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Autore: Schifottola    26/10/2016    5 recensioni
Kurt, nato e cresciuto a New York, vive solo con la madre, Elisabeth Calhoun, ma dopo che lei muore scopre di essere figlio di Burt Hummel, un meccanico nella cittadina di Lima in Ohio. Costretto a seguire il padre si trova catapultato in una realtà provinciale e bigotta in cui la sua omosessualità non è ben vista e crea motivo di attrito e non accettazione nella sua nuova e detestata famiglia. Un giorno incontra Blaine, un ragazzo ingestibile, spesso protagonista di episodi spiacevoli. Kurt, scoprirà che a Lima, dove la gente non fa altro che parlare, colui che ha più da dire è proprio Blaine, muto selettivo che pur non usando la parola è capace di discorsi che sanno arrivare al cuore.
Tra situazioni tragicomiche Kurt e Blaine si conoscono, stringono amicizia, si innamorano e scoprono che il passato di Lima e di Elisabeth Calhoun e la Banda, i suoi amici di gioventù, è pieno di fatti mai sopiti che influenzeranno il loro presente portando delle conseguenze sull’intera cittadina.
Genere: Commedia, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Carole Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Sebastian/Thad
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cari Lettori vi chiedo venia che sia passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento, ma non ho potuto fare diversamente.
Vi lascio al capitolo, buon divertimento.
 

 
“MARIBEL , IO NON TI CAPISCO! PERCHÉ VUOI CHE METTIAMO IN PUNIZIONE SANTANA? NON HA FATTO NULLA!”
“NON HA FATTO NULLA?! HA AGGREDITO UN COMPAGNO DI SCUOLA.”
“PER DIFENDERE KURT HUMMEL DA DAVID KAROFSKY, CHE LO STAVA PICCHIANDO, E NESSUN ALTRO È INTERVENUTO. MERITA CHE LA LODIAMO!”
“CERTO LA PROSSIMA VOLTA MAGARI AMMAZZA QUALCUNO E GLI DIAMO UNA PACCA SULLA SPALLE E 200 DOLLARI DI PREMIO!”
“MA COSA DICI?! E FINIAMOLA DI URLARCI CONTRO.”
“Va bene.-acconsentì la donna con un evidente sforzo nella voce.- Santana và punita perché la violenza non va mai, e ripeto mai, usata.”
“Parla quella che mi ha buttato nel fiume per rabbia.”
“Ma che c'entra Luis?” domandò infastidita la donna.
“Rimproveri nostra figlia e te ne esci con frasi stupide, parlando di omicidio? Chi è che sta dicendo cose che non hanno senso!?”chiese in tono di sfida Luis.
La donna sospirò frustrata.
“Non è la prima volta che nostra figlia finisce in mezzo a una rissa, o che viene richiamata dal preside, o tirata in mezzo nei guai da Blaine. Non ha bisogno che arrivi un'altra persona a portarla sulla cattiva strada.”
“Stai dicendo che Blaine è una presenza negativa?”
“No, ma è manesco!"
“Blaine attacca i bulli, cerca di difendere i più deboli! E sì, poi ogni tanto fa degli scherzi che potrebbe risparmiarsi, ma in quella scuola fino ad oggi nessuna vittima aveva mai reagito o denunciato il bullismo subito.”
“Se la situazione è così grave come dici perché non la mandiamo in un'altra scuola? Come la Crowford a Westville. Dormirebbe lì durante la settimana e potrebbe imparare il rispetto delle regole, che suo padre pensa che sia sopravalutato!” esclamò furiosa la donna.
“Quando hai fatto le ricerche per questa scuola?” domandò sconvolto Luis.
“La penultima volta che si è messa nei guai!”
“Io non mando nostra figlia via di casa a vivere a due ore di distanza da noi. Avrà tutta la sua vita per farlo.”
“È PER IL SUO BENE!”
“Cosa vuoi di più da nostra figlia di sedici anni?! Quando noi siamo al lavoro, lei bada alla nonna che ha demenza senile e schizofrenia! Guarda la nonna che se non prende le medicine può avere delle reazioni fuori controllo.”
“Non esagerare, ha solo schiamazzato un po’ più forte e rotto qualche piatto!”
“Lanciato, vorrai dire. Ti pare giusto che una ragazza così giovane abbia un impegno così gravoso? Anzi, sai che ti dico? Se mandiamo via Santana, tua madre la mettiamo in una casa di riposo.”
“Cosa? Mia madre non andrà in posto senza le persone che le vogliono bene. Ha lavorato tanto nella sua vita. Non merita questo.”
“Mia figlia non merita di essere allontanata da casa per aver cercato di difendere qualcuno!”
“Qualcuno o Kurt?”chiese Maribel, in tono di sfida.
Luis sospirò stanco.
“Bel, ma cosa stai dicendo?”
“Cosa sto dicendo? Che in qualunque modo c’entri Elisabeth, tu non capisci più nulla.”
L’uomo guardò la donna che aveva sposato come se la vedesse per la prima volta.
“Sei gelosa marcia di una morta!”
“E TU SEI INNAMORATO DI UNA DONNA MORTA!- Urlò Maribel.-Da quando è apparso quel maledetto ragazzino ne ho avuto la conferma. Sei ossessionato da lui! Pensi che non sappia che hai la sua cartella Clinica nello studio? Pensi che non sappia che hai avuto una foto di Elisabeth nel portafoglio fino a quando non hai avuto quella litigata con lei al funerale di Melanie? Pensi che non sappia che ogni cosa di questa stramaledetta casa racconta di lei? Che uomo sei a far vivere tua moglie nella casa del tuo primo amore?”
Luis era congelato dalle parole della moglie e poi la rabbia esplose dal profondo del suo petto.
“Questa è casa mia da quando avevo undici anni, io sono cresciuto qui! I Calhoun mi hanno dato tutto quando nessuno voleva dare niente a me e alla mia famiglia. Appena ho potuto ho comprato questa casa, è un delitto? Se hai queste convinzioni, cosa rimani sposata con me? Io non amo più Elisabeth, ma io e lei avremo sempre un legame e tu questo lo sai, Bel. Io ho sposato te perché ti amo.”
“Forse è vero che mi ami, ma non mi hai mai amato quanto lei… Stasera vado a dormire nella camera degli ospiti.”
Luis guardò la moglie andarsene e pensò che aveva bisogno di bere qualcosa di forte.
 
Santana e Brittany erano sedute alla fine della scalinata che portava al piano superiore. Avevano sentito tutto, non era la prima volta che ascoltavano i coniugi Lopez litigare, ma era la prima volta che Maribel sosteneva che c’era una falla nel matrimonio.
Santana aveva sempre saputo del legame dei Lopez con i Calhoun, ma non immaginava che fosse tanto profondo. Sperò che le parole di sua madre fossero quelle di una donna gelosa e che non corrispondessero al vero. Sapeva che il matrimonio dei suoi genitori non era fra i più idilliaci, ma come ogni figlio non voleva sentire che la propria madre era solo al secondo posto nel cuore del padre.
 
“Sembra che hai scampato il collegio.”
“A quanto pare… Mia madre comunque è una stronza a pensare di mandarmi in collegio e a parlare così di Blaine.”
“Credo che tua madre sia sull’orlo di una crisi.”disse Brittany.
“Come?”
“Andiamo San, lo sappiamo entrambe che in realtà tua madre ti ama e adora Blaine e vuole bene a Richard e Cooper. Penso che sia molto stanca. È da settimane che fa i doppi turni perché la dottoressa Groove è in maternità. Nessuno è un cardiochirurgo meglio di Maribel, lo sanno tutti. Se non fosse così, non avrebbe avuto delle proposte dagli ospedali di tutto il Paese. Senza contare che tua nonna sta peggiorando…”
Santana valutò le parole dell’amica, sapeva che in fondo erano giuste, ma ciò non le imoediva di essere arrabbiata con sua madre.
“Britt, ho sonno, andiamo in camera mia a farci un riposino.”
Brittany sospirò, pensando che Santana per certe cose non sarebbe mai cambiata.
Le due ragazze andarono in camera e si distesero sul letto della latina, che venne abbracciata dall’altra e assunsero una posizione a cucchiaio.
Santana non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma le piaceva quando si stendevano e si addormentavano abbracciate, però quel giorno nemmeno quella posizione sembrava tranquillizzarla, le parole di sua madre le continuavano a vagare in testa.
 
TU SEI INNAMORATO DI UNA DONNA MORTA!
 
Santana ricordava abbastanza bene l’unica volta che aveva incontrato Elisabeth Calhoun. Era sempre stata curiosa di incontrarla perché, da che ricordava, l’aveva sempre sentita nominare, sia da suo padre o dagli amici dei suoi genitori, che aveva sempre considerato degli zii. Aveva sempre sentito la sua presenza: era nei racconti di gioventù di sua padre, era in molte vecchie foto della casa, era un argomento di litigio dei suoi genitori, era motivo di tristezza per i suoi zii, era una leggenda tra le persone di Lima…
 
 
Santana era scappata dall’attenzione di sua madre, che era intenta a consolare Cooper, mentre lo zio Richard e Thomas Penpeng accoglievano le condoglianze da parte degli ospiti che avevano preso parte al funerale di zia Melanie.
Era seduta in un angolo, non si era unita a Noah, Lauren e Hunter: sapeva che se lo avesse fatto sarebbe scoppiata in lacrime per Blaine, ma soprattutto per zia Mel. Era terrificante l’idea che la loro adorata e spiritosa zia non ci fosse più e che lei, in casa Anderson, non avrebbe più preparato per loro il campeggio sotto le stelle, raccontando storie magiche e piene di avventure, arrostendo marshmallow davanti al fuoco o preparato la caccia al tesoro per farli divertire.
Dentro di sé, Santana cercava di convincersi che tutto quello fosse solo un orrendo incubo, ma il viso scarno di zio Richard e le lacrime di Cooper raccontavano un’altra storia.
Era rabbiosa per quello che era successo a Blaine, aveva paura che non si sarebbe più svegliato e che la persona cattiva che aveva ucciso zia Mel sarebbe tornata, cercando di finire quello che aveva cominciato. Suo padre l’aveva tranquillizzata, dicendole che davanti alla stanza d’ospedale del suo amico, di giorno e di notte, c’erano stazionati due poliziotti e nessun cattivo avrebbe potuto fargli del male.
 
Santana decise di andare alla ricerca di suo padre. Il rinfresco per il funerale di zia Mel si stava svolgendo a villa Puckerman e lei era contenta: non aveva un particolare desiderio che si svolgesse dagli Anderson, dopo quello che era successo…
Vide zio Aron ai piedi delle scale, con gli occhi gonfi di pianto, un livido che si stava formando sulla mascella e i vestiti sgualciti, ma non si soffermò su di lui perché le sembrò di sentire la voce di suo padre nel giardino della cucina. Velocizzò il passo facendosi guidare dalla voglia di essere consolata dal suo papà, ma arrivata non trovò nessuno.
Si sentì abbattuta e decise di andare a sedersi sull’altalena, ma solo pochi passi e inciampò su se stessa, finendo per terra.
Scoppiò in lacrime, non si era fatta niente, ma stava  male.
Santana dopo un paio di minuti sentì dei passi che le si avvicinavano.
“Ehi piccola, stai bene?”
Le chiese una donna sconosciuta, ma lei singhiozzava troppo per rispondere.
“Ti prenderai un malanno a stare distesa nell’erba ghiacciata, i metereologi dicono che quest’anno, se le temperature continuano a restare intorno allo zero gradi, Lima avrà un bianco Natale.”
Santana venne aiutata a rimettersi in piedi dalla sconosciuta, che continuava a parlarle in maniera allegra.
“Ti piace la neve?”
“Mi fa schifo!” strepitò rabbiosa la bambina e la donna ridacchiò.
“Perché ti fa schifo?”
“Perché tu lo trovi divertente bagnarsi con l’acqua fredda?”
“Ma la neve è acqua ghiacciata.”
“Appunto! È anche peggio!”
“Su, smettila di piangere, e vieni qua che ti soffio il naso e puliamo quei begli occhi neri che hai.”
Santana, per istinto, avrebbe voluto rifiutare, ma quella signora profumava di buono e aveva una bella voce, dolce, e lei non voleva star da sola.
“Soffia.”
La bimba fece come le era stato detto e dopo che la donna le aveva asciugato la faccia dal pianto, si concesse ad osservarla: era bella, aveva un folta capigliatura castana, raccolta in un ordinato chignon che  le lasciava libero il viso, dove spiccavano gli occhi, che le ricordavano due pozze di cielo, e un sorriso rassicurante. Ebbe la sensazione di conoscere quella donna, ma non sapeva dove poteva averla incontrata…
“Eri un’amica di zia Melanie?”
La donna inclinò la testa e Santana notò gli occhi della sconosciuta divenire lucidi.
“Sì.”
“Come l’hai conosciuta?”
“Quando eravamo piccole… Il tuo vestito si è sporcato. Aspetta che ora proviamo a pulirlo.”
Santana abbassò lo guardo e vide che era sporca di un po’ di fango all’altezza delle ginocchia. La donna con una salvietta cercò di togliere la macchie e ci riuscì, anche se era rimasto un leggero alone marrone.
“Ora sei abbastanza pulita, ho tolto solo il fango umido. Santana però sarebbe il caso che ti coprissi, non ti fa bene a dicembre stare fuori senza cappotto.”
Alla bambina ci volle un momento per registrare che la sconosciuta l’aveva chiamata per nome.
“Sei raccapricciante, tu sai il mio nome e io non so il tuo.”
Una risata scappò alla donna.
“Mi chiamo Elly, Piacere.”
“Piacere.-disse intimidita la bambina al bel sorriso della signora.- Aspetta un momento, ma come sai il mio nome?”
“Conosco bene anche il tuo papà, pequeña.[1] E appena nata ti ho anche tenuto in braccio.”
“Conosci anche la mia mamma?”
“Certo che conosco anche Maribel. Ma ora vieni che rientriamo.”
Elly allungò una mano verso di lei, che la prese e si fece guidare in casa.
“Incredibile in questa cucina ci sono ancora le stesse macchie di caffè sui muri. Strano che Aron non abbia riverniciato.”
“Gli zii non riescono a mettersi d’accordo su che colore ridipingere la cucina. Zio Aron la vorrebbe gialla e zia Rikva vorrebbe una carta da parati fiorata.”
Elly scoppiò a ridere divertita.
“Si decisamente è da Aron non mollare il punto e Rikva è cocciuta quanto lui. ”
La porta della cucina si aprì ed entrò Aron con aria trafelata, che appena vide Santana tirò un sospiro di sollievo e poi si voltò nella direzione da cui era venuto e gridò:
“La piccola peste è qui.”
“Non sono una peste, io sono il terrore di Lima Heights Adjacent!”
“Me la sono fatta nelle mutande.”
“Faresti bene, sorella.” Rispose la bambina, guardando Elly con un cipiglio strafottente e buffo allo stesso tempo.
Lo scambio di battute comunque non proseguì perché Aron disse:
“Elisabeth, ma...”
“Ho letto di Melanie sul giornale.”
Santana guardò i due adulti scambiarsi sguardi gravi e l’aria nella stanza divenne pesante e piena di imbarazzo, esattamente come quando lei tornava da scuola con una nota e sua mamma era molto arrabbiata. Si voltò verso Elly e le diede una sberla sul ginocchio.
“Cosa hai fatto? E poi ti chiami Elisabeth e non Elly... sei bugiarda!”
“Non sono bugiarda. Elly è l’abbreviativo del mio nome.”
“Allora cosa hai fatto? Zio Aron fa quella faccia spaventosa quando Noah lo fa arrabbiare. Non mi freghi, culo bianco.”
“San!” La rimproverò Aron.
“Ma la piccola ha un punto-si intromise Elisabeth - ho fatto qualcosa, sai sorellina? Anni fa sono scappata.”
Alla bambina ci vollero pochi secondi perché una lucina le si accendesse in testa, quella Elisabeth era la donna dei racconti del suo papà, quella sua amica d’infanzia che era andata via senza una spiegazione. Quella donna era colei che gli anziani di Lima parlavano ancora timore, perché apparteneva ai Calhoun. Ai più credenti, aveva visto più volte  farsi il segno della croce quando quella famiglia veniva nominata.
“Io so chi sei. Tu sei quella che abitava con il mio papà, in casa mia. Sappi che io ho la tua stanza e che non te la ridò, nemmeno se piangi. È mia!”
 
Santana stava per commentare trionfante quando sulla soglia comparve suo padre, che fece un’espressione che non gli aveva mai visto: triste, nostalgica, furibonda e qualcosa che non sapeva ben decifrare.
Di solito, se aveva paura di far arrabbiare uno dei suoi genitori quella era sua madre, mai suo padre che di solito era divertito, anche se la puniva per le sue marachelle. Era sua madre quella che faceva le espressioni spaventose o di delusione, mentre suo padre era colui che sorrideva o che andava in giro con aria pensosa, perso in un mondo tutto suo.
“Ciao Luis.”
“Elisabeth.”
Santana guardò i due adulti, spostando la testa ad ogni scambio di battuta e lo stesso fece zio Aron.
“Non sapevo che eri tornata.”
“Solo per il funerale.”
“Ti presenti solo per i sensi di colpa? Melanie era tua amica. Non puoi presentarti solo dopo la sua morte.”
“Sono un’adulta, Luis. E gli adulti fanno scelte e cambiano città a volte. Non avevo motivo di rimanere.”
“Non sto dicendo che non potevi cambiare città, ci mancherebbe, ma almeno includerci.”
“Ogni tanto per ricominciare bisogna togliere la zavorra.”
“Anche Charlie era una zavorra?”
Santana era confusa, non capiva perché suo padre parlava con Elly di bisnonno Charlie.
“Tu che pensi Luis? Charlie è il passato e noi siamo qua. Vivere nel passato non ha senso.”
“Non vai più sulla sua tomba?”
“Penso che pagare la mia quota al cimitero sia solo ciò che ti deve interessare. Non ti riguarda quello che faccio o quello che penso.”
Santana pensò che fosse strano che qualcuno fuori dalla famiglia pagasse metà delle tomba del suo bisnonno o che qualcuno facesse a loro della beneficenza…chissà se quella signora gentile le avrebbe regalato la bambola che voleva tanto se solo glielo avesse chiesto…
“Santana vai di là, non voglio che stai nella stessa stanza di una stronza.”
Santana avrebbe voluto rimproverare suo papà per la parolaccia che aveva detto, ma capì che non era il caso e poi, quando era da sola, le usava anche lei per giocare con le sue bambole quando le faceva litigare fra loro, alternando stronzetta e bastarda.
Decise di ubbidire, ma prima di andarsene diede un’ultima occhiata a quella signora così bella e gentile. I loro occhi si incontrarono e vide la tristezza che le parole di suo papà avevano creato, ma ricevette un sorriso che era solo per lei.
“Ciao piccola pantera di Lima Heights.”
“Hai sbagliato signora birichina! Ti ho detto che io sono il terrore di Lima Heights Adjacent! E quel Adjacent vuol dire tutto!”
“Santana vai di là!”disse severo Luis.
 
Solo alcuni anni dopo la latina avrebbe capito che suo padre aveva avuto ragione a definire Elisabeth una stronza. Quella donna aveva abbandonato tutti i suoi amici più cari lasciando solo un biglietto, chiedendo di non cercarla, ferendo soprattutto zia Melanie, che da un giorno all’altro aveva perso la sua migliore amica, e suo padre, che la considerava una persona molto importante.
Crescendo aveva capito che la rabbia di suo papà non era verso una sorella perduta, ma forse verso una donna che aveva amato più di sua madre. E quel pensiero le fece male e la riempì di rabbia.
Quando aveva incontrato Kurt, lei sapeva benissimo chi era lui e avrebbe voluto fargli le condoglianze, raccontargli che aveva incontrato suo madre, ma era stata zitta sia perché c’era Blaine e sia perché non era sicura se fosse un qualcosa da raccontargli.
 
 
“Che cosa stai pensando?” chiese Brittany, interrompendola dai suoi pensieri.
“A delle puttane che si intromettono nei matrimoni degli altri.”
“Tecnicamente Elisabeth e tuo padre, da quello che ho capito, erano qualcosa ben prima che arrivasse tua madre. Tuo padre ha scelto di stare con tua madre, che è gelosa. Ma è normale che lo sia, vede tuo padre preoccuparsi tanto per Kurt, ma Luis è stato cresciuto dai Calhoun... avrà sempre un debito nei loro confronti.”
“Britt, mio padre e la madre di Kurt sono stati insieme. Cosa hai da dire su questo?”
“La gente si molla tutti i giorni! Guarda te, Puck e Zizos.”
“Detta così sembra che eravamo un terzetto.”
“Senti Santana, se hai tanti dubbi, entriamo nello studio di tuo padre e guardiamo le carte.”
“Papà tiene sempre chiuso quel dannato studio.”
“Per ASGARTTTTTTTTTTTTT!” urlò Alma nella stanza accanto.
“NONNA FINISCILA!”
 
 
Blaine era nel suo letto a ripensare agli eventi della giornata. Suo padre e suo fratello, dopo quello che era accaduto a Kurt a scuola, erano stati molto agitati e preoccupati: gli avevano raccomandato, per l’ennesima volta, di fare attenzione a che nessuno scoprisse la sua omosessualità.
Guardò ancora una volta il cellulare, Kurt gli aveva scritto un messaggio nel quale gli diceva che l’indomani non sarebbe andato a scuola e che gli avrebbe spiegato tutto quando si sarebbero visti la mattina presto per far fare la passeggiata a Bob.
Sospirò, non aveva sonno.
Suo padre era andato all’ospedale per un’urgenza e suo fratello era tornato a Columbus, il giorno dopo avrebbe avuto le lezioni all’università e lui era solo in casa.
Appena suo padre era uscito aveva inserito l’allarme, in modo che fosse al sicuro che nessuno potesse entrare, ma lo stesso, quando era solo, aveva preso l’abitudine di chiudersi a chiave nella stanza. Lo faceva per sentirsi sicuro e protetto, suo padre aveva una copia della chiave della sua camera, la usava per controllarlo quando tornava a casa, per assicurarsi che stesse bene.
Dopo l’omicidio di sua madre, Blaine non sopportava molto le finestre aperte in stanze che non ci fosse nessuno a controllarle o che la porta di casa non fosse chiusa a doppia mandata, anche quando lui era dentro. Erano gli stessi comportamenti di sua madre e non erano serviti, ma lei non era vissuta nell’angoscia che qualcuno sarebbe potuto tornare a finire un lavoro andato storto…
Blaine si sentiva stressato in quel periodo, gli incubi sulla morte di sua madre erano tornati prepotentemente, e suo padre e Cooper avevano la speranza che la sua mente alla fine gli facesse ricordare qualcosa di più e desse un indizio, che Allen riuscisse a collocare per trovare l’assassino.
Mark, il suo psicoterapeuta, invece gli diceva di essere il più tranquillo possibile, cercava di convincerlo che i sogni che stava facendo erano degli enormi progressi e che avrebbe dovuto essere orgoglioso di sé stesso. In realtà Blaine si sentiva un fallimento per non riuscire a ricordare nulla e lasciare a piede libero l’uomo che aveva ammazzato sua madre. Ogni giorno di libertà di quel farabutto, era uno in più in cui lui e la sua famiglia si avvelenavano dell’odio, del sospetto e della paura verso gli abitanti di Lima…
Blaine era disteso in ascolto dei rumori della casa, cercando di rilassarsi e scacciare i pensieri negativi che gli giravano in mente, ma più cercava di farlo e più sembrava che i brutti pensieri lo assalissero.
“Che palle, cazzo!” sbottò irritato.
Sapeva che non si sarebbe addormentato presto e che doveva trovare qualcosa per distrarsi, vagliò le sue opzioni. Leggere non ne aveva voglia, vedere un porno sul computer era da scartarsi: il suo pc era un fisso e quindi avrebbe dovuto uscire dal letto e non ne aveva voglia, stava troppo bene dove stava.
L’unica opzione che aveva per distrarsi era masturbarsi, ma non aveva voglia di sporcarsi... però poi ebbe un’illuminazione...
Blaine si alzò dal letto e andò verso un comò e aprì il cassetto della biancheria e, dopo un’attenta selezione, scelse un paio di calzini di spugna pesante. Li srotolo e tornò nel letto.
“Blaine Junior stasera conoscerai il posto dove i miei piedi passano la maggior parte del loro tempo.”
Dichiarò solennemente il ragazzo, togliendosi i pantaloni e le mutande.
‘Dunque ora devo scegliere il protagonista delle mie fantasie…mmm... Sam fa sempre un figurone, ma se è sempre lui poi mi viene alla noia. Il barman dello Scandal? Mmm stasera no. Voglio qualcuno di più fine... ma mi attizza il fatto che è più grande…l’infermiere Jonathan? naaa, mi ha dato troppo fastidio che corresse dietro a Santana. Mmm... potrei immaginarmi con il bell’uomo che ho conosciuto stasera… Etienne Smythe, preparati a divenire protagonista dell’immaginazione sporca di un sedicenne!”
 
Blaine si lecco il palmo della mano e si cominciò a massaggiare con attenzione il membro, immaginando la situazione...
 
Casa era vuota, Blaine entrò nella sua camera e vi trovò un ospite inatteso, seduto sul suo letto. Etienne Smythe lo osservava con un sorriso divertito, vestito con una camicia bianca e pantaloni di sartoria che gli stavano a pennello.
“Signor Smythe sapevo che l’avrei trovata qui.”
“Ah... era così evidente il mio interesse per te, Blaine?” disse Etienne, alzandosi dal letto e avvicinandosi con fare predatorio.
“So di essere di essere molto desiderabile.” Disse Blaine, guardando negli occhi l’uomo e sibilando sulle sue labbra.
“Sì, lo sei. Quando sei entrato in salotto con Kurt non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso!”
 
Blaine non riuscì a spingere la sua immaginazione oltre, gli era venuto in mente Kurt e il comportamento paterno che Etienne aveva avuto verso il suo amico. Lui per regola non immaginava mai i padri dei suoi amici in certe situazioni, gli faceva troppo senso.
‘E che cazzo! Tecnicamente non è neanche suo padre! Ma che problemi mi devo fare?!’
Blaine cercò di rilassarsi di nuovo, con ormai il suo membro duro nella mano, e provò a riprendere la sua immaginazione, ma il volto di Kurt fece di nuovo capolino.
‘Ohhh, andiamo di questo passo Blaine Junior mi torna moscio!’
 
Lui ed Etienne si fissarono.
 “Blaine, ho portato una bottiglia di vino… rosso. Un pregiato elisir dai vitigni della California.”
“Come facevi a sapere che i vini Californiani sono i miei preferiti?”
“Lo so e basta.”
 
‘Ma che cazzata abnorme è?! Chi se ne frega del vino! Perché dovrei farmi così tanti scrupoli?!’
Blaine sospirò frustrato, sapeva che se non cambiava soggetto non avrebbe fatto nulla. Nella sua testa vagliò i possibili candidati per cominciare una nuova fantasia prima che tutta la sua eccitazione scemasse.
Improvvisamente nella sua mente si formò l’immagine di Kurt di spalle in canottiera e boxer aderenti, che fasciavano il bel sedere alto e tondo.
‘Ok ha quindici anni ed è sicuramente ancora vergine…sa un po’ di latte. No non posso immaginarlo, che persona sarei? Però è vergine e i suoi tesori non sono ancora stati toccati da nessuno… non posso essere così tanto pervertito… aspetta, si che posso! E poi è più legale che mi immagino un rapporto sessuale con lui che con Etienne o il barman o l’infermiere Jonathan… Beh tanto so mantenere un segreto non ne parlerò con nessuno!’
 
Blaine richiuse gli occhi e si rilassò e ricominciò a massaggiarsi.
 
Blaine e Kurt erano in camera di quest’ultimo…
 
‘Aspetta via la faccia piena di lividi, che quella non elettrizza nulla.’
 
Blaine e Kurt erano in camera di quest’ultimo, seduti sul letto e stavano guardando un video sul cellulare.
Blaine si rese conto che Kurt non stava prestando attenzione al display dello smartphone perché lo fissava.
“Stai guardando qualcosa che ti piace?”
“Si, te, Blaine.”
Lui lo guardò compiaciuto e chiese:
“Sono più bello di tutti gli uomini che hai conosciuto?”
“Non c’è paragone, tu sei al di sopra di qualunque essere maschile che popola questo mondo, perfino del divino Brad Pitt.”
“Nella mia vasta esperienza con gli uomini, quando ti fanno complimenti di questo genere e perché vogliono qualcosa… cosa vuoi, Kurt?”
“Voglio che prendi la mia verginità!”
 
‘Buah ahahaha hahaha, sono proprio un porco.’
 
Blaine e Kurt si erano baciati con passione e spogliati con urgenza, lanciando tutti i vestiti in giro per la stanza.
“Blaine… io non so che fare.”
“Non ti preoccupare, ti guiderò io e ti insegnerò tutto quello che c’è da imparare.”
Il ragazzo più grande si godeva della gioia di esplorare il corpo inesperto del suo compagno, che a ogni tocco gemeva come un attore porno consumato e dei complimenti che diceva senza fiato.
“Che lingua divina. Siiiiiii. Blaine, se non la smetti, vengo adesso! Prendimi!”
“Ti devo preparare Kurt o ti farò male. Mettiti a quattro zampe.”
 
‘Dove sei calzino bello?’
Blaine ritrovò il calzino accanto a sé e, con attenzione, vi infilò il suo membro dentro. La sensazione era strana, massaggiò un paio di volte per provare, la spugna del tessuto rendeva tutto molto stimolante.
 
“Mio Dio! Blaine, sì, sì! Non aveva mai capito la frase: sei un vero stallone! Ma ora sì! Sì! Ora so Blaine… sei così grande.”
“Si anche tu non sei poi così male, verginello.”
“Aaaah!! Di più!”
“Se me lo chiedi così! Tieniti forte Kurt... sto per darti quello che vuoi!”
 
Blaine venne, immaginando di farlo dentro Kurt, che lo glorificava come un dio. Gli ci volle un paio di minuti per riprendersi.
‘Cavolo, è stato davvero un plot ben riuscito. Potrei scrivere delle ottime sceneggiature… ho riempito la calza per Natale! Buah Buah Buah.’
Il ragazzo si sfilò con attenzione il calzino e si ripulì il membro sporco di venire e poi lo buttò sotto il letto.
‘Ci penserò domattina’ pensò, mentre si rinfilava le mutande e i pantaloni del pigiama e si ricopriva con le coperte. Era piacevolmente assonnato, stava andando alla deriva quando un pensiero lo colpì:
‘Ho appena fatto la scoperta del secolo… non è la lavatrice che fa sparire i calzini in questa casa… siamo una grande famiglia. Cooper, papà, vi voglio bene… sogni d’oro.’
 
 
Etienne guardò l’orologio, erano solo le nove di sera. Aveva sete, decise di provare a scendere verso il soggiorno e chiedere ai padroni di casa dell’acqua.
Burt, mentre parlavano, in quella che si era rivelata una cena imbarazzante, era venuto a sapere che non aveva prenotato in nessun albergo e gli aveva offerto di fermarsi da loro nella stanza degli ospiti. In un primo momento avrebbe voluto declinare l’invito, perché non voleva di dormire a casa Hummel, ma Kurt lo aveva guardato con così tanta speranza che non aveva potuto.
A Etienne non era sfuggito la sorpresa del meccanico e della moglie alla gioia del ragazzo, con i suoi profusi ringraziamenti. Immaginava come Kurt potesse essere stato con loro. Ricordava ancora quando il ragazzo a undici anni era stato in rotta con Elisabeth, ci erano voluti mesi prima che il rapporto fra madre e figlio si risistemasse...
 
Lui e Kurt erano saliti appena la cena si era conclusa, il ragazzo gli aveva mostrato la sua stanza, che era ancora spoglia ma già traspariva un ambiente rilassante, e si erano messi a parlare e aveva voluto sapere ogni cosa successa. La versione del ragazzo collimava con quella fornitogli da Burt. Gli faceva male sentire come Kurt vivesse rabbiosamente le difficoltà con il padre, la sua non sopportazione per Finn, la tensione di Carole nell’averlo in casa, il rancore di tutta la famiglia Hummel per Elisabeth e soprattutto il rifiuto della sua sessualità da parte della sua nuova famiglia, l’attacco che aveva subito a scuola e le affermazioni e le spiegazioni di Burt.
Etienne aveva ascoltato il ragazzo esternare tutto quello che sentiva e il discorso che avevano avuto subito dopo era stato doloroso…
“Ti prego Etienne, riportami a New York con te.”
“Se ne avessi la possibilità, lo farei in questo stesso momento Kurt. Davvero! Ma non posso.”
“Io ho paura a stare qui.”
Etienne a quelle parole aveva sentito una stretta al cuore, soprattutto quando aveva guardato la faccia piena di lividi di Kurt. Anche lui era preoccupato, ma non poteva dirlo.
“Io con Burt e Carole faremo il possibile per tenerti al sicuro.”
“Come?!”
“Con ogni mezzo possibile.”
Quando gli occhi di Kurt si erano riempiti di lacrime, con dolcezza li aveva asciugati e aveva cercato di confortarlo.
“Kurt, purtroppo la situazione è quella che è. Dobbiamo cercare di tirarne fuori il meglio, ma tu non puoi permettere a un branco di idioti di averla vinta, non dopo quello che ti hanno fatto. Quello che ti è successo qui poteva succederti anche a New York. Gli ignoranti omofobi sono dappertutto.”
Etienne aveva ignorato la sensazione di impotenza quando il ragazzo gli aveva chiesto:
“Burt e Carole non credo che faranno molto, mentre tu come pensi di potermi aiutare da New York?”
“Kurt, sono incazzato nero per quello che ti è successo, ammetto che il mio operato può essere limitato, io non sono il tuo tutore legale. Burt lo è, tuo padre.”
“Allora sono al sicuro!”commentò sarcastico il ragazzo.
“Ascoltami: io, te, Sebastian, Thad, Adrian, Estella e le nonne, siamo una famiglia e non dimenticarti di tua zia Isabelle. Nessuno di noi è legato a te col sangue, ma ti amiamo come se lo fossimo. Il fatto che tu sei qui, e noi a New York non cambia assolutamente il nostro legame con te. Anzi, dopo tutto quello che ti è accaduto, lo ha solo rinforzato.”
“Vorrei svegliarmi e trovarmi a casa con la mamma. Vorrei che tutto questo fosse solo un incubo…”
“Lo so, lo vorrei anch’io.”
 
Etienne aveva esortato Kurt a mettersi a dormire, gli aveva rimboccato le coperte e, dopo avergli augurato la buona notte, aveva deciso di scendere per chiedere un bicchiere d’acqua. Era passato davanti la camera di Finn e lo aveva sentito giocare con qualche videogioco sparatutto e imprecare in maniera rabbiosa a qualcosa che evidentemente aveva sbagliato.
 
Etienne era apprensivo sulla situazione in casa Hummel, l’arrivo di Kurt aveva messo a soqquadro gli equilibri della famiglia, ma c’era da aspettarselo, come era prevedibile la piccola guerra scaturita fra l’adolescente e i suoi membri.
Quello che preoccupava veramente l’uomo era il William McKinley...
 
Una vibrazione nella sua tasca attirò la sua attenzione interrompendo i suoi pensieri, tirò fuori il telefono e vide che c'era un’enorme quantità di messaggi da leggere, li scorse velocemente.
Nel pomeriggio, dopo la sua chiarificazione con i coniugi Hummel, lui e Kurt avevano telefonato a tutti spiegando perché era dovuto partire di fretta e furia per Lima. Il tono generale dei messaggi era di trovare un modo per riportare Kurt a New York, sua madre aveva suggerito anche di rivolgersi a un noto avvocato, amico loro, e di intentare una causa di affido. Etienne sospirò frustrato, ci aveva pensato anche lui, ma era fermamente convinto che Burt meritasse di avere la possibilità di conoscere suo figlio, anche  se non  approvava come stava gestendo la situazione con la scuola... Cosa che non poteva affermare per la punizione di Finn, quella l’aveva trovata adeguata. Il ragazzo per tutto l’anno scolastico non avrebbe più avuto il permesso per le uscire con gli amici, sarebbe dovuto tornare a casa appena terminati gli impegni scolastici e ne Burt ne Carole gli avrebbero più elargito danaro, se non una minima quantità quando sarebbe andato a dare una mano in officina, mentre il resto del suo compenso sarebbe andato in beneficenza a un’associazione per le vittime del bullismo e, per terminare, il giorno dopo avrebbero chiamato la scuola e gli avrebbero organizzato una serie di incontri con la consulente scolastica, per spiegargli quanto fosse stato dannoso il suo comportamento.
 
 Etienne era quasi arrivato nel grande soggiorno di casa Hummel che sentì chiaramente delle voci che non conosceva.
“Non avrei mai immaginato che Finn facesse del bullismo a scuola.”disse una donna in modo contrariato.
“Nemmeno io, Molly.” Concordò Carole.
“Mi sento a pezzi.- esordì Burt.-Ho fallito come padre.”
“Abbiamo fallito insieme, Burt.- commentò con tono stanco Carole.- Non avrei mai creduto che Finn avesse bisogno di fare cose del genere per la popolarità.”
“Non avete fallito.-intervenne una potente voce maschile.-I ragazzi fanno spesso cose sbagliate, ma è compito dei genitori rimproverarli e fargli capire il loro errore per renderli persone migliori.”
“Ha ragione Arthur.- disse Molly- Burt, Carole, essere genitori non ci fa persone perfette. Sbagliamo anche noi e a volte non ci accorgiamo delle debolezze dei nostri figli. Finn sarà anche un bullo, ma non è cattivo e ne stupido. Con la punizione che gli avete dato capirà molte cose e se fossi in voi aggiungerei anche di fargli andare a chiedere scusa a tutti i ragazzi che ha bullizzato.”
“Bella idea mamma.-concordò il meccanico.-Mi è tornato alla mente di quella volta che feci lo scherzo con il miele a Mark Pepperpoth. Mi ricordo ancora quando lo venisti a sapere, mi hai portato per tutta la via, da casa nostra a casa Pepperpoth, tirandomi per le orecchie e mi hai fatto chiedere scusa a Mark, che per il mio scherzo si era fatto male, e ai suoi genitori. Mi sono vergognato da morire e mi sono sentito umiliato del mio stesso comportamento.”
“A Finn potrebbe far bene fare un cosa analoga.”concordò Carole.
“Fargli bene?-chiese Molly.- Gli insegna una lezione di vita meglio di tanti rimproveri e chiacchiere con una consulente scolastica!”
Etienne decise di venire allo scoperto, non era bello ascoltare le conversazioni nascosto.
“Buonasera.” disse attirando l’attenzione di tutti, soprattutto quella di Molly Hummel, che lo studiò con un avidità tale da essere imbarazzante.
“Buonasera a lei.” Rispose gioviale, quello che suppose essere Arthur.
“Kurt?”chiese Burt.
“Dorme. È crollato appena si messo giù. Oggi ha avuto una giornata intensa, per così dire.- poi per sdrammatizzare la situazione aggiunse.-Comunque Bob è su con lui e russa con molto impegno.”
“È incredibile come Kurt riesca a dormire con Bob in camera.-disse ridacchiando Burt.- Finn non è mai riuscito a dormirci e io nemmeno.”
Nel soggiorno calò un momento di silenzio poi Etienne riprese a parlare.
“Scusate la mia maleducazione, è la stanchezza. Mi chiamo Etienne Smythe.” Disse andando a stringere la mano ai genitori del meccanico, che si presentarono con sorrisi caldi e gentili.
“Ho involontariamente ascoltato la vostra conversazione.-esordì Etienne.-Vi volevo soltanto dire… Burt, Carole, che non siete dei falliti, purtroppo a volte i ragazzi, soprattutto quando entrano al liceo, fanno delle sciocchezze, che vanno al di là di quello che gli viene insegnato.”
“Grazie Etienne,-mormorò Carole.-ma queste parole non mi fanno sentire meglio.”
“Lo so.”
“Sono stata ragazza anch’io e so cosa vuol dire la pressione della casta del liceo, ma non mi sono mai chinata a fare tanto per cercare di essere popolare. Una volta, chi faceva quelle cose, era un cretino isolato.”
Arthur mise una mano sulla spalla della nuora.
“Carole, qui non si parla di un elemento singolo con comportamenti scorretti, qui parliamo di ragazzi che trascinano gli altri. Prendiamo questo fatto come un evento positivo per poter raddrizzare una situazione degenerata.”
“Scusami Arthur.- si intromise Etienne.- Non c’è nulla di positivo in questo. Kurt è stato aggredito perché omosessuale. Questo non è più bullismo, ma è un crimine di odio.”
“Crimine di odio, non esageriamo.” Disse Molly, agitando la mano come a togliere una mosca fastidiosa.
“Attaccare una persone perché omosessuale è un crimine di odio! Esattamente come per il colore della sua pelle o per la sua religione.- ribatté con fervore Etienne- E la cosa che mi preoccupa di più che non solo i dirigenti scolastici hanno dimostrato di essere parte del problema di quella scuola, ma anche i genitori, che piuttosto di riconoscere le colpe dei figli, hanno fatto di tutto per levargliele.”
“Si su questo sono d’accordo anch’io,- commentò Arthur con un sospirò.-danno un messaggio sbagliato a quei ragazzi.”
 “Esatto e non solo a loro, ma a tutto il corpo studentesco. Trovo desolante, da quello che ho capito, che solo tre adolescenti si siano opposti. Tre su tutta una scuola. Non è la prima volta che a Kurt succede di trovarsi vittima di un episodio omofobo, ma non era così solo. Molte persone si indignarono e la scuola dovette prendere atto che c’era un problema ed è stato affrontato.”
“Quando?”chiese curioso Burt.
Etienne notò un espressione di disagio sul volto di Carole, ma fece finta nulla.
“Dovete sapere che Kurt si è dichiarato omosessuale quando era molto giovane, aveva undici anni, quasi dodici.”
“Undici anni!? -chiese Molly incredula. -Troppo giovane per capire davvero cosa potrebbe piacergli.”sentenziò.
“Non è vero.- disse immediatamente Etienne.- Kurt è stato onesto con se stesso ed è sempre stato un bambino precoce per la sua età, forse dipende dal fatto che avere l’atresia esofagea lo ha portato a essere più responsabile a attento rispetto a un bambino normale.”
“Ma andiamo, undici anni?!”disse in tono polemico l’anziana donna.
“Finn a che età ha avuto la sua prima fidanzatina o le prime cotte?”domandò spazientito l’architetto.
“Dodici anni.-ammise Carole.-forse prima.”
Molly fissò Etienne con disappunto per essere stata smentita.
“Quindi cosa successe a Kurt?”domandò curioso Arthur, per distrarre la moglie.
“Elisabeth, quando Kurt venne fuori lo sostenne in pieno, fatalmente un mese dopo che era uscito a New York ci fu il Gay Pride. Li accompagnammo tutti.”
“Tutti chi?”chiese puntigliosa Molly.
Etienne cercò di mantenere la calma.
“Io, mio figlio Sebastian, mia madre, Isabelle, una carissima amica e collega di Elisabeth, I coniugi Harwood con loro figlio Thad e nonna Harwood. ”
“Però... un bel po’ di persone.”commentò con ammirazione Arthur.
“Già.- Etienne sorrise al ricordo.-Facemmo delle foto di quel giorno ed Elisabeth ne postò alcune su facebook. Un genitore di un compagno di classe di Kurt le vide e venne fuori un casino. Per farla breve il figlio di quest’uomo insultò Kurt che rispose all’insulto. I ragazzi vennero convocati dal preside con i genitori. Il padre del ragazzo, che era un cristiano convinto, disse in faccia a Elisabeth una sequela d’insulti fra cui che Kurt sarebbe stato meglio morto che Frocio.”
“Cosa?” Burt chiese incredulo.
“Sul serio?”aggiunse scettica Carole.
“Oh sì.-confermò ridendo Etienne.- Elisabeth finì per dare un cazzotto in faccia a quell’uomo. Arrivarono perfino davanti a un giudice, che diede ragione a lei.”
Carole fu colpita dalla storia.
“Vedi che succede a dire in giro di essere omosessuali?!”Disse Molly, come se volesse intendere molte cose.
“Perché c’è qualche problema?- Domandò chiaramente innervosito Etienne -Me lo dica chiaramente perché, oltre Kurt, anche mio figlio Sebastian e il loro amico Thad sono omosessuali. E io sono orgoglioso dei miei tre ragazzi! Non accetto che vengano sminuiti perché amano una persona del loro stesso sesso.”
Burt rimase scioccato dalla rivelazione, anche perché aveva incontrato i due ragazzi e non avrebbe mai detto che erano omosessuali.
“Si calmi.-disse gentile Arthur- Mia moglie non lo intendeva in maniera negativa. Era più sconvolta della cattiveria delle persone verso Kurt.”
Tutti nella stanza erano consci che Arthur aveva cercato di quietare una situazione già di per sé difficile.
Etienne fece un profondo respiro e poi riprese a parlare.
"Mia Madre e Carmen verranno qui con Sebastian e Thad  giovedì sera per restare tutto il fine settimana con Kurt. So cosa pensate dell'omosessualità in questa famiglia, ma spero di non sentire che mio figlio o Thad siano stati oggetti di commenti sgradevoli da parte di nessuno in questa casa, nella loro breve permanenza, anche perché contiamo di venire a Lima spesso e non vorremo farlo come ospiti sgraditi.”
Carole lanciò un’occhiata a Etienne, che fissava rabbioso Molly che per una strana decenza era arrossita un pochino, capendo di essere in parte protagonista dell'avvertimento dell'uomo.
“Sebastian e Thad verranno qui giovedì, eh?- chiese Burt.- Hanno già dove dormire?”
“Burt, ma sei impazzito?! Vuoi mettere a dormire tre adolescenti gay nella stessa casa?”
Tutti si voltarono verso Molly Hummel, maledicendo la sua boccaccia.
 
 
“Blaine dovevi esserci per vedere le facce sconvolte di Puck e Azimio quando i loro padri hanno proclamato che per punizione, indipendentemente dalla riuscita della lavanderia della pulizia dei miei vestiti, lavoreranno nella officina di Burt per tre dollari l’ora.”
-Quanto è che ti devono?-
“Se i vestiti sono rovinati sono tremila dollari a testa. In sostanza i loro padri mi ripagano i vestiti e loro per punizione lavoreranno 1000 ore gratis da Burt.”
Alle parole di Kurt, Blaine spalancò la bocca dalla sorpresa, ma si riprese abbastanza in fretta per scrivere sul suo taccuino.
-Lavoreranno solo per tre dollari l’ora!? Questo è schiavismo!-
“Se li avesse pagati a prezzo pieno dove sarebbe stata la punizione?! Serve per fare in modo che pensino a quello che hanno combinato con Burt, che ha assicurato che non sarà per nulla morbido.”
-Sbaglio o per tutto ciò Katrina è squirtata?
Kurt ci mise un momento per capire le analogie di Blaine.
“Tu fai proprio schifo e poi noi uomini non facciamo quella cosa lì, ma lo fa l’organo sessuale delle donne.”
‘Cazzo ma sto qui è proprio la reincarnazione di una vecchia pudica.’
-Te lo scrivo una sola volta: accademicamente si chiamano pene e vagina, mentre se vuoi essere volgare dici cazzo e figa, se devi parlare con un bambino sono patatina e pisellino. Ma se eri un bimbo dotato come me si dice pisellone bello.-
Kurt lesse il messaggio e poi guardò Blaine scuotendo la testa.
“Di solito quelli che si lodano così è perché ce l’hanno piccolo.”
Blaine lo guardò offeso e si cominciò a slacciare i pantaloni, per mostrare in tutta la sua grandezza addormentata Blaine junior, fregandosene che erano le sei di mattina di una fredda giornata di Novembre e che erano nelle vicinanze del bosco al limitare delle loro case.
Blaine poteva scherzare su molte cose: la sua scarsa statura, le sue sopracciglia a triangolo e perfino i suoi capelli cespugliosi e indisciplinati. ma non sul suo pene. Fra le gambe si ritrovava l’ottava meraviglia del mondo, perché sminuirla o prenderla in giro?
“Blaine non ti azzardare a fare cose sconce!” lo rimbrottò Kurt.
Blaine mise su il suo miglior sorriso innocente e poi, con ancora maggiore foga, armeggiò con la cintura dei pantaloni e Kurt, preso dal panico, disse la prima cosa che gli venne in mente per bloccarlo.
“Finiscila, Bob ha solo un anno, non puoi fare queste cose e traumatizzarlo!”
Bob, che quel momento stava annusando il prato felicemente, sentendosi chiamato in causa si voltò un attimo a guardare verso i due ragazzi, ma riprese a annusare gli odori freschi del prato: aveva di meglio da fare che occuparsi di quei due babbei.
Il riccio alle parole di Kurt rimase un momento interdetto e poi recuperò carta e penna e prese a scrivere furiosamente.
- Bob mostra il suo pene a tutti e se lo lecca davanti a chiunque.-
“Ma lui è un cane.”
-Va bene e lo stesso. Se lo fa lui lo faccio anch’io.-
“leccarti il pene?!”
-Mica mi chiamo Marylin Manson che mi sono fatto togliere le costole per farmi i pompini da solo. Se ne voglio uno, ho la fila di ragazze a scuola che sarebbero disposte a farmelo.-
Kurt lesse l’ultima nota di Blaine scritta nella sua calligrafia frettolosa e leggibile quel minimo indispensabile.
“Senti, ok, ho capito che sei uno stallone da monta, ma non me ne frega niente!”
Stallone da monta? Nelle mie fantasie non eri così schifato che ero uno stallone da monta... che bello il tuo culo… mi ci farei volentieri un giro.
“Blaine, ti sei incantato?”
Il ragazzo riccio sospirò e scrisse:
-Sai che c’è? Non sei ancora degno di vedere l’ottava meraviglia del mondo.-
“Intendi i tuoi attributi?”
-Ti assicuro che non hai mai visto nella vita reale e nemmeno nei porno un’attrezzatura bella come la mia.-
“Parli come se tu ne vedessi ogni giorno dei peni.” Rispose scocciato Kurt.
-Sono nella squadra di football. In spogliatoio ho visto nudi tutti i miei compagni di squadra. Puckerman, Evans e Chang hanno una bella attrezzatura nelle mutande, ma io li batto alla grande. Quanto ai porno ne ho visti un sacco. Siano lodati la linea internet e YouPorn e tutti gli altri siti di porno gratuiti.-
“Oh avanti, fai schifo!”
-Una volta guarderemo dei porno insieme, etero, gay e lesbico!-
“Ma noi non guarderemo una cosa del genere insieme! Come fai a guardarli? Fanno schifo!”
-Ma allora sei un porcellino anche tu! Quali porno hai visto?-
“Ne ho aperto uno una volta e l’ho trovato imbarazzante e ridicolo.”
-Tipica risposta da verginello.-
“Guarda che ho anch’io le mie esperienze sotto la cintura! Io e il mio ex ragazzo non ci siamo solo guardati negli occhi.”
Kurt si vergognò un po’ a dire in un impeto di rabbia a Blaine che con Adam era successo qualcosa, ma si sentiva come se l’altro lo trattasse come un bambino solo perché aveva 8 mesi più di lui ed era andato a letto con qualche ragazza.
Blaine lo guardò colpito e gli dette fastidio sapere che Kurt non era così puro come pensava.
-Allora raccontami la tua prima volta con il tuo ragazzo e io ti racconterò la mia.-
“Sono ancora vergine, non mi sono spinto così lontano.” ammise il ragazzo arrossendo.
-C’era da immaginarselo che non avresti dato ne il culo o il pene così facilmente-
“Blaine finiscila. Sei offensivo.”
Blaine rise della faccia arrabbiata di Kurt e poi scrisse:
-La mia prima volta è andata alla grande perché io sono come il mio pene: IMPRESSIONANTE!-
“Mi dispiace per la poveretta che ti ha tolto la verginità perché sei un cazzone.”
-Me lo ha detto anche lei quando ho liberato il mio sacro bastone.-
“Io sono cretino che ti lascio il tempo di scrivere tutte queste stronzate ”                                                    
Blaine rise e lasciò Kurt indietro per andare a rompere le scatole a Bob, che era intento a scavare con impegno una buca e di tanto intanto annusava la terra come se seguisse qualche traccia.
In un primo momento, il cane non prestò attenzione a Blaine, ma quando si sentì rivolgere un abbaio, smise di scavare e si voltò verso il ragazzo che abbaiò di nuovo e si protese verso la buca, che aveva scavato con tanto impegno…
Blaine ridacchiò quando vide Bob scoprire i denti e proteggere al meglio la buca con il proprio corpo.
“Finiscila! Lascialo stare dai, povero Bob.”
Anderson si girò verso Kurt e gli abbaiò.
“Sei un deficiente.”
 Il riccio prese a ringhiare mostrando i denti.
“Certo che sei piuttosto vocale per essere muto.”disse sarcastico Kurt.
Blaine smise immediatamente di fare il cane e prese a scrivere con furia sul proprio quadernetto e poi lo passò a Kurt, che ci mise un momento a decifrare la scrittura dell’altro.
“Il mio Mutismo Selettivo non significa che io non posso parlare, significa che parlo dove io mi sento a mio agio. A casa mia, con i membri della mia famiglia e pochi altri, parlo liberamente e sono anche molto vocale. Mentre sono completamente muto a scuola e dovunque altro posto… ”
Kurt rimase un momento confuso da quello che aveva letto e ripassò il quadernetto a Blaine, che lo fissava con un sorrisetto.
“Tu davanti a me emetti dei suoni.” Disse semplicemente come a evidenziare un dato di fatto.
Blaine sospirò e poi scrisse sul suo quadernetto e poi lo passò a Kurt.
“Tu non mi metti ansia e mi sai ascoltare e non è un peso per te il fatto che io non parli o ci metta secoli a scrivere su della carta quello che voglio dire.- lesse Kurt poi guardò Blaine che si era ripreso il quaderno e disse.- Non sto capendo.-ammise- Tu con me emetti dei suoni perché ti senti rilassato?”
-Tu sei come me, ovvero ti trovi in una situazione di merda e nessuno qui ti capisce.-
Kurt guardò Blaine con ancora più confusione non sapendo come rispondergli. Decise di optare per una risposta sincera.
“Molly mi ha vagamente accennato di tua madre e del tuo mutismo.”
Blaine si strinse nelle spalle e gli sorrise con un sorriso freddo e Kurt capì di aver toccato quell’argomento nel momento sbagliato e decise di porre rimedio facendo finta di niente, continuando il racconto come se nulla fosse.
“Ho incontrato di gente che parla alle spalle degli altri, ma parola mia, Molly Hummel lo fa davvero a macchinetta e ne ha per tutti.- disse Kurt enfatizzando con un tono infastidito il discorso.- pensa che dopo mi ha parlato male dei Lopez.”
Blaine spalancò gli occhi incredulo e Kurt ridacchiò e con tono cospiratorio si avvicinò di più al ragazzo.
“Molly, in modo particolare, ce l’ha con Santana perché chiama Finn con dei nomignoli.”
Blaine ridacchiò e Kurt si buttò in un’imitazione di Molly Hummel, enfatizzando tutti i suoi modi di fare.
“Frankenstein, bietolone e Finnonce. Dimmi Blaine, ti sembra simpatico che quella ragazzina chiami così il mio nipotino? Qui a Lima non c’è nessuno più maleducato di lei!”
Blaine rise di gusto all’imitazione che era impeccabile e trovava irresistibile il modo in cui Kurt camminava leggermente a papera, con dei tacchetti immaginari, sembrando esattamente nonna Hummel.
-Sei bravissimo a impersonare Molly.- scrisse
“Grazie.”
-Ti manca solo una parrucca rosso fuoco e sei lei.-
“Ma non dire fesserie, per mia fortuna sono la coppia sputata di mia madre! Anzi, dovevi vedere Molly appena mi ha visto! Sei un Calhoun. Lo ha detto come se dovessi vergognarmene, lei lo fa di sicuro. Sarebbe stata estatica se fossi stata la coppia di Burt ed etero.”
Blaine rise ancora più forte alla faccia indignata di Kurt e gli diede due pacche sulle spalle, in segno di solidale simpatia.
“Ora Blaine, ti svelo un segreto…” Disse Kurt con fare cospiratorio e avvicinandosi tanto che il riccio si trovò vicinissimo al viso dell’altro ragazzo, tanto che notò che i lividi sul viso facevano uno strano contrasto con gli occhi vispi.
“Che Molly Hummel e la sua lingua vadano a fanculo!” sussurrò.
Blaine assunse un’espressione fintamente scandalizzata, mise una mano sul fianco e gli punto l’altra muovendola su e giù come a rimproverarlo severamente.
Kurt scoppiò a ridere divertito e Blaine lo seguì e, quando sembrava che uno dei due stava per smettere,  bastava uno sguardo per riprendere a ridere.
“E dire che non era nemmeno così divertente.”
‘Questo lo dici tu. Io mi sono immaginato la faccia scandalizzata della vecchia e ti posso assicurare che sarebbe da dirglielo in faccia.’
Kurt si perse ad osservare il paesaggio intorno a sé: gli alberi del bosco si stagliavano su di lui e le uniche due case erano quella di suo padre e degli Anderson, nel suo stomaco sentì una spiacevole sensazione di vuoto.
Lui non era abituato alla natura e al suo tranquillo canto, lui era cresciuto in una giungla di asfalto e trovava confortante uscire di casa e vedere la vita caotica di New York.
Sospirò sconsolato e Blaine lo fissò, non capendo che cosa avesse intristito l’altro. Non lo chiese, non aveva voglia di scrivere ancora, così gli mollò uno spintone e lo buttò a terra.
“Ma sei scemo?- gli chiese Kurt incazzato.- Perché mi hai spinto?”
Blaine gli si sedette di fianco  e indicò il cielo, che era divenuto di un caldo rosato.
Kurt guardò il sole che stava sorgendo dietro il bosco, era uno spettacolo bellissimo, ma che non riusciva ad apprezzare pienamente.
“Non serviva spingermi a terra, rovinandomi la tuta, per farmelo vedere.”
Blaine alzò gli occhi al cielo e di malavoglia riprese il suo quadernetto per scrivere una risposta.
-Dai, non essere petulante. Se vuoi vado anch’io a lavorare per tre dollari l’ora all’officina di Burt e ti risarcisco la tuta rovinata.-
“Finiscila.-disse Kurt, ridendo.- E poi con quel collare cosa pensi di fare? Devi guarire, non lavorare.”
-Disse quello che aveva la faccia come un quadro di Pollack.-
Kurt rise e Blaine si perse un momento ad osservarlo. Certo, Kurt non era la solita bellezza che piaceva a lui: era piccolo e petulante, ma aveva qualcosa che lo attirava e se ne rese conto solo in quel momento.
‘No merda santa tu non puoi piacermi. Sei di un anno più piccolo di me sei praticamente un moccioso! E io sono impegnato in una relazione con il culo e l’addominale di Sam Evans!”
 
 
L’angolino della tazza di caffè…

 
Miei cari lettori rieccomi qui dopo tanto tempo, spero che qualcuno legga ancora questa storia e se qualcuno la legge vi ringrazio della pazienza che avete ad aspettare gli aggiornamenti e delle recensioni che mi lasciate che sono meravigliose.
 
Ecco la mia pagina Fb  dove troverete notizie sull’aggiornamento della storia:
 
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Un bacione e a presto
 
[1] Pequeña=Piccola
   
 
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