e mormorò un " che ti ho portata a fare io? ". Poi mi passò i panini e, sorridendo al venditore, si tastò le tasche.
Io e il tipo dietro al bancone non ci facemmo caso, infatti quest'ultimo si rivolse alla persona che stava in coda, poi me ne accorsi. Dan non aveva tasche.
Prima che aprissi bocca lui mi lanciò un'occhiata.  Poi mi afferrò il polso ed incominciò a correre trascinandosi me dietro.
Per poco non caddi ma non riuscii a salvare un panino che rovinò a terra.
" Perché  stiamo scappando? " gli urlai.
" Perché se quello ci prende ci riduce in sottilette da mettere nei suoi panini. " mi rispose ironico. Lanciai un'occhiata alle mie spalle e vidi l'uomo del camper che ci riempiva di insulti.
Raggiungemmo l'estremo della spiaggia e Dan si sedette sulle rocce.
" Hai rubato un panino " feci io attonita. Che genio, certo che l'ha fatto!
" Ho? Abbiamo vorrai dire. "
" Non mettermi in mezzo. " dissi piccata.
Lui fece un gesto con la mano come per scacciare un moscerino,  poi picchiettò sulla roccia accanto a sé. Mi avvicinai sospirando, era inutile discutere con lui. Mi avrebbe portato sulla cattiva strada, me lo sentivo.
" Dammi il bottino. " allungò una mano verso le mie. " Che fine ha fatto l' altro? "
Lo guardai in cagnesco. " Me l'hai fatto volare. Mi hai preso alla sprovvista. "
Sbuffò brontolando  un " se sei goffa non  è un problema mio " .
Decisi di offendermi, così gli voltai le spalle. Scelta che per poco non mi costò un infarto.
Passò  il suo braccio attorno alla mia vita e mi fregò il panino. Mangiò un boccone sollevandolo sulla  mia spalla. Praticamente avevo la sua faccia a pochi centimetri dalla mia.
Oddio, io qui schiatto!
" Ah, che schifo i pomodori! " fece una smorfia gettando l'ortaggio rosso nella sabbia.
" Non ti piacciono? " gli chiesi sorpresa.
Per tutta risposta arricciò il naso mentre ritornava al suo posto.
Improvvisamente mi colse la voglia di conoscerlo meglio. Quante cose c'erano che non sapevo di lui. Ma perché avrebbe dovuto parlarmi?
Scacciai il pensiero.
" Hey Cassie! "
Mi voltai e vidi Joe, grondante acqua, venire verso di noi. Oggi sembrava la mia ombra, ma che gli prendeva?
Dan sbuffò incredulo ma finì il panino, forse per evitare di parlare.
" Hey... " feci di rimando.
" Forse è tardi per te. Ti accompagno a casa. "
Mi accorsi che portava la mia roba. Così, non potei fare altro che ringraziarlo.
" E chi sei, sua madre? Lei torna quando le pare "
Guardai Dan con occhi sgranati e sentii qualcosa di caldo nello stomaco. Che stupida!
" Beh, ma visto che l'ho portata io e tra un po' dovrei rientrare mi sento in dovere di riportarla a casa. Se non lo faccio chi lo farà, tu?  " Joe incrociò le braccia sfidando il mio fratellastro con lo sguardo.
Aspettai che Dan ci mandasse al diavolo, invece si alzò in piedi e disse: " Sì! Qualche problema? "
Aspetta, cosa?
Per poco non mi venne il torcicollo per quanto bruscamente l'avevo girato nella sua direzione.
Mi sembrò di vedere un lampo di soddisfazione negli occhi di Joe, ma sicuramente me l'ero immaginato, ma poi si limitò a scuotere la testa rassegnato e con un mezzo broncio.
" Ci vediamo Cass. "
Lo salutai di rimando.
" Aspettami davanti alla moto, io vado a prendere la mia roba. " disse Dan, poi si fermò e si voltò. " Cerca di non farla cadere questa volta. " Mi ammonì ironico.
Mi incamminai verso il parcheggio con la testa tra le nuvole. Non avrei mai creduto che la giornata avrebbe preso questa piega.
Ritornò dopo pochi minuti porgendomi un casco che non era il suo. Me lo misi senza fiatare, non volevo rovinargli l'umore e magari restare senza passaggio.
Gli lanciai un'occhiata mentre saliva in sella, sembrava pensieroso e corrucciato. Mi chiesi se non gli dava noia portarmi con lui, magari l'aveva detto per far un dispetto a Joe. Sempre se questo poteva definirsi un dispetto.
Feci spallucce e mi misi dietro di lui. Con titubanza mi aggrappai ai suoi fianchi, era senza maglietta. Lo sentii rabbrividire sotto al mio tocco, sperai non fosse per disgusto.
Che sciocca, nessuno baciava qualcuno che lo disgustava.
Mi incantai guardando la sua schiena, avevo un debole per le schiene, e la sua era larga.
Mise in moto e poi mi afferrò un braccio passandolo attorno la sua vita.
" Non vorrei raccoglierti dall'asfalto. "
Questa volta fui io a rabbrividire.
 
  
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