Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Marian Yagami    12/05/2009    2 recensioni
In un mondo parallelo, umani e Starlight (luci stellari) vivono in armonia. A turbare questo equilibrio, però, ci si mette di mezzo il malvagio e spietato sovrano di un impero sotterraneo, che mira ad impossessarsi dell'incredibile e illimitato potere delle Starlight.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

 

L’elicottero sorvolava le verdi colline della Repubblica dell’Aria.

Nola, con la faccia schiacciata sul finestrino, ammirava il paesaggio. Da li si poteva vedere una grande parte del territorio nazionale, costellato di cittadine abbastanza vaste, situate a lunga distanza da loro.

- Dove siamo diretti? – chiese Shia, che osservava anche lui il paesaggio.

- A River Town, ho sentito delle vibrazioni provenire da li, e inoltre a River Town possiedo anche un appartamento (a dire il vero è di mio padre) dove possiamo stare senza spendere un centesimo! –

River Town…

Nola aveva già sentito nominare quella città, ma non ricordava in quale occasione.

“ Ma certo!” pensò. “È la città in cui vive Susan, la figlia di Talbot!”

 

 

Dall’alto si poteva già scorgere il confine della città. Da una parte era circondata dalla foresta, a parte il tratto di autostrada che conduceva alla città, e il grande fiume che la attraversava. Sull’altro versante, la città dava sul vuoto. Esattamente, perché quello era il confine della Repubblica dell’Aria. Molti chilometri separavano quel terreno fluttuante dal globo terrestre. Il fiume scendeva a cascata dallo strapiombo, ma non faceva in tempo a raggiungere la terra, perché, a causa della forte altezza, l’acqua si condensava prima, divenendo vapore che dava un’aria ancora più magica a quella terra fluttuante.

 

 

Atterrarono in un grande spiazzo fuori dalla città, dove li aspettava un’auto con i finestrini scuri.

- Siamo sicuri che non ci aspetti qualche altra brutta sorpresa? – chiese Nola, salendo in macchina.

- No, non preoccuparti! – le assicurò Wythe.

 

 

L’auto attraversò l’intera città, molto simile ad Alder, ma con un certo non so che di retrò, fino ad arrivare ad un alto grattacielo che spiccava tra gli edifici poco più bassi.

Le immense vetrate riflettevano le nuvole arancioni e violette colorate dal tramonto.

Entrati, i ragazzi presero l’ascensore, che li condusse fino al ventitreesimo piano, dove si trovava l’appartamento di Wythe.

Era un alloggio molto grande, appropriato per una famiglia intera: aveva due camere da letto, cucina, bagno e salotto.

- Una cosuccia, non vi pare? – disse Wythe, lanciando occhiate di sufficienza qua e là.

Shia e Nola la guardarono sconcertati. Era l’appartamento più bello e accogliente che avessero visto.

Nola si fiondò subito al balcone, da cui si godeva una vista meravigliosa. In lontananza si scorgeva la campagna, da cui erano così presto fuggiti, mentre più a est si poteva notare la fine della Repubblica dell’Aria. L’argine a strapiombo era protetto da gigantesche dighe di vetro, su cui si poteva fare due passi e guardare di sotto, ma di sicuro non era una passeggiata opportuna per chi soffriva di vertigini!

Nelle vicinanze, invece, si potevano scorgere i tetti della gigantesca metropoli e le antenne dei grattacieli. Proprio nel grattacielo di fronte al balcone, risaltava un gigantesco cartellone pubblicitario che reclamizzava un profumo. Sul manifesto spiccava la foto di una bellissima ragazza bionda, con i capelli lunghi e boccolosi, e uno sguardo dolce e insieme malizioso.

- Ah! – sospirò Nola. - Quanto vorrei somigliare a Rebecca Blackwell! È una ragazza così bella! –

- Già! Ormai è la modella più famosa, compare su tutte le copertine dei giornali, inoltre è considerata un’icona di bellezza e un modello seguito da numerose ragazze! – disse Wythe, che era arrivata nel frattempo, e si era affacciata affianco alla ragazza.

- È troppo sofisticata… Preferisco le ragazze semplici! – fece Shia, che aveva raggiunto le due in quel momento.

Wythe lo guardò, sorridendo.

Dall’interno del soggiorno, Boris sbadigliò.

- È ora di andare a nanna, non credete? – disse Shia, sorridendo.

 

 

- Andiamo Boris, sbrigati! – chiamò Nola, mentre attraversava la strada. Il cane la seguì trotterellando. Quella mattina, la ragazza aveva deciso di andare a fare la spesa, accompagnata dall’ormai inseparabile cagnone.

Arrivarono in una via molto movimentata, ai cui lati c’erano una fila di bancarelle che vendevano la merce più disparata.

- Fantastico! Oggi c’è il mercato! – esclamò Nola, e corse tra le bancarelle a guardare cosa vendevano.

Prese del pane caldo e fragrante per il pranzo, della carne fresca e qualche verdura.

- Ho assolutamente voglia di buoni pomodori! – mormorò aggirandosi tra i banconi, ma non vedendone da nessuna parte.

- Eppure dovrebbe essere stagione… - sospirò.

All’improvviso, Boris corse in direzione di un bancone sgangherato, poco frequentato. In prima fila facevano bella vista dei pomodori rossi e succosi.

- Questi vengono due dinar al chilo. – disse la giovane signora che gestiva la bancarella.

Nola alzò lo sguardo dai pomodori e sorrise alla donna. Appena la vide in volto, ebbe come un dejà vu.

“ Che strano! È come se l’avessi già vista ma non ricordo dove!...”

- Allora me ne dia due chili, per favore! – disse la ragazza, cortesemente.

Una testolina bionda spuntò da dietro il bancone.

- Faccio io, mamma! – disse un simpatico bimbetto, di quasi sei – sette anni.

- Non preoccuparti, lascia fare a me! – sorrise la donna, carezzandolo sulla testa.

Boris latrò allegramente, annusando nell’aria un qualche profumo che le persone non percepivano.

La signora, sentendo quel suono, si sporse per osservare il cane. Un pomodoro le cadde dalla mano.

- Boris! – esclamò in un soffio.

 

 

- Lo conosce? – fece Nola, sbigottita. Osservò nuovamente la donna, cogliendo ogni piccolo particolare del volto.

- Susan! – gridò Nola, ma subito abbassò la voce, perché tutte le persone in strada si voltarono a guardarla.

- Come fai a conoscere il mio nome? – chiese la donna, meravigliata.

- Io conosco… conoscevo suo padre… - rispose Nola, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Ricordava come fosse ieri i momenti felici passati con Talbot, ma ancora di più ricordava il momento in cui venne a sapere della sua morte.

- È morto. – disse con un filo di voce.

Susan si portò le mani alla bocca, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

- Mamma! Stai bene? – esclamò il bambino, correndo da lei.

La donna si accasciò su una sedia che stava dietro il bancone e scoppiò a piangere in silenzio. Nola le si avvicinò e le circondò le spalle con un braccio.

- È stata tutta colpa mia! – disse tra i singhiozzi. – Non sarei dovuta andar via! –

- No! Non è stata colpa sua! – esclamò Nola. “ Sono stati quelli di Hansenouth!”

Susan si calmò un po’, quel tanto che le consentiva di parlare.

- Cosa le fa credere questo? La prego, me lo dica! - la supplicò la ragazza.

- D’accordo, basta che tu non mi dia del lei. Chiamami semplicemente Susan. –

Nola fece un cenno di assenso con la testa.

 

 

- Come sicuramente ti avrà detto mio padre, dieci anni fa mi sposai e venni a vivere qui, abbandonando mia madre e mio padre alla fattoria. Cercai di andarli a trovare il più possibile, ma purtroppo non potei allontanarmi troppo spesso. La ditta di mio marito infatti, non stava correndo un buon periodo… Eravamo sull’orlo di un tracollo finanziario, e non sapevamo come rimediare. Nel frattempo nacque Leander, mio figlio.

Un brutto giorno, la ditta crollò definitivamente in bancarotta, e io e mio marito ci ritrovammo al verde e senza un tetto sulla testa, perché per saldare i debiti dell’azienda dovemmo vendere casa. Mio marito trovò lavoro presso un’altra impresa, ma dovette ricominciare dalla gavetta, perciò lo stipendio… era quello che era. Molte volte fui tentata di correre da mio padre per chiedere un aiuto, ma come mi avrebbe accolta, dopo che io lo avevo trattato come un estraneo per molto tempo?

Così, mentre mio marito si occupava del suo lavoro, io iniziai a costruire un piccolo orticello dietro la nostra nuova casa, e a vendere le verdure al mercato. E ora eccomi qui, povera e ridotta alla miseria, che dopo aver svilito il tanto oneroso lavoro di mio padre, sono finita a fare proprio quello… -

 

 

Nola le sorrise dolcemente, mentre le teneva ancora le spalle.

- Susan, sei una donna molto coraggiosa, che non si arrende davanti alle difficoltà. Sono certa che i tuoi genitori non abbiano mai provato rancore nei tuoi confronti, e se mai fossi tornata da loro, di sicuro ti avrebbero accolta con le braccia aperte! -

Anche Susan sorrise.

- Sono felice che mio padre ti abbia conosciuta. Sei davvero una ragazza fantastica, come non se ne trovano in giro! –

Lei si rabbuiò. – Non penseresti questo, se sapessi... Tuo padre è morto per proteggermi da... certe persone… Capisci? È stata solo colpa mia se lui è morto! Solo colpa mia! – mormorò, mentre gli occhi le tornarono ad inumidirsi.

Susan le prese una mano.

- Se mio padre ti ha protetta significa che eri davvero importante per lui. Non avere sensi di colpa, e… cerca di ridere di più! –

Boris latrò, come per dare il suo consenso.

Le due si abbracciarono.

- Ora devo andare… Ah, per i pomodori, invece di due chili, me ne dia tre! – disse Nola, facendo un sorriso a trentadue denti.

Susan rise, e dopo aver consegnato la busta alla ragazza, l’abbracciò nuovamente.

- Spero di incontrarci nuovamente! –

- E io ti auguro tanta, tantissima fortuna! – disse Nola.

Susan si chinò su Boris e gli carezzò il muso.

- Mi raccomando… - gli disse. – Proteggi questa ragazza con tutto te stesso! –

Il cane la guardò con i suoi occhi profondi: aveva capito esattamente quello che diceva.

 

 

- E ora che ce ne facciamo di tutti questi pomodori? – chiese Wythe, togliendone uno dalla busta.

- Devo ammettere che sono belli, però. E avranno anche un buon sapore, immagino! – fece Shia, togliendo il pomodoro dalle mani della ragazza.

Al contatto della loro pelle, lei arrossì.

- Potrò cucinare qualcosa! – gridò Nola dal bagno.

- Non stasera, però! – esclamò Wythe, entusiasta. – Stasera andiamo a teatro! –

Shia la guardò sorpreso, e anche la testa di Nola fece capolino dalla toilette.

Wythe aprì la sua borsetta griffata e ne estrasse tre biglietti.

- Cosa andiamo a vedere? – chiese Shia.

- L’opera? – esclamò Nola, con gli occhi sbrillucicanti.

- Sei fuori strada! – sorrise Wythe. –Uno spettacolo di prestidigitazione! –

- Un mago? – fece Shia, interessato.

- Esatto! Stamattina, mentre andavo in giro a fare shopping, davanti ad una boutique un giovane ragazzo pubblicizzava questo show, così gli ho comprato tre biglietti. Inoltre ho avuto una fremito molto forte, causato proprio da quel ragazzo; significa che potrebbe essere una Starlight o che potrebbe esserne entrato in contatto di recente… -

- Non ci resta che andare a controllare! – disse Shia.

Wythe lo squadrò da capo a piedi.

- Non vorrai andarci conciato così, vero? –

 

 

La proprietaria della boutique si sfergava le mani con avidità.

- Allora, signorina De Bourgh, è soddisfatta dell’abito? Sa, proviene direttamente dalla capitale! –

Wythe le lanciò uno sguardo fulminante, che la fece zittire immediatamente.

- Lo prendo. – disse subito dopo.

Una delle commesse prese l’abito da sera, rosso e brillantinato, con le spalline fini e tante frange, e lo mise in una grande scatola di cartone già piena di carta velina rosa.

- Shia, tu hai fatto? – fece Wythe poi, con voce squillante ed eccitata.

Il ragazzo uscì dal camerino, con in dosso uno smoking nero coordinato alle scarpe nere lucide. Sotto portava una camicia bianca, uguale al fazzoletto nella tasca, e al collo un papillon.

Lei spalancò la bocca, con gli occhi sognanti e brillanti.

- Sei uno schianto! – esclamò, senza peli sulla lingua.

- Grazie! – rise lui. – E tu, Nola, hai finito? – fece dopo.

Dal camerino della ragazza provenirono strani rumori.

- Scusate, litigavo con le scarpe! Non sono abituata ai tacchi alti! – disse.

Quando aprì la tendina, fu il turno di Shia di meravigliarsi, mentre il suo cuore aumentava il ritmo dei battiti.

Nola indossava un lungo abito senza spalline, con una scollatura sulla schiena. Era blu notte, ricoperto di brillantini proprio come quello di Wythe, e aveva un leggero strascico. Le scarpe, decolleté, erano lo stesso blu notte brillantinate.

Imbarazzatissima, si fece avanti.

Shia le si avvicinò e le prese una mano.

- Sei bellissima! – le sussurrò, e lei, arrossendo, gli sorrise felice.

Wythe si irrigidì, sentendo che quelle parole non erano rivolte a lei.

 

 

Dopo aver acquistato anche gli scialli e le stole per coprire almeno le spalle, i ragazzi tornarono a casa per una cena veloce.

- Mi raccomando, Boris! Comportati bene e alle dieci subito a letto! – lo ammonì scherzosamente Nola, passando una mano sulla testa spelacchiata del cane.

- Dai ascolto alla mamma! – fece Shia, per prendere in giro la ragazza.

- Scemo! – esclamò lei, dandogli un finto pugno sulla spalla, mentre si chiudeva la porta alle spalle.

 

 

La limousine di Wythe condusse i tre davanti all’entrata del teatro, al cui esterno c’erano già i manifesti dello spettacolo.

- Ci sto facendo l’abitudine a farmi trasportare in “limo”! – disse Nola, uscendo dalla macchina. Il tacco della scarpa, però le si impigliò nell’abito, e, aspettando il fatidico schianto con il marciapiede, chiuse gli occhi.

Lo schianto non avvenne. Quando riaprì gli occhi si ritrovò tra le braccia di Shia.

- Tutto bene? – disse lui, trattenendo una risata.

- È colpa delle scarpe! Non sono davvero abituata! – mormorò, cercando di rimettersi in piedi.

- Beh, avvisami. Dovessi cadere un’altra volta ci sarò io! –

I due rimasero a fissarsi intensamente, finché Wythe non comparve al fianco di Shia, e, prendendolo sotto braccio, lo trascinò fino alla scalinata.

- Sbrighiamoci, non vorremmo arrivare in ritardo! – disse, con voce irritata.

 

 

La sala era già gremita di gente, e così anche le gallerie  e le logge.

Un usciere raccolse le sciarpe di pelliccia delle ragazze e le portò nel guardaroba.

Tutti i presenti si voltarono a guardare le due ragazze, che con grazia ed eleganza procedevano verso la loggia centrale.

- Ho trovato i posti migliori del teatro! – disse orgogliosa Wythe, mentre prendeva posto.

Un cameriere arrivò con un vassoio su cui stavano tre aperitivi e tre binocoli per poter osservare bene il palco.

Quando le luci si spensero, nel teatro cadde un silenzio tombale.

Il palco si illuminò e venne invaso da un denso fumo violetto.

Una voce maschile rimbombò in tutta la sala.

- Stupitevi della magia, tuttavia non fateci affidamento. La magia è solo un’effimera illusione! –

Poi uno scoppio, e su palco apparve una figura.

Un uomo non molto alto, magro e vestito con lo smoking troneggiava al centro del palco. Aveva i capelli biondi, che gli coprivano l’occhio destro con un ciuffo. La metà sinistra del suo volto era coperto da una maschera, bianca e inquietante, attorno al cui occhio era disegnata una spessa striscia nera che ne tracciava il contorno. Sulla guancia, infine, scendeva una lacrima nera disegnata.

Nella parte visibile del suo volto si intravide un sorriso.

Alzò le braccia al cielo e dai polsini della camicia uscì una moltitudine di farfalle azzurre e violette, di ogni forma e grandezza. Le farfalle volarono da ogni donna presente in sala, trasformandosi in rose e cadendo delicatamente tra le loro mani.

- Un omaggio alle creature più belle che questo mondo potesse far nascere! –

Nola arrossì per quel complimento, pur sapendo che non era rivolto solo a lei, e in un attimo fugace ebbe l’impressione che il mago guardasse proprio lei.

- Mi presento! Sono colui che fu, colui che è, colui che sarà! Sono il mago Dupont! –

La sala esplose in un boato di applausi e ovazioni, mentre Dupont si inchinava.

 

 

Lo spettacolo proseguì tra colpi di scena e lo stupore degli spettatori. Il mago Dupont sapeva davvero come suggestionare le persone, e soprattutto, sapeva come distrarre la loro attenzione dal vero trucco, facendogli credere di assistere davvero ad una magia.

- E ora… - disse Dupont. - … ho bisogno di un volontario tra il pubblico! Quando il riflettore si fermerà sulla persona prescelta, questa dovrà salire sul palco e farmi da assistente. C’è qualcuno che vuole provare? –

Molte persone alzarono la mano, dimenandosi per essere notati.

- Scegli me! – esclamò Wythe, sporgendosi dal parapetto e agitando le mani.

- In quella loggia c’è qualcuno che vorrebbe provare? – chiese Dupont, mentre il riflettore si spostava da quella parte. La luce gialla indugiò un attimo si Wythe, poi si spostò velocemente su Nola, e qui si fermò.

- Abbiamo trovato la volontaria! Prego meravigliosa damigella! Scenda sul palco! –

Nola, terrorizzata, serrò le mani attorno ai braccioli della poltrona.

- Hai paura? – chiese Shia, carezzandole una spalla.

Nola annuì, senza emettere alcun suono.

- Suvvia! È un’occasione irripetibile! Ti consiglio di andare! – fece Wythe, che non vedeva l’ora di stare sola con Shia.

“ Oh, insomma! Ho combattuto contro Dray e non ho avuto neanche un briciolo di questa paura che mi ha presa adesso! Tanto vale tentare!”

Nola si alzò dalla poltroncina.

- Se non vuoi non sei costretta… - disse Shia, prendendola per una mano. Lei gli sorrise.

- Non preoccuparti, va tutto bene! –

La ragazza si diresse verso la scala che portava al piano inferiore, ma Dupont la bloccò.

- Aspetta! –

Davanti alla balconata della loggia si avvicinò una grande altalena fatta di fiori di ogni genere.

- Siediti e non preoccuparti! È sicura al cento per cento! –

La cosa si faceva seria…

Titubante, Nola si avvicinò al dondolo fiorito, nello stesso istante in cui si accorse che era fissato con dei robusti cavi d’acciaio al soffitto. In realtà anche l’altalena stessa era fatta d’acciaio, solo, ricoperta di vegetazione.

La ragazza si sedette, e in un attimo, quella struttura la condusse al palco, dove lei atterrò leggiadramente.

Dupont si inchinò e le baciò la mano.

- È un piacere avere come assistente un fiore di tale bellezza! –

A quelle parole, la mano di Shia si irrigidì attorno al bracciolo della poltrona.

- Non ci resta che cominciare! – disse Dupont, sorridendo al pubblico.

 

 

Sul palco era già stata predisposta una piattaforma circolare e tutti gli oggetti da utilizzare per quel numero.

- Prego, signorina, salga sulla piattaforma. – disse Dupont.

Nola fece come chiesto, e con un po’ di fatica vi salì sopra.

Il mago prese un telo rosso e lo posizionò davanti alla ragazza. Appena lasciata la presa di quel telo, esso si resse perfettamente in aria da solo.

Un altro schiocco di dita e improvvisamente il telo prese fuoco.

Shia si alzò di scatto dalla poltroncina, ma Wythe gli tenne un braccio, facendolo tornare seduto.

Il telo bruciò in un istante, mostrando che Nola era scomparsa.

In tutta la sala, il pubblico si lasciò andare ad esclamazioni di stupore.

- Volete sapere dov’è? – chiese Dupont, sorridendo.

Gli spettatori annuirono con ovazioni e applausi.

- Provate a guardare nella loggia… - suggerì il mago.

Tutti si voltarono verso la loggia dove si trovavano Shia e Wythe, e, magicamente, Nola era esattamente al suo posto, con grande stupore (e sollievo) di tutti ma soprattutto di Shia.

La platea esplose in applausi e complimenti, e sul palco vennero lanciate rose e altri fiori per il mago.

Lui fece un inchino.

- Ricordate… La magia non è altro che un’effimera illusione! – disse, e poi, in una nuvola di fumo, sparì.

 

 

- Mi hai fatto prendere un infarto! – esclamò Shia, mentre con Nola e Wythe si dirigeva al camerino di Dupont.

Lei sorrise. – Rilassati! Sono tutta intera! –

- Non sei abbrustolita da qualche parte? – scherzò lui.

- Ecco, siamo arrivati. – disse Wythe.

Si ritrovarono davanti ad una porta rossa su cui spiccava una stella dorata, e il nome scritto in nero di Dupont.

Nola bussò.

- Avanti! – disse una voce dall’interno.

Wythe aprì la porta ed entrò, assieme agli altri.

Davanti allo specchio era seduto un ragazzo biondo, sui sedici anni, che portava una vestaglia rossa sulle spalle.

Si voltò verso di loro, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.

- Ma tu sei la ragazza dei biglietti! – esclamò, correndo verso Wythe e prendendole le mani. I due avevano più o meno la stessa altezza.

- È un piacere rivederti! Ti ho riconosciuta subito per via del colore dei capelli! Sai è un bellissimo verde, come il colore dei capelli di mia cugina! Vedi, in realtà non è mia cugina di primo grado… è la figlia della cugina di mia madre, che però si è risposata con signore paffuto, hai presente? Come quello che fa la pubblicità dei cereali, solo che il marito della cugina di mia madre ha la pancia così flaccida che quando si muove gli traballa tutta e… -

- BASTA! – gridò Wythe, esasperata. – Ma non la smetti mai di parlare?!

Il ragazzo sorrise.

- Sei tu il mago Dupont? – chiese Nola, facendo un passo avanti.

- Oh! La fanciulla che mi ha fatto da assistente! Sono così felice che… - ma non continuò la frase, perché Wythe gli lanciò un’occhiataccia.

- Si, sono io. – disse infine il ragazzo. Si inchinò davanti a loro e disse, con voce importante: - Il mio nome è Michelangelo Dupont! –

- Io sono Wythe. –

- E io Shia. –

- Il mio nome è Nola. –

- Lola? – chiese Michelangelo.

- Nola! – gridò lei.

Shia si rivolse a Wythe. – È lui? –

Lei annuì.

- Tu sei una Starlight? – chiese Shia a Michelangelo.

Improvvisamente il ragazzo si mise in posizione di combattimento, con un’espressione di puro odio in viso mentre dalle sue mani scaturiva una forte energia, che pian piano prendeva forma, trasformandosi in un arco azzurro – turchese, coordinato ad una freccia azzurra.

- Non avrete mai il mio potere! Carogne, al servizio di un ciarlatano senza scrupoli! –

Shia si parò davanti alle ragazze, per proteggerle.

- Noi non vogliamo i tuoi poteri. Anche noi siamo Starlight, proprio come te! –

 

 

Nola soffiava sulla sua tazza di cioccolata fumante, per raffreddarla.

- Scusatemi infinitamente. Ho davvero temuto che voi foste scagnozzi di Langarth. – disse Michelangelo, dando una tazza anche a Wythe e Shia.

- Il fatto è che poco tempo fa, una ragazzina dai capelli neri è venuta a farmi visita, e non aveva le più gradite intenzioni… -

Nella mente dei tre amici comparve l’immagine della compagna di Dray, di cui non conoscevano il nome.

- È venuta a far visita anche a noi… Ma, piuttosto, tu quale Starlight sei? – chiese Nola.

- Io sono la Starlight del Sagittario, Sagittarius. –

- Volevo farti i complimenti! Il tuo spettacolo è stato fantastico! – disse Shia.

- Grazie! – disse Michelangelo. – La prestidigitazione è da sempre tramandata dalla nostra famiglia, di padre in figlio. E così, mio padre era un mago, il padre di mio padre era un mago, e così via… - mentre diceva questo, da una manica della vestaglia faceva uscire foulard, colombe, un coniglio, una cacca di gomma, un paio di mutande da donna.

Poi fece spuntare un mazzo di fiori freschi e profumati, e dopo averli annusati li porse a Nola.

- All’assistente più brava e più bella del mondo! – disse dolcemente.

Nola arrossì e sorrise, mentre Shia strinse convulsamente il manico della sua tazza di cioccolata.

 

 

- È notte tarda, sarà meglio tornare a casa. – disse Wythe.

I due amici annuirono.

- Senti, Michelangelo… Noi stiamo andando alla ricerca delle altre Starlight. Vuoi unirti a noi? – chiese Nola, spiazzando gli altri.

Il ragazzo sorrise dolcemente.

- Mi dispiace… Ho un tour da seguire, e se faccio di testa mia, il mio manager mi impicca!-

Nola ci rimase un po’ male.

- Ok… Non fa niente. Allora sta attento, e soprattutto buona fortuna! –

Michelangelo fece un inchino reverenziale, mentre Nola usciva dal camerino, preceduta dagli amici.

 

 

La capsula in vetro si aprì con un sibilo, mentre un denso fumo bianco ne fuoriusciva.

Dray mise un piede fuori, poi l’altro, e con un po’ di fatica si issò in piedi. Attraversò l’immensa sala piena di macchinari e capsule, sotto lo sguardo atterrito dei medici, ed uscì sul lungo corridoio. Lo percorse per un tratto, finché non si fermò davanti ad una porta.

L’aprì di scatto. Non fece in tempo a varcare la soglia che Morgan gli saltò con le braccia al collo.

- Oh, Dray! Ho creduto che fossi morto! – piangeva come una bambina, stretta così forte a quell’uomo che le parve di stritolarlo.

Lui, dal canto suo, non sentiva il minimo dolore.

Anche Dray la strinse in un abbraccio, sprofondando il viso nei morbidi capelli della ragazza.

- Ho la pelle dura, amore… -

Sempre tenendola in braccio, Dray portò Morgan fino ad un grande letto al centro della stanza, dove la lasciò dolcemente. Si sedette vicino a lei.

- Dray…io… - iniziò a dire Morgan, accomodandosi a gambe incrociate.

- Io vorrei che tu lasciassi questo lavoro. Non voglio più che tu corra rischi. Hai visto cos’è successo? Sei quasi morto, e tutto per colpa di Langarth. Io… non voglio che capiti un’altra volta. Come potrei fare senza di te? –

Lui le diede un buffetto sulla guancia.

- Mi dispiace… non posso abbandonarlo… -

Dray tornò indietro nel tempo con la mente, fino al giorno in cui ebbe iniziato a lavorare per lui.

 

 

Come ogni notte andava a vegliare il sonno di Morgan, così tormentato, in quel periodo.

Era una notte intensa e stellata.

Dray si sedette sul bordo del letto, a osservare il viso tirato della ragazza. Stava avendo un incubo. L’uomo le carezzò la fronte con la mano, e in un attimo sul volto di Morgan si distese un dolce sorriso.

Uno scricchiolio fece voltare di scatto Dray. Nella stanza era apparso un uomo ammantato.

- Langarth, che ci fai qui? – sibilò, cercando di non alzare la voce per non svegliare la ragazza. – Ho già detto che non accetterò di diventare il tuo servitore. –

Langarth alzò una mano, e improvvisamente Dray fu costretto a  rannicchiarsi e cadde in terra, stretto da una morsa di dolore insopportabile, che gli pervase l’intero corpo.

- Uccidimi pure! – disse senza fiato. – Ma io non accetterò mai le tue condizioni… -

- Io invece credo proprio che lo farai… - mormorò Langarth, che nel frattempo si era avvicinato al letto.

La lama brillante di una spada sfiorava la pelle candida del collo di Morgan.

 

 

Dray scosse la testa.

Prese Morgan tra le braccia, come fosse una bambina.

- Su, ora non pensiamoci più. Sorridi e dimmi che mi ami. – disse lui, sussurrandole in un orecchio.

- Ma tu lo sai gia! –

- Voglio che tu me lo ripeta tutti i giorni! –

- Ti amo! – mormorò lei, prima che il suo respiro venisse interrotto da un dolce bacio. 

                                                                                                                                                                

 

 

 

Finalmente sono riuscita a postare anche questo capitolo! ^___________^’

Pant, pant!

Mi scuso con tutti (i pochi) che leggono questa storia, ma non ho avuto un attimo di tempo libero, in più la mia connessione è lenta come un bradipo in sciopero...

 

Che strano tipo quel Mick, non trovate?

Parla come una macchinetta e non si riesce a farlo stare zitto, però è davvero un mago eccezionale!

Purtroppo però non si è unito al gruppo di Nola e gli altri...

E Dray e Morgan? In fondo sono buoni, anche se lavorano per i cattivi!

Che cosa succederà adesso?

Non vi resta che aspettare il prossimo capitolo!

Magari questa volta sarò più  veloce nel postare!

Alla prossima, e grazie infinite a tutti voi che leggete!!! ^w^

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Marian Yagami