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Autore: kamy    12/05/2009    2 recensioni
Un ragazzo di nome Carlo, cresciuto in una vita che potrebbe essere quella di chiunque, si ritroverà catapultato in mondo fatato, abitato da strane creature. Tra pericoli, insidie, nuove amicizie, giovani amori, dovrà salvare dalla distruzione un intero pianeta. E' il mio primo romanzo di questo tipo, perfavore leggetelo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap.14 Padre?

 Spurodatamente fan di guerre stellari. xD Ringrazio anche solo chi legge.

 Cap.14 Padre?

Lotshar era troppo preso per rendersi conto della sparizione di Leggiadra. Era inarrestabile. I nemici che fino a quel momento, memori di come era prima, lo prendevano in giro, ora lo temevano. I loro sorrisi erano stati sostituiti dal pianto, il ragazzo faceva paura, dalla sua timida bellezza era passato a un volto selvaggio. Si muoveva in quell’armatura pesantissima con estrema facilità. Tutte le lezioni dell’accademia e gli allenamenti sin da bambino col padre furono finalmente messi in atto. La frustrazione di essere un codardo balbettante esplose. Non dimenticava però la lealtà e le antiche regole dei supereroi. Aveva uno stile di combattimento lento e fluido, soprattutto di braccia e mente, efficace e potente. Scese in campo un nuovo combattente. Che si sistemò vicino a dove Lotshar, col suo drago, stava decimando i nemici. Era metà uomo e metà macchin, tutto sommato un uomo basso e biondo, anonimo; con piccole mani e un piede un po’ più grande del normale, l’altro non lo aveva insieme alla gamba, al loro posto c’era una protesi di metallo che finiva con un appoggio nero di gomma; un occhio era blu e l’altro robotico, l’intorno era di metallo e la pupilla emanava una luce come un laser rossa-viola. Si notava una rotella, una vite e una molla, l’intorno di ferro aveva delle fessure ad arco per farlo muovere a destra e a sinistra. Era magro da far paura, si potevano contare le ossa. Sul petto aveva una placca di acciaio rilucente cui era attaccato uno strano marchingegno. Era un cubo di metallo verde chiaro. Puzzava di olio di motore. Al di sopra era munito di una piccola parabola. Aveva due pulsanti. A sinistra uno rosso e a destra verde scuro. Era un mercenario. Barden lo aveva assunto molto tempo prima. Era chiamato solamente mercenario. Non aveva mai detto il suo nome. Anzi non aveva mai detto una parola. Muovendosi lentamente premette il pulsante rosso e poi quello verde del piccolo oggettino. In questo modo lo attivò. Dalla piccola parabola partirono potentissime onde radio. Che avevano una frequenza ben scelta. Sia gli orchi che i draghi fuggirono. Luigi accelerò tanto per scappare, che disarcionò Lotshar. Il ragazzo fece un bel volo. All’atterraggio fu salvato dalla sua armatura. Che però si accartocciò in più punti divenendo inservibile. Con fatica Lotshar se la tolse. Le diceva addio con dispiacere. Ora era vestito normalmente, senza più niente con cui proteggere le parti vitali. Anche se molto più libero nei movimenti. Era rimasto solo contro il mercenario. Afferrò la spada e aspettò il nemico. Che cominciò ad andargli incontro molto lentamente. Camminava a passo marziale. Non modificando mai la cadenza: "Tà, ta, tà, ta". Si fermò a poca distanza da Lotshar. Con le mani fece degli strani rumori metallici. Erano dei particolari segnali. Arrivò in tutta fretta un piccolo robottino che trascinava una spada che per lui era enorme. Sembrava un giocattolino. Dopo averla lasciata dal padrone cadde a terra con un piccolo tonfo. Il mercenario gli diede un calcio. Il piccoletto si rialzò e corse via. Il mercenario raccolse l’arma. Sia lui che Lotshar erano pronti a combattere. Combattevano entrambi molto tecnicamente. Il mercenario usava la sua energia in più, che gli derivava dal suo essere per metà macchina, per proteggere il marchingegno. Erano pari. A colpo rispondeva colpo. Avevano entrambi forza da vendere e anche una grande pazienza. Il mercenario cominciava a provare rispetto per Lotshar. Era un degno rivale. Non faceva un così bel combattimento da anni. Il mercenario però non aveva onore. Si era deciso ad elevare il livello del combattimento. Colpì con decisione la spada di Lotshar spezzandola a metà. Così mandò in frantumi la propria. Richiamò il robottinoche portò una scimitarra laser rossa accompagnato da un altro robottino con scimitarra laser gialla. Il mercenario afferrò quella rossa. Voleva combattere anche con quella gialla lasciando Lotshar disarmato. Il ragazzo però fu più veloce del previsto. Riuscendo ad impossessarsi della sciabola laser gialla. Il mercenario girò la spada sulla testa del nemico che lo schivò. Rispose con un calcio che lo mandò indietro. Le spade erano quasi unite con l’ultimocon l’ultimo colpo. Le armi roteavano, si sfioravano, si colpivano l’una con l’altra, scintillavano e andavano dirette al bersaglio. Più andava avanti il combattimento più si faceva veloce e movimentato. I due nemici schivavano e si muovevano veloci. Troppo vicine al volto di Lotshar. Ora lontane e puntate verso il basso. Sudavano completamente coinvolti. Il mercenario fece una piroetta in aria che confuse Lotshar. Fortunatamente il ragazzo non si fece prendere dall’affondo che provò il nemico poco dopo e si abbassò cercando di colpire, ma fu parato abilmente. Erano arrivati ad un livello tale che delle armi si distinguevano solo luci. Alto, basso, destra, sinistra. Era difficile seguire i loro movimenti. Il mercenario impugnò l’arma con tutte e due le mani, Lotshar riuscì a respingerla con la sua agilità. Si colpirono duramente e l’onda d’urto li fece volare in due diverse direzioni. Si rialzarono e si corsero incontro urlando con le armi alzate. Ripresero a combattere con lo stesso vigore. Mandavano scintille. Ogni volta che si scontravano si sentiva uno strano rumore. Mandavano un bagliore arancione che sembrava fumo colorato. In un momento in cui i due erano molto vicino, Lotshar si accorse che sulla placca di metallo sul petto del mercenario c’era uno stemma. Raffigurava un acchiappasogni. Lotshar non poteva sapere che quella era l’ultima testimonianza dell’uomo che era stato il mercenario. Ormai era solo una macchina capace solo di uccidere. Lotshar alzò la spada per parare e la riabbassò con forza. Colpì alla spalla, del braccio senza spada, del mercenario mandandolo al tappeto. Sembrava morto. Era caduto a terra e non si muoveva. Lotshar si girò per andarsene. Era tutto un trucco del Mercenario. Cercò di attaccare alle spalle Lotshar.Il ragazzo lo sentì in tempo e si voltò. Il mercenario fu trapassato da parte a parte morendo. Lotshar fu colpito gravemente e cadde a terra. Il mercenario morendo perse tutta la sua energia e l’oggettino si disattivò. Luigi poté andare dal suo padrone.

 

 

 

Dall’altro lato del campo sempre a cavallo del suo drago Fiamma stava Michelangelo-Ricard. La nuvola volava intorno disarcionando che cercavano di cavalcare i loro draghi. Fiamma ormai aveva imparato cosa fare non aveva più bisogno di essere guidato. Lo stesso valeva per la piccola nuvola gialla. Michelangelo decise di scendere dal drago e combattere a terra. Mentre Fiamma e la nuvola si allontanavano velocemente da una parte lui andava a terra dall’altra. Tra i nemici notò un uomo. Vestito di nero tutto di pelle dagli stivali al cappello, che sembrava quello degli antichi cowboy. Come arma usava un bastone nero. Ricard fu come attraversato da un fiume di ricordi. Quell’uomo lo aveva già visto. Era stato lui che lo aveva battuto in cui era quasi morto e aveva perso la memoria. Gli aveva però dato manforte Barden. Il ragazzo gli andò incontro e gli urlò: "Ti ricordi di me. L’ultima volta hai vinto solo per fortuna. Voglio la rivincita". Il nemico sorrise, un sorriso inquietante. Segno che lo aveva riconosciuto, o forse solo che accettava la sfida. Attaccò subito. Ricard non si fece prendere di sorpresa. Saltò, gli afferrò il collo e roteò. Sbilanciando il nemico che cadde a terra. Il nemico si rialzò e gli afferrò il braccio girandoglielo e gli diede un calcio rovesciato. Michelangelo era stordito, ma parò facilmente un colpo del bastone del nemico. E con un colpo netto di mano lo spezzò. Visto che l’altro era ormai disarmato, Ricard decise di non usare le armi nel suo vestito. Si davano pugni con forza. Ad ogni colpo c’era il contraccolpo. Il nemico tirò un calcio alto verso la faccia di Michelangelo. Che si abbassò. Poi scivolò sotto l’antico nemico. Si rialzò e si lanciò con un calcio volante. L’uomo in nero glielo afferrò e lo scaraventò a terra. Michelangelo si rialzò subito, ma sfortunatamente diede abbastanza tempo al nemico per farlo rialzare. Il nemico saltò con rincorsa per colpire con un pugno al petto Ricard. Che lo scansò colpendo al fianco il nemico. Che barcollò. Si fece indietro. Puntò i piedi a terra. Si tolse il cappello e i guanti. E sembrò caricarsi. O forse era solo un modo per suggestionare Michelangelo. Il ragazzo si lasciò suggestionare. Però era ancora deciso a vincere. Il nemico cominciò a sferrare in continuazione calci al giovane. Ricard le subiva. All’ultimo calcio Michelangelo raccolse tutte le sue forze. Parò il calcio con un pugno. Il nemico continuò a tirare calci. E Ricard a parare coi pugni. All’uomo in nero vennero le gambe e i piedi pieni di lividi. Al ragazzo le gambe e le braccia divennero viola. Il ragazzo cominciò a muoversi velocemente. Voleva confondere il nemico. Che non si fece prendere in giro e lo fermò con una gomitata ben assestata. Evidentemente aveva una molto ferrea. Il nemico andò per colpire Michelangelo. Il ragazzo cadde a terra per la stanchezza schivando così il colpo dell’uomo in nero. Ricard si trovò in posizione favorevole. Colpì  con una gomitata allo stomaco e dopo un calcio al mento. Il nemico svenne e sarebbe rimasto K.O. fino alla fine della battaglia.

 

Un nano riuscì a montare a cavallo della sua cavalcatura alata: un grande drago nero. Era proprio la zona che Miriam aveva lasciato scoperta. Il drago lanciava fiamme ovunque incenerendo tutto sul suo cammino. Si avvicinava sempre più a Miriam. La fata rischiava di finire bruciata. Leggiadra era vicino alla sua padrona e decise di proteggerla abbattendo il drago. Il drago si accorse di quel drago bianco che volava verso di lui. Aizzò il suo orribile drago, dal corpo tozzo, riflessi sulle squame nere di viola e un orribile bava. I due draghi cominciarono a combattere. Leggiadra senza nessun peso da portare e veloce come era sempre stata era agilissima. Senza però una guida che le indicava gli attacchi da portare era allo sbando. Il drago nero aveva una forza straordinaria, una grandissima esperienza e un bravo e astuto guidatore. Non gli ci volle morto a portare Leggiadra in una situazione di svantaggio. Aspettarono un errore della giovane dragonessa per ferirla a un ala e vincerla. Almeno Leggiadra riuscì ad allontanarli da dove Miriam giaceva svenuta, per evitare di rovinarle addosso.

 

 

 

Aido e Ascese erano troppo pesanti per Flash. L’orgoglio del drago non permetteva all’animale di ammettere la sua stanchezza. I suoi movimenti però erano più lenti e meno potenti. Uno dei nemici se ne accorse. Notò anche un lembo tra due placche di pelle indistruttibile di drago. Scoccò la freccia che trapassò la carne infilzando la schiena vicino a dove si trovavano i due maestri. Non lesionò organi vitali perché rimase incastrata tra le vertebre della colonna vertebrale. Dopo aver emesso un ruggito soffocato di dolore, il drago chiuse i suoi grandi occhi e cominciò a precipitare. Mentre il suolo si avvicinava, Aido estrasse la freccia del drago e tamponò la ferita, evitando l’ulteriore fuoriuscita di sangue, con un pezzo di stoffa strappato dal suo vestito. Tutto questo a un elevata velocità. Intanto il drago si capovolse. Alla caduta avrebbe schiacciato i due maestri. L’agilità degli elfi è però rinomata. Asches afferrò Aido e pochi secondi prima dell’impatto saltò. Mentre da una parte cadeva il drago con un tonfo, poco più in la rotolavano i maestri. Si rialzarono immediatamente. Asches decise di rimanerea combattere vicino al drago ferito. Arrivò a galoppo del suo cavallo, dal color marrone, Lindar. Mal si accompagnava la sua sconcertante bellezza con il suo modo forsennato di combattere. Diede un passaggio ad Aido. Il nano non fu per niente contento. La sua razza era imbattibile a cavallo dei draghi e nelle brevi distanze, ma erano più impacciati nei bambini nella corse e a cavallo. Anche se aveva i suoi vantaggi. Dietro Lindar era così basso che era come se fosse stato invisibile e i nemici non si aspettavano i suoi attacchi.

 

 

 

Il nano malvagio a cavallo del drago nero era imbattibile. Non si fermava mai, quasi avesse fretta. Non guardava in faccia a nessuno e utilizzava anche mosse scorrette. Si ritrovò nella zona di Leopold, che in quel momento stava combattendo strenuamente. Il nano lo colpì alle spalle. Aido assistè all’aggressione di Leopold da sotto a cavallo con Lindar. Fu tutto in pochi secondi e i due erano talmente lontani che il maestro poté fare poco per il suo allievo. Il ragazzo ferito fu riportato giù dal suo drago che lo adagiò delicatamente a terra. Aido voleva vendicare Leopold e Dragoon aveva le sue stesse intenzioni. Aido saltò in groppa a Dragoon e insieme sfidarono il nano e il drago nero. Presi nella lotta allontanarono. Lindar era rimasta vicino a Leopold, ma la battaglia aveva bisogno di combattenti a cavallo altrove. Lindar sapeva bene che se ne doveva andare al più presto. Proprio in quel momento arrivò Ricard. Aveva visto tutto, ma aveva dovuto combattere e non era potuto andare ad aiutare il suo amico prima. ALindar sapendo di lasciare Leopold in buone mani, corse dove c’era bisogno di lei.

 

 

 

Robert se la cavava egregiamente anche senza i poteri. Era un abile spadaccino e Luce era potente. La fenice però cominciava a essere stanca. Così Robert decise di atterrare e continuare a combattere a terra. La fenice si andò a riposare nascosta dietro a un grande masso. Robert batteva con una certa facilità gli orchi. Forse erano confusi a causa della mancanza di una guida. Barden non si vedeva arrivare. Ad ogni modo questo giovava all’esercito di Carlo. Tra gli orchetti Robert notò una figura strana. C’era uno strano essere che portava sulla schiena un uomo. L’essere si chiamava Monster, infatti il padrone gli diceva: "Muoviti Monster, sei più lento di una lumaca". Di certo Monster non era comune. Aveva il corpo e le zampe posteriori di gatto, un braccio e una mano che uscivano dal petto, due zampe di canguro da box, un guscio e una testa di tartaruga, due orecchie da coniglio, e una grande lingua rosa. L’uomo che portava aveva proprio l’aspetto di un potente mago. Aveva i capelli schizzati di un colore grigio chiaro, occhi da gatto grandi come fessure, viso ovale, cappello nero da stregone, casacca sempre nera anch’essa da stregone a cui aveva apportato una piccola modifica, aveva trasformato la gonna in un pantalone, piccole scarpe viola che comprimevano grandi piedi. Doveva essere stato un bell’uomo, ma a furia di sperimentare i suoi incantesimi si era imbruttito. Aveva piccole mani. Anche lui era potente aveva da solo sbaragliato un intero gruppo di ribelli. Anche se i ribelli che aveva sconfitto erano dei contadini che avevano impugnato le armi. Intorno a lui combatteva il suo animaletto veloce come un fulmine. Sembrava un piccolo razzo. Anche se pericoloso e particolare l’animaletto era tenerissimo. Doveva avere un pelo molto morbido. Quando Robert lo vide in un momento in cui era fermo. Il pa drone l’aveva richiamata, infatti era una femmina visto che il suo nome era pallina. Si vedeva anche dallr sue grandi ciglia. Aveva le testa da gatto spelacchiato, al posto del corpo un enorme massa di pelo bianca costellata qua e là da macchie nere e grigie, aveva una grande e vaporosa coda da procione. Non aveva zampe e quindi si muoveva saltellando e rotolando. Il suo verso sembrava le fusa del gatto. Metteva ovunque il suo piccolo nasino rosa, aveva con quelle grandi orecchie un sensibilissimo udito, il pelo che si apriva a ventaglio sulle guance, baffi e sopracciglia e grandi occhi gialli. Con il padrone era dolce e carina, ma aggrediva facilmente chiunque altro con i suoi affilati canini. Robert e Asir si ritrovarono faccia a faccia. Si misero a combattere con le spade. Un silenzioso duello. Non era niente male, ma entrambi sentirono la mancanza dei poteri. Avevano usato tutta la vita la magia e gli incantesimi. A un affondo di Robert, Asir si spostò di lato e colpì alle gambe il ragazzo che cadde a terra. Asir notò una voglia sul collo di Robert con la forma di lupo. Asir fermò i suoi attacchi e mettendosi a ridere disse: "Novellino non voglio combattere contro di te. Da come usi la spada ti aveva sopravvalutato. Hai sangue di umano normale nelle vene". Robert non si scompose, qualunque fosse il trucco del nemico non ci sarebbe caduto. Asir continuò ancora apostrofandolo con piccoli dispregiativi come poppante o principiante. Gli propose anche di arrendersi e combattere con lui per il Generale Barden. Robert credeva che Asir fosse impazzito e stesse farneticando, era lì per salvare la Luna di Iego, mica per distruggerla. "Se hai ancora pannolino e moccio al naso. Molla i tuoi amichetti e combatti con un vero esercito"queste le parole più assurde. Robert rispose che non avrebbe mai tradito la sua squadra. Asir con tono sprezzante con un lungo e antisonante discorso da politicante disse: "Se temi veramente per i tuoi amichetti sei fortunato che io non possa usare i miei poteri. Hai mai sentito parlare del triangolo della Bermuda. Altrimenti detto il triangolo del Diavolo. Ebbene sono io che ho fatto sparire tutte quelle nevi e aerei. Eli ho fatti ricomparire in una dimensione da me creata. Orribile con animali da me appositamenteconfezionati. E sono tornati a casa dopo una lunga vacanza in questi luoghi. Il primo spirirto del male o vampiro, chiamalo come vuoi, io lo creato. Era un principe della Transilvania che io ho tramuto in quell’essere succhiatore di sangue. Ha sua volta lui ha dato vita a tanti altri e quelli lo hanno trasmesso ad altri ancora. Diedi io la pozione al Dottor Jakhyl. Aiutai io  a creare Frankestain. Io diedi origine ai lupi mannari. Versai delle gocce di estratto di lupo su sei uomini. Divennero lupi mannari. Loro come i vampiri la estesero ad altri creando anche altri modi per far si che ne nascessero di nuovi. Tutto questo, usando i miei poteri per tornare indietro nel tempo, sotto ordine di Barden. Hai capito con chi hai a che fare?". Robert per nulla intimorito, semmai schifato da Asir, disse: "Ora i tuoi poteri non li puoi usare", ed era ovvio che avesse ingigantito di mille volte i suoi poteri a parole. Robert attaccò Asir, ma l’uomo più che attaccare si limitava a difendere, nonostante il giovane mago cercasse di colpirlo. L'uomo infatti aveva la sua potenza sopratutto nella difesa e al suo scopo poteva usare qualunque cosa si trovasse sul suo cammino. Andarono avanti così a lungo. Fino allo sfinimento delle forze Robert continuò a combattere.  Asir continuò a difendere. Erano a un punto morto della lotta. Asir si rimise a ridere e disse: "Bravo. Di sicuro da quella sciocca di una mortale non hai preso poi tanto. Quella stupidella non capiva la forza del male e penso ti abbia cresciuto in quella ottusità. Perché non vieni con tuo padre e combatti al suo fianco". Robert chiese spiegazioni ad Asir. Doveva essere matto completamente e sul serio. Asir per chiarire disse: "Sono tuo padre lo stregone Asir. - vedendo lo sguardo sconcertato di Robert fece vedere sul collo una voglia identica a quella del ragazzo e continuò – Questa ti basta come dimostrazione?". Non c’erano bubbi. Quella era una prova schiacciante. Identici capelli. Entrambi maghi. Il ragazzo conosceva la storia dei genitori. Robert era voluto diventare un mago al servizio del bene proprio a causa di quel motivo. Sua madre era una ragazza normale. Andava ad un università rispettabile. Aveva notato però che alcune ragazze del suo dormitorio uscivano di nascosto a mezzanotte le notti di luna piena. Si vociferava fosse per andare dai fidanzati o, pensavano i più fantasiosi, fossero vampire. La madre di Robert, che si chiamava come la protagonista del libro preferito della nonna: Gefiun, una notte decise di seguirle. Le seguì fino al campus Qui c’erano dei ragazzi. Cominciarono, dopo essersi salutati, a recitare strane formule. Gefiun si era spaventata, dovevano essere matti. Invece erano maghi e poco dopo cominciarono a far effetto gli incantesimi. I giovini si illuminarono e fu come se prendessero energia dalla natura. Poi misero le mani a terra, dopo un momento in cui la terra divenne viola acceso, tornò tutto normale. Gefiun attratta da quelle strane cose fece rumore e fu scoperta. In un primo momento i ragazzi furono presi dal panico, poco dopo decisero di fare un patto con Gefiun. Visto che lei amava vedere quegli incantesimi, poteva andare ai futuri Sabba, così chiamavano gli incontri, se manteneva il segreto. Pian piano si innamorò di uno di quei ragazzi. E lui la contraccambiò. Quel giovane era suo padre. Alla fine lei divenne insegnante di lettere e lui aprì una libreria. I due continuarono a frequentarsi e finirono per sposarsi. Ebbero come figlio Robert. Il padre però cominciò a divenire un mago oscuro. Finché un giorno sparì per arruolarsi con un conquistatore di un altro mondo. Robert aveva tre anni. Non immaginava che suo padre si fosse arruolato con il Generale Barden. La situazione era di stallo. I due si rimisero a combattere. Si sentivano moralmente convinti delle loro motivazioni e su cosa combattevano. Entrambi però non volevano farsi del male. Attaccavano con il piatto della spada. Non tiravano fuori la loro grinta. Predominava il cuore. Robert era convinto che il comportamento di suo padre stesse a significare che in lui doveva essere rimasto del buono. Anche se Asir aveva fatto cose terribili. A entrambi venne un idea. Tutti e due amavano le trottole. Tale padre, tale figlio. Decisero di fare una gara con quelle. Chi perdeva si ritirava del tutto dalla battaglia. Asir chiamò pallina che trasformò con le sue unghie affilate due ciocchi di legno in piccole trottole. Una era sul rossiccio, quella di Robert, l’altra sul dorato, di Asir. Come corde usarono i lacci delle scarpe di Robert. Come piattaforma usarono il guscio di Monster. Perdeva chi aveva la trottola che si fermava prima o cadeva dalla pista. I due si posizionano ai lati opposti della pista. Le trottole oltre che girare su se stesse giravano intorno alla piattaforma tenendo una certa distanza tra loro e i bordi della pista. D’improvviso la trottola di Asir sembrò sul punto di fermarsi. Strisciava con uno strano rumore, rallentava e si muoveva irregolarmente. In realtà era una specie di spinta. Fece un balzo colpendo l’altra trottola che arretrò. La trottola di Robert perse un po’ di energia, fece un giro intorno alla pista dove prese velocità,, girò intorno a quella di Asir e la colpì. Erano di nuovo con la stessa energia. Si avvicinavano e si allontanavano senza toccarsi. La trottola di Robert attaccava quella di Asir schivava abilmente. Se qualcuno avesse disegnato le mosse delle trottole avrebbe visto che veniva fuori una forma dia saetta. Sembrava quasi che le trottole avessero mente propria. La trottola di Robert cominciò ad accelerare. Andando verso la fine del guscio. Verso la fine della pista era incappata in un sassolino. Lo usò come trampolino di lancio. Saltò molto in alto e atterrò sulla trottola di Asir. Mentre quella rossiccia continuò a girare quella di Asir si fermò. Era stata una mossa difficile. Un motivo era che la trottola di Robert poteva cadere fuori. Un altro che il sassolino poteva fermarla. Se atterrava male o non colpiva quella di Asir si sarebbe fermata. Alla fine c’era voluta una buona dose di fortuna che aveva permesso alla trottola di Robert di girare ancora  infatti si potevano fermare entrambe. Il risultato era stata la vittoria di Robert.

 Ringraziamenti:

Milli lin: Mi sei rimasta solo tu. Sob. Non mi abbandonare. ç_ç Cmq sono a caccia dell'insetto fuggito dal vetro. Così ti viene l'ispirazione per la tua ff. Qui stiamo finendo ormai. tvb. ciauuuuuu

  
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