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Autore: Berry Depp    26/10/2016    3 recensioni
Dal quinto capitolo:
-Non potrebbe...- tentò Judy, imbarazzata –Essere tuo figlio?
-Eh?- Nick sobbalzò –Sei impazzita?
-Beh, sai... magari tu hai...
-Io non "ho" un bel niente!
-Ne sei certo?
-Se ti dico che non è mio figlio, puoi stare certa che non è mio figlio- terminò Nick, al limite tra l’imbarazzo e l’incredulità.
-Okay, okay, rilassati- fece lei, sollevando le zampe in segno di resa.
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Un vecchio caso non risolto ed una novità piuttosto scomoda. Il passato di Nick, quello del capitano Bogo ed un'agghiacciante verità. Il mio tono serioso perché fa figo. Questo e molto altro in "Like father like son".
Genere: Azione, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Judy arrivò trovò Nick in ginocchio in cima ai gradini che portavano dentro casa, gli occhi sgranati. Davanti a lui una cesta.
-Che cos’è?- chiese, salendo lentamente i gradini per riprendere fiato dopo la corsa.
Nick si accorse in quel momento che Judy era arrivata e le fece cenno di avvicinarsi. Una volta che si fu inginocchiata accanto a lui, le porse un biglietto che lei lesse ad alta voce: -“Per favore, prenditi cura di Ron Ron”. Ma cosa...?
Nella cesta dormicchiava una palla di pelo di un rossiccio chiaro tendente al biondo, avvolta in una vecchia coperta.
-Oh- mormorò Judy –Non hai visto chi l’ha lasciato qui?
-No, è scappata, non mi ha dato il tempo di farle domande, non so cosa fare- esclamò lui tutto d’un fiato.
-Okay, okay, calmati- disse lei –Intanto portiamolo dentro, fuori fa troppo freddo.
Nick raccolse la cesta con zampe tremanti ed entrò in casa, Judy chiuse la porta.
                -Non si è svegliato da quando è stato lasciato qua?- chiese la coniglietta, guardando il cucciolo addormentato nella cesta di vimini lasciata in mezzo alla stanza.
                -No, ha dormito tutto il tempo. Cosa facciamo?
                -Se dovesse svegliarsi potrebbe essere affamato, dobbiamo dargli qualcosa da mangiare- disse la coniglietta con tono autoritario –Non mi intendo di cuccioli di volpe, quanti mesi credi che abbia?
                -Mesi? Questo qui avrà appena dieci giorni!- sbottò l’altro -Beve solo latte materno di cui io, guarda un po’, non dispongo.
                Judy sospirò.
                -Okay, facciamo così- disse –Tu vai ad asciugarti o ti becchi una broncopolmonite, io vedo cosa trovo nel tuo scarno frigorifero.
                -Uh, grazie tante- borbottò la volpe, che tuttavia andò in bagno a recuperare degli asciugamani. Quando tornò passandosene uno sulla pelliccia trovò Judy che cercava qualcosa di digeribile per il cucciolo.
                -L’unico latte che bevo è di mandorla- la informò lanciando un asciugamano anche a lei, che lo prese al volo e con cui si diede una passata.
                -Almeno lo avessi- borbottò lei –Da quanto non fai la spesa?
                Lui scrollò le spalle.
                -Mangio sempre fuori- si giustificò –Di certo non mi aspetto che una madre disperata mi lasci suo figlio davanti casa. Perché proprio a me?
                La coniglietta sospirò e disse che forse era perché lui era l’unica volpe di tutto il quartiere.
                -Sì, bella scusa- replicò lui, a bassa voce: l’ultima cosa che voleva era che il piccolo si svegliasse e cominciasse a frignare. Andarono a sedersi sul divano e guardarono il fagottino a lungo, in silenzio. Fuori, il temporale non accennava a finire.
                -Chi credi l’abbia lasciato?- chiese Judy. Ora che si era fermata sentiva il sonno impossessarsi di nuovo di lei.
                -Non ne ho idea. L’hai detto tu, sono l’unica volpe del quartiere- rispose lui –Probabilmente sua madre non è nemmeno di Zootropolis, o registrata in qualche modo da qualche parte. Queste cose le fanno i mammiferi che non possono dare ai loro cuccioli una vita normale, forse immigrati. Chi credeva che fossi, Danny Boodfoxx?
                -Chi?- chiese Judy.
                Lui agitò una zampa, come a dirle di lasciar perdere e Judy pensò che quello fosse il nome del personaggio di uno dei tanti romanzi di cui Nick era appassionato. Sembrava più vecchio, stanco, la schiena ricurva sotto il peso di tutti quegli anni passati in solitudine.
                -Non potrebbe...- tentò Judy, imbarazzata –Essere tuo figlio?
                -Eh?- Nick sobbalzò –Sei impazzita?
                -Beh, sai... magari tu hai...
                -Io non ho un bel niente!
                -Ne sei certo?
                -Se ti dico che non è mio figlio, puoi stare certa che non è mio figlio- terminò Nick, al limite tra l’imbarazzo e l’incredulità.
-Okay, okay, rilassati- fece lei, sollevando le zampe in segno di resa.
 Esatto, Carotina, non ho una vita sessuale così attiva come si direbbe, contenta, ora? Queste parole le tenne per sé. Poi a voce alta, riflesso dettato dalla preoccupazione, aggiunse: -Perché, la tua è attiva?
                -Cosa?
                -Nulla.
                Rimasero in silenzio ancora per un po’, mentre il temporale sembrava iniziare a fare una tregua e Nick si ritrovò a pensare che non era una brutta sensazione: Judy era accanto a lui, corsa in suo aiuto senza esitare nel bel mezzo della notte e davanti a loro c’era qualcosa di piccolo ma, ne era certo, immensamente grande. E gli piaceva.
                -Senti, Carotina- iniziò, d’un tratto –Mi dispiace per come ho fatto a casa dei fratelli Simo.
                -No, sono io che devo chiederti scusa- ribatté lei –Saresti venuto a sapere comunque perché le indagini sono state fermate. Ho fatto una stupidaggine.
                -Siamo stati entrambi due idioti, mettiamola così- ridacchiò lui, carezzandole la testa. Lei la poggiò sulla sua spalla nuda. Le era capitato altre volte di vederlo senza maglietta: a volte in casa sua, più spesso negli spogliatoi della centrale, mentre si cambiavano; ma mai gli era stata così vicina in una situazione del genere. Non seppe dire perché ciò non le fece provare imbarazzo o qualche altra strana emozione di cui non conosceva il nome ma che spesso le capitava di provare in sua presenza. Forse era la stanchezza, forse la strana situazione in cui erano incappati.
                -Che ne facciamo, del cucciolo?- chiese, tornata alla realtà.
                -Sperando che stanotte non si svegli, lo teniamo qua. Domani ci inventeremo qualcosa.
                -Oh, domani- biascicò Judy, insonnolita –Dobbiamo andare a lavoro.
                La volpe sospirò.
                -Sei venuta in pigiama?- le chiese. Lei rispose che aveva addosso la maglietta con cui dormiva, con un tono che lasciava intendere che non si sarebbe alzata nemmeno se l’avessero immersa in una vasca di caffè. Nick pensò che quel suo comportamento era insolito, ma la trovò semplicemente adorabile, ora che stava accucciata contro di lui, stremata. Di solito era arzilla e pimpante e sì, la trovava adorabile comunque, ma mai quanto in quel momento. Mise una zampa dietro la sua schiena e l’altra sotto le sue zampe, le lasciò cadere la testa nell’incavo tra la spalla e il collo e la sollevò, la portò in quella che era stata la sua cameretta quando era un cucciolo e la adagiò sul letto fatto. Non entrava spesso in quella camera, gli faceva tornare alla mente troppi ricordi, ma in quel momento si impose che non doveva lasciarsi andare per la sua amica.
                -Ehi, Carotina- le mormorò in un orecchio.
                -Mh?- Judy aveva già gli occhi chiusi.
                -Pensi di riuscire a toglierti i jeans e infilarti sotto le coperte?- continuò lui, con tono malizioso –Se non ce la fai posso sempre aiutarti.
                -Buonanotte, Nick- lo congedò lei dandogli le spalle non senza ridacchiare, mezza addormentata.
                La volpe sorrise e la lasciò sola, poi andò a prendere il cucciolo. Non voleva rischiare di svegliarlo, quindi si limitò a lasciarlo nella cesta che portò nella camera dove dormiva lui e che un tempo era stata dei suoi genitori. La mise accanto al letto, dal lato in cui dormiva lui, quello di sua madre, e coprì il piccolo con una coperta più pesante, assicurandosi che stesse al caldo. Il batuffolo mosse appena il musetto sospirando. Cosa ne avrebbe fatto?
 
                -Okay, questo è il piano- Nick faceva avanti e indietro per l’ufficio senza darsi pace da quando erano arrivati in centrale, un’ora prima –Quando arriveranno i fratelli Simo faremo il bel momento di ritrovo tutti felici e contenti. Voglio essere presente, se si conoscono come ha detto il capitano Bufalo Muschiato ci sarà da divertirsi. Sicuramente lui vorrà affibbiarmi un lavoretto per togliermi dalle zampe e lasciare lavorare voi. A quel punto io fingerò di non sentirmi bene e mi farò lasciare un permesso per uscire e portare il mostriciattolo da qualche parte, ci daremo appuntamento al parco e lì inizieremo a lavorare. Voi... non lo so, ditegli che inizierete a seguire qualche pista direttamente fuori dalla centrale o cose così. Tutto chiaro?
                Judy era rimasta seduta alla sua scrivania a fissarlo girare come una trottola e cercare falle nel suo piano. Non ce n’erano.
                -Esattamente, dov’è che vorresti portare Ron?- gli chiese.
                -Chi?
                -Il cucciolo.
                -Ah! Non ne ho idea. Non si è ancora svegliato, è il cucciolo più pigro che abbia mai visto. Non che ne abbia visti molti.
                -Facciamo così- intervenne la coniglietta scendendo dalla sedia e prendendogli le zampe per farlo fermare –Portalo al supermercato. Reparto cuccioli, lì troverai latte volpino di sicuro. Ci vediamo lì fuori appena avrai finito, d’accordo?
                In quel momento Bogo entrò spalancando la porta e i due poliziotti sperarono che il rumore non svegliasse il cucciolo nascosto sotto una scrivania, che avrebbe iniziato a piangere.
                -Bene, siete entrambi- disse il capitano.
                -Sì, ma io non mi sento tanto bene- fece Nick, massaggiandosi la fronte –Temo di aver preso troppa acqua, ieri ser...
                -Non mi interessa- lo interruppe l’altro, al suo solito –Hopps, dove sono i detective Simo?
                -Mi hanno detto che sarebbero arrivati a momenti- rispose lei, pronta. Proprio allora Clawhauser entrò bussando sullo stipite della porta.
                -Oh, siete tutti qui, perfetto- disse risoluto, intimamente gioendo per non dover salire le scale che portavano all’ufficio del capitano –Questi due cani hanno chiesto dell’agente Hopps. Dicono di chiamarsi Rocky ed Adrien Simo.
                -Sì, falli entrare- permise Bogo, con una punta di esitazione che non sfuggì alle orecchie attente di Judy.
                Rocky aveva gli stessi pantaloni marroni del giorno prima e una maglia rossa, Adrien aveva optato per qualcosa di più elegante della tenuta da casa: una paio di pantaloni neri ed una camicetta bianca che le risaltava le forme; pur avendo la sua età, era sempre affascinante. Judy si accorse dell’eyeliner e del mascara che aveva usato la mammifera e cercò di trattenere un sorriso: era contenta di vedere che Adrien si curava, aveva temuto si fosse lasciata andare, una volta abbandonato il lavoro. Sembrava più giovane di quanto fosse in realtà.
                -Benvenuto, Rocky- Bogo gli porse una zampa che il cane strinse prontamente, poi guardò l’altra e rimase interdetto –Adrien.
                -Alakay- lo salutò a sua volta lei, rivolgendogli un mezzo sorriso.
                -Alakay?- si intromise Nick, sbuffando divertito –Credevo che il suo nome di battesimo fosse Capitano.
                Judy gli diede una gomitata nel fianco e lui le rivolse un’occhiataccia.
                -Non stavi male, tu?- soffiò la coniglietta tra i denti.
                -Ah, già!- fece lui –Molto, molto male. Capitano, potrei...
                -Sì, Wilde, togliti dalle zampe, per oggi hai già fatto abbastanza- rispose il bufalo quasi ringhiando.
                -Grazie mille, capitano. Chiederò al sindaco di darle un aumento.
                -Sparisci!- sbottò l’altro, per poi invitare gli altri tre nel suo ufficio. Nick e Judy si scambiarono un’occhiata e quando furono usciti la volpe corse a controllare che il cucciolo dormisse. Quando si sporse sulla cesta lo trovò che si stiracchiava in mezzo alle mille coperte in cui lo aveva avvolto mentre Judy non guardava, per non farsi prendere in giro. Trattenne il respiro mentre il piccoletto sollevava svogliatamente le palpebre e quasi perse un battito quando vide gli stessi occhi che aveva visto quella notte, azzurrissimi.
                -Beh, piccolo- mormorò –Di certo tua madre ha degli occhi davvero belli.
                Ron lo guardò piegando la testolina da un lato, movimento che Nick si ritrovò ad imitare.
                -Non guardarmi in quel modo, nemmeno tu mi stai tanto simpatico- borbottò –Cos’è, ti aspettavi una femmina pronta a farti succhiare il latte da... Come non detto, andiamo a prendere questo latte.
                Si guardò intorno alla ricerca di un’idea per non farsi vedere uscire con quella cesta da occhi indiscreti quali quelli di Clawhauser e adocchiò la finestra. Si sporse e fece un rapido calcolo. Doveva muoversi velocemente.
                -Fai silenzio, eh- gli intimò prendendo la cesta e poggiandola sul davanzale -Ne va della tua incolumità e della mia sanità mentale. Nonché coscienza. Quella figlia di buona madre- poggiò la cesta sul davanzale, tutto questo sotto gli occhi curiosi del volpacchiotto. Abbassando le orecchie e serrando gli occhi la lasciò cadere e quando sentì il tonfo sul cespuglio che stava lì a mezzo metro da lui li riaprì; vedendo che il cucciolo era atterrato sano e salvo tirò un sospiro di sollievo. Guardò prima da un lato e poi dall’altro per essere certo che non ci fosse nessuno nei paraggi, quindi corse verso l’uscita. Attraversò la hall correndo come un pazzo e rispondendo alle domande del ghepardo con un rapido: -Non mi sento bene, sto per vomitare, ho il permesso del capo, ciao!
                Una volta fuori girò di corsa l’angolo e gli venne un infarto non trovando la cesta sul cespuglio dove l’aveva fatta cadere. Corse a cercarla in mezzo alle foglie e la trovò capovolta tra il cespuglio e il muro, la alzò temendo di non trovarvi il cucciolo e quando lo vide che cercava di liberarsi dalle coperte il suo cuore riprese a battere. Incredibile quanto uno stupido cucciolotto lo facesse sentire tanto in ansia. Lo liberò dalle coperte e lo prese per la collottola, tenendolo a distanza.
                -Abbiamo bisogno di una soluzione, sei d’accordo?- gli chiese. Velocemente raggiunse un vicolo che conosceva bene dove era parcheggiato un furgoncino che conosceva altrettanto bene. Bussò allo sportello sul retro e fece qualche passo più in là per non beccarsi un colpo di mazza da baseball sul muso.
                -Chi è?- sbraitò Finnick brandendo la sua arma.
                -Il fennec perde il pelo ma non il vizio, eh?- fece Nick con il suo solito sorriso sul muso.
                -Tu?- chiese l’altro, squadrando la divisa blu –Che ci fai qui? E di chi è quel coso?
                -Uhm, questo?- Nick indicò Ron -Il figlio di un’amica del barbiere di... Tony. Devo giusto riportarglielo.
                -Tony? Chi è Tony?
                -Ma come, non ricordi Tony?- il cervello della volpe lavorava alla velocità della luce per trovare le giuste bugie –Ci abbiamo giocato a carte qualcosa come... dieci anni fa. Con Al e Phil. Non ricordi? Barava sempre. Si è beccato una pallottola nel didietro.
                Finnick gli fece cenno di tacere e gli chiese nuovamente cosa ci facesse a “casa” sua, in più non si trattenne dal fare qualche battuta sul suo nuovo lavoro e cose che ormai Nick aveva sentito tante di quelle volte che ci aveva fatto l’abitudine.
                -Finnick, come puoi dirmi certe cose, proprio tu che mi hai cresciuto?- cantilenò Nick.
                -Trovarti piangere in un vicolo e darti un panino non è crescere un cucciolo. Tu ti sei praticamente infilato nel furgone.
                -Me lo rinfaccerai per tutta la vita?
                -Se ti farai ancora vedere in giro è molto probabile.
                -Ho bisogno del passeggino. Ce l’hai ancora?
                Il fennec quasi glielo lanciò addosso dicendogli che era stato fortunato perché l’avrebbe buttato proprio quel pomeriggio e che gli stava facendo un favore, poi gli intimò di non farsi più vedere a meno che non avesse avuto dei bigliettoni, della roba o dei bigliettoni per la roba. Un fennec dal cuore d’oro, questo Nick doveva ammetterlo.
                Aveva già finto di essere un padre che portava suo figlio in un passeggino, ma quella volta si sentiva particolarmente a disagio, forse perché indossava la divisa o perché il cucciolo non era suo collega in affari. Raggiunse il supermercato in fretta, cercando di ignorare le occhiate che immaginava gli lanciassero i passanti e con non poco imbarazzo chiese alla cassa dove fosse il reparto cuccioli. Quando lo trovò deglutì, impotente davanti a tutti quegli scaffali pieni di roba che non aveva mai visto in vita sua.
 
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Cabina del Capitano:
Sono tornata e anche prima del previsto. Io mi farei un applauso solo per questo. Grazie, grazie UuU
Tre EE per riprendere alla grande e anche abbastanza simpatici, a mio parere; per capire il primo trovate un indizio proprio nel capitolo e lo può afferrare solo chi, come me e Nick, ama leggere (nda non so se Nick ama leggere, ma mi piace immaginarmelo rilassato su una poltrona e immerso tra le pagine di un libro, magari con degli occhialini sul naso. Adoro rendere ridicole le cose che amo.), il secondo è facile, sono certa che qualcunolo lo indovinerà. Non deludetemi.
Non so cos'altro aggiungere, vorrei sfangirlare su cose che ho già scritto ma non ancora pubblicato, ma sarebbe spoiler quindi mi sto zitta.
Cosa ne pensate di Ron? Tempo fa ho visto una fan art (che non posso pubblicare qua perché è sul telefono e siccome il mio telefono è stupido non riesco a passare le foto sul computer) che mi ha ispirato proprio per questa fic e che rappresentava proprio la scena in cui Nick, terrorizzato, chiama Judy appena si trova la cesta davanti casa e legge il biglietto che recita la frase "Please, take care of Ron Ron". Sì, vivo di plagio, io. Pardon.
Bene, provate ad indovinare gli EE e fatemi sapere come vi sta sembrando lo svolgimento della storia, ci tengo.
BD
 
  
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